Scienze biologiche
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- PublicationAnalisi e modellazione di caratteristiche biogeochimiche ed ecologiche in acque costiere del Nord Adriatico(2007-05-30T06:13:54Z)
;BANDELJ, VINKOSOLIDORO, COSIMOIl presente lavoro di dottorato ha avuto come obiettivo l'identificazione e l'interpretazione di situazioni di riferimento e di relazioni tra caratteristiche abiotiche e caratteristiche biotiche in ambienti marini costieri, attraverso l'uso di metodi multivariati tradizionali e di metodi basati sulle reti neurali per la classificazione, l'analisi di gradiente e la modellazione di dati ambientali. Il crescente interesse per gli ambienti marini e in particolare per le aree costiere nasce dall'importanza che tali aree hanno per la vita dell'uomo, e dalla considerazione che esse sono soggette a molteplici impatti antropici che interagiscono con le grandi eterogeneità e variabilità intrinseche degli agenti forzanti naturali degli ambienti costieri. In particolare le aree costiere sono interessate da elevata densità abitativa, sono sede di attività portuali ed industriali, di attività di pesca ed acquacoltura e di attività turistiche. Le esigenze contrastanti di tali attività devono inoltre permettere una fruizione senza rischi delle aree marine costiere per attività di diporto e di tempo libero, e spesso tutto ciò è in contrasto con le esigenze di conservazione del loro valore naturalistico, paesaggistico, storico ed artistico. Per una corretta implementazione di politiche di conservazione biologica, gestione e recupero ambientale è dunque necessaria l'identificazione di situazioni di riferimento, e la descrizione della loro evoluzione nel tempo e nello spazio, contro di cui confrontare la situazione attuale o gli obiettivi di ripristino posti dalla legislazione. L'importanza di tale obiettivo è riconosciuta nell'ambito scientifico internazionale e recepita da recenti disposizioni legislative. In particolare la direttiva europea 2000/60/CE prevede che siano effettuate analisi delle caratteristiche dei diversi corpi d'acqua e che siano definite delle condizioni di riferimento tipiche specifiche per ognuno di essi. Gli elementi da considerare per le acque costiere e le acque di transizione per raggiungere tali obiettivi includono la composizione e le abbondanze delle popolazioni planctoniche e bentoniche, i parametri chimico-fisici e le condizioni morfologiche. Nel presente lavoro di ricerca sono stati analizzati dataset riferiti ad ambienti costieri e di transizione dell'Adriatico settentrionale. Secondo la disponibilità di dati, tali dataset contenevano variabili chimico-fisiche (p.es. temperatura, salinità, nutrienti), morfologiche (p.es. profondità), idrodinamiche (p.es. tempi di residenza) e biologiche (p.es. abbondanze planctoniche, ricoprimenti bentonici). L'obiettivo delle analisi sui dataset di parametri chimico-fisici è consistito nell'identificazione di masse d'acqua omogenee, che consiste nell'individuazione del numero delle masse d'acqua, nella descrizione delle loro caratteristiche in funzione delle variabili utilizzate, nella derivazione di una loro evoluzione spazio-temporale tipica, e nell'interpretazione della loro dinamica in funzione di fenomeni e forzanti noti. A tal fine sono stati utilizzati soprattutto metodi multivariati di ordinamento e clusterizzazione, quali k-means, Self-Organizing Map, fuzzy k-means. L'obiettivo dell'analisi su dati biologici era l'identificazione e la descrizione di biocenosi caratteristiche di una certa area e momento. I dati biologici erano riferiti ad organismi appartenenti ad un unico comparto trofico (p.es. autotrofi), oppure ad organismi di comparti trofici diversi. In generale, si è cercato di caratterizzare ogni biocenosi attraverso l'individuazione delle specie caratteristiche, cioè quelle che indicano il verificarsi di determinate condizioni ambientali, e delle specie dominanti, cioè quelle che maggiormente contribuiscono ai flussi di materia ed energia in ogni biocenosi. Un ulteriore obiettivo è stata la ricerca di relazioni tra biocenosi e variabili chimicofisiche e spazio-temporali, e l'interpretazione di tali relazioni secondo plausibili modelli causali. Per questi fini sono stati utilizzati metodi di analisi di gradiente indiretta (clusterizzazione e ricerca relazioni con variabili), metodi di analisi di gradiente diretta (Redundancy Analysis, Canonical Correspondence Analysis) e metodi di predizione (Backpropagation Neural Network). Il lavoro si è quindi articolato in diverse fasi nel corso delle quali sono stati considerati aree e metodologie diverse in funzione della disponibilità ed accessibilità di dati storici o attuali. Per analizzare dataset molto diversi tra loro è stato necessario l'utilizzo e la messa a punto di strumenti avanzati di analisi e modellamento dei dati e di presentazione dei risultati. I problemi più frequentemente incontrati erano legati alla tipologia dei dataset disponibili, quasi mai costruiti con lo scopo di testare un'ipotesi precisa, ma risultanti piuttosto da fusioni a posteriori di insiemi di dati raccolti nel corso di progetti diversi, con finalità , metodologie e disegni sperimentali differenti. Molte volte i dati sono stati raccolti con una copertura insufficiente nella dimensione spaziale o temporale, che ha reso quindi difficoltosa l'applicazione di metodi statistici rigorosi e la generalizzazione dei risultati nel dominio del tempo e dello spazio. In fase di pretrattamento è stato sovente necessario ricorrere a procedure di trasformazione e di aggregazione dei dati, e di codifica di alcuni parametri in variabili qualitative. Le variabili biologiche hanno presentato ulteriori problemi data la stocasticità dei fenomeni biologici, l'incertezza nella determinazione di alcune specie e la conseguente eterogeneità e complessità dei dataset. La scelta della metrica opportuna è stata quindi un passo necessario in tutte le analisi su dati biologici. In particolare gli studi effettuati nel lavoro di dottorato ed esposti nella presente tesi sono i seguenti: studio sulle masse d'acqua del golfo di Trieste e della laguna di Venezia in base ai parametri chimico-fisici; studio su 10 anni di popolazioni fitoplanctoniche lungo la fascia costiera del Veneto e su 30 anni di campionamenti di popolazioni fito e zooplanctoniche nella laguna di Venezia; studio sulle comunità planctoniche multitrofiche nella laguna di Venezia; studio sulle comunità fito e zoobentoniche nella laguna di Venezia.1264 5883 - PublicationMAPPING OF GMO BIOSAFETY RESEARCH WITH THE USE OF DATA-MINING TECHNIQUES(2007-06-12T07:25:57Z)
;LEWANDOWSKI, REMIGIUSZ JAN ;FEOLI, ENRICO ;RIPANDELLI, DECIOGANIS, PAOLAThe degradation of the environment has become a subject of public concern and awareness during the past decades, and has been exacerbated in the public’s mind by the deliberate release into the environment of Genetic Modified Organisms (GMOs) for commercial purposes. Particularly in Europe, it has provoked broad public discussion and demands for scientific safety assurance and clear legislation rules. Based on this, the new scientific domain of “biosafety” has appeared. Biosafety is strongly influenced by large amounts of data, both scientific and non-scientific, including from molecular biology, plant pathology, agronomy, government policy, legislation, sociology and socio-economic issues. The perceived negative aspects derived from the development of modern biotechnology and its application in agriculture has increased scepticism and fears among consumers and public authorities. In Europe, the environmental release of GMOs has become a symbol of controversy and public resistance. For instance, Non-Governmental Organisation (NGO) activists regularly conduct protest actions, such as blocking or even destroying experimental field trials of GM plants. Additionally, the governments of several countries have announced national bans on GM products that have already been approved elsewhere, or even by departments within their own government. In order to elucidate why these views and actions may have come about, and to better understand the various interactions, correlations and influences in the biosafety domain, it was proposed to assess and exploit reliable resources related to the biosafety of GMOs found on the Internet, and to analyse them with the aid of advanced statistical techniques (data-mining). In this thesis, important online databases relevant to GM plants have be identified and described in order to highlight the current situation with regards to biosafety knowledge. The results demonstrate that a large number of biosafety online resources are mostly dedicated to policy-makers, regulators, and academics, rather than being in a format easily accessible to the population at large. To investigate the extent of biosafety knowledge further, it was decided to analyse biosafety research output with the use data-mining techniques. This pioneering investigation employed a scientometric study of peer-reviewed scientific publications selected and stored in the online Biosafety Bibliographic Database (BBD) maintained on the International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) webpages. The study identified substantial regional biases in country-driven approaches towards GMOs between the USA, the EU and China. The EU is associated with biosafety, human health, food safety and consumer protection, where the USA and China are more concentrated on transgenic plants technology development and application. The results of keyword association analyses emphasised particular biosafety concerns related to specific GM plants. Our results suggest that biosafety research is strongly correlated with public opinion, public attitudes, government policy and law.1522 1745 - PublicationMonitoraggio delle risorse alieutiche con l'ausilio di sistemi informativi geografici in una riserva naturale marina e sito natura 2000.(Università degli studi di Trieste, 2008-03-03)
