Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
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Browsing Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche by Author "Bellini, Anna"
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- PublicationEpilessia, qualità della vita e rappresentazione di sé(Università degli studi di Trieste, 2009-01-19)
;Bellini, Anna ;Czerwinsky, Loredana ;Czerwinsky, LoredanaCosta, PaolaL’attività di ricerca relativa alla tesi di dottorato intitolata “Epilessia, qualità della vita, rappresentazione di sè”, intende rivolgere la sua attenzione sulla relazione tra il costrutto rotteriano dell’ “Internal and External Locus of Control” o “LoC” (Rotter, 1966), che fa riferimento alla “convinzione di poter controllare e gestire con coinvolgimento diretto e personale gli eventi della vita propria” e una malattia cronica come l’epilessia. In particolare, secondo l’originaria teorizzazione di Rotter, un orientamento di LoC interno indica una interpretazione soggettiva della successione azione-effetti non accidentale, bensì dipendente dal proprio comportamento. Un orientamento di LoC esterno indica, invece, che il soggetto attribuisce la successione comportamento-risultati al caso e non dipendente da sé. In base alle indicazioni della letteratura, la malattia cronica influenzerebbe il costrutto psicologico del LoC. Questa influenza dipenderebbe dal tipo di malattia. Come sostiene lo studioso finlandese Ingemar Engstrom (1991) nella ricerca pediatrica i bambini con malattie croniche tendono a sviluppare un orientamento di LoC esterno. I casi in cui sono stati rilevati – al contrario - punteggi di LoC interni, questi si spiegano con il fatto che la malattia cronica in questione richiederebbe un forte coinvolgimento e una forte responsabilità nella gestione della stessa. In questo senso, in base ad alcune ricerche condotte con il test di Nowicki e Strickland, malattie croniche come l’ epilessia, malattie oncologiche, e la malattia infiammatoria intestinale (IBD), svilupperebbero una tendenza ad un locus esterno, mentre malattie come il diabete favorirebbero un locus interno. Da quanto detto il LoC può risultare un utile predittore della capacità di gestire la malattia cronica ed in questo senso può essere un buon indicatore della qualità di vita in pazienti affetti da varie patologie (cancro, diabete, obesità, Aids....ed epilessia). Per questa ragione, tale costrutto viene molto utilizzato nell’ambito della Psicologia della Salute. Infatti, le convinzioni individuali sulla capacità o meno di gestire gli eventi della vita hanno conseguenze dirette sul controllo della stessa ed in primis sulla adesione al trattamento/cura previsti. In generale, i soggetti che presentano un LoC tendenzialmente interno avrebbero una migliore capacità di adattamento alla malattia e anche un eventuale trattamento risulterebbe maggiormente efficace proprio per il senso di responsabilità e per il coinvolgimento del soggetto nel controllo della malattia. Soggetti con un LoC tendenzialmente esterno, invece, dimostrerebbero un minore adattamento alla malattia, un conseguente rifiuto della stessa e il loro atteggiamento rinunciatario e fatalista non favorirebbe un’adesione efficace a terapie o cure che devono essere seguite con costanza. L’epilessia rientrerebbe, come abbiamo visto, tra le malattie che tenderebbero a indurre un LoC maggiormente esterno. gli scopi Gli scopi della ricerca sono due e sono stati realizzati con due studi integrati.Ø Scopo principale della ricerca è stato quello di individuare alcuni “organizzatori generali” o linee guida per un intervento educativo che aiuti il ragazzo epilettico ad acquisire e potenziare la convinzione di poter controllare e gestire gli eventi della vita propria o altrui. Si tratta quindi di favorire un LoC maggiormente adattivo rispetto alla malattia. Questo scopo è stato perseguito con uno studio condotto in ambito ospedaliero con 20 bambini e ragazzi con epilessia dei quali è stata indagata la rappresentazione di sè. Scopo correlato della ricerca è stato quello di individuare alcuni “organizzatori generali” o linee guida per un intervento educativo che sensibilizzi l’ambiente sociale (scolastico) a instaurare un rapporto corretto con l’epilettico e che favorisca una corretta comprensione di questa malattia. Questo scopo è stato perseguito con uno studio condotto in ambito scolastico con 316 bambini e ragazzi di alcune scuole di Trieste tra i quali è stata indagata la rappresentazione attribuzionale della malattia e dell’epilettico.