Scienze della terra
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- PublicationAn investigation of particle dispersion in a tidally driven turbulent flow(2007-04-19T16:17:39Z)
;Lupieri, GuidoArmenio, VincenzoThe Gulf of Trieste, subset of our investigation, is a shallow water inlet with a mean depth of 17 m (maximum 25 m) and an area of about 20 km × 25 km. It is located in the north area of the Adriatic Sea. The dynamics of the Gulf is characterized by seasonal variability of temperature and density, and the mixing and dispersion processes are strongly dependent to this context. This variability is due to the combined effects of many factors such as the presence of a strong wind (Bora) whose action is directly related to the water column instability, the input of fresh water from the river Isonzo and the water exchange due to Adriatic sea currents. For all this phenomena an extended quantity of measured data have been collected from more than one hundred years: the interest in the knowledge of these processes is due to the deep impact in the local economy (from fishing to tourism). This allows a correct formulation of the forcing acting in the dispersion problem regarding the Gulf.966 1111 - PublicationTHE RECENT SEISMICITY AT THE ALP-DINARIDES JUNCTION(2007-05-29T09:23:58Z)
;Delise, AndreaSuhadolc, PeterThe aim of this Phd thesis is to get an insight on recent active seismic events occurring in the area of the Alps-Dinarides junction. This area is tectonically active in the greater scenario of the collision between the Eurasian plate and the African one, particularly the Adria microplate. In this study we have adapted the reflectivity method package developed for applied geophysics purpose to obtain synthetic seismograms related to earthquake signals, in particular for what it concerns the extended source modelling, and we have applied it to study the Friuli area events. In particular, to validate the method, we have performed both the direct modelling of the 2002 Carnia event, obtaining for it a 2km x 2km fault area, and calculated a scenario for the Friuli 1976 event, which turns to be compatible in its pattern with the observed macroseismic intensity felt. In the second part we have performed a JHD relocation for the 2004 Bovec sequence, comparing the aftershock relocations with those related to the 1998 sequence. We have observed that the 1998 rupture continued towards NW during the 2004 event. This is in agreement with the post event Coulomb's stress distribution, obtained by modelling the 1998 Bovec event. From the Coulomb stress modelling we recognize also a general increase of stress to the West and to the East of Bovec epicentral area. At last we have performed a waveform source parameter inversion for four events in the Friuli area and eleven events in the Western Slovenia area (magnitude mainly M>3.5), finding fault plane solutions in agreement with both the North-South directed stress field and the geometry of faults in each of the areas.1099 3461 - PublicationSite response estimation in alpine valleys - the case of Tagliamento river valley(2007-05-30T06:22:56Z)
;Barnaba, CarlaPriolo, EnricoThis thesis consists of a site effect study in an alpine valley, where seismic action is amplified by 2D basin effects. The study area was a stretch of the Tagliamento river valley, in an area between the Tolmezzo and Cavazzo Carnico municipalities, in the north-western part of the Friuli Venezia Giulia Region (NE Italy). The valley is densely inhabited and large industrial factories are situated on the quaternary alluvial deposits, where big amplifications are expected. All the available geophysical and geotechnical data on the area has been collected and new data has been acquired. An array of six stations for earthquake recording was deployed throughout the valley for 18 months . 250 noise measurements have been recorded in the plain, with more intensive detail in the two villages of Tolmezzo and Cavazzo Carnico. Conventional methods, such as spectral ratio techniques were applied to the new earthquake recordings to infer the amplification of the valley. The horizontal to vertical component ratio of noise data (H/V) indicates the crucial period of vibration of the valley. The bedrock morphology was inspected using the joint inversion of H/V ratios and the residual gravity anomaly carried out in a former study. The lack of geological information does not allow verification of the model, but the strong convergence of the two distinct methodologies makes the structural model realistic. The great success of joint techniques, although some corrections have to be made in the calculation of Quaternary sedimentary cover, gives encouraging prospects for economical, wide-ranging surveys.1221 3868 - PublicationStudi sulla dissoluzione carsica e sui condizionamenti geologici nella carsogenesi .-Acquisizione ed elaborazione di dati MEM e + t- MEN per la misura della consumazione delle rocce carbonatiche.(Università degli studi di Trieste, 2008-03-03)
;Furlani, Stefano ;Cucchi, FrancoZini, LucaQuesto progetto di dottorato consiste in una ricerca “a tappeto” con un traversing micro erosion meter (MEM) che ho messo a punto per l’occasione. Si tratta di uno strumento che viene posizionato su particolari supporti preventivamente infissi nella roccia. Lo strumento, come specificato dal nome stesso, misura l’erosione, quindi il risultato dei processi di degradazione ed erosione sulla superficie della roccia. Lo scopo del ricercatore che lo utilizza è quello di stabilire i rapporti tra i vari fattori di degrado (chimico, meccanico o biologico che sia), sulla base di misure dirette di abbassamento della superficie topografica in situ ed in laboratorio nelle diverse condizioni ambientali. Questo approccio quantitativo al carsismo permette di unire una ricerca di carattere predittivo, che cerca di intuire lo sviluppo sequenziale del territorio, ad una di carattere storico, che mira a definirne la sua evoluzione passata. Non essendo possibile un’approcio multiscalare, viste le caratteristiche proprie degli strumenti di campagna utilizzati, mi sono limitato ad in cui l’analisi puntuale della superficie rocciosa senza cercare inutili, e probabilmente dannose, correlazioni con lo spazio geografico circostante. A questo proposito, mi sono avvalso di tutta la strumentazione e tecnologia disponibile e, quando non disponibile, l’ho costruita appositamente in laboratorio: dal microscopio, per l’analisi delle sezioni sottili, agli autocostruiti micro erosion meter, dalla fotografia digitale ai software per la gestione dei dati georeferenziati. Ho utilizzato quindi sistemi informatici integrati a diversi livelli: tecnologia digitale per il rilevamento di campagna, database per la raccolta dei dati, sistemi informativi geografici e strumenti di geostatistical analysis. Nello svolgimento del lavoro ho cercato di individuare anche i fattori ed i condizionamenti naturali che influenzano la consumazione delle rocce, nell’ambito del progetto PRIN 2004 (Degrado delle rocce carbonatiche indotto dalla dissoluzione chimica e dai processi di bioalterazione: meccanismi, ratei, impatto sul bilancio globale della CO2 e rimedi) – Responsabile dell’URTS Prof. Franco Cucchi. In questo progetto ho avuto modo di studiare dettagliatamente i tassi erosivi in carico a particolari tipi di licheni lungo due transetti altimetrici in Friuli Venezia Giulia ed in Abruzzo. Numerose stazioni sono state posizionate lungo la costa adriatica orientale per lo studio delle morfologie e dell’erosione dei litorali carbonatici. Ho quindi realizzato un prototipo di Sistema Informativo Territoriale per la gestione, l’inserimento e la modifica dei dati relativi alle stazioni MEM utilizzabile da operatori standard, quindi con un utilizzo minimo delle risorse economiche. Inoltre ho creato un sistema di webGIS, in cui i dati di ogni stazioni sono facilmente consultabili anche in campagna, grazie alla strutturazione di un sito internet con diversi livelli di accesso. Infine, ho proposto alcuni esempi di analisi statistica e geostatistica dei dati ottenuti in una serie di stazioni campione. La ricerca è stata svolta in tre fasi: in laboratorio, in campagna ed in ufficio. Inizialmente ho messo a punto il traversing micro erosion meter equipaggiato con un comparatore digitale, in grado di far confluire i dati direttamente su tablet PC o su palmare. Ho svolto numerosi test sullo strumento, riportati nel capitolo 2, in modo da verificare l’attendibilità dei dati ottenuti. In un secondo momento ho posizionato una serie di nuove stazioni in campagna, per integrare ed ampliare la rete di stazioni già esistenti. Di ogni stazione è stata acquisita la posizione con il GPS e sono stati raccolti i campioni di roccia per definire, tramite sezioni sottili, le litologie indagate. Centinaia di migliaia sono i dati di consumazione raccolti in questi tre anni, con cadenze temporali variabili a seconda della stazione, in alcuni casi anche giornaliere. In quest’ultimo caso, ho posizionato numerose stazioni nel giardino di casa, in modo da poter eseguire osservazioni ripetute durante la giornata. Questi dati hanno fornito numerosi nuovi spunti di ricerca (Allegato 1). La fase di elaborazione dei dati e la messa a punto degli strumenti informatici in grado di gestire al meglio le stazioni e i dati MEM rappresentano l’ultima fase di questa ricerca. Vorrei aggiungere che ho dedicato molto tempo alla revisione bibliografica delle pubblicazioni sulla metodologia del micro erosion meter e del traversing micro erosion meter, sui processi di degradazione della roccia e sulla terminologia utilizzata, nonché sui sistemi informatici più idonei a gestire banche dati in locale e su web. In allegato ho aggiunto due articoli, sottomessi ed accettati sulle misure costiere e sulle misure giornaliere sulle arenarie a cemento carbonatico. Il lavoro svolto può fornire un ottimo strumento di gestione dei siti MEM, ma può costituire anche un valido supporto tecnico alla ricerca scientifica sul carsismo e sulle morfologie carsiche in genere.1343 2818 - PublicationStudi per la caratterizzazione dei punti d'acqua nella carta geologico tecnica digitale del Friuli-Venezia Giulia:rapporti esistenti tra la falda freatica e le falde artesiane della Pianura Friulana.(Università degli studi di Trieste, 2008-03-03)
;Erti, Susanna ;Cucchi, FrancoZini, LucaIl lavoro di tesi è stato sviluppato con l'obiettivo di individuare l'influenza delle acque della falda freatica sulle caratteristiche idrochimiche e idrodinamiche delle falde artesiane della Pianura friulana. Per raggiungere questo scopo ci si è proposti di avere una visione d'insieme del chimismo delle acque di falda e delle sue modificazioni nel tempo, di individuare i bacini di alimentazione e di evidenziare eventuali areali scarsamente monitorati, utilizzando gli strumenti di elaborazione e grafici di ArcGIS. Al fine di evidenziare i rapporti tra la falda freatica e le falde artesiane della Pianura friulana sono stati raccolti dati riguardanti i pozzi che pescano in queste falde e che quindi forniscono indicazioni sul chimismo delle acque, dati sulla stratigrafia dei pozzi e sui livelli piezometrici delle falde. Accanto ai dati sui pozzi sono stati raccolti dati riguardanti il chimismo di alcune sorgenti montane e dati inerenti il valori isotopici delle acque piovane. Si è usufruito prevalentemente del materiale raccolto dalla regione F.V.G., dai dipartimenti provinciali dell' A.R.P.A. F.V.G. e dal Dipartimento di Scienze Geologiche Ambientali e Marine (Di.S.G.A.M.) dell'Università di Trieste. Successivamente è stato creato un database in MS Access, in quanto di facile importazione in ArcGIS, che consentisse di organizzare in maniera opportuna i dati raccolti. In particolare il database è composto dalle schede relative ad ogni singolo pozzo, sorgente e pluviometro, nelle quali vengono inseriti i dati topografici e i dati chimici e geochimici raccolti nel tempo e per i quanto riguarda i pozzi anche i dati stratigrafici e le freatimetrie. In base alla tipologia dei dati raccolti, per ciascuno dei tre elementi la scheda è stata strutturata in maniera tale da essere composta da una tabella principale, dedicata ai dati topografici e di caratterizzazione, e da una o più tabelle secondarie per l’inserimento di tutti gli altri dati opportunamente suddivisi. Va sottolineato che indipendentemente dalla quantità di dati a disposizione, il database è stato strutturato anche in modo da rispondere a quelle che sono le indicazioni fornite dell’attuale normativa (Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152) per la tutela delle acque dall’inquinamento, offrendo quindi la possibilità di un utilizzo più ampio del database di quanto previsto per il presente lavoro, consentendo ad esempio la definizione delle classi che evidenziano lo stato chimico dei corpi idrici sotterranei o la caratterizzazione delle acque destinate al consumo umano. Dopo un analisi preventiva del materiale raccolto è stata selezionata una rete di pozzi sulla quale effettuare alcune elaborazioni dei principali parametri chimici e isotopici che consentissero la caratterizzazione delle falde. La rete scelta per effettuare le elaborazioni è quella utilizzata nell'ambito della convenzione di ricerca tra A.R.P.A. F.V.G. e Di.S.G.A.M. “Per il rilevamento dello stato dei corpi idrici