;Beltrano, Anna Maria ;Manzoni, GiorgioPantaleo, MarioL’obiettivo di tale studio è stato quello di implementare un Sistema di Informazione Geografica (GIS) per il monitoraggio dell’attività di pesca e delle risorse alieutiche, considerando le marinerie delle Isole Egadi, a rappresentanza di alcune tipologie di base dell’attività di pesca artigianale e per i diversi vincoli ambientali che in quest’area insistono quali la Riserva Naturale Marina e i Siti Natura 2000, al fine di suggerire opportune strategie di protezione sia per le risorse pescabili che per l’ambiente. Quindi un sistema esperto a supporto delle decisioni, che consenta di visualizzare i complessi scenari nell’ambito della valutazione delle risorse alieutiche nella dimensione spazio-temporale (Spatial Decision Support System), orientato alla pianificazione territoriale per un uso sostenibile delle risorse naturali, sinergica e coordinata tra i vari enti territoriali preposti. Nel corso di tale studio è stato messo a punto un data-warehouse, orientato alla pianificazione territoriale contenente differenti tipologie di dati ambientali, un database relazionale (RDBMS) contenente i dati riguardanti la pesca e la flotta, e un GIS in grado di gestire, analizzare, integrare dati eterogenei, riferendoli alle rispettive posizioni geografiche, finalizzato nello specifico ai seguenti obiettivi: - Studio delle caratteristiche ambientali dell’area di interesse; - Caratterizzazione della struttura della flotta per ciascun porto; - Variabilità degli attrezzi utilizzati nel tempo e nello spazio in ciascun porto; - Indagine delle specie catturate, qualitativamente e quantitativamente; - Indagine dello sforzo di pesca e cattura per unità di sforzo (CPUE), nello spazio e nel tempo; - Analisi dei principali parametri chimico-fisici ambientali (temperatura, salinità, ossigeno, etc); - Rilevazione delle condizioni climatiche e meteo-marine; - Individuazione di specie e habitat di elevato valore ecologico; - Valutazioni ambientali e indicazioni gestionali. In particolare, è stata indagata l’area di studio, gli aspetti geologici, biologici, con particolare rilievo ad habitat e specie di interesse scientifico e/o ecologico, mediante ricerche bibliografiche e campagne sperimentali in mare. Sono state realizzate le indagini inerenti la pesca e la flotta mediante i seguenti metodi: metodo indiretto e metodo diretto. Il metodo indiretto ha compreso la raccolta dei dati settimanalmente mediante rilevazione allo sbarco, per un intero anno. Il metodo diretto ha compreso la realizzazione di campagne sperimentali opportunamente pianificate, utilizzando come campionatore diverse tipologie di imbarcazioni e attrezzi delle marinerie dell’area, per la raccolta diretta di dati, sempre nell’arco di un anno. Durante le pescate sperimentali si è fatto uso di strumentazione GPS (Global Positioning System) per registrare le coordinate geografiche del punto iniziale, medio e finale dell’attrezzo in pesca. La profondità, a cui sono state effettuate le pescate, è stata registrata mediante ecoscandaglio. I dati oceanografici sono stati prelevati in situ, mediante sonde multiparametriche. Sono state rilevate informazioni riguardo le condizioni climatiche e meteo-marine. E’ stato realizzato un GIS facendo uso del software ArcGIS 9.1 della ESRI. Per la definizione dei temi e per uniformare le informazioni raccolte e catalogate nel datawarehouse, questo è stato strutturato in accordo ad un Thesaurus di Riferimento per Applicazioni ambientali (Environmental Applications Reference Thesaurus, EARTh). I dati riguardanti la pesca e la flotta sono stati elaborati e organizzati in un Database relazionale (RDBMS), che ha permesso la gestione dell’informazione geografica assicurando caratteristiche quali efficienza nelle prestazioni, controllo degli accessi, controllo delle ridondanze, conferendo una formidabile elasticità alla struttura e quindi di analisi spaziale, permettendo così di analizzare i diversi aspetti dei fenomeni. Questo è stato arricchito con collegamenti (hyperlink) a documenti utili (leggi, direttive, vincoli territoriali), immagini (foto di barche, coste, specie, attrezzi), pagine web. Infine, il sistema è stato organizzato in modo che, effettuando differenti interrogazioni ed operazioni quali analisi di dati spaziali (interpolazioni, operazioni di overlay, raster calculator), analisi degli attributi (query o funzioni di ricerca, SQL, summarize, statistics) e analisi integrata (spaziali e attributi), ha permesso di ottenere differenti informazioni nella dimensione spazio-temporale. In conclusione, il sistema è stato predisposto per analizzare e visualizzare i complessi scenari esistenti nell’ambito della valutazione delle risorse alieutiche nella dimensione spazio-temporale (monitoraggio), considerando le caratteristiche ambientali e le diverse problematiche dell’area, in modo da prevedere i possibili scenari futuri (forecasting) creando una modellizzazione della realtà, al fine di: fornire indicazioni nel pianificare una gestione ottimale delle risorse, razionale, integrata e sostenibile, quindi fornire spazialmente una scelta di soluzioni al decisore (Spatial Decision Support System) per la conservazione degli stock ma anche per preservare gli ecosistemi marini; avviare in caso di un’area sottoposta a più vincoli (Riserva Marina, Sito Natura 2000, IBA) una pianificazione concertata e sinergica tra i diversi livelli istituzionali preposti (governance multilivello e interscalare) ed evitare quindi una pianificazione conflittuale o ridondante. Il sistema realizzato potrebbe vedere applicazione nell’ambito delle seguenti pianificazioni: per la realizzazione dei piani di gestione pesca regionali, inerenti il Programma Operativo Pesca - FEP nazionale (Fondo Europeo per la Pesca); per l’elaborazione dei piani di gestione dei Siti Natura 2000; per la predisposizione delle varie fasi della Valutazione Ambientale Strategica (VAS); per la predisposizione di piani territoriali di Gestione Integrata della Fascia Costiera GIZC; nell’istituzione di Aree Marine Protette o Riserve Naturali Marine, Parchi, ed in particolare risulterebbe utile nella pianificazione della zonazione, soprattutto quando in tali aree è presente come forte componente l’attività di pesca, ricoprendo un elevato valore in termini di occupazione, commercio, attività ricreative e quindi di benessere economico.1369 2276 - PublicationTrasporto di flavonoidi in cellule endoteliali: ruolo della bilitranslocasi e delle proteine ABC(Università degli studi di Trieste, 2008-03-10)
;Maestro, Alessandra ;Decorti, GiulianaPassamonti, SabinaI flavonoidi sono metaboliti secondari presenti in numerose piante commestibili che rappresentano una parte integrante dell’alimentazione umana. Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che una dieta ricca di flavonoidi può avere un ruolo rilevante nella prevenzione di diverse patologie, come alcune neoplasie e le malattie cardiovascolari. L’endotelio vascolare svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’omeostasi vascolare e alterazioni a questo livello, in particolare se croniche, possono causare l’avvio di lesioni arteriosclerotiche. I flavonoidi esplicano le loro azioni a livello dell’endotelio vascolare attraverso meccanismi diversi, che vanno dalle loro attività anti-infiammatorie, alla loro capacità di modulare la sintesi e l’espressione di proteine e di secondi messaggeri coinvolti in numerose reazioni cellulari. Le proprietà biologiche di questi composti naturali sono state oggetto di numerosi studi, ma ancora oggi il meccanismo che spiega l’entrata di queste sostanze all’interno delle cellule, ed in particolare, nelle cellule endoteliali, rimane poco conosciuto. La maggior parte dei flavonoidi è presente negli alimenti in forma glicosilata, altamente idrofilica, pertanto non in grado di attraversare le membrane biologiche se non attraverso specifici trasportatori di membrana. In particolare, tra le proteine di membrana coinvolte nel trasporto di questi composti, sembra ricoprire un ruolo importante la bilitranslocasi (TC 2.A.65.1.1), un trasportatore di anioni organici situato al polo sinusoidale della cellula epatica e presente anche nella mucosa gastrica, che ha dimostrato di mediare il trasporto della quercetina, un flavonolo, e di alcuni antociani, una classe di flavonoidi contenuta soprattutto nel vino e nella frutta rossa. Anche alcuni componenti della superfamiglia delle proteine ABC (ATP-Binding Cassette), come le proteine P-glicoproteina (ABCB1), MRP1 (Multi-Drug Resistance related Protein 1) (ABCC1), MRP2 (Multi-Drug Resistance related Protein 2) (ABCC2) e BCRP (Breast Cancer Resistance related Protein) (ABCG2), hanno dimostrato di interagire con numerosi flavonoidi. Queste proteine agiscono da pompe di membrana e, attraverso un meccanismo energia –dipendente, legato all’idrolisi dell’ATP, permettono l’estrusione dei loro substrati dall’interno verso l’esterno delle cellule. I trasportatori in entrata ed in uscita possono, quindi, avere un ruolo importante nel regolare le concentrazioni