Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
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Browsing Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche by Author "Agostini, Tiziano"
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- PublicationBasi neurofisiologiche e rappresentazione spaziale dell'effetto di contrasto cromatico in pazienti con cerebrolesione acquisita e partecipanti sani(Università degli studi di Trieste, 2012-04-20)
;Fumarola, Antonia ;Agostini, TizianoPriftis, KonstantinosIn questa tesi verranno descritti gli studi che ho condotto durante i tre anni di dottorato e sui quali il mio interesse si è maggiormente concentrato. Gli aspetti, in particolare che sono stati indagati in questa tesi sono: la percezione del contrasto e della costanza acromatici e la rappresentazione mentale del contrasto di luminanza cromatico. La tesi è divisa in due parti. Nella prima parte verranno delineati gli esperimenti che sono andati a studiare i possibili correlati neurologici implicati nel processamento dei fenomeni di costanza e di contrasto acromatici. Ci sono molte teorie a riguardo che tentano di spiegare questi fenomeni. La maggior parte di queste teorie si avvalgono di spiegazioni legate alle caratteristiche dei neuroni presenti nella retina, nel nucleo genicolato laterale e nella corteccia striata (inibizione laterale, lling-in). Uno studio recente (Leonards, Troscianko, Lazeyrasc, Ibanez, 2006) ha evidenziato mediante risonanza magnetica funzionale che esiste una regione cerebrale che si attiva in presenza di stimoli che inducono una luminosità apparente (Zavagno, 1996) (nel lobo occipito-temporale e solco collaterale, al con ne fra le aree 37 e 19 di Brodman). Scopo della tesi è quello di veri care le basi neuroanatomiche dei fenomeni di contrasto e di costanza acromatici mediante la valutazione di pazienti con cerebrolesione acquisita. Sono stati testati due gruppi di pazienti con cerebrolesione acquisita ( un gruppo di 6 pazienti con lesione all'emisfero sinistro, 6 pazienti con lesione all'emisfero destro) e un gruppo di 10 partecipanti sani. Inoltre sono stati testati due pazienti più giovani d'età e un paziente con lesione sinistra in sede frontale. I compiti che sono stati usati erano quelli dello studio di Agostini e Galmonte (2002). Agostini e Galmonte hanno veri cato come l'e etto di contrasto classico è maggiore quando viene aggiunto un gradiente formato da una croce con i bracci che vanno dal nero al bianco che crea un e etto di luminosità apparente (e etto glow; Zavagno, 1999). I risultati hanno mostrato come i pazienti con lesione all'emisfero sinistro non mostrano di erenze tra le condizioni sperimentali e non sperimentali. I pazienti invece con lesione all'emisfero destro e i partecipanti di controllo si comportano come i partecipanti dello studio di Agostini e Galmonte (2002). I pazienti con lesione all'emisfero sinistro di età più giovane, mostrano dei risultati simili a quelli del gruppo di pazienti con lesione all'emisfero sinistro più anziani. Il paziente con una lesione all'emisfero sinistro in sede frontale, percepiva il colore del target in maniera diversa nella condizione sperimentale rispetto alla condizione di controllo. In conclusione dai dati emerge che vi sia un coinvolgimento maggiore dell'emisfero sinistro (probabilmente posteriore) nei fenomeni di contrasto e di costanza di bianchezza. La spiegazione potrebbe venire dalla teoria computazionale di Gilchrist e dalla teoria del processamento locale e globale degli emisferi cerebrali. Nella seconda parte della tesi è stato descritto uno studio svolto sulla rappresentazione mentale del contrasto di luminanza. Dehaene, Bossini e Giraux (1993) dimostrarono, attraverso un paradigma in cui i partecipanti dovevano giudicare la parità del numero usando le due mani, che la mano sinistra aveva tempi di reazione (TR) più veloci per i numeri piccoli (da 1 a 4) rispetto alla mano destra, mentre la mano destra aveva TR più rapidi con i numeri grandi (6-9). Da questo conclusero che i numeri hanno una rappresentazione mentale spaziale che segue una linea orientata da sinistra verso destra. (e etto S.N.A.R.C, Spatial Numerical Association of Response Codes). Studi recenti hanno dimostrato come questo e etto non fosse speci co solo per i numeri, ma che interessi anche altri concetti non numerici, cioè le lettere dell'alfabeto, i mesi dell'anno, i giorni della settimana, le grandezze geometriche, le note musicali e la luminosità. (ad es. Gevers, Reynvoet, & Fias, 2003). Inoltre alcuni studi hanno dimostrato come ci sia un e etto di congruenza tra la grandezza numerica e la luminosità usando un compito di comparazione (Pinel, Piazza, Le Bihan, & Dehaene, 2004; Cohen Kadosh, Cohen Kadosh, & Henik, 2008; Cohen Kadosh, Cohen Kadosh, Kaas, Henik, & Goebel, 2007; Cohen