Opere d'arte d'Ateneo
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Browsing Opere d'arte d'Ateneo by Author "Carrà, Carlo"
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- PublicationL'ovale delle apparizioniCarrà, CarloL’ovale delle apparizioni è una litografia che riprende un disegno del 1916 e l’omonimo dipinto del 1918 conservato alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Nel secondo dopoguerra, Carrà ormai settantunenne, dopo il suo intenso percorso artistico vive un momento di riflessione sul proprio trascorso. Non è una nostalgica ripetizione di motivi passati ma una vera e propria rimeditazione e approfondimento che coinvolge soprattutto la sua opera grafica. La litografia in oggetto risale al 1952 ed è stata tirata in 200 esemplari oltre a 10 prove dalle Edizioni del cavallino di Venezia nel 1950; la lastra è stata successivamente cancellata. L’opera è ripresa dalla fase metafisica del pittore. È presente tutto l’armamentario attinente: il pesce di rame (che secondo suggestioni paleocristiane rimanda al significato di Cristo), la statua-tennista congelata nell’attimo prima di colpire una pallina ma soprattutto l’eroe della poetica metafisica, il manichino, raffigurato in primo piano in tutta la sua solidità e “misura”. La forma ovale accentua la suggestione di questa ambigua evocazione. Nella scena è calato il silenzio ma alla sconfortante desolazione di De Chirico, Carrà sostituisce un’accorata umanità. Il vivace colorismo è frutto di un’accurata ricerca di Carrà in questa direzione. Il pittore per la prima volta sperimenta il colore nelle incisioni ricercando trasparenze più delicate quasi da acquarello. Nella versione litografica, ci sono numerose variazioni rispetto al dipinto: manca il veliero all’orizzonte e il telegrafo a fili piramidali ed il manichino è più semplificato. Tutto appare più sgombro, spoglio e desolato. Forte è la tendenza alla semplificazione, alla riduzione degli elementi compositivi. La litografia riscopre il valore del silenzio, l’esigenza di fermare il gioco della vita per cercarne il senso, come sospesa è la partita della statua-tennista. L’ovale delle apparizioni dimostra come l’opera grafica di Carrà si intreccia profondamente con l’opera pittorica e non si tratta di una componente secondaria ma di un’importante mezzo di sperimentazione e di uno strumento utilissimo per diffondere il linguaggio dell’arte ed educare ed elevare il gusto della popolazione proprio perché è agile ed economico. Essa riveste quindi un importante ruolo didattico e sociale: «Che la stampa artistica – scrive – assai più del quadro sia di facile divulgazione e quindi assai più dei dipinti propagatrice del gusto, è cosa certa; […] Sono convinto che appunto per la sua dote divulgatrice, l’acquaforte e tutte le altre forme d’incisione-silografia, litografia, ecc. – sono le forze che meglio possono servire a rialzare il gusto della gente, ahimè, quanto mai incerto ed arretrato. Se non svilupperemo prima l’amore al bianco e nero, è difficile poter preparare quel rinnovamento del gusto collettivo che oggi tutti gli artisti dicono di avere a cuore» (C. Carrà, Bianco e nero di Fattai, “L’Ambrosiano”, Milano, 7 novembre 1928 riportato in I miei ricordi: l’opera grafica 1922-1964, catalogo della mostra di Milano, 25 marzo-29 maggio 2004, a cura di E. Pontiggia, Milano 2004, p. 10) Il pittore ha imparato l’arte dell’incisione da Giuseppe Guidi che aveva aperto un laboratorio calcografico proprio nella casa milanese in cui viveva Carrà. Il pittore, quasi pioniere dell’incisione negli anni ’20, riprende questo mezzo espressivo dopo il ’44, quando ormai era oggetto di attenzione da parte del pubblico e dei collezionisti. Carrà ha proseguito, quindi, incessantemente, la sua ricerca sulle potenzialità espressive e liriche dell’incisione rispolverando anche tutto l’armamentario metafisico. Del resto lui stesso lo diceva: «Forse che gli oggetti da disegno, i manichini, i pesci di rame, i biscotti, le carte geografiche sono meno degne di studio delle mele, delle bottiglie e delle pipe che hanno reso grande il pittore Paul Cézanne? » (Carrà, Tutti gli scritti, citato in Carlo Carrà (1881-1966), catalogo della mostra di Roma, 15 dicembre 1994- 28 febbraio 1995, a cura di A. Monferini, Milano 1994, p. 87).
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