Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
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Browsing Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche by Author "Battisti, Gianfranco"
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- PublicationAlle falde del Monte Kenya. Ai confini dello sviluppo. L'intervento umanitario triestino alle pendici sud-orientali della "montagna splendente."(Università degli studi di Trieste, 2008-04-17)
;Viezzoli, GiampieroBattisti, GianfrancoIl presente lavoro di ricerca prende particolarmente in esame una regione situata in Kenya, il Mbeere. Il motivo di questa scelta è semplice. In questa regione keniana si è sviluppato per diversi decenni un significativo intervento umanitario da parte della città di Trieste, specialmente attraverso la sua diocesi, i suoi missionari, l’organizzazione non governativa ACCRI, i volontari laici, il coinvolgimento di tante persone della città giuliana, e non solo, ma anche di altre parti d’Italia, attraverso donazioni, sostegni materiali e morali di vario genere e, da ultimo, anche di organismi associativi come i Rotary Clubs di Trieste e del Friuli Venezia Giulia. Uno slancio quindi che è stato ad un tempo civile, sociale, religioso, intrapreso da varie componenti della città e volto a promuovere una parte certamente delimitata, ma molto rappresentativa, della vasta nazione keniana. Si è ritenuto maturo così il tempo di un’adeguata riflessione su questa esperienza, per svolgervi un’analisi dettagliata, non solamente da un punto di vista storico, vale a dire della cronologia degli eventi che hanno contrassegnato questa esperienza in quasi quarant’anni, a partire dal 1970, ma anche per comprendere meglio il territorio su cui è insistita questa esperienza. Comprendere le peculiarità di quella regione in termini fisici, economici, antropologici, sociali. In sostanza uno studio di geografia umana, forse nel senso classico del termine, teso cioè a comprendere la presenza dell’uomo in una determinata porzione di territorio, in rapporto ai fenomeni più pregnanti dell’ambiente che lo circondano e come questi influenzano la sua esistenza. Inoltre, poiché emerge con immediatezza quanto ci si muova in un contesto socio-economico molto arretrato, il presente studio geografico assume anche le caratteristiche di una ricerca condotta sui contenuti e le modalità del sottosviluppo di questa zona, inserendosi, probabilmente, nel filone tipico degli studi di geografia dello sviluppo. La regione considerata è infatti quella che si estende sul versante sud orientale del monte Kenya, il massiccio centrale principale della nazione keniana, a cui da lo stesso nome. Un territorio molto particolare da un punto di vista geografico perché varia dalla sommità montuosa dell’ex cratere, costituita oggi dai due picchi principali Batian e Nelion entrambi di un’altitudine superiore ai 5000 metri, per scendere gradualmente, in tipico ambiente afro-montano, costituito da lande e pietraie, poi da umide foreste alpino-tropicali, quindi da foreste di bambù, falde montuose e declivi collinari, fino alle quote più basse di 800-1000 metri, ricoperti di savana arbustiva in clima semiarido. Questa enorme varietà di paesaggio condiziona moltissimo l’esistenza dell’uomo, le sue scelte esistenziali, le produzioni agricole, gli assetti sociali e culturali delle comunità. Questa grande varietà umana ed ambientale è stato possibile studiarla da vicino anche perché l’intervento umanitario triestino, non è partito subito dalla regione del Mbeere ma, in realtà, ha iniziato proprio sulle pendici più alte, ancora abitate, del monte Kenya, vale a dire nell’Embu superiore, territorio montuoso, circondato dalla foresta tropicale, a quote altimetriche che raggiungono tranquillamente i 2000 metri. Qui, nella piccola località di Ngovio, si è svolta la prima fase della missione triestina, dal 1970 al 1984. Successivamente, a completamento di un ciclo molto positivo e ricco di risultati concreti, l’intervento umanitario di Trieste ha scelto di riposizionarsi in un ambiente naturale ed umano molto più svantaggiato e sofferente, quello definito dell’Embu inferiore o, appunto, del Mbeere, dal nome dell’etnia che lo abita e che diverrà, infatti, la sua denominazione ufficiale allorché le autorità governative, nel 1996, decideranno di costituirlo in distretto amministrativo autonomo, al pari degli altri distretti in cui è suddiviso il Kenya. Riconoscimento tardivo, segno evidente della marginalità con la quale esisteva ed era percepita questa zona, in effetti molto trascurata anche dai colonizzatori inglesi, cosa che non le ha mai consentito uno sviluppo degno di questo nome, ma che, allo stesso tempo, l’ha preservata lungamente dalle caotiche trasformazioni tipiche della modernità. Un pezzetto d’Africa rimasto quindi intonso, con i suoi grandi pregi, ma anche con il peso delle sue arretratezze e difficoltà esistenziali. Un piccolo microcosmo molto significativo dal punto di vista dello studio di un Africa rurale che non riesce ancora ad emanciparsi, pur se attraversata tutto attorno e trasversalmente dalle grandi correnti dei cambiamenti sociali e culturali che spazzano l’intero continente nero. In questo territorio marginale si insediano nuovamente nel 1984 i sacerdoti e volontari triestini. Tale insediamento avviene proprio in concomitanza con una delle più gravi carestie degli ultimi decenni, quella conseguente alle annate gravemente siccitose del 1983 e 1984. Vengono quindi avviate varie iniziative atte a sostenere la popolazione del luogo fortemente provata dalla penuria alimentare ed idrica. Nella ricerca vengono esaminate queste tipologie di intervento. Lo studio di questo territorio è inoltre significativo per altre ragioni. La prima è rappresentata dalle conseguenze prodotte dalla riforma agraria e dalla suddivisione delle terre, Land Adjudication Programme, che sconvolge l’assetto tradizionale della ripartizione dei terreni fra i clan della popolazione Mbeere e si riflette pesantemente sugli stessi archetipi di produzione agricola. Altro elemento peculiare da considerare è l’attività esogena su questo territorio, promossa dal Governo keniano, mediante la costruzione di grandi sbarramenti idroelettrici sul corso del fiume Tana, il principale del Kenya quanto a lunghezza e portata d’acqua, che sconvolge il basso Mbeere con grandi lavori, nuove infrastrutture, mutamento dell’ambiente tipico fluviale, arrivo di manodopera straniera dall’Europa orientale, nuove strade asfaltate mai viste prima, grandi automezzi, in una parola un notevole quanto improvviso impatto con la modernità. Quindi è significativo comprendere i processi di sostegno alla popolazione avviati in questo articolato contesto proprio dall’intervento umanitario preso in esame, a cosa effettivamente esso mirava, l’entità e tipologia degli aiuti realizzati, quali riscontri si sono avuti sull’evoluzione economica, agricola, perfino sociale della gente del luogo. Ad esempio, il favorire il diffondersi della produzione della frutta tropicale fra le coltivazioni locali, l’introduzione delle piante foraggiere idonee