Browsing by Author "Torbianelli, Vittorio Alberto"
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- PublicationEconomia, società e spazi di vita nei distretti industriali fra crisi e prospettive di ri-trasformazione(EUT Edizioni Università di Trieste, 2012)Torbianelli, Vittorio Alberto
892 1415 - PublicationOltre le fabbriche. Visioni evolutive per il distretto della sedia(EUT Edizioni Università di Trieste, 2012)Torbianelli, Vittorio AlbertoIl volume raccoglie i risultati di una ricerca avviata nel 2010 dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura (DICAR) dell’Università degli Studi di Trieste, dietro proposta dell’Associazione per lo Sviluppo del Distretto della Sedia (ASDI Sedia), di Manzano (UD). Partendo da una prospettiva libera e generale, lo studio esplora concrete possibilità di sviluppo di una nuova governance territoriale attraverso processi di trasformazione nell’organizzazione spaziale e urbanistica del territorio distrettuale, nelle funzioni delle aree e nei modi di riuso del loro patrimonio edilizio e infrastrutturale per potenziare la sfida evolutiva posta da un contesto interessato da profondi mutamenti strutturali nel tessuto economico produttivo e sociale che comportano la rapida obsolescenza, la de-valorizzazione funzionale ed economica e l’abbandono di molti spazi ed edifici. Dalla raccolta dei testi, emergono alcuni modelli di intervento capaci di sviluppare opportunità progettuali strategiche volte al rinnovamento. Vengono valutati, sotto il profilo urbanistico e degli investimenti, le possibilità e i limiti del riutilizzo di aree e di edifici le cui funzioni e qualità si sono fortemente indebolite e viene analizzata la questione del possibile recupero del “corpo fisico” degli edifici esistenti per fini differenti.
1056 3059 - PublicationPirateria: una minaccia alla sicurezza del trasporto marittimo internazionale. Tra percezione e realtà(Università degli studi di Trieste, 2013-04-18)
;Monno, Antonio GuidoTorbianelli, Vittorio AlbertoL’obiettivo della tesi è di verificare quali siano le reali conseguenze economiche e sociali del fenomeno della pirateria marittima. Come è noto, da alcuni anni, l’attenzione di organizzazioni internazionali e nazionali si è appuntata sulla pirateria marittima, vista come una minaccia in grado di causare enormi danni economici e di sistema trasporto marittimo mondiale. Non si potrebbe altrimenti comprender il motivo per cui da alcuni anni, enormi spese sono state affrontate per contrastare tale minaccia. Ma sono tali spese giustificate? Sono la pirateria e il terrorismo marittimo, due minacce reali capaci di influire in modo determinante sul sistema commerciale mondiale? È quanto questa tesi ha cercato di appurare. È stato quindi esaminato il fenomeno nel suo sviluppo temporale; infatti il primo capitolo è stato dedicato alla storia ed evoluzione della pirateria. Al di là del semplice resoconto storico degli avvenimenti, si sono cercate di approfondire la ragioni e cause che ne hanno originato la nascita e lo sviluppo nei differenti contesti mondiali. Nata parallelamente al commercio marittimo, non si è tuttavia legata solo ed esclusivamente a questo come attività predatoria criminale, risultando anche un metodo che oggi chiameremmo di guerra asimmetrica sul mare. E‘ in Grecia,nel periodo successivo a quello di Omero che nasce la parola “peirates” per definire coloro che praticavanono questo tipo di attività predatoria, termine che ha costituito la base etimologica nelle varie lingue occidentali per indicare chi si dedica a tale attività, anche se all’epoca la sua accezione non era certamente spregiativa e denigratoria come l’attuale. Con l’epoca della Repubblica e dell’Impero di Roma, si cominciano a delineare quegli elementi che tendono a porre il pirata al di fuori di un contesto legale di guerra e a non porlo quindi sotto i vincoli che comunque la delimitano. Già da quest’epoca si comincia a rilevare come i fattori sociali, quali la povertà