sotterranei” (2004-2006), in quanto oltre alle analisi chimiche sono state effettuate anche analisi isotopiche che risultano di fondamentale importanza per la definizione di bacini di alimentazione. Il database creato è stato poi importato in G.I.S., (Geographic Information System) costituendo in tal modo un sistema informativo territoriale, al fine di effettuare le opportune elaborazioni per raggiungere gli obiettivi prefissati. I G.I.S. infatti sono attualmente tra gli strumenti maggiormente utilizzati per la gestione e la tutela del territorio, in quanto strumenti di analisi che hanno la capacità di mettere in relazione discipline diverse. Queste correlazioni tra tematiche diverse sono possibili in quanto i software G.I.S. hanno la capacità di georeferenziare i dati, di legarli attraverso mutue relazioni spaziali e di attribuire ai singoli dati inseriti elementi descrittivi di varia natura. Sfruttando queste potenzialità, attraverso il software ArcGIS della ESRI e tutte le sue applicazioni, sono state create alcune carte tematiche di isoconcentrazione dei principali parametri chimici delle acque di falda che in primo luogo hanno permesso di avere una visione panoramica del chimismo delle acque sotterranee a partire da un insieme di dati tabellari di difficile interpretazione. Questo ha permesso una prima individuazione delle relazioni tra la falda freatica e la falda artesiana dal punto di vista chimico ed ha consentito la suddivisione del territorio in province idrogeologiche. Inoltre, tenendo conto dei risultati derivanti dalle elaborazioni sui parametri chimici, il confronto tra i dati isotopici delle acque sotterranee di pianura con i dati isotopici delle acque piovane ha consentito una prima individuazione dei bacini di alimentazione. Altri tipi di analisi statistiche sulla distribuzione geografica dei pozzi hanno permesso di evidenziare gli areali scarsamente monitorati, all’interno dei quali ulteriori indagini produrrebbero risultati più attendibili. Le analisi effettuate avevano l’obiettivo di estrapolare informazioni su tutto il territorio di interesse sulla base di dati localizzati puntualmente, realizzando infine delle carte tematiche di isoconcentrazione. Questo procedimento di estrapolazione è stato effettuato mediante il modello Kriging esponenziale, che è stato selezionato attraverso un analisi geostatistica dei dati, al fine di quantificarne l’autocorrelazione spaziale. L’analisi ha infatti dimostrato che il modello esponenziale era tra tutti quello che offriva maggiori garanzie di attendibilità. Senza questa fase d’indagine preventiva che serve a capire quanto il valore di un certo parametro nella zona circostante una misurazione “dipenda” da quest’ultima, le carte tematiche che vengono sviluppate con il Kriging possono rappresentare un situazione molto diversa da quella reale. Le elaborazioni presentate hanno sicuramente consentito di raggiungere gli obiettivi prefissati. Tuttavia è opportuno puntualizzare che il progetto può essere oltre che facilmente aggiornato, anche utilizzato per altri scopi come ad esempio la valutazione della qualità delle acque sotterranee dal punto di vista dei parametri chimici fondamentali, la valutazione della qualità per il consumo umano, per uso irriguo, ecc., e questo perché il database è stato creato anche in linea con le indicazioni delle attuali normative sulle acque sotterranee. Sempre nell’ottica di rendere il progetto più completo possibile, il database è stato strutturato con l’idea di rendere possibile l’inserimento dei dati riguardanti le sorgenti. Nel presente lavoro questi dati non sono stati coinvolti nelle elaborazioni, ma nell’ambito di studi idrogeologici più dettagliati, potrebbero risultare molto importanti (ad esempio contribuire ad una definizione più accurata dei bacini di alimentazione). In conclusione possiamo dire che gli aspetti fondamentali e trattati con maggior attenzione che caratterizzano questo lavoro sono stati: 1. la creazione di un progetto G.I.S. basato su un database di facile utilizzo che fosse il più completo possibile e in linea con le vigenti normative in materia ambientale, in modo tale da prestarsi ad elaborazioni di vario tipo; 2) lo studio attraverso gli strumenti di arcGIS dell'autocorrelazione spaziale dei dati riguardanti i pozzi, che ha permesso la realizzazione di mappe tematiche che si possono considerare le più attendibili tra quelle ottenibili con questo software e che in ultima istanza hanno permesso di individuare delle diverse aree di alimentazione nella falda freatica e di dimostrare l'influenza dal punto di vista chimico della falda freatica sulle falde artesiane della Pianura friulana.1754 3860 - PublicationStudio dell'evoluzione del sistema magmatico dell'isola d'Ischia ,Italia meridionale,negli ultimi 10 anni.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-18)
;Andria, Maria Chiara ;Sinigoi, Silvano ;Sinigoi, SilvanoD'antonio, MassimoIl lavoro si propone di studiare l'evoluzione del sistema magmatico dell'isola d'Ischia in particolare analizzando gli ultimi 10ka di attività. Lo studio è stato effettuato attraverso indagini petrografiche, analisi geochimiche e isotopiche di Sr, Nd e O.813 5378 - PublicationCaratterizzazione cristallochimica e termobarometrica delle fasi minerali costituenti i noduli peridotitici a spinello di Hannuoba (Cina Nord-Orientale)(Università degli studi di Trieste, 2008-04-18)
;Scarbolo, MarildaPrincivalle, FrancescoA NW di Pechino, nella Cina Orientale, vi sono numerosi plateau basaltici Cenozoici, con dimensioni areali di miglialia di km. Uno tra questi è il plateau di Hannuoba (>1700 km2), costituito prevalentemente da basalti alcalini con inclusi abbondanti xenoliti peridotitici sia di derivazione mantellica (mantello superiore) che crostale. Nella presente tesi è stato affrontato lo studio cristallochimico, termobarometrico e geochimico per gli elementi in traccia di una suite di xenoliti campionati ad Hannuoba. Le stime della temperatura di chiusura intracristallina, basate sullo scambio cationico tra siti non equivalenti di uno stesso minerale, hanno dato valori medi di ~750 °C. Tali temperature suggeriscono che gli xenoliti si sono raffreddati abbastanza lentamente, in accordo con le modalità di messa in posto dei basalti ospiti (flood basalts). Le stime termobarometriche hanno individuato un campo di stabilità P-T nel mantello pari 15-20 kbar e 870-1050 °C, coerente con la localizzazione della Moho a 42 km per l'area in esame. La distribuzione degli elementi in traccia nei clinopirosseni ha confermato la natura in parte impoverita degli xenoliti, evidenziando inoltre per alcuni un arricchimento relazionabile ad un agente metasomatico di derivazione crostale.1266 7428 - PublicationLithospheric characteristics and seismic sources in the SCOTIA ARC through waveform inversion.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-18)
;Plasencia Linares, Milton Percy ;Panza, GiulianoPetrini, RiccardoThe Scotia Sea region is found between the south American and Antarctic plates and constitutes a complex area tectonics, characterized from numerous active processes and changes in the movement and in the configuration of the plates. The main tectonics characteristics of the Scotia Sea were object of different studies, nevertheless some details of the interactions tectonics, of the margin of plates and of their relative movement remain still uncertain. In this sense, the determination of the features of the lithosphere and the study of the focal mechanisms develop an important role to understand the geodynamic evolution of the area. This study proposes to use the present technologies for the inversion of wave- forms to the end of to obtain the source mechanisms for a series of earthquakes recorded in the proximity of the Antarctic Base Argentina Orcadas. The appli- cation of the method is possible thanks to the digital seismograms recorded from a regional network installed to leave from 1992 and that includes the Antarctic Seismographic Argentinean Italian Network (ASAIN) and other three seismo- graphic stations of the Global Seismographic Network (GSN) operating in the antarctic Peninsula, Tierra del Fuego and in the islands of the Scotia arc. Were analyzed and reproduced seven events that followed the earthquake of magnitude 7,6 Mw 4 August 2003 known in literature like Centenary Earthquake. The main unit of the study (Chapter 3) is preceded of two chapters dedicated respectively to a detailed description of the situation tectonics and the seismicity of the Scotia Sea region (Chapter 1) and the Italian-Argentinean seismographic network ASAIN with special attention for the response in frequency of the seismograph and the characterization of the seismic noise levels (Chapter 2). Like complement to the analysis of the focal mechanisms, applying the Omori’s law, it has determined the curve of temporal decay of the seismic se- quence recorded from the Orcadas station in sixty days following to the Cente- nary Earthquake.1408 2475 - PublicationGround motion estimation in the eastern-southern alps:from ground motion predictive equations to real-time shake maps.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-18)
;Moratto, Luca ;Suhadolc, Peter ;Suhadolc, PeterCosta, GiovanniLo scopo di questa tesi di dottorato è la stima del moto forte del suolo nell’area delle Alpi Sud-Orientali. A tal fine sono state proposte delle relazioni empiriche che stimano i parametri del moto in funzione della magnitudo, della distanza dall’epicentro e della classificazione geologica del suolo; successivamente tali relazioni sono state usate per calibrare il software ShakeMaps con il fine di generare in tempo reale le mappe di scuotimento del terreno per la regione Friuli-Venezia Giulia. Le GMPEs (Ground Motion Predictive Equations) per PGA, PGV e SA sono state calcolate nell’area delle Alpi Sud-Orientali utilizzando registrazioni del moto forte del terreno. Sono state selezionate 900 forme d’onde accelerometriche filtrate tra 0.1 Hz e 30 Hz; la distanza epicentrale varia tra 1 km a 100 km, mentre la magnitudo locale, opportunamente calibrata confrontando diversi cataloghi, varia in un intervallo relativamente ampio (3.0 <= ML <= 6.3). Sono stati testati diversi modelli di attenuazione e il miglior risultato è stato individuato utilizzando specifici criteri di valutazione derivanti da considerazioni di carattere statistico (valore di R2, uso dell’ANOVA test, analisi dei residui). I coefficienti del modello finale sono stati determinati oltre che da ML, dalla distanza epicentrale e dagli effetti dovuti al sito, anche dalla saturazione della magnitudo, dalla correlazione tra magnitudo e distanza e dagli effetti di “near-source”. I coefficienti delle GMPEs sono stati calcolati per le componenti verticali ed orizzontali (rappresentata sia con la componente maggiore sia con la somma vettoriale delle due componenti); la tecnica dell’analisi dei gruppi ha permesso di ridurre l’incertezza finale sulle relazioni empiriche. Il confronto con i risultati ottenuti precedentemente evidenzia come le relazioni ottenute in questa tesi abbiano una maggiore attenuazione a basse magnitudo e a grandi distanze; risultati analoghi sono stati ottenuti per le relazioni ricavate dai dati registrati in tutta l’Italia Settentrionale. L’evoluzione recente delle reti sismiche rende oggi disponibile una grossa mole di dati acquisiti in tempo reale, per cui risulta fattibile stimare velocemente lo scuotimento del terreno tramite mappe; il software “ShakeMap” è stato adattato alle Alpi Sud-Orientali implementato allo scopo di ottenere una stabile interfaccia con il sistema di acquisizione dati “Antelope” che garantisca l’estrazione dei parametri del moto dalle forme d’onda e la creazione delle mappe di scuotimento entro 5 minuti dall’evento sismico. Questa procedura richiede una fitta e uniforme distribuzione spaziale degli strumenti di registrazione sul territorio e una classificazione geologica del suolo fatta usando le velocita’ medie, Vs30, dei primi 30m del mezzo immediatamente sotto gli strumenti. La classificazione geologica del suolo prevede la suddivisione in tre categorie (suolo rigido, suolo addensato e suolo soffice) mentre i coefficienti di amplificazione sono stati calcolati usando le relazioni proposte da Borcherdt (1994). Le relative mappe vanno calcolate usando le GMPEs e le relazioni empiriche che legano il moto del terreno all’intensità macrosismica, basate ambedue su dati registrati nella regione alpina. Le GMPEs discusse in precedenza sono state inserite nel software “ShakeMap” per la produzione delle mappe di scuotimento in tempo reale e quasi-reale nell’Italia Nord-Orientale. Per valutare l’effetto della densità di stazioni sulle mappe di scuotimento sono stati calcolati dei sismogrammi sintetici relativi al terremoto di Bovec 2004 variando il passo di griglia e la geometria dei ricevitori. I risultati ottenuti indicano come una distribuzione fitta e uniforme di strumenti sul territorio e una scelta accurata delle dimensioni della griglia dei ricevitori siano cruciali per calibrare le mappe di scuotimento in una ben determinata area geografica. Le mappe di scuotimento del suolo sono state generate per otto terremoti avvenuti nell’area considerata negli ultimi 30 anni; inoltre per gli eventi del Friuli 1976 e Bovec 1998 è stato utilizzato il modello di faglia finita con i parametri di sorgente stimati in precedenti studi. La validazione del modello è stata fatta calcolando il misfit tra le intensità macrosismiche osservate (catalogo DBMI04) e quelle “strumentali” che sono state ottenute dai sismogrammi sintetici tramite relazioni empiriche tra moto del suolo ed intensità. L’analisi è stata fatta per i terremoti del Cansiglio (1936), del Friuli (1976) e di Bovec (1998). I sismogrammi sintetici sono stati calcolati ad una frequenza massima di 10 Hz applicando il modello della riflettività; i parametri del moto sono stati estratti dai segnali sintetici calcolati nelle attuali stazioni di registrazione e successivamente sono state generate le mappe di scuotimento. L’intensità macrosismica “strumentale” è stata ricavata applicando diverse relazioni; il minor misfit è stato ottenuto usando le relazioni proposte da Kästli and Fäh (2006) per tutti e tre i terremoti considerati, il che sembra validare il nostro modello di Shake Maps.1311 4054 - PublicationCoastal sedimentary traps as potential borrow sources for nourishment of neighbouring erosional beaches.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-28)