all’ambiente arido, la creazione di vivai orto-frutticoli, la ripresa della raccolta del miele, la trasformazione artigianale di alcuni di questi prodotti. Per non dimenticare l’opera di sistemazione di strade o piste all’interno della savana, la realizzazione di dighe, invasi, pozzi, cisterne, serbatoi nonché di importanti centri di aggregazione sociale, costituiti dalle piccole chiese o cappelle, dispersi nel fitto della boscaglia. Diviene quindi importante l’esame del progetto di Kamurugu, il centro agrario dimostrativo-sperimentale avviato dalla cooperazione triestina e che rappresenta l’esempio più riuscito e significativo dal punto di vista della cooperazione allo sviluppo svolta in questa zona, ma anche in tutto il Kenya, tanto che nel 2002 le Nazioni Unite, con sede a Nairobi, lo proclameranno l’intervento più riuscito di riduzione della povertà in Kenya. Una serie di analisi quindi che consentono di capire meglio non solo la realtà di un ben delimitato territorio, ma anche di comprendere i complessi meccanismi legati allo sviluppo, le correlazioni fra le tipologie di produzione agricola e la povertà rurale, lo stato della sanità pubblica, la carenza dell’approvvigionamento idrico, la precaria scolarizzazione, le deboli infrastrutture, il loro impatto complessivo sui processi di sviluppo in atto, ma che faticano alquanto a realizzarsi. Ecco perché una sezione di questo studio è dedicata anche a comprendere il problema della povertà e del sottosviluppo in tutto il Kenya, per poi poterlo meglio declinare al livello dei piccoli distretti rurali come il Mbeere. Infine si è dovuto provvedere a svolgere un doveroso aggiornamento sulla situazione politico-economica del Kenya quale realizzatasi all’indomani delle elezioni presidenziali e parlamentari del 27 dicembre 2007, il cui esito, com’è noto, ha precipitato il paese in un rovente clima di scontri etnici e sociali. Scontri che hanno avuto pesantissime ripercussioni sull’economia, la quale era in piena crescita da diversi anni e che ora sarà invece seriamente messa alla prova. Fortunatamente la mediazione dell’ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha avuto successo, ha riavviato il dialogo istituzionale interrottosi ai massimi livelli e ha ridato concrete speranze di pace al popolo keniano.1407 565 - PublicationLa demarcazione della frontiera sardo-francese nell'anno 1825(Università degli studi di Trieste, 2010-04-28)
;Carbone, Livio ;Battisti, GianfrancoBattisti, GianfrancoIl lavoro prende le mosse dall’analisi del manoscritto “ Démarcation de la Frontiere Sardo-Française”, nel quale è descritta l’attività minuziosa svolta dalla Commissione al fine di delimitare con precisione la linea di delimitazione di confine tra i due Regni. Tale Commissione era costituita dai delegati dei due Stati , tra cui ingegneri militari, ai quali era assegnata un’ importanza particolare per la delimitazione dei confini sardo-francesi. Le prime operazioni di delimitazione dei confini iniziarono nell’anno 1823. La linea di confine fu divisa in tre parti, ciascuna delle quali fu attribuita ad una Commissione mista. Al termine delle operazioni ciascuna Commissione provvide alla redazione di un proprio processo verbale e, nel 1825, tutto il confine con la Francia fu ricontrollato e si provvide alla compilazione di un unico processo verbale, la cui copia è quella di cui al manoscritto del presente lavoro. Dopo l’ anno 1825 non risulta la costituzione di alcuna Commissione mista incaricata di nuove operazioni di delimitazioni confinarie tra i due Paesi. Il manoscritto è la copia conforme del processo verbale generale concernente la demarcazione dei suddetti confini, definita in esecuzione del Trattato di pace di Parigi, in data 25 novembre 1815, estratta dall’originale esistente nell’Archivio di Stato di Torino , “ Sezione 1^ fra gli atti del Ministero degli Affari Esteri ( Confini colla Francia)”. Esso è conservato dalla Biblioteca Militare Centrale dello Stato Maggiore dell’Esercito, in Roma, ed è allocato nella Sezione Manoscritti con la segnatura bibliografica I – 116; redatto in lingua francese, si compone di 249 fogli ed ha un’altezza di 36 cm. ed una larghezza di 29 cm. In premessa la tesi analizza l’evoluzione del concetto di confine, il compito dei militari in occasione di dispute confinarie ed é riportata in proposito l’esperienza personale fatta in “ Teatro operativo” nella missione U.N.M.E.E. ( United Nations Mission Ethiopia-Eritrea), il cui scopo era quello di aiutare i belligeranti, l’Eritrea e l’Etiopia, alla risoluzione dei contrasti confinari sorti tra di essi in seguito a dispute territoriali. Nella prima parte del lavoro é studiata la genesi della frontiera sardo-francese dopo la caduta di Napoleone, alla quale é anteposta un’introduzione storica con cui si indicano i punti più significativi del periodo precedente a quello napoleonico. La parte successiva esamina le metodologie fissate dalla Commissione al fine di pervenire ad un’ottimale definizione delle linee confinarie tra i due Stati. Tali linee sono indicate analiticamente e sono stabilite riportandole a quelle definite nel 1790, salvo una serie di modifiche anch’esse indicate particolareggiatamente. Nella terza parte sono evidenziate le fortificazioni costruite dai due Stati, le tecniche di costruzione delle medesime e il loro mutamento in conseguenza dell’evolversi delle tecniche di assedio; è sottolineato anche il miglioramento dell’artiglieria che consentiva agli assedianti una superiorità nei confronti degli assediati. Sono pure riportate considerazioni in ordine alle fortificazioni quali espressione del rapporto tra territorio e confine ed al mutamento della loro funzione al passare “di mano” dei territori contesi. Nella parte quarta sono studiate le analisi delle tattiche e delle strategie degli eserciti tra il ‘700 e l’ ‘800, partendo dallo studio delle tecniche di assedio cosi come esposte dal Vauban nel “Traité de l’attaque et de la defense des places”. Il lavoro è corredato da una serie di carte geografiche e mappe, da un indice alfabetico del lessico e della tattica militare. Sono inoltre indicate le caratteristiche delle azioni di fuoco e la loro classificazione. Il lavoro si conclude con l’indicazione della bibliografia e delle fonti archivistiche.1049 10804 - PublicationEvoluzione del porto commerciale di Trieste e dei suoi rapporti con il territorio di riferimento(Università degli studi di Trieste, 2009-04-17)