intracellulari dei flavonoidi, necessarie per le loro azioni biologiche. Lo scopo di questa ricerca è stato analizzare tre modelli di cellule endoteliali nei quali sono stati studiati l’espressione della bilitranslocasi e delle proteine ABC ed il loro possibile ruolo nel trasporto di flavonoidi. Sono state utilizzate cellule endoteliali primarie di aorta umana e la linea cellulare endoteliale umana Ea.hy 926, che deriva dalla fusione di cellule endoteliali HUVEC (Human Umbilical Vein Endothelial Cells) con la linea cellulare di carcinoma polmonare A549. I dati di queste cellule sono stati confrontati con quelli ottenuti in cellule endoteliali primarie di aorta di ratto, espiantate mediante un metodo messo a punto nei nostri laboratori. Sono state condotte analisi di immunocitochimica, di Western blot e di valutazione dell’espressione dell’RNA messaggero mediante tecnica RT-PCR, per studiare l’espressione delle proteine di membrana nei tre diversi modelli cellulari. Infine, è stato messo a punto un saggio di uptake della quercetina per studiare il trasporto dei flavonoidi nei queste cellule. I risultati ottenuti mediante le tecniche immunochimiche hanno evidenziato l’espressione della bilitranslocasi in tutti e tre i tipi di cellule endoteliali. Tra i trasportatori ABC, le proteine MRP1, MRP2 e BCRP sono state tutte identificate in queste cellule, mentre la P-glicoproteina è risultata meno espressa in tutti e tre i modelli cellulari. Il saggio di trasporto messo a punto in queste cellule ha permesso di dimostrare che la quercetina entra nell’endotelio vascolare mediante la bilitranslocasi, come trasportatore in entrata, e viene estrusa dalle proteine ABC nelle cellule endoteliali. Il saggio, inoltre, ha permesso di studiare il trasporto anche di altri polifenoli, contenuti nella dieta, come la malvidina 3-glucoside, un antociano presente soprattutto nel vino rosso, e dell’acido caftarico, che si trova principalmente nel vino bianco. I risultati ottenuti hanno messo in luce un ruolo della bilitransloacasi nel trasporto anche di questi composti.2288 11075 - PublicationRuolo dei canali del K+ herG nello sviluppo neuronale nella fisiopatologia dell'epilessia.(Università degli studi di Trieste, 2008-03-13)
;Cilia, Emanuele ;Ballerini, LauraArcangeli, AnnarosaUniversità degli studi di Trieste Riassunto Ruolo dei canali di K+ hERG nello sviluppo neuronale e nella fisiopatologia dell’epilessia Ciclo: XX Coordinatore: Chia.ma Prof.ssa Paola Lorenzon Dottorando: Emanuele Cilia Lo scopo di questa tesi è stato quello di individuare e definire una correlazione fra canali della famiglia ERG e la sindrome epilettica. Le motivazioni che hanno spinto ad affrontare sperimentalmente questo argomento risiedono, da una parte nel crescente coinvolgimento dei canali voltaggio-dipendenti nell’epilessia, dall’altra dal fatto che i canali ERG sono altamente espressi nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) di topo e di ratto e sono in grado di controllare l’eccitabilità neuronale. Studi di espressione relativi ai geni e alle proteine di questa famiglia sono stati condotti, nel nostro laboratorio, sul SNC di topo (Guasti et al., 2005). Una prima parte del lavoro oggetto della presente tesi ha avuto pertanto lo scopo di approfondire tali studi di espressione, applicandoli anche a colture organotipiche di midollo spinale, ottenute da topi sia in età embrionale che neonatale. Tali studi, nei quali è stata verificata l’espressione dei canali ERG sia a livello di m-RNA che di proteina hanno evidenziato che tutti i geni (e le proteine) m-erg sono espressi in tali colture, seguendo un preciso pattern spazio-temporale (Furlan et al., 2005). Tali studi hanno inoltre permesso di ipotizzare un ruolo importante della corrente ERG IK(ERG) durante le prime fasi dello sviluppo, essendo espresso in maniera specifica ed età-dipendente solo da alcune specifiche popolazioni neuronali. In seguito, una volta completato lo studio del pattern di espressione dei geni e delle proteine ERG nel SNC di topo e di ratto, è stata avanzata l’ipotesi che i canali ERG potessero essere coinvolti nel fenomeno epilettico. Pertanto, la seconda parte del lavoro oggetto della presente tesi si è basato sulla analisi della modulazione dei geni erg nell’ippocampo di topo durante l’induzione di epilessia sperimentale ottenuta tramite l’inoculo di acido Kainico e Pilocarpina. Il lavoro sperimentale si è articolato in due fasi: nella prima fase è stato asportato l’ippocampo di topi inoculati con farmaci epilettogeni (acido Kainico e Pilocarpina) e di topi inoculati con soluzione fisiologica (considerati topi di controllo); nella seconda fase gli ippocampi sono stati tagliati (ad una determinata distanza dal punto Bregma) e sono state asportate tre fette, su cui sono stati eseguiti esperimenti di Real Time PCR al fine di quantificare l’espressione dei geni m-erg1, m-erg2 e m-erg3. Nessuno dei tre geni m-erg è stato modulato in modo significativo a seguito delle crisi epilettiche indotte né da acido Kainico, né da Pilocarpina. Questi risultati apparentemente negativi ci hanno viceversa stimolato a valutare l’ipotesi opposta, e cioè se alterazioni primitive della funzionalità dei canali ERG potessero essere in grado di rappresentare il “primum movens” della malattia epilettica. Nella terza parte della presente tesi, è stata pertanto condotta un’analisi genetica in famiglie affette da epilessia idiopatica valutando eventuali mutazioni del gene herg3, (KCNH7), al fine di valutare un ruolo patogenetico di tale canale in questo tipo di sindrome. La nostra attenzione si è rivolta verso lo studio di questo gene, perché risulta l’unico, della famiglia ERG, ad essere espresso specificamente nel SNC senza alcuna espressione a livello cardiaco, come accade per herg1. A tale scopo è stato messo a punto un protocollo sperimentale per l’analisi del DNA genomico mediante la tecnica della DHPLC (Denaturyng High Performance Liquid Chromatography) e successivo sequenziamento. Sono stati identificati 3 profili mutati, nelle sequenze relative agli esoni 4 (dominio N-terminale della proteina), 6 (regione comprendente la prima porzione transmembrana) e 13 (porzione C-terminale). Sono state inoltre identificate le specifiche mutazioni nucleotidiche che provocano un cambiamento nella sequenza amminoacidica. In particolare a livello dell’esone 13 è risultata un cambiamento nucleotidico a→g, che determina, a livello amminoacidico, un cambio Serina (AA basico)→Glicina (AA neutro). Nell’esone 4 la mutazione c→a determina, a livello proteico, una sostituzione dell’amminoacido basico Istidina (H) con Asparagina (N), molecola neutra. Il profilo dell’esone 6 evidenzia la sostituzione di base a→g in una porzione intronica tra l’esone 6 e 7, questo sito risulta di minor interesse rispetto agli altri perché non viene espresso. E’ stato infine analizzato l’effetto delle mutazioni trovate a livello dell’esone 4 e dell’esone 13 sulle proprietà elettrofisiologiche e sulla localizzazione cellulare. Questi esperimenti sono stati condotti presso il laboratorio del Prof. E. Wanke (Università di Milano Bicocca). Dall’analisi delle proprietà biofisiche della corrente mediata dai canali codificati dai plasmidi mutagenizzati, è emerso che tutte le correnti mediate dai mutanti presentano uno slittamento della curva di attivazione verso valori più iperpolarizzati. In cellule neuronali, dove queste proteine sono in grado di regolare la frequenza di scarica, ciò potrebbe influenzare le proprietà biofisiche alla base dell’eccitabilità cellulare.2034 27263 - PublicationMicrorecording within the posterior nucleus of the hypothalamus in pain and aggressive behaviours(Università degli studi di Trieste, 2008-03-13)
;Cordella, Roberto ;Ballerini, LauraFranzini, AngeloIn the last decade there has been new interest in the posterior nucleus of the hypothalamus (PIH) as the target for the placement of deep brain stimulation to improve pain and psychiatric symptoms. This has brought the possibility to study single-unit acitvity from PIH. Very scanty information is available regarding the firing discharge of human’s PIH neurons. The aim of this study is to describe the firing discharge properties of PIH neurons in neurological and psychiatric disorders. Continuous physiological extracellular recordings were obtained in awake and sedated humans. Firing rate analysis, time domain and frequency domain analyses were used to characterize the firing pattern of PIH neurons. 19 PIH neurons from 7 patients were further studied (5 patients with Trigeminal Autonomic Cephalalgias, 1 aggressive behavior associated with epilepsy, and 1 aggressive behavior associated with head injury). During wakefulness PIH neurons displays tonic firing discharge at around 25Hz, while during sedation the firing rate is 12Hz and the firing pattern more variable. In aggressive behaviour and epilepsy the firing discharge is phasic and rhythmic with oscillations locked at around 7-8Hz. Regular and irregular tonic discharge is noticed in aggressive behaviour and head injury. Spontaneous activity in awake TACs patients is similar to what has been reported in animal models. Interestingly, in aggressive behaviour with epilepsy the observed pattern is bursting and rhythmic at around 7-8Hz. In the patient with head injury no specific pattern is found in PIH neurons. At this stage of knowledge these data are a novelty in the literature, thus it is not possibile to exclude that all these observations represent normal features of PIH neurons. However the differences noticed between pathologies may suggest that PIH neurons discharge rates and patterns are associated to the underlying neurological and psychiatric condition.1475 2082 - PublicationStudio della modulazione ormonale della riproduzione e della crescita nei Crostacei Decapodi mediante l'uso di neurormoni ricombinanti ed anticorpi specifici(Università degli studi di Trieste, 2008-03-13)