;Delli Quadri, FrancescaFontolan, GiorgioITALIANO Nel corso degli ultimi 20 anni, intensi fenomeni erosivi hanno interessato gli arenili situati lungo l’arco costiero nord adriatico e tra le soluzioni impiegate per contrastare tali fenomeni la pratica del ripascimento è stata largamente utilizzata, in quanto permette di riportare le spiagge ad un nuovo equilibrio evitando di provocare impatti significativi sul sistema litoraneo. La problematica maggiore connessa a questo tipo di intereventi è legata alla necessità di ingenti quantità di sabbia dalle caratteristiche granulometriche compatibili con quelle delle spiagge in erosione, con il duplice scopo di ridurre gli impatti negativi sul sistema spiaggia e di minimizzare i costi legati alle operazioni di estrazione e sversamento. Le strategie di gestione delle risorse sabbiose vanno assumendo una notevole importanza all’interno degli strumenti di gestione costiera (Finkl, 1994) e tali strategie, oltre a dover essere basate su estese competenze nel campo della geologia e della sedimentologia, devono prendere in considerazione tutti i fattori ambientali che influenzano il sistema e ne sono influenzati. Problematiche attuali quali l’innalzamento del livello marino e gli effetti sui sistemi costieri, i fenomeni erosivi, la progressiva diminuzione di aree utilizzabili come cave di prestito (sia onshore che offshore) e la creazione di impatti conseguenti alle diverse misure di protezione dei litorali richiedono un approfondito interesse e la ricerca di soluzioni innovative. A partire dalla seconda metà degli anni novanta, ingenti quantitativi di sabbia, pari a 8×106m3 (Consorzio Venezia Nuova, 2006), sono stati sversati sulle spiagge presenti lungo l’arco costiero nord adriatico. Gli interventi, attuati tramite il prelievo di sedimenti presso le coltri sabbiose che ricoprono gli alti fondali delle aree residuali di piattaforma, hanno interessato ad esempio le spiagge di Jesolo, Sottomarina, Pellestrina, Isola Verde. Attualmente, secondo quanto previsto dal Magistrato alle Acque di Venezia tramite il suo concessionario Consorzio Venezia Nuova (2006), è previsto l’utilizzo di circa 3×106m3 di sabbia per interventi di mantenimento, tramite ricariche più frequenti e di minore entità. La pratica di approvvigionamento di sabbie presso le aree relitte di piattaforma ha tuttavia lo svantaggio di essere onerosa, a causa dell’impiego di grandi draghe o di lunghe pipeline per coprire le distanze dalla costa. In tale contesto, un’alternativa vantaggiosa può essere rappresentata dalla ricerca e dall’utilizzo di sabbie dai rialzi morfologici associati alle bocche tidali o eventualmente in alternativa dagli apparati di foce fluviale. Le bocche tidali costituiscono le principali vie di comunicazione marittime da e verso le lagune e necessitano di ordinaria manutenzione nei casi in cui il trasporto longshore sia tale da occludere il canale. In questi contesti uno studio morfodinamico rappresenta una base indispensabile per una corretta pianificazione degli interventi finalizzati al mantenimento dell’ officiosità delle bocche lagunari; la funzionalità e la navigabilità possono essere garantite attraverso le operazioni di dragaggio periodico, con prelievo mirato di sabbie nelle aree di accumulo del delta di riflusso (barra lineare di margine di canale e lobo terminale).Questa operazione si configura dunque come soluzione vantaggiosa per le operazioni di ripascimento di litorali in erosione, in quanto i depositi di ebb-tidal delta generalmente presentano caratteristiche granulometriche compatibili con quelle dei litorali adiacenti. La pratica di escavazione dai bassifondi marini o “ebb-shoal mining” viene largamente effettuata negli Stati Uniti, in Florida e New Jersey ad esempio (Cialone & Stauble, 1998). A seguito della raccolta di dati batimetrici e sedimentologici, in parte forniti dal Magistrato alle Acque - Consorzio Venezia Nuova ed in parte acquisiti attraverso ricerche bibliografiche e due campagne di acquisizione di dati, sono state effettuate numerose elaborazioni con lo scopo di definire le potenzialità di prelievo di sabbie da alcuni apparati di delta di riflusso localizzati lungo l’arco costiero nord adriatico. La ricerca ha permesso inoltre di ampliare la base dati già esistente ed approfondire la morfodinamica delle bocche tidali presenti nel contesto ambientale nord adriatico, nonché le caratteristiche morfologiche degli ebb-tidal delta ad esse associati. Massicci interventi antropici, attuati a partire dallo scorso secolo, hanno portato alla modificazione dei litorali e dell’assetto delle bocche tidali, attraverso la costruzione di strutture permanenti a difesa degli arenili e per consentire la navigazione. Pertanto, le analisi sono state effettuate sia su apparati di bocca tidale in condizioni naturali che su bocche tidali stabilizzate da moli foranei. Infine, è stata analizzata l’evoluzione morfologica recente di alcuni apparati di foce fluviale (Adige, Piave e Sile), al fine di indagare l’eventuale possibilità di estrazione di sedimenti dagli scanni sabbiosi prospicienti tali apparati. Parte integrante del lavoro di ricerca è stata la messa a punto di una specifica procedura geostatistica in ambiente GIS (utilizzando il software ESRI ArcGis™), basata sul metodo elaborato in origine manualmente da Dean and Walton (1973). Una dettagliata analisi morfologica e morfodinamica degli apparati di bocca tidale e foce fluviale è stata effettuata attraverso l’elaborazione di modelli digitali del fondale marino (DEMs), consentendo l’elaborazione di alcune relazioni predittive relative a determinati parametri fisici quali prisma tidale, sezione della bocca e volume del delta di riflusso. Tali risultati sono stati messi a confronto con analoghe elaborazioni, relative a differenti contesti costieri come ad esempio le coste statunitensi e neozelandesi, in modo tale da evidenziare locali fattori morfodinamici responsabili dello sviluppo degli apparati di delta di riflusso. Le numerosi analisi metodologiche, condotte tramite l’estensione Geostatistical Analyst all’interno del software ESRI ArcGis™, hanno permesso di ottenere una valida procedura per il calcolo dei volumi di sabbia depositati nelle strutture di delta di riflusso. Infine, attraverso l’integrazione di tutti i dati raccolti, sia di nuova acquisizione che provenienti da fonti preesistenti, è stato predisposto un geodatabase in GIS, denominato Ebb-delta Geodatabase, che raggruppa tutte le potenziali cave di prestito individuate nonché le caratteristiche granulometriche dei depositi. Relativamente agli apparati deltizi del Piave e dell’Adige, dall’analisi è emersa una situazione critica di erosione dei fondali antistanti le foci, da attribuirsi con una certa sicurezza alla drastica diminuzione dell’apporto di materiale grossolano, avvenuta alla fine degli anni ’50 del secolo scorso e causata dagli interventi antropici sulle lungo le aste fluviali. I delta sommersi, privati di una parte consistente del contributo sedimentario, hanno subito un asporto di quantità significative di sedimento ad opera del moto ondoso e delle correnti marine e le occasionali ricariche, dovute agli eventi di piena, non sono sufficienti a riequilibrare il sistema. Su tale situazione insistono inoltre fenomeni puntuali, come nel caso dell’Adige, dovuti alla recente messa in opera di manufatti che hanno ulteriormente accentuato il processo di erosione dei fondali E’stato ritenuto pertanto che, in ragione di una dinamica sedimentaria legata ad eventi discontinui e a cicli stagionali di erosione-deposizione, ed essendo insufficiente l’apporto solido da parte dei corsi d’acqua, l’estrazione di materiale alle foci del Piave e dell’Adige non sia una soluzione praticabile ai fini del ripascimento di litorali in erosione. Diverso è il caso del fiume Sile, per il quale è stato verificato che l’apporto solido è per sua natura scarso, dunque insufficiente a creare significative anomalie deposizionali nell’area di foce. Gli apparati di delta di riflusso associati alle bocche tidali, sia naturali che stabilizzate, rappresentano al contrario significative trappole sedimentarie in ambiente sottocostiero, caratterizzate da volumi di sabbia compresi tra 270.000m3 e 10×106m3. La procedura geostatistica elaborata, definita procedura geostatica semi-automatica (Authomatic Detrending Procedure-ADP), si è rilevata un utile strumento analitico per la valutazione dell’estensione dei depositi sabbiosi e le elaborazioni effettuate hanno consentito di integrare dati provenienti da fonti non omogenee. Inoltre, lo studio della morfodinamica delle bocche tidali di Lido, Chioggia, Malamocco e Buso ha fornito un’interessante analisi relativa all’evoluzione dei delta di riflusso a seguito della costruzione di moli foranei. Come sottolineato da Carr and Kraus (2001), lo sviluppo verso mare e l’estensione degli apparati di delta di riflusso è determinato dall’ampiezza del prisma di marea, dalla pendenza della piattaforma costiera, e dal processo di confinamento del getto tidale da parte dei moli. Nonostante la casistica esaminata nel corso dello studio sia stata limitata a 11 bocche tidali, la correlazione riscontrata tra i valori di prima tidale ed i volumi ottenuti tramite la procedura geostatistica dimostra che nel caso di bocche tidali non armate i processi tidali siano prevalenti sull’azione del moto ondoso nell’influenzare lo sviluppo delle coltri deposizionali. La relazione V-P elaborata per l’area costiera nord adriatica risulta molto simile a quella ottenuta per le bocche tidali neozelandesi da Hicks and Hume (1996) mentre si discosta in maniera significativa da quelle elaborate per le coste statunitensi da Walton and Adams (1976) e Marino and Mehta (1988). L’utilizzo di una procedura standardizzata, come nel caso della procedura geostatica elaborata all’interno del progetto di ricerca qui presentato, ha permesso di ridurre la soggettività nella stima dei volumi che caratterizzava il metodo proposto originariamente da Dean and Walton (1973). Inoltre, tale procedura si è rivelata particolarmente utile nei casi in cui l’assetto morfologico risulti particolarmente complesso, come nel caso delle bocche tidali armate con moli fortemente aggettanti (Lido, Chioggia, Malamocco, Buso). In questi casi infatti è stata verificata una significativa discordanza tra i valori ottenuti tramite l’applicazione delle relazioni predittive e i risultati delle elaborazioni geostatistiche. Prima degli interventi di stabilizzazione, la maggior parte delle bocche tidali nord adriatiche presentava una configurazione marcatamente asimmetrica, dovuta all’ingente contributo del trasporto litoraneo che ha contributo in numerosi casi alla costruzione di lidi sfasati nella direzione sopraflutto (i.e. Punta Sabbioni; Alberoni; etc). A partire dal diciannovesimo secolo, a seguito delle difficoltà riscontrate per la navigazione dovute all’interramento e/o alla migrazione del canale principale, diverse foci lagunari sono state armate e tale intervento ha comportato una drastica modificazione del regime deposizionale nell’area sottocostiera. Di conseguenza, in relazione alla lunghezza dei moli foranei, la struttura deposizionale di delta di riflusso ha subito un processo di riconfigurazione, generalmente attraverso una traslazione verso mare a maggiori profondità, accompagnata da una parziale erosione dell’accumulo pre-esistente. In numerosi casi inoltre la presenza dei moli ha funzionato come sbarramento per il trasporto litoraneo il quale, prima di venire catturato dal getto tidale ed entrare nel by-pass sedimentario della bocca, ha alimentato l’accrescimento dei litorali posti sopraflutto, come ad esempio nel caso del litorale di Punta Sabbioni adiacente alla bocca di porto di Lido. Ciò ha portato alla formazione di differenti tipologie di delta di riflusso, pesantemente influenzate dall’intervento antropico, per le quali il volume di equilibrio teorico potrebbe essere raggiunto solamente a seguito di un ingente contributo del trasporto longshore, in un arco di tempo considerevole. Uno dei risultati di maggior interesse del presente lavoro risiede dunque nella verifica di uno “stato di immaturità” dei delta di riflusso associati alle bocche tidali