Ø studio in ambito ospedaliero: la ricerca condotta in ambito ospedaliero si è svolta presso la Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile del Burlo Garofolo di Trieste. Ø Campione: è stato coinvolto un campione di 66 bambini e ragazzi con epilessia idiopatica in età dai 9 ai 16 anni. Sono state escluse le forme gravi e i ritardi mentali. I soggetti aderenti allo studio sono stati 20. Ø Gli strumenti e svolgimento: ai soggetti sono stati somministrati il test di Nowicki e Strickland (1973), un test per ragazzi che fornisce un punteggio di locus esterno in una scala da 0 (esternalità nulla o internalità) a 40 (esternalità massima) e una prova basata su vignette, somministrata in più riprese, in cui i bambini/ragazzi potevano scegliere una tra quattro possibili risposte al fine di spiegare situazioni di successo/insuccesso. Per questa indagine, ciascuno dei 20 soggetti è stato invitato a partecipare a tre sedute con cadenza bimestrale. Ciascuna seduta si apriva con attività di “riscaldamento” per mettere a proprio agio i ragazzi.Ø Giustificazione teorica degli strumenti: dopo un approfondimento sul concetto di LoC all’interno della letteratura internazionale, fatta utilizzando il sito “Pubmed” della U.S. National Library of Medicine, “PsychInfo” (un database di abstracts attinenti all’ambito psicologico) e il sito della Dissertations Abstracts International (DAI) sono stati focalizzati i principali strumenti di misurazione del costrutto per l’età evolutiva, individuando nella somministrazione individuale del test degli autori Nowicki e Strickland il modo maggiormente idoneo per uno studio sul LoC e la malattia epilettica in età infantile/adolescenziale (9-16 anni). Sebbene sia uno strumento datato, infatti, questo test è risultato ancora largamente in uso. Vi sarebbero recenti versioni anche in turco e cinese.La strutturazione di una prova appositamente ideata e basata su vignette ha avuto invece lo scopo di approfondire l’orientamento del LoC non solo in una prospettiva monodimesionale di impostazione rotteriana (interno vs esterno) ma anche multidimensionale-multiattribuzionale che recupera il concetto di determinante elaborato da Weiner (abilità impegno, contesto e fortuna) e che valuta le sfumature dell’orientamento del LoC in situazioni di successo ed insuccesso. La somministrazione di questa prova multidimensionale e multiattribuzionale, in più parti, basata su vignette e testo scritto, elaborata in forma originale dalla candidata, ha consentito di delineare diversi stili attributivi, ossia diversi profili che permettono di comprendere come bambini e ragazzi con epilessia si spieghino situazioni di successo o insuccesso di cui sono protagonisti. I risultati: · L’adesione al progetto è stata scarsa. Infatti, su 66 soggetti contattati solo 20 hanno partecipato. Si tratta di un gruppo di ragazzi fortemente coinvolti e responsabilizzati nella gestione della propria malattia e pertanto non rappresentativo della realtà dei soggetti con epilessia.Nell’analisi delle motivazioni con le quali le famiglie contattate hanno rifiutato il coinvolgimento del proprio figlio nel progetto di ricerca, risultano di particolare interesse le giustificazioni che si rifanno ad un tempo alla negazione della malattia del figlio e alla volontà di non coinvolgerlo.· La somministrazione del test di Nowicki e Strickland ha evidenziato come il gruppo dei 20 bambini e ragazzi con epilessia idiopatica esaminati sia risultato di fatto con un internal locus of control.· L’internalità rilevata per questo gruppo non contrasta i dati della letteratura che associa epilessia ad esternalità, ma va letta come espressione di un gruppo fortemente consapevole della propria malattia e coinvolto in prima persona nella gestione della stessa, adeguatamente sostenuto da famiglie che parlano del problema senza nasconderlo. Inoltre, si tratta di soggetti le cui crisi sono sotto controllo grazie ad un trattamento farmacologico e con possibilità di guarigione.