Kadosh, & Henik, 2006; Gebuis, &. van der Smagt, 2011). Da questi studi si deduce come probabilmente non solo per i numeri ma anche per il contrasto di luminanza ci possa essere una rappresentazione spaziale. Il proposito di questa tesi è stato quello di indagare la relazione tra il contrasto di luminanza cromatico e lo spazio in maniera diretta e se questa relazione è simile a quella trovata per i numeri. Sono stati eseguiti due esperimenti. Nel primo, il contrasto di illuminanza era irrilevante per la performance del compito (i partecipanti dovevano giudicare se il colore del target era verde o rosso; compito indiretto). Nel secondo, il contrasto di luminanza era rilevante ai ni del compito (i partecipanti dovevano giudicare se il colore era più scuro o più chiaro rispetto a uno stimolo di riferimento che era centrale rispetto alla scala di luminanza creata per l'esperimento; compito diretto).I partecipanti mostravano un vantaggio della mano sinistra nel rispondere a bassi contrasti di luminanza a un vantaggio della mano destra nel rispondere ad alti valori di contrasto di luminanza (Spatial Luminance contrast Association of Response Codes: e etto SLARC). Questo e etto è stato osservato sia nel compito diretto che indiretto. Quindi, non solo per i numeri, ma anche per il contrasto di luminanza c'è una rappresentazione spaziale con orientamento da sinistra verso destra, dove i contrasti di luminanza più bassi sono rappresentati a sinistra e progressivamente contrasti di luminanza più alti sono rappresentati a destra. Questi risultati sono coerenti con l'idea che il contrasto di luminanza ha una rappresentazione simile a quella dei numeri. In conclusione, con questa tesi è stata dimostrata l'esistenza di altri fattori coinvolti nella percezione del colore, cioè l'esistenza di altre aree cerebrali oltre a quelle della via visiva primaria coinvolte nel processamento dei fenomeni di contrasto e di costanza di bianchezza e l'in uenza dello spazio nella rappresentazione del contrasto di luminanza.1212 752 - PublicationIl biofeedback di secondo ordine per la regolazione del battito cardiaco e del respiro(Università degli studi di Trieste, 2014-04-14)
;Tamburini, GiorgiaAgostini, TizianoIn questo elaborato viene presentato un percorso di ricerca in cui ci siamo posti l’obiettivo di andare a studiare come la presentazione di un modello acustico, rappresentativo di una determinata funzione fisiologica (nello specifico riferito al battito cardiaco o alla frequenza respiratoria) possa influenzare il sistema di autoregolazione dell’individuo a cui viene presentato andando ad agire da rinforzo. In questo percorso abbiamo sviluppato parallelamente due linee di ricerca: con la prima siamo andati ad indagare l’effetto dell’utilizzo del biofeedback cardiaco di secondo ordine sui parametri cardiaci e la differenza nella percezione del proprio battito cardiaco nelle persone con diagnosi di disturbo di panico. Con la seconda, invece, abbiamo condotto degli studi per indagare l’effetto dell’utilizzo del biofeedback respiratorio di secondo ordine sulla standardizzazione degli atti respiratori, mettendolo a confronto con un biofeedback di secondo ordine con tracce di natura artificiale e con un compito cognitivo. Dalle prime ricerche è emerso che le persone con diagnosi di disturbo di panico mostrano una miglior percezione del loro battito cardiaco sia in termini di precisione che di accuratezza, ovvero riescono con maggior facilità a riconoscere una traccia acustica rappresentativa della loro frequenza cardiaca. Nel secondo filone di ricerca, mediante l’utilizzo del biofeedback di secondo ordine, abbiamo messo a confronto suoni naturali rappresentativi della frequenza respiratoria del soggetto con suoni artificiali (ascendenti –inspirazione- e discendenti –espirazione-) basati sui suoi parametri fisiologici. I risultati mettono in evidenza come solo mediante l’utilizzo dei suoni naturali vi sia una riduzione della variabilità respiratoria e quindi una standardizzazione del respiro. Allo stesso modo la condizione che utilizza i suoni naturali è stata messa a confronto con una condizione in cui è stato chiesto al soggetto di svolgere un compito cognitivo di controllo del respiro, essendo questa una delle strategie che più spesso viene insegnata per raggiungere uno stato di rilassamento; anche in questo caso però, il biofeedback respiratorio di secondo ordine è risultato più efficace nella standardizzazione dell’attività respiratoria del soggetto. Le ricerche presentate hanno dimostrato che quando le tracce somministrate al partecipante vengono costruite sulla base di un suono naturale della funzione fisiologica da studiare, il soggetto può riconoscere la traccia presentata come self-related e come appartenente alla propria esperienza percettiva. Essendo la componente ritmica una caratteristica dei sistemi di autoregolazione, questi possono essere influenzati dalla traccia acustica presentata. In considerazione di quanto sopra possiamo dunque ipotizzare che l’utilizzo di una traccia acustica riesca influenzare le risposte fisiologiche del soggetto. Concludendo, si può affermare che è possibile migliorare la propria autoregolazione fisiologica senza alcun tipo di training poiché la tecnica presentata in questo elaborato non richiede nessun tipo di insegnamento né di monitoraggio online.1743 3504 - PublicationFattori percettivi in risposta al servizio nel tennis: elementi visivi, acustici e motori(Università degli studi di Trieste, 2010-04-23)