;Mosco, Alessandro ;Giulianini, PieroEdomi, PaoloL’ormone iperglicemico dei crostacei (cHH) appartiene ad una famiglia di neuropeptidi che sono prodotti e rilasciati in circolo nel complesso organo X-ghiandola del seno, localizzato nei peduncoli oculari dei crostacei. Il ruolo principale del cHH è quello di regolare il livello emolinfatico del glucosio, ma questo ormone è implicato anche nel controllo di altre funzioni come la secrezione di enzimi digestivi, la muta, la riproduzione, il metabolismo lipidico, l’osmoregolazione e le risposte da stress. Il cHH maturo possiede sei cisteine che formano tre ponti disolfuro, l’estremità C-terminale ammidata e l’estremità N-terminale bloccata dal piroglutammato come in Carcinus maenas e Jasus lalandii oppure libera come in Penaeus schmitti. L’ammidazione carbossiterminale è una modificazione post-traduttiva rilevante che fornisce attività biologica ad un grande numero di peptidi, sia nei vertebrati che negli invertebrati. Il ruolo essenziale dell’ammidazione nel conferire un’attività iperglicemica al cHH è stato provato sinora solo per il cHH di Marsupenaeus japonicus. Per stabilire la funzione dell’ammidazione sull’attività biologica del cHH in altre specie, un peptide ricombinante di 73 residui, Asl-rcHH-Gly, è stato espresso, foldato, purificato e trattato con l’enzima di ammidazione in modo da ottenere l’ormone ammidato, Asl-rcHH-ammide. Con questo peptide ricombinante sono stati condotti dei saggi biologici su due specie appartenenti alla stessa superfamiglia (Astacoidea) ed infraordine (Astacidea) che erano Astacus leptodactylus, la specie dalla quale è stato clonato il cHH, e Procambarus clarkii, il cui cHH differisce da quello di A. leptodactylus per due soli amminoacidi, e su una specie filogeneticamente più distante come Palaemon elegans, che appartiene ad un diverso infraordine (Caridea). Asl-rcHH-ammide ha mostrato di avere in A. leptodactylus un’attività iperglicemica comparabile a quella del peptide nativo estratto dalle ghiandole del seno. Raddoppiando la quantità di Asl-rcHH-ammide iniettato si è osservata una risposta più forte con una concentrazione emolinfatica di glucosio di quasi il doppio a conferma dell’effetto dose dipendente dell’ormone nell’indurre l’iperglicemia. Il profilo della curva da stimolo era differente nel caso l’iperglicemia fosse stata indotta da 1,7 pmol/g di peso vivo oppure da 3,3 pmol/g di peso vivo di Asl-rcHH-ammide oppure dai peptidi nativi. Il peptide ricombinante induceva un incremento massimo nella risposta dopo un’ora, mentre l’estratto di ghiandole del seno induceva una risposta più lenta, con un spostamento del picco di iperglicemia alle due ore. Dopo l’iniezione di 1,7 pmol/g di peso vivo del peptide ammidato, l’effetto iperglicemico si esauriva entro le due ore dallo stimolo ed a quattro ore l’iperglicemia non era più osservabile. Questo comportamento è in buon accordo con l’emivita di circa 10 min riportata per il cHH. L’iniezione di una dose maggiore di Asl-rcHH-ammide non solo ha indotto un effetto maggiore, ma ha anche ritardato il ritorno al livello basale del glucosio, dovuto ad una insufficiente rimozione del peptide dall’emolinfa a causa dell’alta concentrazione dell’ormone circolante. Una simile tendenza è stata osservata anche per l’estratto di ghiandole del seno che ha mantenuto un forte effetto iperglicemizzante anche a quattro ore dalla stimolazione. Il Asl-rcHH-Gly non ha mostrato una potenza comparabile. Questi risultati dimostrano chiaramente che l’ammidazione è essenziale nel provvedere una completa funzionalità biologica al cHH, dato che il peptide non ammidato che possiede una potenza inferiore. Infatti, per osservare un effetto iperglicemico paragonabile a quello indotto dall’ormone ammidato, il peptide non ammidato deve essere iniettato a dosi elevate. Asl-rcHH-ammide è stato in grado di indurre una risposta iperglicemica anche in P. clarkii sebbene più debole di quella indotta in A. leptodactylus. Il profilo temporale della risposta era simile, con un picco di massima presente ad un’ora. Invece, l’iniezione di Asl-rcHH-Gly ha fornito un’attività iperglicemica molto debole. Per provare la capacità di Asl-rcHH-ammide di indurre l’iperglicemia in una specie filogeneticamente più distante da A. leptodactylus, è stato fatto un saggio eterologo sul gamberetto P. elegans. Anche in questa specie, Asl-rcHH-ammide è stato in grado di indurre una risposta rilevabile con un picco di glucosio presente dopo un’ora che aveva raddoppiato il livello basale, sebbene questo effetto positivo fosse di molto inferiore a quello indotto in A. leptodactylus e P. clarkii. L’attività di Asl-rcHH-Gly nel gamberetto era ancora più bassa se paragonata a quella del peptide ammidato. Questo dimostra che persino in specie filogeneticamente distanti l’attività biologica dell’ormone viene mantenuta parzialmente, probabilmente a causa di una somiglianza strutturale nel neuropeptide. Particolarmente interessante è il fatto che il peptide ammidato abbia indotto risposte diverse a seconda del sesso degli animali. Nei maschi si è ottenuta una forte risposta iperglicemica correlata all’elevata quantità di ormone iniettato, mentre la risposta nelle femmine è stata significativamente di molto inferiore. Questo dato fa supporre che nelle femmine vi fosse una diminuita affinità dei recettori verso il cHH oppure che le cascate dei segnali intracellulari attivati dal legame del cHH con i recettori fossero, in qualche modo, disattivate. Anticorpi specifici anti Asl-rcHH sono stati purificati da antisiero di coniglio mediante cromatografia per affinità, dove il Asl-rcHH era accoppiato alla resina. L’iniezione di questi anticorpi in A. leptodactylus 10 min prima dell’iniezione del Asl-rcHH ammidato ha fornito una risposta iperglicemica depressa, dimostrando che un’adeguata quantità di anticorpi specifici può essere usata per modulare l’asse ormonale nei gamberi. Con questo lavoro si è dimostrata l’importanza dell’ammidazione C-terminale per la funzionalità biologica del cHH; si è prodotto un peptide ricombinante con un’attività biologica paragonabile a quella dell’ormone nativo; si è evidenziato che l’attività del cHH dipende non solo dalla quantità di ormone circolante, ma è anche legata alla responsività degli organi bersaglio; si è dimostrato che è possibile modulare la funzionalità di un ormone mediante l’iniezione di anticorpi specifici. La possibilità di avere a disposizione un cHH pienamente funzionante apre la strada a molteplici studi atti a comprendere meglio il ruolo di questo ormone nei processi fisiologici dei crostacei. Inoltre, è possibile pensare di effettuare dei trattamenti a base di peptidi ricombinanti associati ad alginati, da somministrare sotto forma di mangime, in modo da avere una modulazione esterna degli assi ormonali. La preparazione di un anticorpo specifico anti-cHH consentirà la messa a punto di un dosaggio ELISA da usare per monitorare le variazioni nella concentrazione emolinfatica di questo ormone legate agli stadi di crescita, riproduzione oppure dovute a fattori stressogeni.1589 7789 - PublicationThe Ca 2+ currents and homeostasis during the aging process of skeletal muscle(Università degli studi di Trieste, 2008-03-13)
;Luin, ElisaRuzzier, FabioAims: The mechanisms involved in sarcopenia, the decline in muscle mass with aging coupled with loss of force and function, has been actively investigated in animal and human models over the last years [reviewed in Di Iorio et al., Sarcopenia: age-related skeletal muscle changes from determinants to physical disability, Int. J. Immunopathol. Pharmacol. 19 (2006) 703-719]. An important age-associated deficit may be the alteration of the mechanisms controlling Ca2+ handling. Moreover, it has already been proposed that defective fibres in old humans could result from a reduced efficiency of aged satellite cells (a distinct muscle cell subtype, responsible for post-natal growth and repair of damaged fibres) in properly differentiating into myotubes with a mature E-C coupling mechanism [see: Lorenzon et al., Aging affects the differentiation potential of human myoblasts, Exp. Gerontol. 