· La somministrazione della prova delle vignette ha portato alla identificazione di cinque stili attributivi, ossia di cinque diversi profili che permettono di comprendere come bambini e ragazzi con epilessia si spieghino situazioni di successo o insuccesso. Questi stili si rifanno in parte a quelli individuati da autrici come De Beni, Moè per l’ambito dei successo scolastico. Si tratta, in particolare, dello- stile interno che attribuisce successi/insuccessi alla mancanza di abilità/impegno personale- stile esterno che attribuisce successi/insuccessi al contesto o alla fortuna- stile negatore degli insuccessi che attribuisce i fallimenti al contesto sfavorevole/ sfortuna- stile rinunciatario che attribuisce i successi al contesto o alla fortuna e i fallimenti a se stesso, alla propria incapacità o mancanza di impegno.Sempre attraverso la somministrazione della suddetta prova, oltre ai precedenti stili attributivi, è stato individuato un ulteriore stile qui denominato “Stile adattivo” ispirato dalle ricerche di due autori degli anni 80 (Wong e Sproule,1984) i quali affiancarono agli individui prevalentemente interni o esterni, gli individui da loro definiti “realisti bilocals”. Si tratta di soggetti i quali possono essere interni e/o esterni in base alle situazioni che si presentano e il cui comportamento risulta pertanto particolarmente adattivo. · Lo stile adattivo diviene quindi il nuovo modello che si può apprendere, il profilo verso il quale tendere in quanto permette di superare i limiti insiti in tutti gli altri stili esaminati ed allo stesso tempo riassume le potenzialità di ciascuno. Infatti, questo stile è potenzialmente migliore dello stesso stile interno in quanto evita al soggetto di incorrere nel tipico senso di colpa per i fallimenti, anche quando questi non dipendono da personali abilità o dall’ impegno. In questo stile, infatti, atteggiamenti rinunciatari o fatalistici possono anche essere considerati utili al fine di preservare la propria autostima di fronte ad eventi chiaramente al di fuori del controllo personale.In questo senso, la ricerca evidenzia alcune linee guida per percorsi educativi mirati, ossia stile-specifici, che favoriscano l’abbandono dei profili meno adattivi rispetto alla gestione della malattia e che dispongano ad un avvio al cambiamento per valorizzare, nel soggetto epilettico, una rappresentazione positiva di sè. Gli “organizzatori generali” di tali progetti di intervento, finalizzati in ultima analisi alla valorizzazione della qualità della vita di soggetti con epilessia, dovranno partire proprio dalla consapevolezza dei singoli soggetti circa caratteristiche, potenzialità e limiti del proprio stile attributivo. Ne consegue che l’intervento educativo per:- lo stile interno dovrà alleggerire il senso di colpa per gli insuccessi, ammettendo anche l’esistenza di un limite al proprio senso di controllo sulla realtà;- lo stile interno dovrà puntare alla assunzione di responsabilità personale per le situazioni di successo/insuccesso, favorendo l’abitudine ad evitare atteggiamenti rinunciatari e fatalisti;- lo stile negatore degli insuccessi dovrà responsabilizzare per gli insuccessi.- lo stile rinunciatario dovrà potenziare il senso di autostima e ricercare strategie per raggiungere maggiori traguardi di successo.- lo stile adattivo dovrà verificare che una tale adattività si ispiri effettivamente a un consapevole senso di realismo.Ø studio in ambito scolastico: La ricerca condotta in ambito scolastico si è svolta presso alcuni Istituti Comprensivi e Licei della città di Trieste.Campione: è stato coinvolto un campione di 316 bambini e ragazzi in età dai 9 ai 16 anni non affetti da epilessia/altre malattie croniche.Gli strumenti e svolgimento: Anche ai ragazzi delle scuole è stato somministrato il test di Nowicki e Strickland (1973). La somministrazione è stata ripetuta: una prima volta per far emergere il LoC personale dei ragazzi delle scuole (LoC “proprio”) e una seconda volta per rilevare il LoC da loro attribuito ad un ipotetico coetaneo con epilessia (LoC “attribuito”). Con questa seconda somministrazione si è richiesto ai ragazzi uno sforzo di “coinvolgimento immaginato” che ha permesso di confrontare il LoC proprio con il LoC da loro attribuito ai soggetti con epilessia. Tale proiezione viene confrontata