Scienze giuridiche
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Browsing Scienze giuridiche by Author "Castangia, Isabella"
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- PublicationIl centro degli interessi principali del debitore e il regolamento CE n. 1346/2000 sulle procedure di insolvenza(Università degli studi di Trieste, 2010-04-16)
;Scotto, Chiara ;Daniele, LuigiCastangia, IsabellaNell’elaborato di tesi è esaminato principalmente il “centro degli interessi principali del debitore” nel Reg. CE n. 1346/2000. Il COMI svolge diversi ruoli nell’economia del Regolamento: è il presupposto per l’applicazione del Regolamento, individua il foro della procedura c.d. principale, determina la legge materiale che si applicherà alla gran parte dei rapporti giuridici interessati. Esso costituisce pertanto il punto di vista privilegiato per approfondire le tematiche generali del Regolamento, nonché il banco di prova dell’efficienza dell’intero sistema del diritto comunitario dell’insolvenza. Il Capitolo I, di carattere introduttivo, è dedicato al tema della giurisdizione nella materia fallimentare. In esso si evidenzia la particolarità e la complessità giuridica e procedurale del procedimento concorsuale. Il fallimento si apre con la sentenza dichiarativa, ma non si risolve in una semplice pronuncia; esso sostanzia un’articolata esecuzione che coinvolge una serie di soggetti pubblici e privati e di rapporti giuridici attivi e passivi. Proprio per tale ragione la quaestio jurisdictionis riveste un ruolo centrale nell’ambito del diritto internazionale privato fallimentare. È poi sinteticamente affrontato un tema classico del fallimento internazionale, quello del dibattito dottrinale tra universalisti e territorialisti. Il principio di universalità è legato a una visione del patrimonio del debitore quale universitas. Secondo tale concezione il fallimento si estende a tutti i beni del fallito ovunque si trovino e a tutti i creditori indipendentemente dalla nazionalità. Il principio di territorialità si basa al contrario sul concetto che ogni Stato è una “unique legal entity”, ed assumono pertanto rilevanza i confini nazionali dell’ordinamento. Il dibattito è stato a lungo dominato dalle concezioni universaliste ma col tempo si è affermato il modello dell’universalità cd. “limitata”, limitata dalla possibilità di aprire procedure secondarie in uno Stato membro diverso da quello in cui è situato il COMI. Tale modello è quello accolto dal Reg. CE n. 1346/2000. Si procede poi a ricostruire il retroterra storico e concettuale del COMI, nonché i principali precedenti del COMI, (contenuti in Convenzioni e progetti di Convenzione sin dalla fine dell’800, nonché in alcuni ordinamenti interni), prestando particolare attenzione ai progetti elaborati in seno alla Comunità Europea. Rapidi cenni sono riservati all’ordinamento italiano. Il Capitolo II, affronta alcune tematiche di natura generale. Si introduce il Regolamento CE n. 1346/2000 e si forniscono delle indicazioni di metodo circa le modalità di interpretazione della nozione di COMI, sottolineandone la collocazione nel sistema del diritto internazionale privato comunitario, dando risalto al ruolo esegetico della Relazione Virgos-Schmit e al tema del valore interpretativo dei considerando (stante la collocazione della definizione normativa del COMI nel considerando n. 13 anziché nella norma dedicata alle definizioni, l’art. 2). Si affrontano poi dei temi riconducibili alla necessaria localizzazione intracomunitaria del COMI e ai rapporti tra la disciplina comunitaria e i paesi terzi. Una parte dell’indagine è dedicata ai possibili effetti extraterritoriali del Regolamento e un paragrafo al tema della materia fallimentare nelle relazioni esterne dell’Unione Europea, con particolare riferimento alle Convenzioni e agli atti che accolgono la nozione di COMI. Il Capitolo III è dedicato interamente alla nozione materiale di COMI, come descritta dal considerando n. 13. Esso definisce il COMI quale “il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei propri interessi”. Su tale scarna definizione si è sviluppata una ricchissima e assai creativa giurisprudenza di merito di cui si dà conto nel corso dell’analisi. L’elemento caratterizzante è la gestione di interessi che si deve configurare come abituale e pertanto riconoscibile dai terzi. Si tratta di elementi non facilmente conciliabili dato che essi devono rivestire un peso diverso nella valutazione dell’interprete. Ciò accade perché il valore da salvaguardare in primo luogo è la riconoscibilità da parte dei terzi. Un ulteriore elemento di complicazione è dato dal fatto che il COMI è per definizione modificabile, se non addirittura manipolabile dal debitore, essendo un criterio squisitamente fattuale. Numerose sono le questioni interpretative ancora irrisolte. La seconda parte del capitolo è dedicata più specificamente al COMI dei diversi soggetti debitori (persone fisiche, persone giuridiche ed enti in generale, gruppi