;Porceddu, Andrea ;Battisti, Gianfranco ;Krasna, FrancescaBorruso, GiuseppeNel corso degli ultimi decenni il processo di globalizzazione dell’economia mondiale ha portato ad una crescita del commercio internazionale. Le ragioni di questo sviluppo sono molteplici: il decentramento delle attività produttive, le mutate caratteristiche nella divisione internazionale del lavoro, la specializzazione produttiva, le rivoluzioni tecnologiche intercorse, il conseguimento dell’obiettivo di catching-up da parte di alcuni Paesi in via di sviluppo ed il conseguente aumento dei redditi e della domanda. Tutti questi fenomeni hanno aumentato considerevolmente le relazioni commerciali a livello globale e, in questo contesto, il servizio di trasporto ha avuto un ruolo fondamentale nel trasferire beni e persone in maniera sempre più rapida. Considerate le caratteristiche fisiche della Terra, caratterizzata da una prevalenza delle acque sulle terre emerse, la modalità più indicata per trasferire la merce dai luoghi di produzione a quelli di consumo a livello globale risulta essere prevalentemente quella marittima. Il trasporto marittimo ha attraversato dalla seconda metà del XX secolo un periodo di radicali cambiamenti strutturali, in cui la containerizzazione, l’intermodalità e l’introduzione di nuove tecnologie informative hanno congiuntamente giocato un ruolo fondamentale. Dalla sua introduzione nel 1956 fino ad oggi, il traffico containerizzato ha assunto un andamento continuamente crescente, favorito anche da un sistema produttivo decentrato, che ha richiesto il trasferimento di semilavorati e prodotti finiti tra le diverse aree geoeconomiche. In questo contesto, la crescita del traffico containerizzato ha avuto, rispetto agli altri comparti del traffico marittimo commerciale, un impatto certamente maggiore nell’organizzazione degli spazi geografici e della gestione d’impresa, con una serie di effetti che verranno diffusamente trattati all’interno della ricerca. Alla luce di quanto detto, lo scopo della tesi è quello di accertare se e come le dinamiche dei trasporti marittimi riscontrate a livello globale hanno avuto effetti sulla città portuale di Trieste, sulla natura dei suoi traffici e sui suoi rapporti con il territorio servito. Ulteriore scopo della tesi è quello di cercare di fornire, attraverso un’indagine condotta presso operatori del settore, un ordine di grandezza del contributo della funzione portuale nella formazione dell’occupazione e del valore riferito al territorio provinciale.1362 7865 - PublicationFrontiere identitarie : la diaspora italiana a Vancouver tra appartenenze multiple in divenire(Università degli studi di Trieste, 2009-04-17)
;Aru, SilviaBattisti, GianfrancoIl presente studio ruota attorno al nesso che lega fra loro i “processi diasporici” e le costruzioni identitarie italiane all’estero e cerca di cogliere il ruolo giocato dal territorio e dalla lingua all’interno di questa trama concettuale. Tale tematica è stata analizzata a partire da una ricerca empirica da me condotta nella città di Vancouver presso le associazioni facenti capo all’Italian Cultural Centre, alla Famee Furlane e all’ex circolo sardo. Il lavoro, che da un punto di vista metodologico si è avvalso di strumenti di tipo qualitativo e quantitativo (interviste e questionari semi-strutturati), coglie l’invito del costruttivismo sociale a ritenere le identità come dei processi piuttosto che come dati di fatto; tale impostazione è quella ormai accettata dalla maggior parte degli studiosi che si occupano della tematica ed è stata ribadita recentemente anche in ambito geografico nazionale. Le identità italiane a Vancouver sono il luogo di una continua ridefinizione; prendono corpo nei discorsi di appartenenza, all’interno delle trame quotidiane che si strutturano tra il “qui e il lì”, tra Italia e Canada, mutano ad una lettura generazionale, o semplicemente in base al profilo culturale del migrante. Da qui l’accenno, interno allo stesso titolo del lavoro, al divenire, ad un qualcosa che non è statico e definito, non è un “confine”, ma una “frontiera” di significati e di relazioni che vengono tessute quotidianamente tra luoghi e persone più o meno distanti.1148 6601 - PublicationLa funzione internazionale dell'industria del trasporto su gomma del Friuli Venezia Giulia e del Veneto(Università degli studi di Trieste, 2009-04-17)
;Modanese, Lara Lucia ;Battisti, GianfrancoBorruso, GiacomoLA FUNZIONE INTERNAZIONALE DELL’INDUSTRIA DEL TRASPORTO SU GOMMA IN FRIULI VENEZIA GIULIA E IN VENETO L’incremento della varietà e della domanda nel mercato, l’avvento delle nuove tecnologie, la globalizzazione dei mercati e la conseguente complessità portata dalla concorrenza amplificata hanno indotto l’industria del trasporto stradale ad un’evoluzione. Per restare nel mercato l’autotrasportatore oggi offre servizi ulteriori e diversificati: logistica, depositi, personalizzazioni e informazioni sulle condizioni della merce in viaggio. In questo studio sono stati intervistati i titolari di imprese dell’autotrasporto. Il primo elemento che comunemente hanno narrato è che la loro attività è cresciuta in parallelo alle imprese dei clienti, e che le competenze sul piano commerciale internazionale sono cresciute affiancando come fornitori i clienti stessi nelle esportazioni. Pertanto la mutata dimensione aziendale ha fatto sì che ora siano divenuti anche proprietari di imprese all’estero, e proprio in quelle nazioni che un tempo frequentavano come ditte individuali per destinare i prodotti oppure i semilavorati del nord est. Queste filiali straniere, sorte con uno o due veicoli e un piazzale o poco più, nel tempo si sono ingrandite e in alcuni casi sono stati aggiunti uffici con competenze di terziario avanzato. La logica di sviluppo della media impresa di trasporto su gomma di Veneto e Friuli sta ancora nell’espansione geografica della propria azienda: mantenere la sede in Italia e avviare piccole o medie attività all’estero e prevalentemente nei Paesi dell’Est Europa per mantenere in funzione l’originaria attività di autotrasporto. Fino ad oggi l’investimento in attività delocalizzate in Polonia o in Slovacchia o in Repubblica Ceca o in Romania ha mostrato di essere una strategia premiante, ma ora comincia il confronto con la concorrenza che si è costituita lì, autoctona, e che non ha commistione con le ditte italiane. È una concorrenza impari perché l’imprenditore italiano non ha la possibilità di vincere il confronto economico sul piano dei tempi di consegna e dei costi degli autisti e delle manutenzioni. Inoltre la ditta di autotrasporto italiana, e di derivazione italiana, è soggetta a molti controlli, ai costi della fiscalità italiana, e risponde a gravose responsabilità per tutta la normativa sulla sicurezza. Si tratta di garantire l’ambiente, la salute dei lavoratori, la sicurezza sulla strada. Questo accresce i “costi invisibili” di produzione dell’industria del trasporto, quelli che il cliente finale non è in grado di accettare. L’imprenditore italiano di autotrasporto si confronta con ditte straniere che nel loro Paese d’origine non vengono sottoposte altrettanto rigidamente alle regole comunitarie. Ma le ditte italiane che hanno già fatto i conti con la variabile della sostenibilità hanno capito che possono battere la concorrenza proprio su questo punto. Solo con una grande specializzazione e pubblicità etica di rispetto ambientale possono battere la concorrenza sleale. Si tratta di aver messo anche nella pratica le formule di servizio e rispetto per beni come l’aria e la salute delle persone, accanto a servizi esclusivi al cliente per garantire la qualità e l’origine dei prodotti. Un gioco al rialzo anziché al ribasso, che riduce la porzione di mercato a cui può riferirsi. Forse il cambiamento di