39 (2004) 1545-1554]. Proceeding from these results, the main goal of the present Ph.D. thesis was to investigate whether the inefficiency of aged satellite cells to generate functional skeletal muscle fibres could be partly due to defective voltage-dependent Ca2+ currents. Methods: The whole-cell patch clamp and the videoimaging techniques were employed to measure respectively T- and L-type Ca2+ currents and [Ca2+]i transients in myoblasts and/or myotubes derived from murine and human satellite cells, obtained respectively from young murine skeletal muscle and then aged in vitro under culture conditions, and from human skeletal muscle tissue of healthy donors aged 2, 12, 76 and 86 years. Results: First of all, I confirmed that both murine and human senescent satellite cells fuse more slowly and less efficiently, leading to smaller and thinner myotubes, as known from previous work. Moreover, I showed for the first time that both in myotubes derived from in vitro aged murine satellite cells and in human myotubes derived from satellite cells of old donors the functional expression and the biophysical properties of T- and L-type voltage-dependent Ca2+ channels are impaired. In fact, extensively, less Ca2+ can be available via T-type and L-type channels in old myotubes than in the young ones, and this can be put in relation to the age-related decrease in the quality of myoblast fusion. I also confirmed a specific responsibility of the decrease of the L-type channel number and/or activity for the age-related lowering of intracellular Ca2+ release (the so-called E-C uncoupling; see: Delbono et al., Excitation-calcium release uncoupling in aged single human skeletal muscle fibers, J. Membr. Biol. 148 (1995) 211-222]. Conclusions: From these results one can infer a clear parallelism between the results obtained with the in vitro aging of murine satellite cells model and that concerning the physiological process of human skeletal muscle aging in vivo. In the final analysis, aging effects on voltage-dependent L- and T-type currents could be one of the causes of the inability of old satellite cells to efficiently counteract age-related impairment in muscle force. So, a further strong evidence has been given that in humans, as in other mammals, the satellite cells and the regulation of Ca2+ homeostasis have a decisive role in the physiological process of skeletal muscle aging.981 1698 - PublicationHuman notch1 and pin1 unveil a molecular circuitry involved in tumorigenesis(Università degli studi di Trieste, 2008-04-01)
;Tiberi, Luca ;Del Sal, GianninoRustighi, AlessandraCancers arise as somatic cells mutate and escape the control of cell cycle, survival or death. These processes are normally regulated by several signalling pathways and recently several studies highlight the potential importance of the Notch1 signaling pathway in human cancer. Notch activation has been involved in several mouse models of mammary carcinogenesis and recently also in human breast cancer. Importantly loss of Numb, a negative regulator of Notch1, has been observed in about 50% of breast carcinomas (Pece et al., 2004). Expression of Notch1 and Ras correlates in breast carcinomas and expression of the Notch1 pathway ligand Jagged1 is a potential markers for breast cancer progression (Reedijk et al., 2005). Furthermore, the Notch1 interplay with pathways such as Wnt, c-Myc, is subverted in breast cancer, thus suggesting that Notch could be a target for drug-based therapy of breast cancer . Intriguingly also the prolyl-isomerase Pin1 is crucial in breast cancer and in several human malignancies through modulation of these pathways. Alterations of Pin1 have been implicated in the amplification of oncogenic signals, as demostarted by its cooperation with the Neu/Ras pathway in mammary tumorigenesis (Wulf et al., 2001) . The aim of this work was to unveil a possible role of Pin1 in the regulation of Notch1 pathway in breast cancer. Pin1 directly interacts with phosphorylated Notch1, and increases Notch1 cleavage by gamma-secretase. Accordingly, Pin1 contributes to Notch1 transforming properties in human breast cells. Notch1 in turn up-regulates Pin1, thus establishing a feed-forward loop that amplifies Notch1 signalling. Importantly human breast cancers bearing elevated levels of Pin1 have also deregulated expression of activated Notch1 and Hes-1 and these data underscore the relevance of our observations for human carcinogenesis.1198 3942 - PublicationCharacterization of a novel p63/p73 interacting protein.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-01)
;Chiacchiera, FulvioCollavin, LicioI tumori sono tra le maggiori cause di morte nelle popolazioni occidentali. D'altra parte anomalie congenite nello sviluppo nonostante non siano ugualmente frequenti richiedono uno sforzo notevole in termini di assistenza e cure da parte delle istituzioni e delle famiglie coinvolte. La comprensione dei processi molecolari alla base di queste patologie è quindi di fondamentale importanza per la medicina. Diverse evidenze sperimentali dimostrano come geni coinvolti nello sviluppo embrionale e nel differenziamento sono spesso coinvolto nella genesi dei tumori. In particolare membri della famiglia di p53 rivestono un ruolo fondamentale nell'omeostasi della cellula e le loro funzioni risultano spesso alterate nei tumori ed in alcune malattie genetiche. a livello molecolare l'attività di queste proteine è finemente regolata tramite una serie di modificazioni post-trascrizionali ed interazioni proteiche. Ogni singolo interattore risulta quindi un possibile bersaglio per nuove strategie farmacologiche. In questo lavoro presentiamo la caratterizzazione del prodotto del gene umano c16orf35, un nuovo interattore di p63e p73 isolato da uno screening volto a cercare nuovi interattori di p53 di Drosophila melanogaster. C16orf35 è una proteina nucleare evolutivamente molto conservata ed espressa ubiquitariamente. è in grado di associare con compartimenti cellulari specifici definiti "stress granules" e "p-bodies" in cui gli RNA subiscono diversi tipi di modificazioni strutturali. L'aumento forzato dei livelli cellulari di c16orf35 induce la formazione degli stress granules ed inibisce la proliferazione di cellule tumorali in coltura. Ciò suggerisce un possibile ruolo di questa proteina nelle vie che regolano la crescita cellulare.1729 1330 - PublicationCharacterization of the interaction between nucleophosmin (NPM) and highmobility group a (HMGA) proteins.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-01)
;Jakimovska, FrosinaManfioletti, GuidalbertoABSTRACT HMGA proteins are members of the high mobility group (HMG) non-histone, architectural chromosomal proteins. The HMGA family consists of: A1a, A1b and A2, the first two being isoforms produced by alternative splicing. These are small proteins, about 100aa residues long, characterized by three basic stretches of AT-hooks which bind to the AT-rich sequences on the DNA minor groove. They are normally present in rapidly proliferating cells (embryo) whereas upon differentiation the levels of these proteins decrease until they are nearly absent from adult cells. Overexpression of these proteins has been correlated with various types of neoplastic transformations. The interaction network of HMGA has been an object of study for years in our laboratory and one of the most intriguing protein-protein interactions studied is the one between HMGA and nucleophosmin. Nucleophosmin (NPM, B23, numatrin or NO38) is one of the most abundant phosphoproteins, mainly localized in the nucleoli but it also shuttles between the nucleus and the cytoplasm. This versatile protein has been proven to be involved in various cellular functions and related to both proliferative and growth-suppressive roles in the cell. The first evidence of the interaction HMGA2-NPM in our lab has been obtained by in vitro assays (affinity chromatography). The step ahead was to see if this interaction occurs in vivo and if it does, to try to find ts functional significance. Thus,immunoprecipitation (IP) experiments were performed.The first one gave the proof thet interaction between HMGA2 protein and NPM (transfected and endogenous) occurs. The second IP gave the evidence that interaction occurs between HMGA1a and NPM too. This in vivo protein-protein interaction was to be given a functional significance. We tested by siRNA HMGA1a treatment if downregulation of HMGA1a expression influences the expression of the SOD2 gene (regulated by NPM). The effect of the HMGA1a silencing has proven to be very slight on the SOD2 gene (a 14% of expression reduction). EMSA experiments have been performed in order to test the effect of NPM on the DNA binding properties of the HMGA2 protein with the DNA probes E3 and HCRII. In both cases it has been observed that NPM increases the DNA binding affinity of the HMGA2 protein.1077 1164 - PublicationMolecular mechanisms of pancreas development and insulin regulation in beta cells.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-01)
;Paroni, Federico ;Paoletti, SergioBonner Weir, SusanType 1 or “juvenile” Diabetes is an autoimmune disease in which the insulin secreting beta-cells, essential for glucose homeostasis, are destroyed by a target immune attack. To date, patients with type 1 Diabetes can rely only on exogenous insulin injection to control the glucose levels, but, unfortunately, the related chronic and devastating complications cannot be prevented. Identification of beta-cell-specific genes playing critical roles during the development will help to create new sources of beta-cells from stem/progenitor cells. Interestingly, endocrine cell fate appears to be governed by the “peaked” expression of the transcription factor Ngn3. However, Ngn3’s targets are still not well identified. As for pancreas development also insulin gene regulation lacks important information. Therefore the aims of this Thesis work have been to test an set-up an efficient system for the transient expression of Ngn3, mimicking its physiological behavior; identify the major factors that lie directly downstream the Ngn3 expression and characterize a novel beta-cell specific insulin gene regulator. As result from this work, an innovative system mimicking pancreatic differentiation and Ngn3 pulsed expression has been developed. Furthermore, a novel Ngn3’s downstream target, the zinc-finger protein “OVO_like 1, has been identified opening a new, and interesting, scenario of Ngn3 gene’s regulation. Last, but not least, the beta-cell-insulin-gene regulator A2.2 has been characterized and a reproducible purification system has been developed.1429 3721 - PublicationTowards molecular medicine:optimization of the methods for gene expression analysis in clinical samples.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-01)