;Gherzil, AliceAgostini, TizianoL’attività motoria messa in atto durante una prestazione sportiva è strettamente legata alle capacità percettive dell’essere umano; percepire la situazione di gioco, infatti, permette all’atleta di acquisire le informazioni necessarie per svolgere in maniera corretta ed efficace il proprio movimento. In questo lavoro si sono presi in considerazione i processi percettivo-motori messi in atto nel gioco del tennis durante la risposta al servizio analizzando nello specifico: il tempo necessario per determinare il parametro direzionale; l’utilizzo di possibili strategie di training visivo per migliorare la performance di previsione del colpo; e il ruolo dell’informazione percettiva proveniente dagli stimoli uditivi. I risultati ottenuti da questi studi dimostrano come i processi visivi ed uditivi possono influire sulle performance degli atleti ed, inoltre, come specifici video-training con feedback acustico possono migliorare la prestazione di previsione in soggetti non esperti.2204 4752 - PublicationIndizi visivi, fattori temporali e controllo motorio nel calcio di rigore.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-18)
;Pin, AlbertoAgostini, TizianoKuhn [1988], dopo aver visionato attentamente moltissimi calci di rigore, ha identificato due classi di strategie: la prima la chiama open loop secondo la quale il rigorista decide all’ultimo momento possibile dove piazzare la palla, mentre la seconda, che chiama closed loop, il rigorista agisce secondo un piano predeterminato. Ovviamente identifica anche due classi di strategie parallele utilizzate dai portieri: nella prima il portiere decide dove tuffarsi immediatamente prima del tiro massimizzando la probabilità di scelta del lato giusto (open loop), nella seconda il portiere cerca di capire da piste anteriori da che parte andrà la palla e si tufferà con qualche frazione di secondo in anticipo rispetto il tiro (closed loop). Ma quali problemi nascono a seconda delle strategie adottate dai due giocatori che si affrontano? Se il portiere si muove troppo presto può favorire il rigorista soprattutto se utilizza una strategia a ciclo aperto, se invece si muove troppo tardi non ha il tempo di raggiungere il pallone. Analogamente, se il rigorista adotta una strategia closed probabilmente fornirà degli indici visivi al portiere che gli consentiranno di intuire la direzione della palla, mentre se cercherà di aspettare il più possibile prima di decidere dove piazzare la palla potrà avere delle difficoltà nel modificare all’ultimo momento la postura del corpo per finalizzare il tiro. All'interno del contesto della psicologia sperimentale dello sport, dove “la centralità del rapporto tra informazione disponibile e modalità di elaborazione della mente è un punto di partenza” [Agostini et al.,2005 pg. 219] e lo scopo è quello di “fornire all'atleta tutte le strategie possibili per far si che l'insieme dei processi motori da lui sviluppati in virtù dei suoi processi cognitivi sia il migliore possibile, a partire dall'informazione sensoriale disponibile e dalle peculiarità individuale individuali dell'atleta stesso” [Agostini et al.,2005 pg. 221], ho cercato di analizzare le tempistiche dello stadio della scelta della risposta motoria, e di ciò che succede in funzione di tali tempistiche. Nel primo esperimento che qui propongo un rigorista può utilizzare due strategie per calciare un rigore: può aspettare il movimento del portiere prima di scegliere dove tirare la palla, oppure può decidere a priori la direzione da dare al pallone. In questo studio, si è voluta verificare la possibilità di manipolare sperimentalmente il tempo di attivazione del processo decisionale relativo la scelta della zona verso la quale indirizzare la palla. A tale scopo, è stato chiesto a 15 calciatori dilettanti di calciare 40 rigori in ciascuno di 8 settori rettangolari uguali in cui era stata suddivisa la porta. Dietro la porta, in coincidenza del centro di ciascun settore, era stata collocata una luce che serviva da stimolo visivo per indicare all’atleta la direzione verso cui calciare la palla. Prima della prova, per ciascun partecipante