mentalità fra gli operatori dell’autotrasporto porterà al cambiamento di tipo ecologico anche delle industrie. Chi tra gli intervistati ha dichiarato di avere una mission ambientale appare convinto e sta usando l’esperienza ambientalista come vessillo aziendale. Seguendo questa logica non è possibile parlare di trasporto stradale senza considerare i servizi della ferrovia per il trasporto combinato, cioè la riduzione delle percorrenze su strada. E non è possibile escludere l’analisi delle condizioni di vetustà delle infrastrutture che obbliga ad aumentare la manutenzione dei mezzi stradali. Oppure non è possibile parlare di trasporto stradale se non si considera la possibilità di eliminare i colli di bottiglia presenti nei nodi di grande traffico. E, ancora, non è possibile calcolare il costo di un trasporto se non si conosce la dotazione di retroportualità e l’ammontare del traffico delle merci nei porti e negli interporti (tempi di deconsolidamento, trasbordo). Da queste considerazioni è partita l’idea di dare il via al lavoro con un censimento delle strutture di cui si serve l’industria dell’autotrasporto (ciò che va a costituire la grande fetta dei costi di sostenibilità infrastrutturale ed ambientale). La prima parte del lavoro si avvia con un quadro descrittivo degli ambiti di cui si occupa oggi il trasporto: peculiarità di settore, tecnologie logistiche, prospettive intermodali. In questo modo si può comprendere la dimensione industriale del trasporto di merci su strada, i suoi costi e la sua redditività. Segue un resoconto sulla strategia di espansione geografica, l’internazionalizzazione delle ditte veneto giuliane di autotrasporto, e le caratteristiche socio economiche dell’area geografica di origine. Vi è poi la mappa dei distretti produttivi, che sono il terreno economico a cui l’autotrasporto sta offrendo i suoi servizi. La seconda parte del volume è dedicata alla ricerca. Si tratta del resoconto delle interviste raccolte tra gli imprenditori del settore Ateco 60.24, trasporti terrestri in conto terzi. I tre ambiti previsti dall’indagine sono: gli investimenti all’estero, le aree O/D delle tratte di trasporto e relative tipologie merceologiche trattate, le strategie dell’imprenditore per contrastare la crisi. Dopo la debita elencazione dei passaggi del percorso di studio (dal disegno, alle interrogazioni alle banche dati, all’individuazione dei criteri di campionamento, alle revisioni di fattibilità) il testo prosegue con l’analisi correlata delle risposte ottenute. Ed proprio correlando i dati che si è potuto rilevare che il trasporto stradale su gomma sta attraversando una fase di cambiamento importante. L’autotrasportatore, come annunciato in premessa, sta diventando uno spedizioniere e un operatore di logistica che valuta l’uso di altre modalità di trasporto. L’industria dell’autotrasporto oggi ha un imprenditore che non concentra i valori di produzione sul “viaggio”, ma sul servizio: valorizzazione del prodotto, garanzia della qualità e cura del cliente attraverso servizi molto personalizzati. Egli, quando decide di investire all’estero, apre l’azienda con quote di maggioranza e portando nella struttura la cultura e le conoscenze costruite nella sede originaria. Chi non ha scelto questa strategia e ha solo delocalizzato, pur avendo conseguito importanti risultati in passato, sta accusando perdite che mettono a rischio la vita dell’azienda. Il mantenimento in essere dell’impresa dipende anche da quanto velocemente l’imprenditore riesce a riorganizzare, a mutare aree geografiche di trasporto o settori merceologici di riferimento. L’imprenditore che ha annusato in tempo utile la crisi e ha deciso di penetrare nuove aree con settori di produzione prima poco trattati è rimasto in corsa, ha incrementato il fatturato e sta facendo nuovi investimenti. L’est europeo è l’area IDE privilegiata dagli operatori nordestini dell’autotrasporto. Il territorio è descritto con molto ottimismo dagli imprenditori per i seguenti motivi: servizio offerto, buona qualità delle strade, velocità di percorrenza e per le opportunità che potrà offrire in futuro. Durante l’intervista non sono mancate le comunicazioni rivendicative. Più imprenditori hanno segnalato che l’autotrasporto italiano è osteggiato da protezionismi sia in Francia, che in Svizzera, che in Austria e che l’intermodalità che si serve di treni italiani viene evitata perché il servizio offerto è insufficiente quando non diventa addirittura dannoso. Le ditte preferirebbero organizzare personalmente anche la ferrovia, il carico sul binario, il viaggio e sarebbero disposte ad investirci direttamente. Più imprenditori hanno lamentato di doversi sobbarcare lunghi tempi di credito ai clienti: i pagamenti sono passati dai tradizionali 30 e 60 giorni ai 120 o 240 giorni. Molte problematiche emerse nel percorso di studio aprono ora lo spazio ad ulteriori approfondimenti possibili.1615 4060 - PublicationGerusalemme: confini dello spazio e confini dell'anima(Università degli studi di Trieste, 2011-04-28)
;Benedetti, PaoloBattisti, GianfrancoNella reltà di Gerusalemme, si sono voluti ricercare i confini della città. Fenomeno sia spaziale che metafisico, il confine a Gerusalemme condiziona la vita quotidiana. Stratificati dalla storia hanno contribuito alla formazione di distinte identità. La ricerca della sua funzione, tra le molteplici cui è destinato, nell'ambirto della città santa ed i suoi effetti geografici e simbolici.1562 8562 - PublicationKosovo: nuovo stato in Europa?(Università degli studi di Trieste, 2010-04-28)
;Sossi, AlexBattisti, GianfrancoIl 17 febbraio del 2008, con l’autodichiarazione di indipendenza della Repubblica dei Kosovo, si è chiusa una vicenda, o almeno un suo capitolo, che di fatto ha dimostrato per l’ennesima volta come nel mondo sia valida la regola che possa accadere “tutto e il contrario di tutto”. Di fatto la popolazione di etnia albanese del Kosovo ha raggiunto un obbiettivo inseguito da circa un secolo e forse più, ovvero l’indipendenza dai popoli slavi dei Balcani; dal canto suo, invece, la popolazione serba della stessa regione s’è vista scippare quella che, soprattutto per la propaganda nazionalista di Belgrado, è la culla dalla sua civiltà. La genesi di questa nuova entità statale è, a dire il vero, quanto meno singolare. Tralasciando le spinte autonomiste esistenti già nel corso di tutto il XX° secolo, spinte che più che altro miravano a pareggiare lo status del Kosovo con quello delle altre Repubbliche della RFJ, l’iter di emancipazione del Kosovo dalla Serbia è nato paradossalmente con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza UNSCR n.1244 del 10 giugno 1999, ovvero lo stesso atto che decretava “…the commitment of all Member State to the sovereignty and territorial integrity of the Federal Republic of Yugoslavia” (ovvero “l’impegno di tutti gli Stati membri -dell’ONU- alla sovranità ed integrità territoriale della Repubblica Federale Jugoslava”); la stessa Risoluzione, difatti, ha dato vita alla missione UNMIK, l’amministrazione ad interim dell’ONU, la quale altro non ha fatto che creare tutti i presupposti