;Dotti, IsabellaStanta, GiorgioThe advent of molecular “-omics” technologies enabled an unprecedented view into the inner molecular mechanisms of cancer and enhanced optimism towards a patient-tailored vision of medicine. The successful application of these molecular approaches in the discovery of candidate biomarker has accelerated the shift towards personalization of medicine. Indeed, biomarkers hold great promise for refining our ability to establish early diagnosis and prognosis, and to predict response to therapy. The develoment of clinically useful biomarkers would be impossible without access to human biological specimens and associated patient data, since they complete the molecular information gained from laboratory research. Furthermore, with the advances of sensitive molecular technologies, human bio-specimens can be now successfully used for wide analysis at all molecular levels (DNA, RNA and proteins), in addition to conventional cytologic and histologic investigations. However, despite the hundreds of reports on tumor markers, only a few markers have proven clinically useful. The insufficient experience in clinical application of molecular methods combined with the high complexity of clinical material represent the major obstacles for the development of clinically useful biomarkers. Thanks to the possibility to have access to the fresh and archival samples from the hospital, our laboratory can investigate the potential of technological innovations and the current technical pitfalls directly on clinical material. The work in my thesis is strictly correlated to this activity. In particular, the first part is focused on the technical optimization of molecular methods for gene expression analysis in biological fluids and especially in urine samples. In this context we validated a new experimental kit for total RNA extraction from urine samples and tested the potential of a colorimetric approach for PCR product detection. The major part of the study is focused on the technical optimization of molecular methods for gene expression analysis in archival material. This activity is in step with one of the main objectives of the European project called “Archive tissues: improving molecular medicine research and clinical practice-IMPACTS”, in which my laboratory and other 20 European centres are directly involved. In this phase the comparison of the experiences between laboratories and their active collaboration are essential for a more rapid validation of protocols dedicated to RNA (but also DNA and protein) analysis. In particular, we investigated some molecular aspects involved in the pre-analytical phase (tissue fixation procedures) and analytical phase (RNA extraction, RNA quantification and integrity assessment, qRT-PCR) of tissue processing. The final objective of this activity will be the definition of common technical guidelines for a reliable quantification of molecular biomarkers for diagnosis, prognosis and therapy directly in human archival samples. Finally, my thesis includes the clinical application of molecular methods for the quantification of candidate biomarkers in two archival case studies (a breast cancer and an adrenal gland cancer case study). In the breast cancer case study we showed that a panel of seven genes (involved in different cell pathways) is associated to patients’ survival. The adrenal gland tumor case study is part of a preliminary study about the angiogenetic process in rare human cancers.975 1020 - PublicationModulation of p53 activities by the prolyl-isomerase PIN1 and the bromodomain protein BRD7(Università degli studi di Trieste, 2008-04-01)
;Tocco, Francesca ;Del Sal, GianninoMantovani, FiammaABSTRACT: MODULATION OF p53 ACTIVITIES BY THE PROLYL-ISOMERASE PIN1 AND THE BROMODOMAIN PROTEIN BRD7 The tumour suppressor p53 belongs to a family of transcription factors that play key roles in maintaining genomic stability and cellular homeostasis. The orchestration of the appropriate cellular responses depends on the fine regulation of p53’s functions through post-translational modifications and interaction with other proteins. In many years of intense study a considerable knowledge on p53 activity has been achieved, yet a greater insight is needed on the specificity of its response. In the first part of this thesis a novel mechanism in the regulation of p53-mediated apoptotic response has been disclosed. It has been demonstrated that upon severe stress signalling p53 dissociates from iASPP, an anti-apoptotic co-factor that inhibits p53 apoptotic functions, and that key roles in this process are played by the prolyl isomerase Pin1. Moreover, it emerged that phosphorylation at p53 Ser46 is required for Pin1-mediated dissociation of the p53-iASPP complex thus providing a mechanistic explanation for the relevance of this site in p53 mediated apoptosis. Notably, the role of Pin1 in assisting the dissociation of p53 from iASPP appears to be independent from Pin1-induced acetylation of p53 and dissociation from Mdm2, further confirming that Pin1 may modulate p53 activity at different levels. A different approach to gain insight on the mechanisms governing p53 regulation is the analysis of p53 protein interaction profiles. The bromodomain containing protein Brd7 was identified as a common interactor of the p53 family proteins in a yeast two hybrid screening conducted in our lab. The presence of the bromodomain and evidences from literature made Brd7 a promising candidate for modulating the p53 pathway at the transcriptional level. This protein and its functional interaction with p53 have been therefore characterized in the second part of this thesis. Upon depletion of Brd7 expression in cells it has been demonstrated that Brd7 is required for efficient cell-cycle arrest in U2OS cells upon challenging with genotoxic stimuli. This effect appeared to be due to a reduction in p21 expression that occurred upon Brd7 depletion and under stress condition. The down-regulation of p21 as a consequence of Brd7 silencing occurred at the transcriptional level and proved to be p53-depedent. Taken together the data reported in the second part of this thesis suggest a role for Brd7 as a positive regulator of p53 transcriptional activity during cell-cycle arrest response and that this function might be exerted by regulating p53-mediated transcription on a chromatin context. Further analysis is needed to dissct the role of this functional interaction. Yet, preliminary investigation suggest that Brd7 might be an important modulator of p53 response and that it can be an important means for p53 to crosstalk with other signalling pathway. Together, the data presented in this thesis contribute to achieve greater knowledge on the mechanism that govern p53 response. As the p53 pathway is compromised to some degree in almost all human cancers, this would be also of great relevance in designing new targeted strategies for cancer treatment.1488 3156 - PublicationStudio della risposta compatibile di nicotina benthamiana al turnip vein-clearing virus (TVCV).(Università degli studi di Trieste, 2008-04-10)
;Dreos, Rene'Florian, FiorellaIn agricoltura, la monocoltura su vaste aree geografiche puo' portare ad una rapida diffusione di malattie. D'altro canto, l'uso di composti chimici per controllarne la diffusione puo' causare seri problemi di inquinamento e aumentare i costi di produzione. Uno studio dettagliato delle interazioni pianta-patogeno puo' contribuire a fornire soluzioni sostenibili per il controllo delle malattie che colpiscono le specie coltivate. Per queste ragioni lo scopo principale di questa tesi e' stato lo studio delle prime fasi della risposta di N. benthamiana, una pianata appartenente alla famiglia delle Solanaceae, all'infezione da parte del Turnip Vein-Clearing Virus (TVCV). Per farlo e' stato messo a punto un metodo di infezione indiretto che sfrutta la capacita' di Agrobacterium di inserire un frammento di DNA esogeno nel genoma della pianta. In questo modo la percentuale di cellule infettate ha raggiunto il 90% sul totale delle cellule del tessuto. L'analisi del profilo di espressione genica e' stata effettuata mediante l'utilizzo di una nuova piattaforma microarray contenente circa 6000 sequenze specifiche di N. benthamiana. Le ibridazioni sono state eseguite durante il periodo in cui il genoma virale aumenta la propria concentrazione all'interno della cellula fino a raggiungere il valore massimo. Complessivamente sono state fatte 30 ibridazioni con il microarray. La determinazione della concentrazione del genioma virale e' stata effettuata con l'uso della tecnica della PCR quantitativa per la quale e' stato sviluppato un nuovo metodo di analisi dei dati. I risultati delle ibridazioni dimostrano che la risposta della pinata all'infezione virale e' caratterizzata dalla presenza di due fasi distinte. Nella prima e' presente un picco di risposta durante le prime fasi dell'esperimento, quando il genoma virale non ha ancora raggiunto la fase di crescita esponenziale. La seconda, invece, coincide con il massimo della concentrazione virale all'interno delle cellule. Analisi approfondite dei geni attivati nelle due fasi lasciano ipotizzare la presenza di due risposte differenti, la prima rivolta verso Agrobacterium mentre la seconda rivolta verso l'infezione virale. Questo lavoro e' stato svolto in parte presso il laboratorio di Genetica dell'Universita' degli Studi di Trieste sotto la supervisione del Prof. Alberto Pallavicini ed in parte nel laboratorio del Prof. Andy Maule, Disease and Stress Biology, John Innes Centre, UK.1993 3579 - PublicationInterazioni tra avifauna ittiofaga e attività produttive nella laguna di Grado e Marano.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-15)