con i punteggi reali di LoC rilevati nel gruppo dei soggetti epilettici del Burlo. Ai ragazzi delle scuole è stato anche proposto un test sulle conoscenze e i pregiudizi riguardanti l’epilessia, test liberamente ispirato da un questionario della studiosa canadese Gajjar (2001). I risultati: · La somministrazione del test di Nowicki e Strickland ha evidenziato come il “LoC proprio” dei 316 bambini e ragazzi delle scuole sia scarsamente esterno. Pertanto, si tratta di individui che tendono ad un internal locus of control; inoltre si conferma la tendenza, evidenziata in letteratura, di un decrescere statisticamente significativo dell’esternalità in base all’età. I bambini della scuole elementare risultano pertanto più esterni rispetto ai ragazzi del liceo.· La seconda sommistrazione del precedente test, volta a rilevare il “Loc attribuito” dai bambini/ragazzi delle scuole ad un ipotetico coetaneo con epilessia, rivela invece come, nella visione dei ragazzi, un compagno con epilessia sia un soggetto tendenzialmente esterno, ossia in balia di forze al di fuori del suo controllo e, pertanto, fatalista e rinunciatario. Questa percezione di diversità comincia a farsi strada sin dalla scuola elementare ma si impone al ginnasio, dove l’epilettico è decisamente “un diverso”.· Tuttavia, una tale percezione dei ragazzi con epilessia risulta essere una visione distorta. Infatti, i punteggi medi di LoC riscontrati nel gruppo dei 20 bambini/ragazzi con epilessia da un punto di vista statistico non sono significativamente diversi rispetto a quelli riscontrati tra i ragazzi delle scuole. L’epilettico pertanto, non è un diverso.· Anche la comprensione della malattia da parte dei ragazzi delle scuole è carente. Scarse ed insoddisfacenti sono, infatti, le conoscenze sulle cause della malattia, gli eventi scatenanti o premonitori, le figure deputate alla cura e le possibili terapie. Molte sono invece le credenze che riconducono la malattia all’ influenza del malocchio, delle fasi della luna, al contagio e alla fatalità del destino. Inquietanti i pregiudizi relativi alle supposte minori capacità/abilità scolastiche o socio-relazionali di un bambino/ragazzo che soffre di epilessia. Purtroppo, risulta comprensibile l’atteggiamento delle famiglie che negano la malattia del figlio e che, a partire dalla scuola, gli insegnano a nascondere il problema. Si chiude su se stesso un circolo vizioso che vede come protagonisti la malattia, l’ignoranza, il pregiudizio, e la conseguente chiusura della famiglia. Viene in questo modo confermato lo stigma sociale che affligge questo male e che resta incurante del fatto che oggi chi soffre di questa malattia, in molti casi, può condurre una vita normale.In questo senso, la presente ricerca evidenzia anche alcune alcune linee guida per appositi percorsi educativi da attuare nel contesto scolastico al fine di favorire tra i ragazzi un corretto approccio con la malattia e il malato e migliorare la sua qualità di vita. Gli “organizzatori generali” di tali percorsi di intervento in particolare dovranno tenere in considerazione quanto emerso dalla ricerca focalizzando i seguenti punti:- necessità di favorire una appropriata conoscenza della malattia in modo che venga corretta la visione distorta dell’epilettico come un “diverso”, un individuo in balia degli eventi. L’epilettico, infatti, non è un diverso, può condurre una vita entro parametri di normalità.- necessità di incentivare un lavoro sinergico tra famiglie e corpo insegnante per intervenire anche nel vissuto famigliare della malattia e ridurre il senso di disagio che spesso porta genitori di bambini/ragazzi con epilessia a non segnalare la malattia alla scuola. Le famiglie vanno aiutate a parlare del problema in modo tale che questa apertura sia di reale beneficio per il figlio.- migliorare l’accoglienza del bambino/ragazzo con epilessia nelle scuole.Tali linee guida risulteranno di utilità anche all’interno degli interventi volti a potenziare la rappresentazione di sè in ragazzi con epilessia. Infatti, comprendere i forti limiti nella percezione/conoscenza da parte del contesto sociale riguardo a questa malattia potrebbe aiutare chi soffre di questa malattia a diminuire il proprio senso di inadeguatezza e a migliorare la propria qualità di vita.3162 57460