di “capacity e governement building” acciocché il Kosovo, in barba alla citata Risoluzione, procedesse speditamente verso l’indipendenza. Ad oggi la Repubblica del Kosovo è stata riconosciuta da ben 65 dei 192 Stati membri dell’ONU, Italia compresa, ed è membro sia del Fondo Monetario Internazionale che della Banca Mondiale. Quindi, se prendiamo in considerazione il fatto che questa repubblica abbia oggi un proprio territorio, un proprio popolo, un apparato statale indipendente, e che la stessa sia stata riconosciuta da decine di Paesi (tra i quali 3 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, diversi Paesi appartenenti al G8, nonché 22 Stati membri dell’UE), non si possono avere dubbi sul fatto di poter asserire che la neonata Repubblica del Kosovo sia un nuovo Stato in Europa. Ma la questione da porsi è, invece, quanto si possa considerare la Repubblica del Kosovo uno Stato indipendente e autosufficiente, tenendo in considerazione tutti i problemi irrisolti (e di difficile risoluzione) che l’affliggono, come la quasi inesistente economia, l’insussistenza di un apparato statale adeguato e indipendente, la completa dipendenza (economica, militare, statale) esterna, la questione irrisolta delle municipalità serbe dei distretti settentrionali (nonché della gestione dell’integrazione delle enclaves serbe), la libertà d’azione delle mafie locali (e la loro collusione con la politica). Il Kosovo ha difatti una tra le economie più povere d’Europa, con un reddito procapite stimato nel 2008 in 1750 euro annui e un sistema economico assolutamente non autosufficiente, non esistendo un solo settore produttivo in grado di alimentare l’economia o produrre ricchezza. Una cospicua parte del PIL è coperta dall’indotto creato dalla presenza della comunità internazionale, dalle donazioni e i programmi di sviluppo e sostentamento internazionali, nonché dalle rimesse estere che mensilmente la diaspora spedisce ai propri familiari rimasti in patria. La disoccupazione si attesta a valori prossimi al 50% della forza lavoro, mentre i settori produttivi sono quasi azzerati e il fabbisogno di beni di largo consumo della popolazione viene assicurato mediante importazioni per un controvalore stimato compreso tra il 50% e il 60% del PIL, che nel 2008 ha raggiunto il valore di 3.841 milioni di euro. La bilancia commerciale nel 2008 ha raggiunto un valore di circa -1.729 milioni di euro, ove la quota delle esportazioni, seppure in crescita se comparata con le annualità precedenti, ha raggiunto soltanto il 10,3% di quella delle importazioni. Il quadro degli investimenti esteri non è sicuramente migliore: considerato l’altissimo tasso di rischio-paese del Paese, la totale incertezza della giustizia, l’insussistenza del sistema economico, nonché la forte presenza di forti lobby locali (per non chiamarle racket), gli investimenti a totale capitale straniero sono prevalentemente fatti da emigrati che vogliono investire i propri capitali in patria. Gli investimenti interamente a capitale estero sono, invece, ridotti al minimo. L’apparato statale, seppure supportato dall’esistenza della Costituzione entrata in vigore qualche mese dopo la dichiarazione di indipendenza, è di fatto ancora assistito nelle sue istituzioni cardine dalla missione europea EULEX. Tale situazione è dovuta ad una totale debolezza istituzionale, inevitabile retaggio della particolare situazione verificatasi in Kosovo negli ultimi 2 decenni. Gli ultimi anni del ventesimo secolo, infatti, sono stati caratterizzati dal boicottaggio da parte della popolazione kosovara delle istituzioni serbe, nonché dalla creazione di un sistema amministrativo e politico parallelo, il quale, per le sue caratteristiche, sicuramente non ha potuto creare i presupposti per far crescere la classe politica e formare una cultura delle istituzioni. Quest’ultimo decennio, invece, ha visto il quasi totale fallimento dell’amministrazione UNMIK, per la quale sono stati spesi miliardi di dollari senza, di fatto, riuscire a completare quel processo di governace building e capacity building per il quale era stata preposta. La dichiarazione di indipendenza, in questo senso, è stata sicuramente prematura, in quanto lo Stato e il suo apparato era (ed è) ancora in fase di rodaggio e, come già accennato, dipendente per certune attività (la giustizia in primis) dalla comunità internazionale e dalla missione EULEX. Oggi, a seguito della dismissione della missione UNMIK, il pallino del gioco è passato in mano all’Unione Europea, che volente o nolente s’è ritrovata nella paradossale condizione di dover gestire una situazione creata in definitiva dagli Stati Uniti e gestita, sicuramente in maniera fallimentare, per quasi un decennio dall’ONU; detto ciò, non si può che convenire sul fatto che attualmente la missione EULEX è il minore della moltitudine di problemi, pericolosamente intrecciati tra loro, che l’Unione Europea deve affrontare nell’area balcanica.1311 3454 - PublicationLa mobilità sanitaria ospedaliera italo-slovena dopo l'adesione della Slovenia all' Unione Europea(Università degli studi di Trieste, 2010-04-28)
;Vattovani, Alessandro ;Battisti, GianfrancoBattisti, GianfrancoThe latest current in context of geomedicine covers health facilities.In addition to epidemiology which deals with beginning and outbreak ways of diseases, an approach not only sanitary but as well HRS-based administrative can be used for surveying those facilities. The HRS (Hospital Release File, see acronym list) enable to take account of flow relationships which can set up each other over a certain area between individuals, dwellers and not, enrolled and not enrolled at national health system, and places of hospital output. At EC level the cross-border health mobility is more and more a greatly profound topic as a consequence of two outstanding issues. The first one: if quantitative sizes of health mobility at EC-wide are unknown element, for the moment their volumes of charge show a phenomenon still limited but in the future which could increase, slipstreaming relatively recent European health deregulation. In that event, financial sustainability of national health systems would be jeopardized, above all, but not only, with reference to Member States that "export" patients and are obliged to pay the citizens’ costs of treatment in other States, notwithstanding the same treatments even were available inside. The second one: without a view to harmonize national health systems, which are responsible of their own sanitary policies, at EC level it has been agreed that health systems have to be characterized by sharing values such as universality, equality, solidarity and accessibility to high quality health care. To reach this goal in front of an unfailing financial sustainability and thus above all in obedience to solidarity, to avoid aforesaid loss of patients too, whose foil would be an accessibility deficit in “receiving” Countries, it is required that all Member States carry out a set of functional principles. That because EC citizens expect they are effective in every national health systems: quality and safety