veniva misurato il tempo di reazione a terra. Rispetto al contatto piede/palla, le luci si accendevano con 3 livelli di anticipazione: sul tempo di reazione (TR), sul TR + 300 e sul TR + 600 ms. Inizialmente i partecipanti tiravano 2 calci di rigore per ogni settore (baseline). Il settore in cui tirare veniva comunicato dallo sperimentatore prima dell’inizio della rincorsa. I risultati hanno evidenziato un miglioramento della prestazione per il livello TR + 300, mentre per il livello TR si è osservato un peggioramento. Nel secondo esperimento, con la tecnica dell’occlusione temporale, si è indagata la capacità di 20 portieri dilettanti di individuare con precisione l’esito di un calcio di rigore. La variabile manipolata è stata la quantità di indizi visivi forniti dal rigorista durante la rincorsa. A tale scopo, a 15 calciatori dilettanti è stato chiesto di calciare 40 rigori ciascuno nelle 4 zone in cui era stata suddivisa la porta. L’atleta iniziava la rincorsa senza sapere dove avrebbe dovuto calciare. Al centro di ciascuna zona, era stata collocata una luce che serviva da marker della zona target. Rispetto al tempo di contatto piede/palla, le luci si accendevano con 3 livelli di anticipazione: su T pari al tempo di reazione del rigorista (TR), sul TR + 300 e sul TR + 600 ms. Preliminarmente la baseline prevedeva l’esecuzione di 2 calci di rigore per ogni settore. L’esecuzione di tutti i calci di rigore è stata videoregistrata collocando una telecamera all’altezza del punto di vista del portiere. I filmati sono stati somministrati al nostro campione. I risultati di questo esperimento evidenziano, rispetto alla capacità di previsione della direzione del tiro della baseline, un peggioramento per tutti e 3 i livelli considerati. Inoltre, sono risultati più prevedibili i rigori calciati alla destra del portiere. Al di là degli aspetti della lateralità, si evidenzia l’importanza dell’informazione percettiva disponibile e dei fattori temporali in funzione dell’efficienza della capacità predittiva nel compito specifico. I risultati ottenuti con i due esperimenti proposti mostrano come nella rincorsa del rigorista sembra esistere un “punto di non ritorno”, al di là del quale egli non riesce a modificare in maniera efficace la postura del corpo e come il portiere sembri non riuscire a cogliere in maniera adeguata gli indici visivi elicitati dal rigorista stesso. Inoltre sembrano esistere diverse tempistiche di decisione ed azione tra portieri [Agostini e coll. 2004] e rigoristi: questi ultimi, decidendo dove calciare la palla con un'anticipazione pari alla media dei suoi tempi di reazione, otterrà un decremento della sua prestazione; viceversa, i risultati dimostrano come la sua prestazione aumenti significativamente con un'anticipazione pari alla media del suo tempo di reazione più 300 msec. Sembra altresì che le diverse strategie utilizzate influenzino anche la tipologia di rincorsa eseguita dai partecipanti all'esperimento: i rigoristi che si definiscono closed loop eseguono una rincorsa maggiormente obliqua rispetto a quelli che si ritengono open. Infine, i risultati ottenuti, confermando gli studi presenti in letteratura [Williams e coll., 1993; Agostini e coll., 2003; Savelsberg e coll., 2007], indicano che il rigorista, durante la rincorsa, elicita degli stimoli visivi e che questi suggeriscono al portiere la futura traiettoria della palla, consentendogli di anticiparla in maniera adeguata. In particolare, possiamo notare come solo gli indici visivi elicitati dal rigorista durante la baseline consentano al portiere di anticipare adeguatamente la traiettoria della palla, a differenza di quelli elicitati durante le condizioni TR + 600 e TR + 300 msec.2028 20321 - PublicationLightness effects observed in Delboeuf-like displays(Università degli studi di Trieste, 2011-04-29)
;Daneyko, Olga ;Agostini, TizianoStucchi, NataleLa presente tesi di dottorato studia un effetto di bianchezza (colore acromatico di superficie) osservato nell’illusione di grandezza di Delboeuf. Nella sua forma classica l’illusione di Delboeuf (1865) è costituita da due dischi interni fisicamente uguali (target) circondati ciascuno da un cerchio concentrico (induttori) che differiscano tra loro in diametro. L’illusione di grandezza consiste nella differenza fenomenica di grandezza tra i due target uguali: il target circondotto dall’induttore piccolo appare più grande del target fisicamente identico ma circondato dall’induttore grande. Brigner (Brigner, W., L., 1980. Effect of perceived size upon perceived brightness. Perceptual and Motor Skills, 51,1331-1334.) fu il primo ad osservare un effetto di bianchezza nell’illusione di Delboeuf. In particolare, egli ha trovato che, a parità dalla direzione del rapporto di contrasto tra il target e lo sfondo, il target che appare più grande appare