stabilizzate, come nel caso della bocca di porto di Lido in cui la costruzione dei moli risale a circa un secolo fa. Come evidenziato da Hansen and Knowles (1988), il processo di confinamento da parte dei moli porta il flusso tidale ad abbandonare il canale principale naturalmente scavato, i canali marginali di flusso e la piattaforma di swash, con effetti sulla pre-esistente struttura deposizionali paragonabili a quelli osservati nei processi di rottura naturale dell’ ebb-tidal delta (ebb-tidal delta breaching; Fitzgerald et al., 1978). Al Lido a seguito della costruzione dei moli la maggior parte dei sedimenti in transito nell’area sottocostiera sono stati depositati sulla spiaggia di Punta Sabbioni, con una conseguente diminuzione del carico sedimentario disponibile per la costruzione del delta di riflusso. Poiché il volume stimato a seguito delle recenti indagini risulta corrispondere a solamente il 10% dell’ipotetico volume di equilibrio, il caso del Lido può essere considerato come un caso di delta “immaturo”, in quanto solo dopo l’esaursi dell’ingente fenomeno di accrescimento dell’arenile di Punta Sabbioni (che risale alla fine degli anni ’60) ha potuto intercettare la gran parte del carico sedimentario associato al trasporto longshore. Numerose incertezze permangono allo stato attuale delle indagini per quanto concerne l’effettivo raggiungimento del volume di equilibrio teorico; le annuali operazioni di escavazione effettuate per mantenere l’officiosità del canale, potrebbero difatti portare ad una configurazione stazionaria del deposito, che potrebbe essere confermata solamente attraverso uno specifico piano di monitoraggio. Gli studi effettuati sulle altre bocche tidali armate localizzate all’interno del contesto in esame hanno in ogni caso evidenziato un comportamento morfodinamico simile; i risultati delle elaborazioni confermano una estensione dei delta di riflusso inferiore a quanto previsto dalle relazioni predittive anche alle foci di Malamocco, Chioggia, e Buso. Per concludere, si sottolinea come la messa a punto di uno specifico database in GIS delle caratteristiche sedimentologiche delle morfologie oggetto di indagine costituisca un efficace strumento di gestione, che permette di associare ai diversi tipi di deposito le informazioni più significative riguardanti la localizzazione; i volumi utilizzabili, etc. Conoscendo le caratteristiche granulometriche dell’arenile da sottoporre all’intervento di ripascimento, un’interrogazione al database permette di identificare le potenziali cave di prestito compatibili, per poi progettare gli interventi più idonei, come ad esempio il prelievo di sedimenti dal canale principale nei casi in cui vi sia un surplus che provoca intralcio alla navigazione, oppure l’estrazione di sabbia nelle aree del delta di riflusso a maggior tasso di crescita (canali marginali flusso e/o lobo terminale). In ogni caso, l’estrazione deve essere limitata sia in estensione che per quanto riguarda lo spessore, per evitare effetti negativi e significativi disequilibri sui fenomeni di rifrazione delle onde e sulla dinamica sedimentaria. Non vi è alcun dubbio che un’attuazione sconsiderata della pratica di estrazione di sabbie dai delta di riflusso possa comportare conseguenze negative sui fondali ed i litorali adiacenti, d’altra parte come suggerito da Hansen and Work (1999) se gli interventi vengono pianificati in modo tale da rimuovere una frazione ridotta del deposito mantenendo così i naturali processi di scambio sedimentario, gli impatti sui litorali adiacenti possono essere di minima portata. La preservazione dell’assetto generale del delta, attraverso l’escavazione di sedimento nella parte terminale verso mare su un’area più estesa in superficie e meno in profondità, può efficacemente ridurre l’alterazione dei pattern di rifrazione delle onde e dei meccanismi di trasporto dei sedimenti.1499 1729 - PublicationLa cartografia marina: ricerche ed applicazioni orientate ai rischi geologico-ambientali in aree campione.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-28)
;Morelli, DaniloFanucci, FrancescoRIASSUNTO Dati raccolti nell’ambito di progetti di cartografia geologica marina nazionali ed internazionali sono stati utilizzati per ricerche sui rischi geologico-ambientali in alcune aree marine italiane maggiormente critiche dal punto di vista della valutazione dei rischi. Questo rappresenta un campo di applicazione estremamente complesso a causa della varietà dei processi collegati, i quali a loro volta sono controllati da più fattori naturali ed antropici la cui interazione è spesso di difficile valutazione e previsione. Nei settori di margine continentale del Mar Ligure e dell’Arco Calabro (tirrenico e ionico) dati morfo-batimetrici, sismo-stratigrafici, strutturali, e sedimentologici ricavati dalle più moderne tecnologie d’indagine offshore sono stati integrati con altri dati geologici e geofisici pregressi, utilizzando metodologie di visualizzazione, analisi e restituzione tridimensionale digitale di gran dettaglio. Le ricerche sono state condotte in collaborazione con specialisti ed esperti di geologia marina e morfotettonica attiva delle attigue aree emerse, focalizzando l’attenzione sui dissesti gravitativi superficiali e profondi e di loro correlazione con faglie attive recentemente, potenzialmente sismogenetiche o tsunamogeniche. I risultati ottenuti hanno consentito, nelle singole aree, una definizione più approfondita dei caratteri dei vari elementi di geo-hazard ed una più chiara ricostruzione dei meccanismi di interazione tra i vari processi responsabili della loro genesi ed evoluzione. L’analisi dettagliata di alcuni casi maggiormente rappresentativi ha anche confermato la complessità dei tematismi trattati e sottolineato alcune problematiche cruciali, tuttora aperte, su cui concentrare le ricerche future. Il margine continentale del Mar Ligure, tanto nel settore alpino che in quello appenninico, mostra evidenze morfologiche di processi di mobilizzazione gravitativa di ingenti masse sedimentarie. Questi sono maggiormente concentrati nel margine alpino (scarpata di Imperia), associati allo sviluppo di numerosi canyon e alla forte sismicità dell’area, mentre nel settore appenninico, dove l’attività sismica è minore, riguardano principalmente il Canyon di Levante e la Frana di Portofino. Quest’ultima rappresenta un elemento di particolare interesse per i meccanismi di formazione ed il volume dei materiale coinvolti. Nei margini tirrenico ed ionico della Calabria il sollevamento tettonico pleistocenico dell’Arco Calabro (0.8-0.9 mm/anno) è accompagnato da una cospicua attività sismo-tettonica e da frequenti e voluminosi movimenti di massa lungo tutta la scarpata. Tali processi sono concentrati lungo lo sviluppo di articolati sistemi di canyon sia nel Golfo di Squillace che nei settori di Bovalino e Siderno ed anche nel settore tirrenico indagato (tra Palmi e Scilla). Tale focalizzazione dei fenomeni di instabilità è controllata dall’attività sismo-tettonica di lineamenti strutturali di dimensione regionale, paralleli (Faglia di Scilla) allo sviluppo del margine o interpretabili come prosecuzione a mare di sistemi che tagliano trasversalmente tutto l’Arco Calabro. Come appendice al lavoro di ricerca svolto è stato inserito un contributo riguardante l’area dello Stretto di Messina, elaborato per l’occasione del centenario del terremoto di Messina. In tale area una morfodinamica, estremamente rapida, è controllata dai caratteri idrodinamici dello stretto, da faglie attive e movimenti di massa correlati all’attività sismo-tettonica. In tale contesto degli elementi di particolare rischio geo-ambientale sono delle frane che in prossimità di Messina interessano un corpo sedimentario di notevoli dimensioni. Oltre ai contributi sulle conoscenze relativi ai singoli casi è possibile definire alcune conclusioni generali confortate anche da dati di letteratura. I movimenti di massa sottomarini sono estremamente diversificati, e pur presentando alcune analogie rispetto a quelli che si verificano a terra spesso presentano dei meccanismi di innesco e di evoluzione diversi: sono molto più mobili, coinvolgono volumi notevoli di materiale, trasportati in molti casi a notevole velocità e distanza. Un carattere ricorrente nelle aree analizzate è la scarsa presenza di accumuli di frana piede della scarpata rispetto al volume di materiale franato (mancante) lungo il pendio. Una spiegazione plausibile è fornita dai fenomeni che accompagnano lo sviluppo di frane di grosse dimensioni come l’acquaplaning, che agendo come lubrificante al fronte della frana, può determinare l’allontanamento, la disgregazione e dispersione dei materiali (flussi detritici e torbiditici) in aree bacinali molto distanti (100-1000 Km). Tale ipotesi già verificata in altre aree, se confermata per le aree indagate potrebbe, attraverso la datazione dei livelli detritici e torbiditici bacinali correlabili a grandi frane sottomarine, consentire la definizione dei tempi di attivazione e dei tempi di ritorno delle stesse, ed eventualmente il loro rapporto con la sismicità storica regionale. In questo tipo di approccio si deve tener conto dei caratteri sia dell’area sorgente del dissesto che delle zone di accumulo più distali (debriti, torbiditi) al fine di ricostruire un quadro completo dei processi in atto in grado di definire qualitativamente tutti i fattori geologici in gioco (imput sedimentari, sismo-tettonica, presenza di gas, ecc..) e il loro grado di pericolosità. A prescindere dall’interesse scientifico su tali tematiche è fondamentale il loro approfondimento in termini di valutazione di rischio geo-ambientale, considerando le perdite economiche e di vite umane che gli eventi calabro-siciliano e liguri hanno registrato in passato. Inoltre, nonostante la difficoltà di stimare, prevedere o più semplicemente definire la ricorrenza di terremoti di grande entità, l'analisi della sismicità storica e dei tempi medi di ritorno mette in evidenza l'esistenza di ritardi anche importanti per eventi medio-grandi, lungo alcuni dei sistemi di faglie attive sia in Calabria-Sicilia orientale che in Liguria. Gli studi effettuati confermano la convinzione, già espressa da altri ricercatori, che la morfodinamica sottomarina sia più intensa e veloce di quella sub-aerea. Ciò è senz’altro verificato nel presente studio a proposito delle aree in cui l’attività sismo-tettonica, “motore” principale dei processi studiati, supera un certo livello di soglia. Si dimostra comunque che i dissesti dei fondali pellicolari e profondi, limitati ad aree ben definite, possono prodursi anche in zone di sismicità ridotta (Mar Ligure di Levante; Canyon di Levante -Frana di Portofino), ma non per questo di minore importanza in termini di pericolosità. Altra importante conclusione dello studio è che in contesti geodinamici apparentemente molto diversi in base alle conoscenze correnti (margine attivo calabro-ionico e margine passivo ligure) si riscontrano processi morfodinamici sottomarini di paragonabile tipologia ed entità. Ad un esame più attento risulta però che i contesti geodinamici detti, in termini di tipologia di strutture , flusso tettonico, e movimenti verticali non sono poi così diversi , anzi presentano marcate analogie.1764 5392 - PublicationIntegrazione di modelli di trasporto biogeochimici nel mar Mediterraneo(Università degli studi di Trieste, 2008-04-28)