cares, proofs-based and ethics-based service, patients’ involvement, compensation for damage and privacy. In the patient mobility reflection process, health ministers and other stakeholders (Health System High Level Group1) identified areas where the economies of scale of coordinated action between all Member States can bring added value to national health systems. This may concern joint planning, mutual recognition or adaptation of procedures or standards, interoperability of respective national information and communication technology systems, practical mechanisms to ensure continuity of care or practical facilitating of cross-border provision of healthcare by health professionals on a temporary or occasional basis. One of more significant studies regarding health mobility (Patient mobility in the European Union – learning by experience) devotes its own dissection (2000/2003) with reference to nine community territorial reality, nearly eve-rything having peculiarity of transborder regions. The present one sets itself as target to look into some health mobility angles in a small European area and strictly within a transborder region such as that italo–slovene, comprising the same Slovenia and Friuli Venezia Giulia, already objective in above-mentioned study. Really, medical collaboration is relevant matter within the ambit of cross-border relations and its increase enables getting throw the border. Starting from findings of above-said quadriennium the thesis seeks to verify if later, because of Slovenian accession to European Union (2004), changes have been inside cross-border dynamics of hospitalizations.1602 4228 - PublicationOpportunità e percorsi di collaborazione transfrontaliera fra Italia e Svizzera. Il caso della "regio insubrica"(Università degli studi di Trieste, 2009-04-17)
;Santini, Alessandro ;Battisti, GianfrancoBattisti, GianfrancoLa ricerca affronta il tema della collaborazione transfrontaliera fra Italia e Svizzera alla luce dei processi di defunzionalizzazione delle frontiere e di formazione delle cosiddette Euroregioni, in atto nel Vecchio Continente a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso. È in questo contesto che, nel 1995, nasce la comunità di lavoro della Regio Insubrica, cui oggi aderiscono cinque province italiane - Como, Lecco, Novara, Varese e Verbano Cusio Ossola - e lo svizzero Canton Ticino. La tesi, nella parte iniziale (capitoli 2, 3 e 4), descrive la formazione storica della regione italo-svizzera dei laghi prealpini, comunemente detta Insubria, il suo posizionamento strategico all’interno del panorama europeo e le ricadute che esso sta avendo sull’area in esame a livello di sviluppo infrastrutturale e nella prospettiva della costruzione dei grandi Corridoio intermodali paneuropei. Il corpus centrale della ricerca (capitoli 5, 6, 7, 8, 9 e 10) è invece dedicato all’analisi socioeconomica delle aree che fanno parte della comunità di lavoro, col chiaro intento di mettere in evidenza i molti tratti che accomunano i territori aderenti alla Regio Insubrica. Al centro dei capitoli 11 e 12 che concludono il lavoro, sono infine la storia, l’organizzazione e le iniziative messe in campo da quest’ultima dal momento della creazione sino a oggi, sul tema della collaborazione transfrontaliera e della promozione unitaria dello spazio insubrico.1014 2643 - PublicationPer uno sviluppo del turismo sostenibile nel golfo di Trieste. Dallo spazio confinato al sistema turistico integrato(Università degli studi di Trieste, 2010-04-28)
;Lo Iacono, Marianna ;Battisti, Gianfranco ;Favretto, AndreaFavretto, AndreaIl presente lavoro nasce dalla constatazione dell’importanza del fenomeno turistico ed in particolare di quello che segue i principi di sostenibilità. Considerando gli studi di geografia del turismo e applicando le regole ed i principi del marketing nel turismo sostenibile si è voluto verificare se esistono le condizioni e le risorse per avviare un progetto di valorizzazione e promozione turistica sostenibile per il Golfo di Trieste. Si è ritenuto opportuno dividere il lavoro in due parti: una teorica generale, l’altra pratica particolare. Nello specifico, nella prima parte oltre a disegnare lo scenario e l’evoluzione del fenomeno turistico sostenibile nella geografia e nel marketing, in prospettiva del Golfo di Trieste, si focalizza l’attenzione sul mare, partendo dal concetto di regione litoranea per giungere al sistema turistico costiero e la sua gestione integrata, non tralasciando il delicato argomento dei confini del mare e delle sue forme di governo, che dettano legge sugli usi e sulle risorse presenti. Nella seconda parte si analizza il Golfo di Trieste, che costituisce il caso di studio e di riflessione propositiva nell’ambito della politica di Programmazione per la Cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia nel periodo 2007-2013. Dopo aver raccontato le varie e sofferte vicende confinarie del Golfo di Trieste, a partire dalla Repubblica Veneta fino all’attuale situazione Italia-Slovenia-Croazia, si propone di considerare il Golfo come area inserita in un'unica dimensione storica, culturale ed ambientale, visto che geograficamente si pone già come un unico tratto di mare semi-chiuso con proprie condizioni morfologiche, del tutto diverse dal resto del mare Mediterraneo. A testimoniare la volontà di integrazione territoriale nell’area è l’iniziativa comunitaria INTERREG, oggi intesa come politica di Programmazione per la Cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia nel periodo 2007-2013, di cui si delineano le premesse e i propositi. Alla luce di tali considerazioni, infine si presenta sinteticamente un progetto per lo sviluppo del turismo sostenibile nel Golfo di Trieste, il progetto COAST ECO-TOUR, proposto all’interno di tale politica, che è attualmente in fase di valutazione.1400 3468 - PublicationLa potenzialità produttiva delle fonti rinnovabili di energia in Friuli Venezia Giulia e in Slovenia. Caratteristiche delle differenti filiere e prospettive di sviluppo(Università degli studi di Trieste, 2009-04-17)