anche più scuro del target che appare più piccolo. Tuttavia, i risultati riportati recentemente da Zanuttini & Daneyko (Zanuttini L. & Daneyko O., 2010. Illusory lightness in the Delboeuf figure. Perceptual and Motor Skills, 111, 799-804) sono in contraddizione con quelli riportati da Brigner. In particolare, è stato osservato che quando i due target chiari sono visti sullo sfondo scuro, il target che appare più grande appare anche più chiaro. Gli obiettivi del presente studio sono: 1) verificare l'esistenza e la direzione dell’effetto di bianchezza osservato nell'’illusione di Delboeuf (esp. 1, cap. 1), e 2) testare il ruolo dei possibili variabili da cui il fenomeno potrebbe dipendere. Per raggiungere il primo obiettivo, nell'esperimento 1 (cap. 1), ho usato due sfondi diversi, uno chiaro ed uno scuro, di modo che i target erano in un caso incrementi di luminanza rispetto allo sfondo, e nell’altro caso decrementi. Ho trovato che i risultati per target incrementali sono coerenti con quelli ottenuti nello studio precedente condotto da Zanuttini & Daneyko (2010): quando i due target sono uguali in luminanza, il target che appare più grande appare anche più chiaro. I target decrementali, invece, mostrano risultati opposti: quando i due target sono uguali in luminanza, il target che appare più grande appare più scuro, come riportato da Brigner per target decrementali. Per raggiungere il secondo obiettivo, ho considerato tre fattori: 1) Il ruolo della luminanza degli induttori (i cerchi concentrici nell’illusione di Delboeuf; esp. 2, cap. 2; esp. 7, cap. 5); 2) Il ruolo della profondità percepita (alcuni studiosi ritengono che l’illusione di Delboeuf dipenda da indici impliciti di profondità; esperimenti 3 e 4, cap. 3); 3) il ruolo della grandezza relativa dei target (esp. 5 e 6, cap. 4; esp. 7, cap. 5; esp. 8, cap. 6) In esperimento 2 ho testato l’effetto della luminanza degli induttori sulla differenza di bianchezza osservati in due dischi grigi posti come target nell’illusione di Delboeuf. Per fare previsioni sui risultati mi sono riferita a diversi gruppi di ipotesi, tra cui i modelli di integrazione dei margini per i colori acromatici (Rudd M. & Zemach I., 2004. Quantitative properties of achromatic color induction: An edge integration analysis. Vision Research, 44, 971-981), secondo cui ci dovrebbe essere un effetto maggiore di induzione nel gruppo induttore piccolo-target rispetto al gruppo induttore grande-target. Inoltre, la direzione degli effetti di induzione dovrebbero essere diversi se la luminanza dell’induttore è un incremento oppure un decremento rispetto alla luminanza del target. Dai risultati è emerso invece che la luminanza degli induttori non è una variabile che induce effetti significativi sulla bianchezza dei due target. Questo esito è stato confermato anche dai dati raccolti nell’esp. 7. L’ipotesi sul possibile ruolo della profondità percepita sugli effetti di bianchezza osservati è ispirata dall’ipotesi che le illusioni di contrasto di dimensione sono determinate da fattori diversi, tra cui indici impliciti di profondità (Coren S. & Girgus J.S., 1975. A size illusion based upon a minimal interposition cue. Perception, 4, 251-254). In esp. 3 ho chiesto agli osservatori semplicemente di indicare quale target apparisse più vicino in configurazioni alla Delboeuf simili a quelli utilizzati nell’esp. 2. I risultati non hanno indicato alcuna differenza statisticamente significativa tra la scelta di quale target apparisse più vicino. Ho quindi proceduto con un secondo esperimento (esp. 4) usando configurazioni geometricamente più semplici: due target di uguale dimensione e di forma quadrata posti sopra uno sfondo chiaro oppure scuro. Ho creato la profondità percepita mediante presentazione stereoscopica. È risultato che il target che appare più distante appare anche più contrastato e più grande. Per verificare se la profondità percepita era la variabile che causava l’effetto di contrasto osservato in esp. 4, oppure se tale effetto era dovuto alla grandezza apparente del target (per la legge di Emmert, a parità di grandezza retinica, il target più distante appare anche più grande), ho condotto altri due esperimenti, la 5 e la 6, da cui sono emersi che i fattori in gioco non sono la profondità percepita, bensì sono in primo luogo il grado di appartenenza allo sfondo (esp. 5) e in secondo luogo la grandezza del target (esp. 6). I risultati sull’appartenenza percettiva sono in accordo con quelli riportati da Wolff (Wolff W., 1933. Concerning the contrast-causing effect of transformed colors. Psychologische Forschung, 18, 90–97) e da Kardos (Kardos L., 1934. Ding und Schatten [Object and shadow]. Zeitschrift für Psychologie, Erg. Bd, 23). Quelli riferenti alla grandezza sono invece una novità nel panorama degli studi sulla bianchezza delle