di società) Particolare risalto è stato dato alle problematiche connesse con l’individuazione della sede statutaria e l’indagine è divenuta l’occasione per approfondire temi centrali del diritto internazionale privato comunitario, quali ad esempio il dibattito su sede reale e sede statutaria, la questione della scissione tra attività e sede sociale, il tema del trasferimento della sede e/o del COMI, il problema del forum shopping, le possibili interferenze tra la disciplina del Regolamento e le libertà di circolazione garantite dal Trattato. Il Capitolo IV è dedicato allo studio del sistema di competenza giurisdizionale. Il Regolamento prevede la possibilità di fallimenti secondari, che dovrebbero porsi come ancillari rispetto al procedimento principale e salvaguardare al tempo stesso gli interessi locali. Tali fallimenti secondari non presentano significative differenze rispetto al procedimento principale, essendo essi dei veri e propri procedimenti concorsuali, regolati da norme fallimentari locali, ancorché non necessariamente destinati ad esclusiva soddisfazione dei creditori locali. Nel Regolamento i criteri di competenza sono quindi due, uno avente carattere tendenzialmente universale e uno a carattere locale, limitato cioè al territorio dello Stato di apertura della procedura. Il criterio universale radica la competenza nello Stato in cui si trova il COMI. Il secondo titolo radica la competenza ad aprire una procedura secondaria in qualsiasi Stato in cui il debitore possiede una dipendenza. Dal punto di vista dei rapporti tra i due titoli di giurisdizione, si rinvengono nel Regolamento numerose norme che pongono le procedure – principale e secondarie - sullo stesso piano (ad esempio in materia di obblighi di collaborazione e informazione, o di reciproca insinuazione nel passivo). Tale genus di norme coesiste tuttavia con una serie di regole caratterizzate da un favor spiccato per la procedura principale. Si esamina poi il ruolo dei principali attori della giurisdizione, quello del curatore della procedura principale in particolare. Risalto è dato al tema della cooperazione tra i curatori e delle prassi che si stanno affermando, quali l’uso dei Protocolli o la cooperazione diretta tra le Corti. Si passa poi all’analisi delle norme sulle procedure territoriali, sia secondarie che indipendenti, e alla questione della c.d. vis attractiva concursus (con particolare attenzione per la revocatoria fallimentare). Si affrontano infine i temi ‘classici’ in materia di giurisdizione internazionale: la verifica della competenza; la necessità di qualificare la procedura; il momento determinativo della competenza; la disciplina dei conflitti positivi; la nozione di decisione di apertura di una procedura principale; il principio di poziorità e l’obbligo di riconoscimento automatico; la questione della contestazione della competenza del giudice di un altro Stato membro; i conflitti negativi; i rapporti tra il COMI e l’exceptio fori non convenientis; il ruolo dell’autonomia privata nel Reg. CE n. 1346/2000; il tema delle convenzioni di arbitrato; la giurisdizione per i provvedimenti conservativi. Dal punto di vista metodologico la struttura della ricerca è basata sull’analisi separata dei temi strettamente internazionalprivatistici e della ricostruzione materiale dell’istituto del COMI, ciò al fine di rendere il testo e il suo svolgimento maggiormente intelligibile e logicamente strutturato. Le conclusioni della ricerca vanno nella direzione della necessità di aggiornare alcune parti della disciplina, concepita nella sostanza quasi quarant’anni fa, per renderle conformi alle attuali esigenze della mobilità internazionale delle società e delle diffuse forme di aggregazione tra persone giuridiche. Un ulteriore punto nodale riguarda la necessità di conferire rilevanza normativa alle ‘nuove’ finalità che si sono affermate nella legislazione concorsuale degli Stati membri, e segnatamente le finalità risanatorie.2089 7456 - PublicationI "public participation rights" nel diritto internazionale e comunitario dell'ambiente(Università degli studi di Trieste, 2009-04-24)
;Pisano, AngelaCastangia, IsabellaLa tesi esamina il tema dei diritti di partecipazione del pubblico (“public participation rights”) nel diritto internazionale e nell’ordinamento giuridico comunitario, con specifico riferimento al settore ambientale, ove gli stessi hanno incontrato un particolare sviluppo. Lo spunto per la ricerca è stato offerto dalla conclusione della Convenzione di Aarhus del 1998, sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, che rappresenta la più compiuta codificazione dei diritti di partecipazione a livello internazionale. La prima parte della ricerca è dedicata all'evoluzione dei public participation rights nel diritto internazionale dell'ambiente e, in particolare, all'analisi delle novità introdotte dalla Convenzione di Aarhus, la quale si è inserita nel processo di codificazione del diritto all’ambiente come diritto umano