;Cosolo, Mauro ;Ferrero, EnricoSponza, StefanoData la dieta ittiofaga ed i consistenti aumenti registrati a livello europeo a partire dagli anni ottanta, il Cormorano (Phalacrocorax carbo) è oggetto di ricerche mirate a quantificarne l’impatto sulle attività di acquacoltura. In Friuli Venezia Giulia queste attività corrispondono alle valli da pesca della laguna di Grado e Marano. Il presente lavoro ha come obiettivi il monitoraggio della popolazione di Cormorano, l’analisi della dieta, lo studio delle strategie comportamentali adottate nel foraggiamento e l’analisi dell’impatto nelle valli da pesca. Il periodo di studio va dall’inverno 2004/2005 al mese di febbraio 2008. Con i monitoraggi mensili si evidenzia un aumento della popolazione svernante nella zona costiera. Dall’analisi della dieta emerge un consumo prevalente di Passere (Platichthys flesus) e di Cefali (Mugilidae). L’analisi del comportamento di foraggiamento con le videoriprese relative a 230 Cormorani evidenzia che le caratteristiche ecologiche di queste due specie ittiche ne condizionano il comportamento ed il relativo successo di predazione. La Passera, specie bentonica e poco mobile, risulta una preda di facile cattura con strategia da anticipatory breather. Inoltre la distribuzione spaziale a patch di questa specie ittica ne facilita la ricerca. I Cefali invece, presenti lungo tutta la colonna d’acqua e molto mobili, determinano una difficoltà di cattura che si riflette in una strategia da reactive breather nella ricerca, ma passaggio ad anticipatory nella cattura. Per quanto riguarda le valli da pesca, nel presente lavoro si mette in luce che queste aree non sembrano essere favorevoli per l’attività trofica del Cormorano, in considerazione delle caratteristiche ecologiche di Branzini (Dicentrarchus labrax) ed Orate (Sparus auratus), che risultano simili ai Cefali. Si registrano gruppi consistenti di Cormorani in foraggiamento sociale, e quindi un impatto, solo in concomitanza delle attività di raccolta del prodotto ittico, che vengono effettuate in bacini di limitata estensione con elevate densità di pesce. Queste attività gestionali sembrano determinare gli eventi di foraggiamento sociale.1352 3200 - PublicationPositive selection of hearing loss candidate genes,based on multiple microarray platforms experiments and data mining(Università degli studi di Trieste, 2008-04-15)
;Licastro, Danilo ;Gasparini, PaoloSavoia, AnnaSecondo le stime del World Health Organization, le perdite uditive colpiscono circa 278 milioni di persone in tutto il mondo. Approssimativamente 1 bambino ogni 100, nasce con problemi d’udito. Nonostante l’identificazione negli ultimi 10 anni di più di 100 loci genetici associati a fenotipi di perdita uditiva, non tutti i corrispettivi geni causativi sono stati identificati. Normalmente utilizzando un approccio sperimentale di linkage tradizionale non è sempre possibile identificare un intervallo genomico sufficientemente corto da essere analizzato per la ricerca di mutazioni. Il lavoro presentato in questa tesi ha lo scopo di selezionare un set limitato di geni potenzialmente coinvolti nelle perdite uditive non sindromiche, utilizzando la combinazione di un approccio biologico e bioinformatico. Il punto di partenza dell’analisi è stato il gene GJB2. Il gene GJB2 codifica la Connessina 26, proteina coinvolta nella formazione delle gap junction tra le cellule, ma anche implicata in più del 50% dei casi di perdite uditive non sindromiche. Per questa ragione è stato suggerito un ruolo chiave nella biologia dell’orecchio, che va oltre la sua funzione di proteina canale. In questa tesi è stato esaminato il profilo d’espressione genica di cellule HeLa transfettate con la forma naturale e con delle forme mutate della Connessina26. Le analisi dei dati hanno identificato numerosi geni differenzialmente espressi e si è quindi deciso di passare ad un approccio informatico per ridurne il numero. Questa analisi ha permesso di identificare 19 geni in 11 loci privi di geni causativi selezionandoli in base alla loro espressione rispetto librerie di cDNA prodotte da orecchio. Sono stati quindi identificati i geni omologhi in topo per 5 dei 19 geni, con lo scopo di verificare la loro rilevanza con la perdita uditiva. Per tutti questi 5 geni è stata confermata l’espressione nell’organo di corti in topo e con Real-time RT-PCR nelle linee cellulari transfettate impiegate negli esperimenti di microarray. Il progetto proseguirà ora con lo screening di mutazioni nei geni candidati in famiglie di pazienti selezionate.1233 1816 - PublicationLichens as indicators of ecological continuity in subalpine forests case studies in the Paneveggio Forest (NE Italy)(Università degli studi di Trieste, 2008-04-15)
;Nascimbene, JuriNimis, PierluigiIn the Italian Alps subalpine forests are still intensively managed for timber production. The increasing interest on near-to-nature silvicolture has favoured a scientific-based and multi-purpose management approach whose models are often developed on the basis of ecological studies in the remnant near-natural sites. This could apply also to lichens, whose role in biodiversity conservation in subalpine coniferous forests of the Italian Alps is still largely unknown. Thus, testing the relations between tree parameters, the availability of different types of Coarse Woody Debris (CWD) in different decay stages and the richness and composition of lichen communities in near-natural stands could be a first step to gather information for forest managers interested in conservation and in biodiversity assessment and monitoring. This thesis summarize the results of four case studies, carried out in near-natural sites in the Paneveggio Forest (NE Italy). They were focused on the evaluation of the influence of tree age and age-related parameters and CWD in shaping species richness and composition of lichen communities. In two complemetary sections the influence of forest management on epiphytic lichens and the suitability of a standard assessment of lichen diversity to predict total species richness are also evaluated. Tree-level lichen diversity and composition proved to be related to the main features of the trees such as age and size. Several lichens, including nationally rare species, are related to old trees (more than 200 years old), which are normally absent in managed forests. The macrolichen Letharia vulpina, which is a relatively dispersal limited species related to old-trees is suggested as a potential indicator of tree growth continuity. Its use as an indicator species is strongly enhanced since it is easily identifiable by non-specialists. Also CWD has an important role for lichen diversity in subalpine forests. Stumps, which are the main type of available CWD in managed stands, host several nationally rare species, which are related to different stages of wood decay. However, the presence of different types of CWD in different decay stages proved to enhance several nationally rare species, indicating that the retention of logs, snags and stumps should be included in management plans aiming at improving naturalistic silvicolture in the Alps. The relations between lichen communities and some structural features of mature forests such as over-mature trees and different types of CWD in different decay stages suggest their suitability for evaluating tree growth- and forest continuity, and conservation importance of subalpine forests of the Alps. Lichens should be therefore included in the framework of indicators which are used to evaluate the effectiveness of forest management for biodiversity conservation in the Alps.1101 1815 - PublicationRole of unconjugated bilirubin in the endothelial dysfunction.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-15)