superfici. L’esperimento 7 è stato condotto per verificare se vi fosse una correlazione tra la modulazione dell’effetto di grandezza nell’illusione di Delboeuf e l’effetto di bianchezza ritrovata in quel tipo di display. La correlazione statistica non è emersa, e l’ipotesi è che l’effetto di incremento di contrasto rispetto allo sfondo per il target che appare più grande sia del tipo ‘o tutto o niente’: quando le condizioni sono presenti (stesso grado di appartenenza allo sfondo per i due target; diversa grandezza fenomenica), allora si verifica l’effetto e non è graduato dalla differenza apparente di grandezza dei target. L’esperimento 8, infine, è stato condotto per verificare se il fenomeno esiste anche nell’illusione di Ebbinghaus, un’altra illusione ottico-geometrico di grandezza. Avendo ritrovato l’effetto di differenza di contrasto rispetto allo sfondo anche lì, e sebbene siano ancora necessari esperimenti parametrici per verificare l’estensione dell’illusione, penso di poter concludere dicendo che l’effetto di differenza di bianchezza tra target aventi la stessa luminanza, visti simultaneamente sopra uno sfondo chiaro oppure scuro, dipende dalla diversa grandezza relativa dei target, ma non dall’entità di tale differenza: il target più grande (fisicamente o solo fenomenicamente) apparirà più chiaro se i target sono un incremento di luminanza rispetto allo sfondo, e più scuro se sono un decremento.1289 1185 - PublicationSNARC-like effects for visual and auditory musical stimuli: the relation between space and different music parameters(Università degli studi di Trieste, 2014-04-14)
;Prpic, Valter ;Agostini, TizianoDomijan, DraženThis thesis aimed to investigate the spatial association for different music parameters through four experimental studies, showing consistent SNARC-like effects for note height, note value/duration, music tempo and pitch height. Visually presented notes on the stave showed relatively low/high notes to be associated to left/right response key-presses in musicians with formal education, while no signs of such an association were found in amateur musicians. A further experiment revealed that the direction of the association is constant among musicians and is not influenced by the disposition of notes on the keyboard of specific instruments (i.e., piano and flute). Note value/duration showed to be spatially coded when duration magnitude was processed directly, while no such evidence was revealed in the order-irrelevant task. The direction of the association surprisingly revealed a reversed pattern from the expected one, namely large duration values were coupled with left key-presses, while the opposite was true for small duration values. This evidence seems to support the predominance of over-learned ordinal sequences as opposed to stimuli's magnitude, in the spatial association effects. Auditory presented beat sequences showed to be spatially coded even in non musicians. Indeed, participants revealed a left/right key-press advantage for relatively slow/fast music tempo when tempo processing was mandatory, while no evidence of a spatial association appeared in the order-irrelevant task (i.e., timbre judgment). Evidence of a spatial association in non musicians suggests that experience with tempo is widespread among the population and its influence overcomes the music domain. The spatial association for pitch height was assessed through an alternative response coding to close and far key-presses, instead of the classically used left-right key-presses. Results showed a relative advantage for close responses to middle-range pitches with piano timbre, suggesting a linear representation for piano tones. However, further investigations are needed to certainly discriminate predictions based on different theoretical accounts. Overall, this thesis provides a complete review of the spatial association for musical stimuli, showing that various parameters of music share many features in common with numbers, ordinal sequences and other magnitudes. Furthermore, music showed to be an interesting domain for investigating more general properties that require interactions among time, space and quantity.1026 1064 - PublicationSport neuropsychology and biofeeback interventions for optimizing performance in elite soccer players(Università degli studi di Trieste, 2014-04-14)
