Pinacoteca del Rettorato
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Browsing Pinacoteca del Rettorato by Author "Carà, Ugo"
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- PublicationGioco di donnaCarà, UgoIl disegno è giunto nelle collezioni dell’ateneo in occasione dell’Esposizione nazionale di pittura italiana contemporanea, allestita nell’Aula Magna dell’ateneo nel 1953. In quel frangente la commissione organizzatrice aveva stabilito di richiedere agli scultori prove di grafica. Ugo Carà aderirà entusiasticamente alla proposta del Rettore Rodolfo Ambrosino, proponendo anche ulteriori nominativi per estendere la presenza triestina alla mostra, tra questi Gianni Brumatti, Ramiro Meng, Nicola Sponza e i più giovani Livio Rosignano, Gianni Russian e Carlo Walcher (AUT, Busta 59, fasc. corrispondenza). La fanciulla è tratteggiata nel disegno con notevole precisione di tratto e ben definita nei volumi, e anche per il particolare copricapo si avvicina molto ai bronzetti di figure femminili approntate agli inizio degli anni cinquanta, caratterizzati da una marcata sintesi compositiva non immemore della coeva lezione di Emilio Greco. In particolare contatti piuttosto precisi si possono almeno idealmente proporre con la Donna con cappellino delle collezioni del Comune di Muggia (cfr Ugo Carà: arte architettura, design 1926-1963, catalogo della mostra di Trieste, Civico Museo Revoltella 2004, a cura di M. Masau Dan, L. Michelli, Trieste, Comunicarte Edizioni, 2003, p. 63). In un momento per lui consacrato alle grandi imprese decorative per le navi da crociera, lo scultore ripropone una sorta di idilliaca meditazione sulla figura femminile che tanto lo aveva affascinato nella seconda metà degli anni trenta con attente meditazioni sulla statuaria classica.
124 78 - PublicationTesta di Umberto Nordio(1938)Carà, UgoLa scultura è stata donata all’Ateneo nel luglio del 1974 dalla vedova dell’architetto Umberto Nordio (1891-1971), che con Raffaello Fagnoni era stato il principale progettista della nuova sede universitaria. Eseguita da Ugo Carà nel 1938, l’immagine dell’architetto avrà per molto tempo una fruizione esclusivamente privata: non risulta infatti che sia stata presentata a nessuna esposizione ufficiale. Su di un piano squisitamente stilistico l’opera, pur somigliantissima, si inserisce nel recupero della tradizione ritrattistica della Roma repubblicana posta in atto alla metà degli anni trenta da artisti come Francesco Messina; in questo caso, vista la destinazione privata dell’opera, Carà stempera la severa spigolosità che caratterizza alcune realizzazioni di questo momento, che pure gli avevano regalato una certa notorietà, in favore di un “respiro dolce e sereno, talora una gracilità lirica come qualcosa di sopravvissuto che va gradatamente scomparendo […] partito da un realismo quasi brutale […] è andato eliminando il superfluo, sveltendo la tecnica e accentuando la sintesi, sino a cogliere una particolare linearità” (U. Apollonio, Ritratti di Ugo Carà, “Domus”, 146, febbraio 1940, s.n.). La testa poggia su di un alto basamento in pietra d’Aurisina disegnato appositamente da Antonio Guacci.
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