e l’indigenza, uniti alla capacità di andare per mare e di sfruttare la morfologia del terreno e le situazioni climatiche favorissero l’insorgere del fenomeno; così come si ebbe la possibilità di rilevare che, oltre una soglia di tolleranza, essa poteva cominciare a creare problemi economici e sociali; il saccheggio di numerose navi che trasportavano il grano per Roma, poteva causare una penuria di cibo con conseguenti moti e rivolte. La pirateria, che è fondamentalmente un’attività predatoria, costituisce uno strumento di guerra, anche economica, oltre che criminale, e in questo contesto è stato spesso usato dalla caduta dell’impero romano in avanti. La formazione dei regni pirateschi berberi nel Mediterraneo e la loro ricchezza, sono legati proprio all'attività piratesca, che veniva peraltro sfruttata come metodo di lotta fra le potenze cristiane e musulmane nel Mediterraneo; analogo strumento sarà usato, in particolare dalla Gran Bretagna nei confronti della Spagna, inaugurando quella che vien chiamata l’epoca d’oro della pirateria e che vede la nascita ufficiale della pirateria legalizzata, il “privateering”, ossia quella svolta con l'autorizzazione e sotto l’egida della corona regnante che ne traeva dei vantaggi economici notevoli. Nè il fenomeno era presente nel solo mondo occidentale, in quanto anche nel mondo conosciuto orientale era presente, e in maniera notevole; al pari di quello occidentale numerosi sono stati i regni nati proprio da tale attività e che con tale attività hanno prosperato. Sempre a metà fra legalità e criminalità, man mano che si consolidavano i concetti della libera navigazione delle acque e del libero commercio,la pirateria cominciava a essere vista come un rischio e non più una opportunità, con uno sviluppo anche degli studi giuridici che ne delineavano l’aspetto criminale e la ponevano al di fuori di qualsiasi contesto di protezione legale affidando quindi a qualsiasi nazione il compito di combatterla. È da rilevare che nella sua forma legalizzata di privateering, la pirateria è sopravvissuta sino al 1856, allorquando fu abolita per trattato dalle potenze occidentali dell’epoca, e se vogliamo sino ai giorni nostri nella sua forma di guerra irregolare con le navi corsare tedesche durante la seconda guerra mondiale. Si è poi passati, nel successivo capitolo ad analizzare la pirateria nelle tre aree del mondo in cui si sviluppa il 75% di tale attività; l’Africa dell’Est e dell’ Ovest e il Sud Est asiatico, con una particolare attenzione sui dati che costituiscono la base della nostra conoscenza del fenomeno della pirateria, dati che risultano molto incompleti e frammentari, considerata la volontarietà nel fornirli e i riflessi economici associati al fornire tali numeri. Piraterie dagli aspetti diversi che, in particolare lungo le coste Est dell’Africa, sollevano numerosi interrogativi se, storicamente, l’area della Somalia, da cui proviene quella che viene percepita come la maggiore minaccia al commercio marittimo, e di conseguenza all’economia mondiale, è stata indenne da tale attività. E infatti la pirateria somala, di gran lunga quella che si attaglia maggiormente al concetto giuridico di pirateria moderna così come delineato a seguito di un accordo internazionale del 1982 in quanto svolgentesi al di fuori delle acque territoriali e quindi nelle acque internazionali, è finalizzata, in maniera esclusiva, al pagamento di un riscatto monetario., al contrario di quella lungo le opposte sponde africane, quelle della costa Ovest, dove essa assume un carattere molto più predatorio e concentrato sulla nuova ricchezza di tale parte dell’Africa, in particolare della Nigeria: il petrolio. Nell’Asia del sud est, la pirateria, che potremmo definire endemica, e che ha un ruolo sociale molto diverso da quello occidentale, ha essenzialmente un ruolo predatorio in cui occasionalità e organizzazione si mischiano, e in cui anche il terrorismo, legato a fattori storici e di identificazione nazionale