;Rusciano, AiaceAgostini, TizianoTwenty professional soccer players (N=20) in the Italian soccer first league - Serie A - were randomly divided into 2 equal groups: Experimental group (Group 1) and Control group (Group 2). Both groups received the same physical and tactical conditioning as the weekly program. Ten players (experimental group) received integrative training based on a specific autonomic-biofeedback protocol to improve central and peripheral efficiency of the nervous system. Pre- and post- assessment were conducted with a psychophysiological assessment and a cognitive task (visual search task) to measure the improvements. This dissertation reviews evidence in support of the notion that heart rate variability are associated with individual differences in cognitive performance: heart rate variability might serve as a peripheral index of the integrity of central nervous system networks that support goal-directed behavior. It is examined evidence about the relationship between higher levels of resting heart rate variability and superior performance on cognitive tasks. By providing a common neural basis for these diverse functions, the neurovisceral integration model may serve as a unifying framework within which to examine associations among these various self-regulatory and adaptability processes. The results showed that is possible to improve through this evidence-based mental training approach based on the autonomic nervous system biofeedback central abilities as visual searching and stress control in professional soccer players.944 156 - PublicationStudi sperimentali su alcuni aspetti cognitivi del tempo musicale(Università degli studi di Trieste, 2011-04-29)
;Gratton, IreneAgostini, TizianoIn questa tesi studio alcuni aspetti cognitivi del tempo musicale, inteso come frequenza della pulsazione regolare della musica espressa in beats per minute (bpm). Il lavoro è articolato in quattro argomenti. Punto di inizio è la riflessione sulla stretta associazione tra controllo motorio e controllo temporale nella performance musicale; riferendoci alla letteratura sull’interazione delle aree cerebrali uditive e motorie, abbiamo condotto uno studio pilota sugli effetti di un training uditivo sull’esecuzione pianistica; i primi risultati hanno indicato una tendenza al miglioramento nei partecipanti che avevano seguito un training uditivo del tutto simile a quello ottenuto da coloro che avevano seguito un training motorio. Nel contesto degli studi sulla percezione e produzione del tempo abbiamo successivamente indagato l’abilità di riprodurre e raddoppiare il tempo di un brano musicale; mentre la riproduzione del tempo è stata molto accurata e omogenea per tutti i tempi target, i pianisti che hanno partecipato non sono riusciti ad eseguire correttamente il raddoppio ma hanno invece aumentato il tempo target di un valore, in prima approssimazione, costante. Considerato che, come il suono, anche il tempo è una frequenza, nel terzo studio ci siamo chiesti se, in analogia con l’orecchio assoluto, esistesse una forma di abilità di memoria assoluta per il tempo. Più della metà dei partecipanti (musicisti e non-musicisti) ha dato prestazioni superiori al caso in almeno uno dei compiti sperimentali (identificazione e produzione). L’esperienza musicale ha differenziato le prestazioni nel compito di identificazione ma non nella produzione. Questi risultati suggeriscono che l’abilità di codificare e recuperare i tempi, senza un riferimento ritmico (“tempo assoluto”) è piuttosto diffusa, indipendente dall’educazione musicale per quanto riguarda la produzione ma ulteriormente affinata dall’educazione musicale nell’identificazione. Infine abbiamo studiato la possibilità che anche per i tempi, ordinati in una scala temporale dal più lento al più veloce, esistesse un’associazione lineare con una rappresentazione mentale dello spazio orientata da sinistra a destra, che è già stato dimostrato per i suoni, un effetto StARC, Spatial-Temporal Associations of Response Codes. Dall’analisi preliminari dei dati raccolti, non è emersa una relazione tra gli stimoli e il lato di emissione delle risposte. __________________________________________________________________________________________________ In this thesis I study some cognitive aspects of musical tempo, understood as the regular pul- sation frequency in music, and expressed in beats per minute (bpm). This work is divided in four arguments. The starting point is a study on the relationship between motor control and temporal control in musical performance. Based on the existing literature on the interaction of the auditory and motor brain regions, we conducted a pilot study on the effects of an auditory training on piano performance. The first results show that the improvement for the sub jects that underwent auditory training is very similar to the improvement obtained by sub jects which underwent a motor training. Successively, in the context of tempo perception and production studies, we investigated the ability to reproduce and to double the tempo of a musical piece. While the tempo reproduction has been very accurate and homogeneous for all the target tempos, the pianists who participated in the experiment could not correctly double the tempo. However, they all increased the target tempo by