;Lazzari, Paolo ;Crise, AlessandroStravisi, FrancoThe present dissertation describes the work carried out to setup a biogeochemical 3D model for the Mediterranean Sea (OPATM-BFM) and the analysis of the preliminary results and the critical issues emerged. The purposes of this work range from the operational short term forecast to the multi annual climatological simulations. Main part of the work has been spent on the setup of the system basically composed by a passive Tracer Model (OPA Tracer Model) coupled with a biogeochemical flux model (BFM). The work is organized as follows: chapter 1) is an overview of problematics, definitions and phenomology of the Mediterranean sea ecosystem; chapter 2) presents the modeling approach applied to ecosystem; chapter 3) contains details about the specific model assembled for the Mediterranean Ecosystem; chapter 4) describes the operational model devoleped and the first evaluation of the results; chapter 5) presents the analysis of the results of a multi-annual simulation; chapter 6) analyzes the equations governing phytoplankton growth and light acclimation; chapter 7) concludes the work with final remarks and future work. The choices of the domain resolution, the complexity of the ecosystem model and the fact that large part of the packages were not designed for parallel architectures required a significant work for the optimization of the code to obtain results in reasonable time. Currently the implementation of 1 year simulation takes 48 hours in CINECA high performance computer on 32 processors. The offline paradigm adopted has shown to be the right solution to interface the model to the different OGCMs that present peculiar domain discretizations. In particular in the operational short term forecast application the core of the system OPATM-BFM is merged in an automatic pre/operational chain where the general circulation model generating the circulation (INGV MFS-SYS2b) adopts a data assimilation scheme. The result is one of the first examples of biogeochemical predictive model that is pre-operational in Europe. Model validation is based on the qualitative comparison of chlorophyll-a satellite measurements and total chlorophyll-a simulated by the model for the period of April 2007 - November 2007. Results show that the model is in general able to reproduce the west/east chlorophyll gradient but, with respect to climatolgy, there is a general overestimation of the southern areas of western and eastern sub-basin and a general underestimation of the northern areas in particular in the Gulf of Lions deep mixing area. 1 The second implementation proposed is performed on multiannual time scale. In this case the forcing OGCM is an hindcast model. Also in this case model result are compared with SeaWiFs satellite data: the seasonal cycle of chlorophyll is qualitatively reproduced for the western area with a general overestimation in the eastern area during winter. A longitudinal dependent light extinction coefficient is applied to the model to reproduce the longitudinal Deep Chlorophyll Maximum gradient characterizing the Mediterranean Sea. Analyses of vertically integrated primary production show that the model represents the biogeochemical features of the western basin whilst the Eastern basin (modeled) is less oligotrophic than expected. An explanation for this result can be related to the overestimation in the eastern intermediate layer (200 − 600m) of phosphate limiting nutrient concentration. Half of the primary carbon production flows to bacteria as in the upper range of previous estimations. As for chlorophyll surface data, there is a well marked seasonal cycle of vertical integrated phytoplanktonic biomass with a maximum during winter. Dominant functional groups are picophytoplanton and diatoms with an alternating behaviour: during winter the two groups present equal biomass but in summer, model simulates a clear dominance of picophytoplanton. Bacterial biomass is of the same order of magnitude of phytoplantkon biomass and it is in agreement with what observed in previous studies. This modeling system is currently under development in several projects: MERSEA, SESAME, VECTOR and several new projects are going to benefit from this OPATMBFM development. In particular, in both the operational and multi annual configurations OPATM-BFM, has been chosen as pilot application in the framework of FP7 DORII project started in february 2008. In the DORII project, OPATM-BFM will be integrated with real time observing systems (i.e. Slocum Glider system) by a Communication Technology including also data assimilation schemes. In CLECOMED (Impatti dei cambiamenti CLimatici sull’ ECOsistema del Mar MEDiterraneo) project, based on CINECA cornerstone projects, OPTM-BFM will be further optimized to face the high computational demand of multi-annual climatological simulations (SESAME and VECTOR). Moreover, the management of the large amount of data produced by the simulations will be a further issue. —— o —— La presente tesi documenta il lavoro effettuato per implementare un modello biogeochimico 3D (OPATM-BFM) del Mar Mediterraneo e per l’ analisi dei risultati preliminari e delle problematiche osservate. Le finalit`a di questo studio spaziano dalla previsione operazionale a breve termine fino a simulazioni climatologiche su scale di tempo pluriannuali. Gran parte del lavoro `e stata dedicata alla implementazione e configurazione del sistema OPATM-BFM composto da un modello a traccianti passivi (OPA Tracer Model) accoppiato con un modello di flussi biogeochimici (BFM). Il lavoro `e presentato come 2 segue: il capitolo 1) presenta una panoramica delle problematiche e della fenomenologia dell’ecosistema del Mar Mediterraneo; il capitolo 2) presenta l’approccio modellistico applicato all’ecosistema; il capitolo 3) contiene dettagli riguardo al modello assemblato specificatamente per il Mar Mediterraneo; il capitolo 4) descrive l’applicazione operativa del modello e l’analisi dei risultati; il capitolo 5) presenta l’analisi dei risultati per l’applicazione pluri annuale; il capitolo 6) propone uno studio sull’equazioni che regolano la crescita del fitoplancton ed il processo di acclimatazione alla luce; il capitolo 7) conclude il lavoro con commenti finali e prospettive future. La scelta della definizione spaziale e la complessit`a dell’ecosistema simulato e il fatto che larga parte dei moduli del software non erano indirizzati ad architetture parallele ha richiesto un notevole lavoro di ottimizzazione del codice per effettuare le simulazioni in tempi ragionevoli. Ad oggi il modello richiede 48 ore di calcolo per un anno di simulazione sui sistemi ad alte prestazioni del cineca con 32 processori. Il paradigma offline adottato `e risultato essere la giusta soluzione per interfacciare il modello OPATM-BFM a differenti modelli di circolazione generale (OGCM) che presentano specifiche discretizzazioni spaziali. In particolare nell’applicazione operazionale il cuore del sistema OPATM-BFM `e inserito in una catena automatica ove il modello di circolazione generale (INGV MFS-SYS2b) si avvale di uno schema di assimilazione dei dati. E’ importante notare che il risultato di questa tesi rappresenta uno dei primi sistemi di previsione biogeochimica per il Mediterraneo in Europa. La validazione dei risultati del modello `e basata su una comparazione tra le rilevazioni satellitari di clorofilla e la clorofilla totale simulata dal modello per il periodo aprile 2007- novembre 2007. I risultati indicano che il modello `e capace di riprodurre il gradiente di clorofilla ovest/est ma, rispetto alla climatologia della clorofilla, si riscontra una sovrastima delle aree meridionali dei bacini ovest ed est, e una sottostima delle aree settentrionali in particolare nell’area di mixing profondo in corrispondenza del Golfo del Leone. La seconda applicazione del modello `e basata su forzanti a scala tempo pluriannuale. Anche in questo caso i risulati del modello sono comparati con i dati da satellite SeaWiFs: il ciclo stagionale della clorofilla `e ben riprodotto per l’area occidentale nel periodo invernale. Inoltre l’analisi della produzione primaria integrata verticalmente indica che il modello meglio riproduce le condizioni del bacino occidentale mentre il bacino orientale risulta meno oligotrofico di quanto sia noto. Una possibile spiegazione di questo aspetto pu`o essere legata alla sovrastima delle concentrazioni di fosfati negli strati intermedi (200- 600 m) della colonna d’acqua. Il 50% della produzione primaria simulata fluisce nel comparto batterico nella fascia superiore delle misurazioni riportate in precedenti lavori. Come nel caso della clorofillla il modello riproduce il ciclo stagionale della biomassa fitoplanctonica con un massimo durante il periodo invernale. I gruppi funzionali dominanti sono il picofitolancton e le diatomee che mostrano un andamento alterno: durante l’inverno presentano biomasse comparabili mentre in estate il modello prevede una predominanza del picofitoplancton. 3 La biomassa batterica `e dello stesso ordine di grandezza della biomassa fitoplanctonica come riportato in letteratura. Il modello descritto `e sviluppato nell’ambito dei progetti nazionali ed internazionali quali MERSEA IP, SESAME IP e VECTOR, inoltre alcuni progetti futuri si avvarranno del sistema OPATM-BFM. In particolare OPATM-BFM sia nella configurazione operazionale sia in quella pluriannuale `e stato scelto come applicazione pilota nell’ambito del progetto FP7 DORII partito nel febbraio 2008. In DORII, OPATM-BFM sar`a integrato con sistemi di misura in tempo reale (Slocum Glider) tramite una ICT (Information and Communication Technology), includendo anche schemi di assimilazione numerica. Nel progetto CLECOMED (Impatti dei cambiamenti CLimatici sull’ ECOsistema del Mar MEDiterraneo) basato sull’ attivit`a Cornerstone del CINECA, OPATM-BFM sar`a ulteriormente ottimizzato per fronteggiare l’elevata richiesta computazionale di simulazioni pluriannuali (SESAME e VECTOR) inoltre saranno individuate le strategie ottimali per analizzare l’ elevata quantit`a di dati prodotti dalle simulazioni.1323 2084 - PublicationStudio geochimico isotopico per la stima del bilancio di massa nel bacino di drenaggio di Dome C (Antartide orientale) come contributo alle variazioni del livello marino(Università degli studi di Trieste, 2008-04-28)
;Genoni, Laura ;Flora, OnelioStenni, BarbaraIl clima e le sue variazioni sono argomenti di rilevante interesse scientifico e di grande attualità. L’Antartide, coperta per la quasi totalità da ghiacci, esposta all’impatto dei cambiamenti climatici, ma priva di fonti d’inquinamento antropico, conserva pressoché inalterate le informazioni climatiche ed ambientali del passato, rivelandosi così un insostituibile laboratorio naturale al servizio degli studiosi. Dalla calotta antartica si ricavano quindi carote di ghiaccio in cui sono archiviate le informazioni climatiche degli ultimi 800.000 anni. Tuttavia, è necessaria una maggior conoscenza del continente (circolazione atmosferica e oceanica, interazione tra i venti e la topografia) per aumentare la rappresentatività dei dati ottenuti da una singola perforazione. A causa della complessità del sistema glaciale dell’Antartide, non è stato sino ad ora possibile stabilire se la massa d’acqua (neve e ghiaccio) accumulatasi in un anno venga restituita al mare completamente o solo in parte, oppure se giunga in mare una quantità d’acqua superiore a quella ricevuta. Ogni disequilibrio, anche se modesto, del bilancio di massa dell’Antartide potrà avere un impatto sostanziale sul livello del mare globale e rappresentare quindi una variabile dominante nelle previsioni future. Collocata nell’ambito del progetto scientifico "Bilancio di massa superficiale dell'area di drenaggio di Dome-C", finanziato dal PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) e dal Progetto ITASE (International Trans-Antarctic Scientific Expedition), la presente ricerca di dottorato si propone quindi di: • incrementare i dati sulla variazione spaziale e temporale dell’accumulo nevoso, che consentiranno di diminuire le incertezze sul ruolo dell’Antartide rispetto alle variazioni del livello marino globale; • ricostruire le variazioni climatico - ambientali degli ultimi 150 anni; • fornire nuovi dati isotopici per la validazione dei modelli climatici; • definire le influenze delle “Teleconnections” atmosferiche sul clima antartico per migliorare l’interpretazione dei dati di temperatura ed accumulo desunti dalle carote di ghiaccio. I profili degli isotopi stabili e dell’analisi dell’attività tritio, delle carote di nevato e ghiaccio dell’Antartide vengono usati per valutare in modo efficace sia le variazioni di temperatura del passato che i cambiamenti del tasso d’accumulo. Inoltre, i dati ottenuti da tali analisi sono fondamentali pure per convalidare i modelli applicati all’Antartide. In questa ricerca di dottorato, applicando le metodologie della geochimica isotopica alle carote di nevato prelevate nell’area del bacino di drenaggio di Dome C (Antartide orientale) durante le campagne antartiche 2001 - 02 e 2002 – 03, è stata stimata la variazione spaziale dell’accumulo nevoso mediante l’analisi dell’attività tritio. I risultati ottenuti sono in buon accordo con i dati pregressi della medesima area, evidenziando valori maggiori dell’accumulo nella fascia costiera, compresi tra 200 e 400 mm w.eq. a-1, valori intermedi tra 60 e 90 mm w.eq. a-1 nella fascia altitudinale dei 2000 - 2200 m, per arrivare ai bassi valori per la parte più interna del plateau di 25 - 30 mm w.eq. a-1. Inoltre, la fascia costiera dell’area prospiciente il Mare di Ross (Baia Terra Nova) è caratterizzata, a parità di quota, da valori minori dell’accumulo rispetto l’area della Terra Giorgio V. Quindi questi nuovi dati contribuiscono ad aumentare le conoscenze sulla variazione spaziale e temporale del tasso d’accumulo nel bacino di drenaggio di Dome C. Per di più, una maggior disponibilità di dati in situ è necessaria per calibrare in modo adeguato i modelli matematici che sempre più spesso vengono utilizzati negli studi antartici. La caratterizzazione delle precipitazioni dell’area presa in esame è stata possibile grazie allo studio isotopico (18O, D e d) di due carote provenienti da siti costieri ad accumulo elevato (GV7 e WL3). La comprensione delle diverse modalità della circolazione atmosferica (ENSO, SAM ecc…) ed il confronto di queste con i profili isotopici ottenuti, ha permesso di definire le influenze di queste “Teleconnections” atmosferiche sul clima del settore antartico oggetto di questo studio. Si è notata una maggiore influenza dell’indice SAM rispetto al El Niño sulla variabilità della composizione isotopica (18O e D), nonché un legame fra i valori dell’eccesso di deuterio e la maggiore o minore estensione del ghiaccio marino riconducibile, a sua volta, ai principali “modi” di circolazione atmosferica (SAM e SOI).1300 2854 - PublicationIl contributo dei dati sismici per la valutazione delle risorse idriche e geotermiche della pianura friulana(Università degli studi di Trieste, 2008-04-28)