di carattere “procedurale”. Si tenta, quindi, di ricostruire le origini e le motivazioni di tale approccio e di verificare se in che misura l’ambiente possa ritenersi oggi tutelato, a livello internazionale, come oggetto di un diritto umano. La seconda parte si focalizza sull’analisi dell’impatto della Convenzione (che è stata conclusa dalla Comunità Europea e dagli Stati membri nella forma di accordo misto) sull’ordinamento giuridico comunitario, analisi che ha costituito, però, l'occasione per una riflessione più ampia sulla rispondenza dello stesso ai principi di democraticità ed apertura. A livello comunitario in questi anni il dibattito sulla democratizzazione del sistema istituzionale si è concentrato, più che sullo sviluppo di singoli diritti di partecipazione, sul complesso tema della governance. L’analisi ha quindi tentato di evidenziare il legame fra i principi della good governance e i diritti sanciti dalla convenzione di Aarhus, indicando in quale misura i diritti di partecipazione democratica fossero già garantiti, in base alle previsioni dei Trattati e del diritto derivato, così come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Vengono quindi analizzate le modifiche che l’attuazione della Convenzione di Aarhus ha reso necessarie nell’ordinamento comunitario. In primo luogo vengono evidenziati i problemi legati all’applicazione della Convenzione alle istituzioni comunitarie, disciplinata dal nuovo regolamento 1367/2006/CE. Inoltre, poiché nel diritto comunitario dell'ambiente i diritti di partecipazione erano già disciplinati da diversi atti di diritto derivato, la Comunità Europea ha predisposto un pacchetto normativo per il loro adattamento alle previsioni della Convenzione. Vengono, quindi, analizzate le direttive che già codificavano i diritti di partecipazione in materia ambientale, la loro congruità rispetto alle previsioni della Convenzione e le modifiche apportate dalla Comunità Europea per renderle coerenti con le previsioni internazionali. La ricerca prova, infine, a verificare, attraverso l’analisi delle elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali sul tema degli accordi misti (e, in particolare, della recente sentenza sul caso dell'impianto MOX di Sellafield) la coerenza di tale modalità di attuazione, basata sull’adozione di atti di diritto derivato, rispetto al principio di sussidiarietà, che forse avrebbe consigliato di affidare l’attuazione dell’accordo internazionale agli Stati membri.1378 7267 - PublicationLa tutela giurisdizionale degli individui nell'azione delle agenzie europee di regolazione(Università degli studi di Trieste, 2012-03-23)
;Liberati, MatteoCastangia, IsabellaLa tesi di dottorato affronta il problema del tutela giurisdizionale e procedimentale degli individui interessati dall'azione delle agenzie europee di regolazione. Essa si sviluppa su tre capitoli. Il primo, di carattere introduttivo, è dedicato alla descrizione dei tratti principali del fenomeno di agentificazione. La nascita e l'ulteriore sviluppo di questi uffici decentralizzati sono esaminati nel più ampio contesto dell'evoluzione dei modelli dell'azione regolatoria e amministrativa europea. Le agenzie comunitarie di regolazione, in particolare, sembrano potersi ricondurre al modello della c.d. integrazione decentrata. L'inquadramento del fenomeno di “agentification” nell'alveo dei sistemi regolatori europei viene a costituire la base concettuale per la delimitazione dell'ambito soggettivo dell'indagine, dedicata alle agenzie che operano nelle materie e/o settori di intervento prima ricadenti nel c.d. pilastro comunitario e che presentano caratteri di fondo omogenei. Vengono, inoltre, esaminati il problema dell'individuazione della base giuridica corretta per la creazione di questi nuovi organismi e quello parallelo dei limiti della delegazione di poteri dalla Commissione alle agenzie (nel tentativo di verificare l'attualità della giurisprudenza Meroni e la validità della c.d. transmission belt theory). È, poi, affrontato il punctum pruriens dei meccanismi di vigilanza e controllo politico, finanziario e giurisdizionale predisposti dal diritto originario e derivato nei confronti delle agenzie di regolazione. Sulla scorta della pregressa sistemazione dogmatica si procede alla rassegna dei modelli di classificazione proposti dalla dottrina e dalle stesse istituzioni europee: si distinguono, quindi, le agenzie dotate del potere di adottare atti giuridicamente vincolanti nei confronti dei terzi (o, più latamente, di poteri di amministrazione attiva) e agenzie che tale prerogativa non hanno e che svolgono principalmente funzioni di raccolta e analisi dati e/o consultivi. Il problema della tutela giurisdizionale si pone con maggiore immediatezza e spessore per le agenzie dotate di poteri di accertamento costitutivo in grado di incidere direttamente sulla sfera giuridica soggettiva dei singoli, e su queste si concentra la tesi dottorale. Il secondo capitolo affronta il tema della tutela