oltre che religiosi, trova una sua collocazione attraverso sovrapposizioni che spesso non consentono di individuare anche legalmente, oltre che ideologicamente, dove cominci l’attività di terrorismo e dove quella di pirateria. In Asia il contesto geografico, caratterizzato da isole, arcipelaghi , strettoie e punti di obbligato passaggio marittimo, hanno influito e modellato l’attività della pirateria, in quanto proprio attraverso tali acque transita una notevolissima e importante porzione del commercio mondiale, anche di materie energetiche. Nel terzo capitolo sono stati delineati gli aspetti giuridici che hanno consentito nel tempo, di arrivare alla definizione come oggi conosciuta di pirateria e di terrorismo marittimo, due concetti diversi giuridicamente e che hanno dovuto trovare diverse e successive vie giuridiche considerata la sensibilità dell’argomento che si ripercuote di fatto sule sovranità nazionali. Si è trattato altresì delle Armed robberies, ossia di quegli atti di pirateria che si svolgono all’interno delle acque territoriali e che quindi, pur ricalcando nella sostanza l’attività di pirateria che si svolge nelle acque internazionali, giuridicamente se ne distingue, e non poco, essendo affidata alla esclusiva competenza nazionale. Il quarto capitolo si è concentrato sugli attori della pirateria che rimangono, dopo aver esaminato i pirati, ossia gli imprenditori e i marinai e di come l’‘attività di pirateria influisca su di loro. È in questo capitolo che si evidenzia come la percezione della minaccia sia elevata e sicuramente non proporzionata alla minaccia stessa, causa la sempre maggiore interdipendenza fra i vari sistemi economici, la nuova catena di distribuzione logistica mondiale che tende ad abolire le ridondanze e ridurre i costi e di come la percezione abbia influito sulla realtà laddove si sono addebitate alla pirateria situazioni economiche che avevano altre spiegazioni, come lo spostamento di una parte del traffico commerciale marittimo su nuove rotte che vanno a coprire nuovi fabbisogni e necessità mondiali. Nell’ultimo capitolo è stata esaminata l’attività di contrasto posta in essere , sia a livello militare che politico, laddove si è evidenziato come spesso tale attività ingente e economicamente onerosa, soggiaccia spesso a interessi nazionali più che collettivi e di come l’attività raramente venga affrontata su un piano interconnesso e olistico. Nelle conclusioni si è dedicata qualche parola al nuovo fenomeno criminale mondiale, spesso sottostimato in quanto non conosciuto e relegato nella cosiddetta area degli esperti; quello informatico. L’obiettivo, come detto, è stato di fornire un quadro della pirateria a livello mondiale, suddiviso per aree, cercando di evidenziare le cause che hanno portato al sorgere della stessa ma sopratutto allo sviluppo. Lo sviluppo o decrescita improvvisa di una località può strettamente dipendere da questo fenomeno, come dimostra la situazione africana, dove lo sviluppo di numerosi porti, è derivato dalle attività di pirateria interessanti porti viciniori o investimenti enormi sono messi a rischio dalla possibilità che tali attività continuino, come potrebbe accadere per il nuovo porto di Lamu in Kenia, ove si riversano gli interessi di numerose nazioni di quella parte dell’Africa.2536 16749 - Publication“Valore focale della legge” e “economia dell’identità” quali strumenti teorici per l’interpretazione del debole sviluppo dell’interoperabilità fra “Port Community Systems” (PCS) e “portali unici nazionali” nel contesto portuale italiano(EUT Edizioni Università di Trieste, 2016)Torbianelli, Vittorio AlbertoI “sistemi di comunità portuale” (Port Community Systems–PCS) da un lato e i “portali unici” marittimi (“Single Windows”) gestiti da amministrazioni pubbliche quali Agenzia delle Dogane e Capitanerie di Porto, rappresentano sistemi inter-organizzazione di facilitazione che rivestono notevole importanza nell’ambito delle attività collegate al commercio