;Barison, Erika ;Masetti, DanieleNicolich, RinaldoL’attività di ricerca svolta in questi tre anni di dottorato ha coperto vari campi d’interesse nell’ambito della geologia e della geofisica con l’acquisizione, elaborazione ed interpretazione di dati sismici a riflessione ad alta risoluzione e l’applicazione alle ricostruzioni stratigrafiche per studi idrogeologici. I dati preesistenti da cui si è partiti sono state la “Mappa del Tetto dei Carbonati” e la “Mappa delle Isobate del Quaternario”, presentate all’interno del quaderno “Carta del Sottosuolo della Pianura Friulana” e realizzate dal DICA nel 2004 (Nicolich et al., 2004). Esso contiene anche cinque sezioni geologiche, derivate dall’interpretazione e conversione in profondità di linee sismiche, che attraversano la Pianura Friulana e Veneta orientale, e le stratigrafie dei pozzi per ricerche di idrocarburi presenti nel territorio. Queste mappe sono state riviste e corrette attraverso una serie di nuovo dati acquisiti nel corso di questi tre anni. Il primo passo è stato l’acquisizione di 8 km di linee sismiche a riflessione ad alta risoluzione, distribuite nei territori dei comuni di Aquileia (una linea lunga 4 km) e Grado (tre linee, per un totale di 4 km). Le linee sismiche hanno permesso di vedere in dettaglio la struttura del sottosuolo nell’area in studio. Le linee acquisite a Grado, inoltre, sono servite per posizionare il pozzo Grado-1. Con gli stessi criteri usati per l’interpretazione di queste linee sismiche è stata rivista la linea sismica ad alta risoluzione realizzata precedentemente dal DICA nel settore occidentale, nel territorio del comune di Precenicco. Successivamente sono state interpretate le linee sismiche a riflessione ad alta e altissima risoluzione, acquisite dall’OGS nel Golfo di Trieste e nelle Lagune di Marano e Grado. Tutti questi dati, una volta convertiti in profondità, hanno fornito le informazioni necessarie per l’estensione in mare delle due mappe prima citate. Lo scopo di questo lavoro è stato la definizione delle risorse geotermiche nel sottosuolo della Bassa Pianura Friulana. Per raggiungere questo obiettivo sono stati raccolti ed analizzati i dati da pozzo per ricerche idriche più affidabili presenti nella Bassa Pianura Friulana. In particolare sono state correlate le stratigrafie di 142 pozzi e, mediante l’utilizzo di un opportuno software commerciale (Rockworks), sono state identificati e definiti i sistemi di acquiferi di interesse geotermico esistenti nel sottosuolo, anche grazie all’ausilio di analisi geochimiche ed isotopiche effettuate dal gruppo di lavoro in pozzi scelti per un monitoraggio su lunghi tempi. La sequenza degli acquiferi è stata anche riportata sulle linee sismiche ad alta risoluzione acquisite a terra con il riconoscimento degli orizzonti riflettivi corrispondenti. Il risultato è stato illustrato con sezioni stratigrafiche 2D e successivi modelli interpretativi che mostrano estensione e spessori degli acquiferi, mappati in profondità con i corrispondenti valori di temperatura delle acque. Un lavoro analogo a quello svolto per i profili a terra e a mare nella Bassa Pianura e nel Golfo di Trieste, ovvero interpretazione e conversione in profondità dei dati, è stato eseguito per altre linee sismiche, acquisite preminentemente nell’Alta Pianura Friulana alla fine degli anni ’70 dall’Agip, concesse dalla stessa per tempi di riflessione fino a 1,5 s TWT, e ri-processate dall’OGS, su incarico della RAFVG, per recuperare dati più prossimi alla superficie con obiettivo applicazioni idrogeologiche. Le linee, interpretate sulla base delle conoscenze geologiche attuali e convertite in profondità, oltre a fornire le informazioni necessarie per il controllo e una migliore definizione delle Isobate del Tetto dei Carbonati e delle Isopache del Quaternario, mettono in evidenza le strutture geologiche del sottosuolo della pianura friulana, identificando la catena dinarica sepolta e le deformazioni sud-alpine. Le immagini chiariscono anche l’evoluzione delle strutturazioni tettoniche e delle sequenze deposizionali, con delimitazione dei riempimenti con i Flysch dinarici, con le sequenze mioceniche legate all’avanzamento delle unità sud-alpine, a partire dalla formazione indicata come Gruppo della Cavanella. Più in superficie è stata esaminata l’evoluzione delle sequenze plio-quaternarie con una migliore precisazione delle formazioni che costituiscono la base dei depositi dql Quaternario: substrato occupato dai carbonati mesozoici, dal Flysch eocenico, dalle molasse del Miocene e infine l’estensione del bacino di deposizione delle sequenze plioceniche.1721 10315 - PublicationMetodologie geofisiche integrate ed esperimenti di analogue modelling per lo studio e la correlazione terra-mare della faglia nord anatolica.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-28)
;Sugan, Monica ;Pipan, MicheleForte, EmanueleL'importanza di un modello geologico-strutturale condiviso dalla comunità scientifica relativo alla Faglia Nord Anatolica (FNA) è essenziale sia per la formulazione dei modelli di stima del rischio sismico che per la formulazione dell’evoluzione tettonica dell’area. Tuttavia, i numerosi studi finora pubblicati nella letteratura internazionale non forniscono una soluzione certa e condivisa ai problemi che riguardano la relazione tra il bacino del Mare di Marmara e la FNA, le modalità di segmentazione e l’età stessa della faglia. In questo Lavoro, lo studio della FNA è stato approfondito per l’area del Bacino di Cinarcik, nel Mare di Marmara e la zona della Penisola di Hersek, nel Golfo di Izmit. Lo scopo della Tesi è di ricostruire il quadro geologico-strutturale nella porzione della FNA collocata presso la Penisola di Hersek, tramite la correlazione dei dati geologici/geofisici acquisiti a terra e a mare, e di contribuire alla definizione del modello tettonico della FNA nel Bacino di Cinarcik, tramite la realizzazione di esperimenti di analogue modelling 2D e 3D. Gli esperimenti di analogue modelling sono stati condotti simulando un regime prevalentemente transtensivo, considerando che il Mare di Marmara si trova in una zona di transizione tra un regime trascorrente puro, che caratterizza la FNA ad Est, e un regime prettamente distensivo ad Ovest, nel Mare Egeo. Gli esperimenti, che simulano transtensione e step-over della faglia a diverso angolo, dimostrano che i bacini di pull-apart sono caratterizzati da una subsidenza che interessa l’intero centro del bacino, dalla presenza di faglie en-echelon che bordano i margini del bacino e che tendono a riunirsi all’aumentare della dislocazione orizzontale e che le Principal Displacement Zone (PDZ) presentano graben superficiali, la cui origine è legata proprio alla componente estensionale del sistema. All’aumentare della dislocazione orizzontale la PDZ diventa più ampia mentre nel bacino si genera una faglia trascorrente che collega i margini delle PDZ. L’analisi delle pendenze dei margini dei bacini ha evidenziato un generale aumento della pendenza dei piani di faglia all’aumentare della dislocazione orizzontale. I dati 3D hanno permesso di riconoscere l’evoluzione delle faglie e l’asimmetria dei bacini, caratterizzati da una tipica forma a “V” o “U” per le sezioni considerate. I risultati dei modelli sono stati confrontati con i dati disponibili in letteratura relativi al Bacino di Cinarcik. In particolare sono state valutate la similitudine geometrica sia in pianta che in sezione, la congruenza tra gli stili deformativi e l’assetto strutturale generale. Il modello con componente transtensiva (5°) e step-over a 45°, dopo 5-8 cm di spostamento orizzontale, ha generato un bacino di pull-apart con caratteristiche simili, alla scala 10-5, a quelle riportate in letteratura per il Bacino di Cinarcik. La stima della deformazione orizzontale necessaria alla formazione di un bacino di pull-apart con le caratteristiche del Bacino di Cinarcik, ha permesso di stimare l’età della FNA in quest’area, pari a circa 210.000 – 330.000 anni, ottenuta assumendo dalla letteratura una velocità di spostamento tra le placche pari a 24 mm/a. I profili sismici, acquisiti a terra presso la Penisola di Hersek, hanno permesso di evidenziare distintamente delle strutture compressive nel settore settentrionale della penisola, compatibili con un andamento E-O della FNA ed un bending di 7°-8° in quest’area. Le simulazioni numeriche della deformazione, realizzate per valutare la consistenza tra la morfologia individuata a terra e a mare, le strutture subsuperficiali ricostruite dai dati geofisici ed i modelli evolutivi proposti sulla base dell’interpretazione integrata dei dati geologici e geofisici, hanno mostrato la consistenza del modello proposto. L’interpretazione dei dati geomorfologici, geologico-geofisici, i risultati delle simulazioni numeriche, nonché le conoscenze acquisite sull’evoluzione dei sistemi trascorrenti attraverso la realizzazione degli esperimenti di analogue modelling, hanno permesso di formulare un’ipotesi evolutiva della Penisola di Hersek a partire dal Pleistocene. Secondo tale ipotesi l’attuale penisola è il risultato di un sistema complesso, costituito dalla congiunzione tra il delta del fiume Yalakdere a Sud ed un seamount a Nord, ora rappresentato dall’alto strutturale della collina di Dedeler. In particolare, il paleo-fiume Yalakdere avrebbe iniziato la progradazione verso Nord 200.000 anni or sono, in seguito all’innalzamento della Penisola di Armutlu e dell’apertura dei Bacini Occidentale, Centrale ed Orientale, quali bacini di pull-apart. Durante il Pleistocene ha iniziato a svilupparsi una faglia con andamento a grande scala E-O. Nella zona di Hersek la faglia ha formato un restraining bending di circa 7°-8° che ha provocato innalzamento a Nord della faglia e abbassamento a Sud-Est. A Ovest di Hersek il movimento trascorrente principale è stato accomodato dal nuovo ramo settentrionale principale della faglia (85-90%), mentre la deformazione è stata accomodata a Sud da più rami con la formazione di aree di traspressione e alti strutturali. Anche la zona a Nord del ramo principale della faglia in corrispondenza del punto di massima curvatura (bending) ha subito un sollevamento, che ha la sua attuale espressione morfologica nella collina di Dedeler. Il fiume Yalakdere ha poi accresciuto il suo delta fino a raggiungere tale struttura che nel frattempo tendeva, oltre che a sollevarsi, a spostarsi verso Est a causa del movimento trascorrente destro della FNA.1536 2129 - PublicationGas hydrate occurrence and Morpho-structures along Chilean margin(Università degli studi di Trieste, 2009-04-27)
;Vargas Cordero, Ivan De La Cruz ;Fanucci, Francesco ;Fanucci, FrancescoTinivella, UmbertaDuring the last decades, the scientific community spent many efforts to study the gas hydrates in oceanic and permafrost environments. In fact, the gas hydrate occurrence has a global significance because of the potential energy resource represented by the large amount of hydrocarbon trapped in the hydrate phase. Moreover, it may play a role in global climate change, and it is also study because of the hazard that accumulations of gas hydrate may cause to drilling and seabed installations. In seismic data, the base of the gas hydrate presence is detected by a strong reflector, called BSR. Along the Chilean continental margin, in the last decades the BSR is well reported by several geophysical cruises. In particular, the BSR is recognized along the accretionary prism. An important aspect related to the gas hydrates is the estimate of gas concentration in the pore space by using seismic data. In fact, both compressional and shear wave velocities provide information about the presence of gas hydrate and free gas in marine sediments. A quantitative estimate of gas hydrate and free gas concentrations can be obtained by fitting the theoretical velocity to the experimental velocity. For this purpose, in this Thesis several seismic data are analyzed in order to detect, quantify and explain the gas hydrate presence in this region. Frontal and basal accretions were identified by interpreting six post-stack time migrated sections, which across the entire margin (continental shelf, continental slope, oceanic trench and oceanic crust). The trench infill southwards of Juan Fernandez Ridge is characterized by a succession of reflectors with high and low amplitude associated to turbidites. A thinner bed (0.3 s) was recognized in correspondence to the accretionary prism characterized by several morphological highs. These morphological highs were associated to different accretional stages. On the contrary, a thicker bed (0.8 s) was recognized in correspondence to an uplifted accretionary prism characterized by a smoother topography. Basal and frontal accretions can be related to the morpho-structures recognized in this part of the Chilean margin. Negative and positive flower structures can help to explain the deformational variability of the Chilean margin, because negative flowers structures are associated to transtensional domain, where the continental slope morphology is characterized by normal faults, submarine erosive channels and slump heads. Positive flower structures, instead, are associated to transpresional domain and could explain the presence of older re-activated thrusts, slightly deformed slope basins. Moreover a strike-slip component affecting the oceanic crust, can also involve the continental margin, in fact on the continental slope, positive and negative flower structures can be associated to strike-slip faults parallel to the coast or to Riedel shear. The BSR is an important