;Cencic, Vanja ;Battisti, Gianfranco ;Battisti, GianfrancoJodice, RobertoNegli ultimi decenni, lo stile di vita e l’aumento della ricchezza complessiva della società hanno inciso profondamente sul settore energetico, modificando sensibilmente le prospettive energetiche. La tematica dell'impiego delle fonti rinnovabili di energia è ritornata di attualità, soprattutto negli ultimi anni, alla luce dei ben noti avvenimenti quali l'aumento dei prezzi dei combustibili fossili e le difficoltà del loro approvvigionamento. Questi problemi hanno messo in evidenza che non si può più considerare la disponibilità energetica come qualcosa di scontato. Il ricorso alle fonti rinnovabili e all'uso efficiente dell'energia si impone quale scelta strategica, irreversibile. I problemi riguardanti l'energia sono comuni a tutto il territorio transfrontaliero ma le soluzioni attualmente in uso sono differenti. Tuttavia poiché il settore energetico ha una valenza strategica per lo sviluppo locale è indispensabile che su questi temi gli approcci siano comuni e le modalità operative risultino condivise. Lo sviluppo di un approccio comune alla pianificazione dell'uso delle risorse energetiche è indispensabile anche per garantire il migliore sfruttamento possibile delle energie rinnovabili, sulla base della diversa vocazione per le possibili fonti alternative posseduta dai territori transfrontalieri. La presente ricerca contribuisce alla conoscenza della legislazione europea, slovena e italiana nel campo delle fonti rinnovabili di energia; analizza le disponibilità di rinnovabili nel territorio della Repubblica Slovena e dell'Italia, con un preciso approfondimento nella Regione Friuli Venezia Giulia, delle prospettive del loro sviluppo e del loro impiego. Nei capitoli successivi sono state individuate diverse filiere delle energie rinnovabili con l'obiettivo di dare un contributo alla migliore conoscenza dell'argomento trattato nella tesi. E' stata effettuata un'indagine per rilevare i costi d'investimento delle principali tecnologie attualmente disponibili relative ad impianti che producono energia da fonti rinnovabili. Lo studio è stato effettuato per comparare eventuali differenze esistenti nel mercato del FVG e Slovenia. Sono stati presi in considerazione i dati di fornitori di impianti o/e di costruttori relativi ai seguenti settori: solare fotovoltaico, solare termico, biogas, eolico, geotermico, combustione e gassificazione delle biomasse, ecc. Una grande attenzione è riservata agli obiettivi Europei fissati per il 2020. Nella ricerca a tale scopo sono stati messi a confronto tre scenari delle prospettive di evoluzione del sistema energetico attraverso i quali si è delineato un quadro di sviluppo delle filiere. All'interno di queste filiere sono state identificate le differenti soluzioni tecnologiche ed impiantistiche per raggiungere gli obiettivi precedentemente considerati, tenendo conto delle potenzialità fisiche delle rinnovabili presenti. Nelle conclusioni sono presentate le principali problematiche del territorio e descritte alcune linee di orientamento per la pianificazione degli interventi nell'area transfrontaliera per uno sviluppo territoriale sostenibile e comune.2159 4014 - PublicationTra urban sprawl e crescita organica, analisi storica e simulazione di scenari futuri. L'area metropolitana di Pordenone come caso applicativo(Università degli studi di Trieste, 2010-04-28)
;Martellozzo, Federico ;Battisti, Gianfranco ;Favretto, AndreaClarke, KeithUna delle sfide più critiche del cambiamento globale concerne la gestione dello sviluppo (o per meglio dire incremento in estensione) disorganizzato delle città a scapito dell’ambiente circostante, molto spesso il paesaggio agricolo è quello che maggiormente risente dell’espansione urbana. Il fenomeno definito con il termine anglofono Urban Sprawl benché molto conosciuto, rimane altresì controverso, in quanto nel mondo accademico e nel panorama scientifico in generale, non vi è una definizione universalmente condivisa riguardo la sua eziologia, né riguardo cause ed effetti correlati a tale fenomeno. Principale obiettivo di questa ricerca è di trovare una metodologia che possa, se non esaustivamente, almeno in parte, osservare efficacemente ed esemplificare il trend evolutivo di tale fenomeno nel tempo, al fine quasi di identificare una sorta di “firma diacronica dello sprawl”, a tal proposito la ricerca si è focalizzata su un caso di studio particolare, ovvero è stata esaminata l’area metropolitana della provincia di Pordenone, la quale si trova al confine tra Friuli - Venezia Giulia e Veneto. La base di dati utilizzata è stata ottenuta mediante l’analisi di immagini telerilevate dal 1985 al 2005; queste sono state elaborate con l’impiego di innovative tecniche di interpretazione e classificazione basate su una metodologia chiamata Machine Learning; al fine di ottenere un intervallo temporale più ampio si è reso necessario l’impiego di tecniche di modellizzazione automatica basate su algoritmi cellulari al fine di ottenere delle previsioni di transizione di copertura del suolo, che sono state ritratte in possibili scenari futuri sino al 2050. L’area del pordenonese è particolarmente interessante, e curiosa al contempo, perché nel 2002 e nel 2006 è stata identificata dall’Agenzia Ambientale Europea come uno dei casi più esemplificativi di sprawl urbano in Europa. Il fatto che una piccola città come Pordenone sia esemplificativa di un’espansione urbana disomogenea, o per meglio dire di sprawl, è alquanto singolare; infatti si è soliti riferire lo sprawl urbano a estese aree metropolitane del Nord America come Los Angeles, San Diego, o addirittura a grandi città europee come Londra, Parigi o Milano. Analogamente lo studio si prefigge di osservare la transizione da un Sistema Metropolitano ad una Struttura di Rete Regionale (Dematteis 1997), usando la prospettiva ed i concetti descritti dalla Teoria della Crescita Urbana a Cicli (Dietzel et al,. 2005a). Obiettivo principale è quello di osservare pattern spazio-temporali associati al fenomeno di sprawl urbano. Il trend dell’espansione urbana, in termini esclusivamente geometrici, per l’area considerata, è stato analizzato mediante il concetto di Entropia Spaziale Generale; tale fenomeno rappresenta una variabile, per alcuni aspetti, indipendente dalla scala di osservazione, ma soprattutto sintetizza l’unica caratteristica, o quasi, universalmente condivisa riguardante lo sprawl urbano. Nello svolgimento di tale studio, si è focalizzata l’attenzione anche sulle relazioni reciproche fra tempo e spazio nei momenti di sprawl (Batty 2002). Capire, e, o essere in grado di prevedere, come avvengono le modificazioni del tessuto urbano a livello spaziale nel tempo è di cruciale importanza per tutti coloro i quali si interessino di pianificazione territoriale ed ambientale; infatti, la conoscenza delle transizioni di uso del suolo permette di calibrare ed applicare politiche ambientali e manovre di pianificazione efficaci al fine di controllare tali cambiamenti e, poter così soddisfare bisogni specifici della popolazione o prevenire i rischi ed i costi correlati alla crescita spaziale disorganizzata ed incontrollata del tessuto urbano, ovvero allo sprawl.1894 1830 - PublicationIl trasporto aereo analisi delle trasformazioni in atto e studio di fattibilità di una rotta(Università degli studi di Trieste, 2008-04-17)