a value that can be considered roughly constant. Given that tempo and sound are frequencies, in our third study we asked whether, similarly to absolute pitch, there exists an absolute memory for tempo. Among participants in the experiments, both musicians and non-musicians, more than half obtained results that cannot be accounted to pure chance in at least one of the tasks (identification and reproduction). Musical experience differentiated results in the identification tasks but not in the reproduction tasks. These results suggest that the ability to encode and retrieve musical tempo, without a rhythmic reference (“absolute tem- po ”) is rather widespread and independent from musical education when considering production, while identification is refined by musical education. Finally we investigated the possibility that also for tempos, ordered on a temporal scale from the slower one to the faster one, there could exist a linear association with a mental representation of space, left to right oriented, that has already been observed for sounds, a StARC effect, Spatial-Temporal Associations of Response Codes. From a preliminary analysis of data, no apparent relation has emerged between the stimuli and the emissions of responses.1612 3154 - PublicationTennistavolo: indizi visivi nella risposta al servizio(Università degli studi di Trieste, 2009-04-02)
;Bianchi, Bruno ;Agostini, TizianoGalmonte, AlessandraNella psicologia dello sport sono numerosi gli studi condotti per analizzare la relazione tra percezione e prestazione sportiva. Questo lavoro si colloca in questo filone di ricerca. Talvolta, nel tennistavolo, si evidenzia la netta superiorità di un giocatore sull’altro dovuta ad una maggiore esperienza di gioco. Molto spesso tale superiorità si manifesta già nella primissima fase di gioco e cioè nel servizio. In questa situazione risulta di primaria importanza la capacità del soggetto di selezionare le informazioni visive rilevanti al fine di prevedere con anticipo le intenzioni dell’avversario. Per comprendere come queste informazioni vengono usate dai giocatori abbiamo condotto degli esperimenti usando il metodo dell’occlusione spaziale e di quella temporale. I risultati avvalorano l’ipotesi che il movimento della pallina, subito dopo il contatto con la racchetta, possiede un alto contenuto informativo in relazione alla capacità di prevedere la zona di arrivo del servizio. Queste dati sembrano in linea con quelli ottenuti da Ripoll e Fleurance (1988), Ripoll (1989) e Rodrigues e coll. (2002) che, utilizzando la tecnica dei movimenti oculari, hanno trovato che l’efficacia della risposta al servizio dipende da un corretto inseguimento visivo della pallina nelle fasi immediatamente successive il suo contatto con la racchetta. È presumibile che in questo intervallo di tempo ci sia una coincidenza tra zona fissata e zona a cui si presta attenzione. Inoltre si è trovato che l’informazione relativa la rotazione della pallina viene fornita esclusivamente dal movimento della racchetta prima dell’impatto.1436 9041 - PublicationValidating the Italian Public Service Motivation Questionnaire(Università degli studi di Trieste, 2015-04-20)
;Forzini, FabioAgostini, TizianoPublic Service Motivation (PSM) is a theorized attribute of public employees that provides them with the desire to serve the public interest. Although PSM definition varies among studies, its fundamental principle is that individuals are oriented to act in the public sector for the purpose of doing good for others and society. The PSM theory, thus, provides a useful basis for understanding the public employees motivation. However, the various studies have not always used the same PSM measurement instrument due to the construct complexity and differences among cultures. The purpose of the present study was to arrange a PSM questionnaire for the Italian public context. Eighty-one PSM items were collected from various questionnaire appeared in literature and submitted to a translation-back translation procedure. A pilot study grounded in a sample composed by 216 public employees verified the discriminating power of items and assessed their understandability. As a consequence, the number of items was reduced to 62. After randomization, the items were administered to a sample of 780 public employees and, through a series of factor analyses, a four-dimensions PSM model was obtained. The final outcome of this study is the Italian PSM Questionnaire, which is the first PSM questionnaire based on an Italian normative sample. The questionnaire includes a method to check the reliability of the answers of respondents as well. Factor score analyses of normative sample are illustrated. The questionnaire can be used for open recruitment procedures, as well as management, and development of public employees.1634 2242