;Mazzone, Graciela Lujan ;Tiribelli, ClaudioRigato, IginoAtherosclerosis, a progressive cardiovascular disease, is characterized by the accumulation of cholesterol in macrophage deposits (foam cells) and the formation of atherosclerotic plaques in the walls large- and medium- sized arteries. The earliest events in the development of atherosclerosis involve progressive modifications in the endothelial micro-environment. This endothelial dysfunction is a complex of multi-step mechanisms, for which reduced NO levels have been reported as a marker, is characterized by increasing expression of adhesion molecules (AMs), which mediate the diapedesis (migration) of inflammatory and immunocompetent cells through the endothelial layer into the arterial wall. NO is synthesized intracellularly by nitric oxide enzymes (eNOS and iNOS) and is regulated by a variety of stimuli. NO acts as an autocrine or paracrine hormone, as well as intracellular messenger, with a critical role in vascular endothelial growth factor-induced angiogenesis and vascular hyperpermeability in vitro. The over-expression of AMs is orchestrated by pro-inflammatory cytokines, particularly TNF-alpha. The two major subsets of AMs participating in these processes are the selectins, in particular E-selectin, and the immunoglobulin gene superfamily, in particular vascular cell adhesion molecule 1 (VCAM-1) and intercellular adhesion molecule 1 (ICAM-1). Transcriptional regulation of these inflammatory genes requires the participation of several proteins, inducible activators, as: NF-kappa B and (CRE)-binding protein (CREB). The most abundant form of NF-kappa B is an heterodimer of p50 and p65; which is sequestered in the cytoplasm in an inactive form through interaction with the I kappa B inhibitor proteins. Signals that induce NF-kappa B release dimmers to enter to the nucleus and induce gene expression. Pyrridoline dithiocarbamate (PDTC) a metal-chelating compound inhibits NF-kappa B by blocking ubiquitine ligase activity towards phosphorylated I kappa B, in turn downregulating the expression of E-selectin, VCAM-1 and ICAM-1. CREB is a widely expressed DNA-binding protein, downstream target of cAMP, activated by phosphorylation on serine 133. A regulatory site, on the gene promoters of both E-selectin and VCAM-1, binds both NF-kappa B and CREB transcription factors. Unconjugated bilirubin (UCB), long considered to be simply a waste end product of heme metabolism and a marker for hepatobiliary disorders, is now thought to function as an endogenous tissue protector by attenuating free radical-mediated damage to both lipids and proteins. There is increasing epidemiological evidence supporting an inverse association between cardiovascular disease and plasma levels of bilirubin. Recent studies indicated that bilirubin may be protective in the development of atherosclerotic diseases by inhibiting the proliferation of vascular smooth muscle cells by mechanisms yet to be established. It has been proposed that UCB can interfere with the atherosclerotic disease development by inhibiting the trans-endothelial vascular cell adhesion molecule (VCAM-1)-dependent migration of monocytes into the intima. The aim of this study is to investigate the effect of the UCB in the endothelial dysfunction. Specifically UCB effects on NO production, AMs expression and the regulatory transcription factors involve in the inflammatory response. Variable doses of free bilirubin (Bf) (the active form of UCB in plasma), simulating upper normal (15 nM) and modestly elevated levels (30 nM) for plasma, were evaluated in two models of endothelial cells. A) H5V, murine microvascular endothelial cell line, and B) HUVEC (Human Umbilical Vein Endothelial Cells), isolated from the vein of human umbilical cord. TNF-alpha (20 ng/mL) was added in order to reproduce, in vitro, the endothelial dysfunction and describe UCB contribution on its effects. UCB alone reduced the viability in H5V cells by MTT assay in a dose dependent manner after 24 hours while no effect was observed in the LDH released. In the first set of experiments NO production in H5V cells was evaluated, a time-depended increase on NO basal and a dose-dependent decrease on NO concentration after TNF-alpha (20 ng/mL) were observed. NO reduction related TNF-alpha was seen at all times studied. The effect of UCB was studied in co-treatments with TNF-alpha for 24 and 48 hours. UCB (Bf 15 and 30 nM) significantly reversed the reduction of nitrite content induced by TNF-alpha at 48 hours. The gene expression analysis was performed by Real Time PCR technology with specific primers for eNOS, iNOS, E-selectin, VCAM-1 and ICAM-1. In H5V cells, TNF-alpha increased the expression of all the genes studied (except eNOS) at 2, 6 and 24 hours. The co-treatment with UCB, at a Bf that did not themselves affect the expression of the three adhesion molecules, blunts the over-expression of E-selectin, Vcam-1 and iNOS induced by a pro-inflammatory cytokine such as TNF-alpha. The inhibitory effect of UCB was usually modest (20-30%) and detected at 2 and/or 6 hours, but had disappeared 24 hours. Furthermore, a synergistic effect between TNF-alpha and UCB was seen on the expression of iNOS at 24 hours, indicating a biphasic regulation. Moreover, no effects were seen on eNOS. Similar results were observed in the regulation of the gene expression of the AMs and viability in HUVEC cells, indicating the lack of species specific effect. However, no effect of TNF-alpha or UCB was seen in the expression of iNOS, eNOS or NO content. Western blot analysis in H5V cells confirmed that TNF-alpha induced the expression of E-selectin, VCAM-1 and ICAM-1 in a time-dependent manner. This effect was blunted after 24 hours by the presence of UCB (Bf 15 and 30 nM). The contribution of NF-kappa B pathway in UCB effects was investigated by addition of a specific inhibitor, PDTC. The co-treatment with PDTC and UCB for 2 hours produced an additive reduction of TNF-alpha effect on Eselectin, VCAM-1, and iNOS in H5V cells. In addition, UCB prevented the nuclear translocation of NF-kappa B induced by TNF-alpha. Failure of UCB to alter TNF-alpha -induced phosphorylation of CREB (at Ser 133) suggested that the CREB pathway was not involved in the UCB inhibition. The results obtained in the present study shows that unconjugated bilirubin, even at upper-normal physiological (15 nM) and mildly elevated (30 nM) Bf can modulate gene expression and endothelial cell function. Furthermore, UCB may regulate NO levels by a biphasic regulation of iNOS, and in addition influences the expression of the endothelial adhesion molecules. In summary, these data indicates that bilirubin limits the over-expression of the adhesion molecules and regulates the NO metabolism in the pro-inflammatory state induced by the cytokine TNF-alpha. Even though UCB alone does not alter these markers. UCB effects are mediated in part by a modulation of the NF-kappa B transcription factor. These results support the concept that modestly elevated concentrations of bilirubin may help prevent atherosclerotic disease as suggested by epidemiological studies.1279 1684 - PublicationAn investigation in the use of advanced remote sensing and geographic information system techniques for post-fire impact assessment on vegetation.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-15)
;Mitri, Georges Habib ;Feoli, EnricoGitas, IoannisGli incendi boschivi rappresentano uno dei maggiori problemi ambientali nella regione Mediterranea con vaste superfici colpite ogni estate. Una stima dell’impatto ambientale degli incendi (a breve e a lungo termine) richiede la raccolta di informazioni accurate post-incendio relative al tipo di incendio, all’intensità, alla rigenerazione forestale ed al ripristino della vegetazione. L’utilizzo di tecniche avanzate di telerilevamento può fornire un valido strumento per lo studio di questi fenomeni. L’importanza di queste ricerche è stata più volte sottolineata dalla Commissione Europea che si è concentrata sullo studio degli incendi boschivi ed il loro effetto sulla vegetazione attraverso lo sviluppo di adeguati metodi di stima dell’impatto e di mitigazione. Scopo di questo lavoro è la stima dell’impatto post-incendio sulla vegetazione in ambiente Mediterraneo per mezzo di immagini satellitari ad alta risoluzione, di rilievi a terra e mediante tecniche avanzate di analisi dei dati. Il lavoro ha riguardato lo sviluppo di un sistema per l’integrazione di dati telerilevati ad altissima risoluzione spaziale e spettrale. Per la stima dell’impatto a breve termine, un modello di classificazione ad oggetti è stato sviluppato utilizzando immagini Ikonos ad altissima risoluzione spaziale per cartografare il tipo di incendio, differenziando l’incendio radente dall’incendio di chioma. I risultati mostrano che la classificazione ad oggetti potrebbe essere utilizzata per distinguere con elevata accuratezza (87% di accuratezza complessiva) le due tipologie di incendio, in particolare nei boschi Mediterranei aperti. È stata inoltre valutata la capacità della classificazione ad oggetti di distinguere e cartografare tre livelli di intensità del fuoco utilizzando le immagini Ikonos e l’accuratezza del risultato è stimata all’ 83%. Per la stima dell’impatto a lungo termine, la mappatura della rigenerazione post-incendio (pino) e la ripresa della vegetazione arbustiva sono state valutate mediante tre approcci: 1) la classificazione ad oggetti di immagini ad altissima risoluzione QuickBird che ha permesso di mappare la ripresa della vegetazione e l’impatto sulla copertura a seguito dell’incendio distinguendo due livelli di intensità dell’incendio (accuratezza della classificazione 86%). 2) l’analisi statistica di dati iperspettrali rilevati in campo che ha permesso una riduzione del 97% del volume di dati e la selezione delle migliori 14 bande per discriminare l’età e le specie di pino e le 18 migliori bande per la caratterizzazione delle specie arbustive. Successivamente, i dati iperspettrali Hyperion sono stati utlizzati per mappare la rigenerazione forestale e la ripresa della vegetazione. L’accuratezza complessiva della classificazione è stata del 75.1% considerando due diverse specie di pino ed altre specie vegetali. 3) una classificazione ad oggetti che ha combinato l’analisi dei dati QuickBird ed Hyperion. Si è registrato un aumento dell’accuratezza della classificazione pari all’8.06% rispetto all’utilizzo dei soli dati Hyperion. Complessivamente, si osserva che strumenti avanzati di telerilevamento consentono di raccogliere le informazioni relative alle aree incendiate, la rigenerazione forestale e la ripresa della vegetazione in modo accurato e vantaggioso in termini di costi e tempi.1133 2306