marittimo. Mediante l’interscambio dati, tali sistemi favoriscono notevolmente le operazioni e i relativi processi amministrativi. E’ acclarato che l’efficacia e il successo di tali sistemi dipenda in misura importante dal loro grado di interoperabilità, in particolare quello fra PCS e portali unici. L’articolo propone alcune chiavi di lettura per interpretare e quindi spiegare le dinamiche di sviluppo abbastanza rallentate dei suddetti sistemi nei porti italiani, e in particolare i diffusi problemi sul piano dell’interoperabilità fra PCS e portali unici che connota il sistema italiano. Per comprendere il fenomeno si propone l’applicazione, fra gli altri, di alcuni principi e concetti teorici tratti sia dalle teorie dei giochi di rete sia dal campo della cosiddetta “economia dell’identità”. Pur essendo il lavoro solamente il primo passo di un possibile e più ampio percorso, l’adozione di tali prospettive analitiche permette già a questo stadio di identificare fondate motivazioni teoriche per affermare che la mancanza di una normativa agente come “riferimento normativo focale” alla Basu costituisce probabilmente una causa rilevante della mancata interoperabilità. L’articolo si conclude con alcune valutazioni e suggerimenti, fra i quali quello della necessità dell’intervento governativo per la definizione di un quadro normativo nazionale contenente non tanto un obbligo ai gestori di integrare PCS e portali unici (obiettivamente difficile da imporre, per motivi tecnici e politici, alla generalità dei casi), quanto quello di condurre almeno percorsi condivisi e formalizzati di valutazione degli effetti dello sviluppo dell’interoperabilità fra PCS e portali unici.
651 425 - PublicationI valori del territorio come matrice per differenti strategie di sviluppo e di progetto(EUT Edizioni Università di Trieste, 2012)
;Marchigiani, ElenaTorbianelli, Vittorio Alberto875 1163 - PublicationI valori della costiera muggesana(EUT Edizioni Università di Trieste, 2012)Torbianelli, Vittorio Alberto
902 650 - PublicationVersare danaro pubblico nell’idrovia? Una valutazione costi-benefici preliminare del piano di investimenti per il sistema di navigazione su acque interne del Nord-Italia(EUT Edizioni Università di Trieste, 2016)Torbianelli, Vittorio AlbertoIl presente lavoro riporta i risultati di una analisi preliminare costi-benefici realizzata in modo indipendente al fine di valutare il “piano per lo sviluppo del sistema di trasporto idroviario del Nord-Italia”, così come proposto in uno studio del 2011, commissionato dalle istituzioni maggiormente coinvolte nello sviluppo della navigazione in acque interne. In Italia, il trasporto idroviario costituisce un ambito nel quale, ad una continua tensione sui progetti (e ad un livello non trascurabile di spesa pubbliche erogato nel corso di molti decenni), è corrisposta, nei fatti, una ridotta capacità di realizzare risultati significativi, in un quadro caratterizzato da una scarsissima applicazione di metodi di valutazione socio-economica, sia a livello di singoli progetto che, ancor di più, a livello di rete. La recente ripresa di attenzione verso il progetto idroviario considerato nella sua interezza, con il piano del 2011, rappresenta dunque una interessante occasione di applicazione del metodo della valutazione costi-benefici, quale strumento della ricerca applicata utile a stimolare una “discussione razionale” sull’investimento pubblico in una grande opera, destinata, qualora effettivamente realizzata, a caricare sull’erario somme di un ordine di grandezza compreso fra i tre e i quattro miliardi di Euro. I risultati assolutamente negativi che sembrano emergere dalla valutazione preliminare rafforzano la necessità di intraprendere, a livello ufficiale, almeno un processo valutativo il più possibile accurato, trasparente ed indipendente, per evitare rischi ed abusi tipici delle grandi opere decise per mero “arbitrio del principe”.
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