indicator of gas hydrate and free gas presence and we performed a processing to enhance its presence. In all analysed sections, the BSR was recognized in correspondence to an ancient accretionary prism with different seismic characteristics along the margin. A strong and continuous BSR was recognized in the northern sector (offshore Itata) and southern sector (offshore Coyhaique), while a discontinuous and weak BSR was recognized in the central Chile (offshore Arauco and Valdivia). In order to quantify the gas-phase, an advanced processing was performed. Two portions of sections were selected of about 20 km length. The first one is located in the central part (offshore Arauco) and another one is located in the southernmost part (offshore Coyhaique). In the Coyhaique offshore, the seismic section evidences the presence of a structural high that acts as structural trap for the gas and the fluid upwards migrating. Here, the BSR depth varies from 250 mbsf (in the middle of the accretionary prism) to 130 mbsf (in the structural high), reaching its maximum (330 mbsf) in the fore-arc basin. This depth variability is partially due to the different water depth and partially to the variable geothermal gradient, which varies from 35 to 95° C/km, caused by fluid migration that modifies the gas hydrate stability field. In the Arauco offshore, the BSR is strong and continuous only in a limited area, where it is possible suppose that the fluid is accumulated below the gas hydrate layer and, somewhere, the fluid reaches the seafloor. In this area, the BSR depth reaches 500 mbsf. Here, the higher BSR depth with respect to offshore Coyhaique can be justified by the high water depth and the presence of a lower geothermal gradient (about 30° C/km). The results allowed us to recognize a high (2200 m/s) and low (1270 m/s) velocity layers associated to gas hydrate and free gas presence respectively. The highest gas hydrates and free gas concentrations were detected in the Coyhaique offshore (at 44.5 °S) with an average of 12% and 1% of total volume respectively. By using the instantaneous amplitude, in particular using the BSR/seafloor ratio, it is possible conclude that the section located northernmost in offshore Itata (close to 36 °S; RC2901-728 section), can be considered an interesting reservoir of gas hydrates and free gas, because of the high estimated values of the BSR/seafloor ratio (>0.5). This study suggests that the gas hydrate can play an important role in this part of the Chilean margin for two main reasons. The first one is related to the potentiality of the hydrate reservoir. In fact, the local high concentrations of both hydrate and free gas, as suggested by previous and our studies, could be considered as a future energy resources. The second one is related to the important geo-hazard related to the gas hydrate destabilization. For example, high amount of the free gas, presumably in overpressure condition (Coyhaique offshore), could be naturally released and trigger submarine slides, inducing hydrate instability. Moreover, a possible strong earthquake could generate anomalous sea waves, which could affect at vicinity coast, inducing the gas hydrate destabilization.1517 2133 - PublicationIntegrazione di metodologie geofisiche, geomorfologiche, sedimentologiche e geochimiche, per la definizione della genesi e dell'età degli affioramenti rocciosi presenti sul fondale marino dell'Adriatico settentrionale(Università degli studi di Trieste, 2009-04-27)
;Gordini, Emiliano ;Marocco, Ruggero ;Marocco, Ruggero ;Vazzoler, Marina ;Tunis, GiorgioRamella, RiccardoDa molti anni i fondali marini dell’Adriatico Settentrionale sono oggetto di interesse scientifico. Si annoverano studi accademici già dal 1792 ma solamente dalla seconda metà degli anni sessanta, grazie agli studi geologici, geofisici e geomorfologici, intrapresi da alcuni ricercatori è stato possibile evidenziare che i fondali marini del Golfo di Venezia unitamente al Golfo di Trieste sono prevalentemente sabbioso-limosi e monotoni dal punto di vista morfologico e delle forme di vita animali e vegetali. Questa monocorde caratteristica del fondo dell’alto Adriatico viene interrotta solamente dalla presenza di elevazioni a substrato roccioso denominate localmente Grebeni, Trezze, Tegnùe e Scagni. I risultati di questo dottorato di ricerca hanno permesso, attraverso l’integrazione di acquisizioni geofisiche, campionamenti diretti in situ, registrazioni video e fotografiche, misure in laboratorio, di ampliare il quadro delle conoscenze acquisite fino ad ora sugli affioramenti rocciosi presenti nel fondale marino dell’alto Adriatico, e di aggiungere nuove indicazioni sull’età dei depositi cementati e sui processi diagenetici che hanno portato alla loro formazione. Dall’attività di studio morfo-batimetrico e sismostratigrafico è stato possibile trarre una prima considerazione sulla distribuzione, numero e forma degli affioramenti segnalati facendo emergere che il loro numero è diseguale nel Golfo di Venezia rispetto a quello di Trieste, con i primi di gran lunga superiori ai secondi, e che questi si presentano in entrambi i golfi eccezionalmente in forma solitaria, normalmente in gruppi di affioramenti di densità variabile da 0,5 sino a 3,25 affioramenti per km2. Dalla tipologia di questi raggruppamenti è stato possibile distinguere quelli a gruppo puntuale, quelli a gruppo allineato ed infine, quelli a gruppo frastagliato. Si è cercato infine di verificare se esistesse un rapporto tra forma di affioramento e processo genetico; è emerso che almeno al momento non si sono riscontrate relazione univoche tra forma e processi diagenetici. Questi avvengono su depositi di ambiente continentale, oppure marino con caratteri molto simili, dove il tipo di deposito sembra essere responsabile solamente di un eventuale effetto accumulo o influenzante il regime di flusso del gas attraverso i sedimenti portando ad una maggiore concentrazione di emanazioni gasose e dunque all’instaurarsi di processi di precipitazione di carbonato di calcio, tipici delle aree di seepage, lungo aree preferenziali. L’indagine sull’immediato sottofondo marino ha messo in evidenza da un lato lo scarso radicamento degli affioramenti nella coltre sedimentaria e dall’altro la presenza di numerose sacche di gas nell’immediate vicinanze degli affioramenti. Lo studio delle sezioni sottili di roccia realizzato con microscopio petrografico ed elettronico in dispersione di energia, ha portato all’individuazione di cementi riconducibili ad una precipitazione avvenuta prevalentemente in ambienti francamente marini subtidali o al limite della fascia più profonda intertidale, mentre in alcuni casi, il cemento è risultato talmente scarso da non permettere alcuna interpretazione. Confrontando i cementi aragonitici a struttura aciculare e/o fibroso raggiata individuati in alcune rocce dell’ alto Adriatico con quelli osservati in lastre carbonatiche campionate all’interno di alcuni pockmarks presenti al largo delle coste norvegesi è evidente una forte similitudine morfologica. In tal senso risulta rafforzata una genesi legata alla fuoriuscita di gas metano originatosi per la combinazione di processi di ossidazione anaerobica e solforiduzione batterica della sostanza organica presente nei sedimenti sottostanti. Dalle analisi isotopiche è emersa la conferma di quanto dedotto dalla semplice forma dei cementi. E’ risultato che il rapporto isotopico del carbonio dei campioni bulk analizzati (frazione detritica + bioclastica) si colloca in un intervallo compreso tra -26,30 / -10,28 ‰ , mentre sono risultati valori nettamente più negativi per quanto riguarda i soli campioni di cemento accuratamente prelevato al microscopio (intervallo compreso tra -49,8 / -38,0 ‰). Infine sono state condotte analisi 14C su due campioni di cemento aragonitico e su tre bioclasti inglobati sulla roccia cementata. E’ risultato che la probabile età delle torbe da cui è iniziato il processo di metanogenesi è compatibile con l’età dei cementi analizzati, che risulta variabile da 15.940 a 21.700 anni B.P., come d’altra parte supposto in altri lavori, mentre la cementazione è avvenuta in lassi di tempo inferiori da 8.220 a 4.990 anni B. P. e si è realizzata in tempi probabilmente recenti e tutt’oggi in atto. A conclusione di questo dottorato è possibile evidenziare che è stata raggiunta una esaustiva conoscenza degli affioramenti rocciosi presenti nel fondale marino dell’alto Adriatico, definendo dettagliatamente la loro diffusione, e per alcuni la loro genesi ed età. E’ stata accertata la formazione metanogenica di alcuni di questi litosomi e la loro formazione in ambiente marino. Per altri affioramenti questa definizione non è stata possibile a causa della scarsità di materiale reperibile per analisi ottiche ed isotopiche. E’ stata accertata per questi litosomi l’età olocenica della loro cementazione; rimane comunque, da accertare se questo tipo di genesi sia la sola responsabile delle migliaia di rocce sottomarine individuate, o se questa sia solamente quella preponderante su altre tipologie, attualmente non confermate. Per ultimo ma non meno importante, va sottolineato che anche in relazione a questo dottorato di ricerca si assiste oggi ad una maggior attenzione della classe politica locale e nazionale al problema della gestione e della difesa di questi particolari geo-biositi che oltretutto possono essere utilizzati e valorizzati come aree di ripopolamento bentonico e nectonico e che recentemente sono stati censiti come probabili aree SIC.1429 4236 - PublicationStudio geofisico integrato ad alta risoluzione dei depositi marini e della struttura del substrato della riviera di Miramare (Golfo di Trieste)(Università degli studi di Trieste, 2009-04-27)
;Romeo, Roberto ;Pipan, Michele ;Pipan, MicheleBusetti, MarinaL’obiettivo della presente tesi di Dottarato è lo studio della sequenza sedimentaria marina e continentale e del substrato di Flysch sottostante, presente nella Riviera di Miramare (Golfo di Trieste) al fine di comprendere l’evoluzione deposizionale e tettonica dell’area. A tale scopo è stato eseguito uno studio geofisico integrato con cinque metologie geofisiche marine ad alta risoluzione, due di tipo sismico e tre di tipo Sonar: 1. Sub-bottom profiler Boomer; 2. Sub-bottom profiler CHIRP; 3. Singlebeam Echosaunder (SBES); 4. Multibeam Echosounder (MBES); 5. Side Scan Sonar (SSS). I rilievi sub-bottom profiler Boomer e CHIRP hanno fornito le informazioni necessarie per l’interpretazione del basamento acustico costituito dal Flysch eocenico, con da morfologia caratterizzata da scarpate e piattaforme costiere di origine tettonica ed erosione marina, le strutture tettoniche principali, e dei sedimenti marini e continentali quaternari, con strutture progradanti HST oloceniche e pleistoceniche, depositi fluviali e canali sepolti ricollegabili ad una rete idrica superficiale. I rilievi Sonar Singlebeam, Multibeam e Side Scan Sonar, ad alta frequenza, hanno permesso di rilevare la batimetria e la morfologia dei fondali marini antistanti la riviera di Miramare e Barcola, all’interno della Riserva Naturale Marina di Miramare. E’ stata realizzato un modello tridimensionale digitale del fondo mare e una cartografia tematica ove sono riportate le batimetrie con isobate a 1 m, le morfologie rocciose sub-affioranti, la tessitura dei depositi sedimentari e le forme di fondo, inoltre alcune praterie di fanerogame, ormeggi, relitti e condotte sottomarine. Nel Capitolo 1 – Introduzione è esposto il tema della Ricerca di Dottorato in Scienze Ambientali, sono descritti i principali obiettivi del lavoro e una sintesi dello stato dell’arte sul tema proposto. Nel Capitolo 2 - Inquadramento geologico e studi precedenti sono presentate una descrizione generale del Golfo di Trieste, con le caratteristiche delle coste, la batimetria e la geomorfologia del fondale marino, il mare (correnti e clima), la geologia della Provincia di Trieste (la Formazione dei Calcari del Carso Triestino e la Formazione del Flysch di Trieste), i depositi recenti continentali e marini, datazioni di sedimenti recenti, gli studi geofisici marini precedenti, gli aspetti strutturali, una ricostruzione paleogeografica generale, la sismicità, i sondaggi geognostici presenti in bibliografia ed utilizzati nella taratura sismo-stratigrafica e nella conversione tempi in profondità dei profili sismici, un inquadramento topografico dell’area oggetto di studio e la descrizione del Parco WWF della Riserva Naturale Marina di Miramare. Nel Capitolo 3 - Acquisizione dati sismici e morfo-batimetrici sono descritte le imbarcazioni utilizzate nei rilievi geofisici, il sistema di riferimento adottato, le metodologie adottate, la strumentazione utilizzata, ed i rilievi relativi ad ogni metodologia ad alta risoluzione che è stata esaminata nel lavoro di dottorato. Nel Capitolo 4 - Elaborazione dati e conversione tempi-profondità vengono descritte le procedure per l’elaborazione dei dati geofisici digitali, suddivisi per paragrafi separati per ogni metodologia utilizzata, i sistemi di taratura e le operazioni per la conversione della scala verticale da tempi (TWT two way time) in profondità metrica con l’ausilio delle stratigrafie dei sondaggi geognostici. Il Capitolo 5 - Interpretazione geologica e geomorfologia: risultati e discussione comincia con una valutazione qualitativa fra la