;Carli, FrancescaBattisti, GianfrancoIl trasporto aereo europeo fino agli anni ’80 rappresentava il settore più rigidamente controllato dagli apparati governativi, e solo grazie all’impulso degli organi comunitari ha avviato una fase di rinnovamento delle proprie strutture giuridiche che ha profondamente ridefinito i principi del mercato. Il tutto è stato attuato mediante un processo di deregulation del settore verificatosi negli Stati Uniti dieci anni prima, che ha avuto come effetto più evidente lo sviluppo dei vettori low cost e no frills. La vendita di biglietti aerei a prezzi irrisori rispetto alla possibilità dei vettori tradizionali è stata resa possibile grazie alla diversa struttura della nuova generazione di vettori, capace di scardinare completamente il sistema di trasporto aereo ed imponendo un nuovo sistema di regole sul mercato. La tesi in oggetto quindi si è posta l’obiettivo di studiare l’effettiva fattibilità di un collegamento aereo, analizzando l’intera e complessa procedura del processo che porta al risultato finale di operabilità dello stesso in termini di vantaggio economico, con effetti indotti di espansione sul mercato e di immagine dell'azienda stessa. Si vuole in particolare portare un contributo pratico, includendo l'analisi di una serie di dati economici, statistici e sociali utili a rafforzare quel segmento del processo che considera gli aspetti legati al territorio geografico in cui si va ad operare, tassello che si colloca tra rilevanti fattori economici, legislativi, statistici e sociali indispensabili al raggiungimento dell'obiettivo finale. Un collegamento aereo necessita di un'analisi di base del territorio su cui va ad operare, dalle potenzialità dell'area in termini di bacino di utenza, le infrastrutture esistenti (collegamenti ferroviari ad alta velocità, rotte e vettori aerei già operanti sul territorio, capacità aeroportuali..), l’economia generale del territorio regionale, le valenze turistiche e la realtà sociale presente (tipologia di utenza potenziale per un determinato collegamento). Gli obiettivi conoscitivi che hanno guidato il lavoro si sono focalizzati sulla comprensione del settore del trasporto aereo in Europa, attraverso l’analisi degli aspetti giuridici e del mercato entro cui si sono sviluppate le nuove tendenze dei vettori aerei. Si pongono in evidenza le nuove politiche strategiche dei nuovi entranti, le strategie competitive adottate dalle compagnie low cost, con riferimento al tipo di vantaggio perseguito e all’ambito nel quale esse scelgono di operare, rilevando quali elementi fondano la sostenibilità del vantaggio competitivo ed individuando gli aspetti innovativi che caratterizzano le strategie dei vettori di nuova generazione. Nello specifico, il lavoro consta di un’analisi teorica, nella quale vengono esposte le principali nuove regole e normative che caratterizzano oggi il mercato aeronautico, accanto alla definizione degli argomenti che insistono sul panorama del trasporto aereo che coinvolgono i vettori stessi: la definizione dei confini dell’aria accanto alla nuova normativa del cielo unico europeo, il processo di liberalizzazione e gli accordi internazionali tra vettori. Oneri di servizio pubblico, tasse aeroportuali e concessione degli slots sono gli altre argomentazioni che trovano ambito nel capitolo giuridico che vuole creare un cappello introduttivo utile a comprendere il sistema del trasporto aereo oggi e le dinamiche insistenti sul mercato. L’analisi dedicata al mercato aeronautico copre due capitoli, suddivisi per area geografica considerata: il primo analizza la situazione mondiale ed europea e la sua evoluzione negli anni, la sua struttura e la competizione insistente tra vettori tradizionali, ossia le majors da sempre primeggianti accanto ai piccoli vettori regionali subordinati nei collegamenti minori tra gli aeroporti satelliti e gli hub principali serviti dai vettori di bandiera, e i nuovi low cost che hanno in pochi anni rivoluzionato l’intera ottica di mercato. In questo contesto si sono analizzate le nuove reti di trasporto attivate accanto al nuovo assetto del sistema, i modelli aerei a confronto e le reti delle rotte attivate. L’altro capitolo focalizza l’attenzione al mercato italiano, ed osserva con spirito analitico gli effetti dell’evoluzione mondiale ed europea all’interno del contesto nazionale, i vettori insistenti sul mercato e l’approccio dei low cost e low fare in questo ambito. La situazione del mercato italiano ha permesso di effettuare alcune analisi sulle problematiche esistenti ed ipotizzare alcune ipotesi di soluzione, osservando più da vicino i vettori italiani oggi operativi sul mercato nazionale ed approfondendo il caso eclatante di Alitalia e dell’hub di Malpensa oggi al centro di grosse discussioni politiche legate alla cessione del vettore di bandiera italiano. Il fenomeno low cost e le sue strategie nel mercato sono stati esplorati in due capitoli distinti, attraverso l’esposizione dei diversi modelli nati sul mercato mondiale ed europeo, e gli effetti che hanno avuto sull’intero contesto del trasporto. Costi ed analisi di mercato dei vettori sono risultati un indispensabili argomenti per la realizzazione del caso studio proposto nella parte finale del lavoro. Con queste analisi è stato possibile infatti comprendere le tipologie di costo sostenute dai diversi modelli di vettori, la diversa filosofia attuata per la loro riduzione e l’adeguamento del nuovo sistema low cost anche da parte delle stesse infrastrutture che collaborano a stretto contatto con il mondo dei vettori: gli aeroporti. Anche i costruttori di aeromobili hanno dovuto adeguare i propri modelli costruttivi in prospettiva del nuovo mercato che va a delinearsi nel corso degli anni, incentrando il focus su modelli jet di piccola capacità adatti a brevi collegamenti, con livelli di qualità e confort più elevati rispetto ai vecchi e rumorosi motori a turboelica, accanto alla costruzione di enormi macchine adatte a lunghi percorsi e trasporto di numerosi passeggeri. Un altro elemento da considerare nel processo di analisi sulla fattibilità di un collegamento aereo in una precisa realtà geografica riguarda la competizione da parte di altre modalità di trasporto come quella ferroviaria, specie nell’area centro europea, dove l’alta velocità offre una valida alternativa all’utenza in tempi di costi e tempi di percorrenza. La seconda parte del lavoro propone un caso studio di una rotta aerea richiesto da un vettore low cost italiano attivo sul mercato europeo. L’analisi della fattibilità di un nuovo collegamento aereo da Bologna ad Amsterdam, già attivato da un vettore tradizionale, vuole focalizzare l’attenzione sul territorio emiliano ed il bacino di utenza gravitante attorno all’aeroporto, attraverso l’analisi dei dati statistici ufficiali e quelli reperiti direttamente sul campo. Oltre alla stima del traffico esistente, si vuole misurare anche quello di possibile generazione in conseguenza all’offerta di un volo low cost con tariffe più basse. La fattibilità in termini di costo, sia per il vettore considerato (MyAir), che per quello leader sul mercato europeo (Ryanair), forniranno un utile termine di paragone che andrà a sommarsi tra gli elementi indispensabili a concludere sulla fattibilità o meno del collegamento ipotizzato. Lo studio della pianificazione delle rotte aeree assume significatività rilevante quando tali attività incentivano la mobilità e creano sul territorio le dinamiche tali da renderlo economicamente attivo ed attrattivo attraverso la creazione di nuove attività economiche. Sullo stesso principio, anche le aerolinee traggono vantaggio nell’insediarsi in aree geografiche vive ed attive, interessate dal processo di espansione e costituite da una struttura sociale ed economica dinamica ed interessata ad essere collegata con altre aree e nuovi mercati.4602 6455