dei consociati nei procedimenti amministrativi che si svolgono di fronte alle agenzie di regolazione dotate di compiti di amministrazione attiva, allo scopo di comprendere se e in che modo, ai soggetti che sono interessati da quei procedimenti amministrativi che fanno capo alle agenzie europee (ad es. il procedimento di registrazione di un marchio comunitario), sono attribuiti diritti di difesa e strumenti di tutela endoprocedimentale. A questo fine, in via preliminare, si procede alla ricognizione delle regole e dei principi (consacrati per tabulas o elaborati dalla giurisprudenza europea) che informano la procedura amministrativa europea al rispetto delle posizioni soggettive, soffermandosi in particolare sul ruolo della Corte di giustizia nell'elaborazione e sintesi dei principi generali del procedimento amministrativo europeo e dei diritti di difesa spettanti agli interessati. Di seguito si verifica in quali termini e in quale misura questi principi e questi diritti sono riconosciuti e applicati nei procedimenti che si svolgono di fronte alle agenzie di regolazione. Ciò anzitutto per le agenzie che eseguono compiti di raccolta, analisi e diffusione dati e consultivi: per questo tipo di agenzie, caratterizzato da una scarsa procedimentalizzazione, il problema della tutela dei consociati nel procedimento insiste più che altro sull'estensione dei diritti di partecipazione alla formazione, analisi e diffusione delle informazioni, e non sui diritti procedimentali in senso stretto come quello di difesa o al contraddittorio. Vengono, quindi, esaminati singolarmente i procedimenti che si svolgono di fronte alle agenzie dotate di compiti di amministrazioni attiva. Per ogni agenzia l'analisi condotta evidenzia i diritti procedimentali degli interessati e i meccanismi di ricorso gerarchico e paragiurisdizionale predisposti dagli atti istitutivi, con particolare attenzione all'Agenzia per l'armonizzazione del mercato interno e all'Agenzia europea per le varietà vegetali. Tutte le agenzie dotate del potere di emanare atti giuridicamente vincolanti nei confronti dei consociati sono soggette a un sistema di ricorso interno al quale è dedicata la parte conclusiva del secondo capitolo al fine determinarne la natura amministrativa o giurisdizionale. Il terzo e ultimo capitolo affronta il profilo della tutela giurisdizionale degli individui nei confronti degli atti amministrativi delle agenzie produttivi di effetti giuridici vincolanti nei confronti dei terzi. Dopo una ricognizione preliminare delle diverse scelte prescrittive adottate in materia dai regolamenti istitutivi delle agenzie di regolazione con o senza compiti di amministrazione attiva (i.e. nessuna previsione, “rinvio formale” alle previsioni contenute nel TCE, “rinvio materiale” alle previsioni contenute nel TCE), si procede all'analisi del problema dell'impugnabilità degli atti endoprocedimentali, facendo specifico riferimento al caso esemplare dei pareri resi dall'Agenzia europea per i medicinali. Viene quindi considerata la questione concernente il valore dichiarativo o costitutivo delle norme sulla competenza giurisdizionale contenute nei regolamenti di base dell'Ufficio comunitario per le varietà vegetali e dell'Ufficio di armonizzazione al livello del mercato interno. Sempre prendendo le mosse da queste due ultime fattispecie si esaminano i procedimenti che si svolgono di fronte alle giurisdizioni nazionali in virtù della separazione del contenzioso sulla validità dei titoli da quello sulla contraffazione, soffermandosi sulle conseguenze che la concorrenza tra le autorità nazionali dei vari Stati membri e gli organi amministrativi e giurisdizionali europei determina per l'efficacia della protezione offerta agli utenti dei regimi europei della privativa vegetale e del marchio. Infine si affronta il problema immediatamente conseguente della competenza dei tribunali nazionali a giudicare della decadenza e della nullità di un atto comunitario (i.e. i titoli sovranazionali) . La seconda parte del terzo capitolo è dedicata all'analisi di alcune difficoltà processuali intrinseche dei meccanismi di ricorso giurisdizionale in materia di proprietà intellettuale. In particolare sono oggetto di critica la disciplina relativa all'intervento di terzi interessati e il regime linguistico dei ricorsi. Seguendo lo stesso approccio si procede all'esame di quelle difficoltà processuali che dipendono da caratteristiche strutturali dei meccanismi di ricorso, prospettando nel contempo delle ipotesi di soluzione. Segnatamente, si prende in considerazione l'eccessiva ipertrofia del sistema di tutela, articolato su troppo istanze. Sulla scorta della pregressa disamina, si verifica se le scelte operate dal legislatore dell'Unione europea rispondono all’esigenza di buon funzionamento della giustizia. Si preconizza, infine, l'eliminazione delle commissioni di ricorso interne e l'istituzione di nuove camere giurisdizionali con specifica competenza oppure di riti speciali.1235 2591