metodologia sub-bottom Boomer e quella Chirp. Si prosegue con l’interpretazione sismostratigrafica delle sezioni sismiche Boomer, valutate con miglior risoluzione e maggior penetrazione investigativa. E’ stato interpretato il basamento acustico in Flysch caratterizzato da una serie di scarpate e piattaforme di origine erosiva e tettonica, e in prossimità della costa da faglie inverse relative alla struttura dinarica. E’stata interpretata la successione di depositi sedimentari Quaternari, distinta in diverse facies acustiche separate da orizzonti significativi, in cui sono stati riconosciuti il piano di emersione riferibile al massimo glaciale würmiano e i soprastanti deposti marini olocenici con il cuneo progradante di stazionamento alto, e la correlazione di un cuneo progradante a profondità compresa fra 45 e 50 metri, relativo allo stazionamento alto probabilmente della base Pleistocene Superiore (125.000 anni fa), datate attraverso la correlazione con datazioni dei sedimenti nel Golfo di Trieste e mediante l’utilizzo delle curve eustatiche. Segue l’interpretazione batimetrica e geomorfologica dell’area di Miramare e Cedas, con la descrizione del DTM generato dai dati Multibeam e con la descrizione degli elementi riconosciuti nei rilievi Side Scan Sonar, con la mappatura del substrato roccioso sub-affiorante e di blocchi isolati, la tessitura dei sedimenti e delle forme di fondo, la mappatura di facies biologiche delle praterie di fanerogame, ormeggi, relitti e condotte sottomarine. Nel Capitolo 6 – Conclusioni vengono sintetizzate le metodologiche utilizzate, evidenziando i metodi di elaborazione del dato per migliorare la risoluzione, ed i risultati dell’interpretazione che ha permesso la ricostruzione dell’evoluzione del Pleistocene Superiore e dell’Olocene nell’area di studio. Viene infine descritta in un modello tridimensionale una sintesi dei risultati della Ricerca di Dottorato.2803 5406 - PublicationWave propagation in three-dimensional anelastic media: the modal summation method in the WKBJ-approximation(Università degli studi di Trieste, 2009-04-27)
;La Mura, CristinaPanza, GiulianoIn this thesis a new methodology for computing synthetic seismograms, complete of the main direct, refracted, converted phases and surface waves, in three – dimensional anelastic lateral heterogeneous media is presented. It is based on the combination of the Modal Summation technique with the Asymptotic Ray Theory. The three – dimensional models are determined by a set of vertically heterogeneous sections (1D structures) that are juxtaposed on a regular grid. The distribution of these sections in the grid is done in such a way to satisfy the condition of applicability of the WKBJ – approximation, i.e. the lateral variation of all the elastic parameters has to be small with respect to the prevailing wavelength. In each knot of the grid a vertically heterogeneous section is located, hence, the values of the phase velocities, of the phase attenuation and of the group velocities are assigned once and for all. Inside the grid the source and the receiver are located, assigning their coordinates by means of a Cartesian reference system introduced in the grid itself. By this way a vertically heterogeneous structure, hence one-dimensional structure, is associated to the source and another to the receiver. The eigenfunctions of these two structures do contribute to the seismogram. The computational scheme is based, besides on the WKBJ - approximation for weak lateral heterogeneities, on the two point ray – tracing algorithm, by means of the bi - dimensional shooting method. It can be summarized as follows: at first the ray connecting two points, the source and the receiver, is computed solving the Cauchy problem for the system of ordinary differential equations governing the phenomenon of the evolution of the ray itself; the system is solved employing the numerical fourth – order Runge – Kutta method. Once the ray is determined, the attenuation is computed along it, solving, once again using the fourth – order Runge – Kutta method, the Cauchy problem for a system of ordinary differential equations that is made up of four equations: three equations for the ray and one equation governing the evolution of the attenuation along the ray itself. Finally, the geometrical spreading is computed considering two more rays that leave the source with an azimuth that is determined increasing and decreasing the azimuth of the characteristic curve of the ray – tracing system (the true ray) by a fixed quantity. The thesis is divided in two main parts, the first contains a theoretical treatment of the above mentioned arguments, so it opens with a brief summary about the generation of synthetic seismograms in one-dimensional structures by mean of the Modal Summation technique and goes on with the introduction of the WKBJ – approximation for treating the lateral heterogeneities. Then, there is the presentation of the numerical procedure used in this work. The second part is devoted to the validation of the new method, so the simulations executed to this aim are shown. It is very important to stress that the computational codes used in this work are still under development. They will be used for verifying and optimizing the results up to now obtained, both in terms of seismic sources and in terms of structural models, in region of the Scotia Arc.1690 2487 - PublicationThe Structural Model of the Lithosphere-asthenosphere System in the Qinghai-Tibet and its adjacent Areas from Surface Wave Tomography(Università degli studi di Trieste, 2010-03-29)
;Zhang, Xuemei ;Panza, Giuliano ;Teng, JiwenRomanelli, FabioThe Qinghai-Tibet Plateau lies at the continent-continent collision between the Indian and Eurasian plates. Because of their interaction the shallow and deep structures are very complicated with different tectonic units. The force system forming the tectonic patterns and driving tectonic movements is exerted together by the deep part of the lithosphere and the asthenosphere. In the recent decades, many deep explorations have been performed and a series of important results about the collision models of Indian and Eurasian plates and their deep structures have been gained, but the studies on the fine structure of the lithosphere-asthenosphere system are still a few. In order to get knowledge about their formation and evolution, dynamic process, layers coupling and exchange of material and energy, it is important to study the 3-D velocity structures, the material properties and physical state of the lithosphere-asthenosphere system. Based on the Rayleigh wave dispersion theory, we study the 3-D velocity structures, including the crust, of the lithosphere-asthenosphere system in the Qinghai-Tibet Plateau and its adjacent areas. In the study area (20ºN - 50ºN, 70ºE - 110ºE) we collect long period and broad-band seismic data from the global and regional seismic networks surrounding the area: G (Geoscope), IC (NCDSN) , II/IU (GSN), KZ (Kazakhstan), XA (Bhutan), XR (INDEPTH II&III), YA (2003MIT-China), and YL (Himalayan Nepal Tibet Experiment) during the period of 1966-2007. After making instrumental correction and proper band-pass filtering, group velocities dispersion of fundamental mode of Rayleigh waves are measured using the frequency-time analysis (FTAN). Cluster averaging is applied to similar ray paths and, in such a way, a set of dispersion curves, in the period range from 8 s to 150 s is obtained along 791 paths. A 2-Dsurface-wave tomography method capable to evaluate the average lateral resolution, proposed by Yanovskaya, is applied to calculate the lateral variations in the group velocity distribution at the different periods. The lateral heterogeneity resolution has been estimated to be about 200 km in most of the study area. To be consistent with the resolution level, the group velocity maps, at different periods, are discretized in cells of 2o×2o. The most conspicuous low group velocity anomaly, in the period range from 25 s to 40 s appears in whole Qinghai-Tibet Plateau, while the Indian Plate and the Yangtze craton are characterized by high group velocity anomalies. At the intermediate periods (50 - 80 s) the most dominant feature is the NW-SE directed low velocity anomaly in the Qinghai-Tibet Plateau. At the long ii periods the velocity anomaly is comparable with the anomaly at the lower periods. The determination of the shear-wave velocity distribution versus depth from a surface wave dispersion curve is a severely non-linear problem. The non-linear Hedgehog inversion method (Panza, 1981) is applied to the surface wave tomography cellular dispersion curves to obtain shear wave velocity-depth models of the crust and upper mantle. The non-linear inversion does not depend upon the initial model. Since the Hedgehog is a non-linear procedure, the inversion is multi-valued, i.e., a set of equally probable model is accepted, which is consistent, within the chosen parametrization, with the experimental errors. An ensemble of acceptable models is found and in order to summarize and define the geological meaning of the results, it is often necessary to identify a representative model. Physical and mathematical reasons can be used to define the criteria that allow us to select a unique solutions. The Local Smoothness Optimization (LSO) (Panza et al., 2007;Boyadzhiev et al., 2008) fixes the solution as the one which minimizes the norm between neighbouring cells. Applying the first iteration of LSO, the Starting Cell (SC) is chosen such that satisfies the analogous objective criterion: the cell with the minimal divergence between the accepted solutions. Staring from the SC, the LSO takes, as representative model, the solution that has the smallest distance (difference in the velocity) in l2 with respect to the models of the neighbouring cells. The LSO method is a smoothness criteria, which can avoid the introduction of heterogeneities that can arise from a subjective choice. However, in the Qinghai-Tibet Plateau and its vicinity, the heterogeneity is too severe to apply LSO to the whole study area, because its deep structure is very complicated. It is appropriate to obtain representative models by LSO method in local regions, each with different starting cell (SC). Since the Hedgehog non-linear inversion and the local smoothing algorithm provide us only a mathematical solution, the representative models are chosen, considering a priori geophysical and geological information. The top and bottom of the lithosphere and asthenosphere are recognized from the velocity values and velocity contrast between the layers. These thicknesses are helpful to study the structural differences between the Qinghai-Tibet Plateau and its adjacent areas and among different geologic units of the plateau. Taking into account also previous investigations, the following conclusions are reached from the distributions of the S-wave velocities in the crust and the upper mantle and thicknesses of the crust, lithosphere and asthenosphere. (1) The crust is very thick in the Qinghai-Tibet Plateau, and varies from 60 km to iii 80 km. The lithospheric thickness in the Qinghai-Tibet Plateau is smaller (125-160 km) than in the adjacent areas. The asthenosphere is relatively thick, varies from 100 km to 200 km, and the thickest area lies in the western Qiangtang block (QT). India, located to the south of the Main Boundary thrust, has a thinner crust (32-42 km), a thicker lithosphere of 190 km and a rather thin asthenosphere of only about 80 km. Sichuan and Tarim basins have the crust thickness less than 50 km. Their lithospheres are thicker than the Qinghai-Tibet Plateau, and their asthenospheres are thinner. (2) The uppermost mantle of the Indian Plate is subducted almost horizontally beneath the Himalaya block (HM) and the Lhasa block (LS), and the subduction is delimited by the Bangong-Nujiang suture belt (BNS). The Indian lithospheric lid is also subducted with a large-angle beneath the Eurasian Plate before the Yalung-Zangbo suture belt (YZS). The low velocity lower crust and asthenosphere, detected in central Qinghai-Tibet Plateau, show that in the Qiangtang block (QT) the temperature is high, well in agreement with the active Cenozoic volcanism in the area. We also think that the underplating of the asthenosphere may thin the lithosphere and that the buoyancy might be the main mechanism of deep dynamics of the uplift of the Qinghai-Tibet hinterland. (3) Inside the plateau two blocks can be recognized, divided by an NNE striking boundary running between 90ºE ~ 92ºE. The shear-wave velocities of the crust and the thicknesses of the lithosphere and asthenosphere in the eastern Qinghai-Tibet Plateau are different from those in the western one. The width of the boundary between the eastern Qinghai-Tibet Plateau and the western one may be 2° ~ 3°. (4)The continental surface loss by the kinematic shortening is not compensated by the increment of the crust thickness due to the collision of Indian Plate and Eurasian Plate. Therefore we may deduce that the crustal material is laterally extruded along a channel between the Jinshajiang suture belt (JSJS) and Banggong-Nujiang suture belt (BNS), and rotated around the eastern Himalayan Syntaxes because of the obstacle of the Yangze block. The source of the lateral extrusion may be in the Qiangtang block (QT).1370 920