05 Enigma Cina. Leggi, diritto e giustizia cinesi nella cultura europea tra ’700 e ’800
Permanent URI
Browse
Browsing 05 Enigma Cina. Leggi, diritto e giustizia cinesi nella cultura europea tra ’700 e ’800 by Issue Date
Now showing 1 - 1 of 1
Results Per Page
Sort Options
- PublicationEnigma Cina. Leggi, diritto e giustizia cinesi nella cultura europea tra ’700 e ’800(EUT Edizioni Università di Trieste, 2018)Abbattista, GuidoLa Cina ha per secoli attirato l’interesse di osservatori e commentatori europei, costretti però a misurarsi non solo con gli ostacoli posti dalla lingua, dalla prassi amministrativa e da una mentalità aliena dall’apertura verso gli stranieri, ma anche con le difficoltà di interpretazione di una realtà istituzionale e culturale profondamente diversa da quella occidentale. Se da un lato la Cina imperiale si configurava come un apparato burocratico complesso, caratterizzato da una struttura fortemente gerarchica e basato su prassi legislative molto articolate, dall’altro si presentava come un edificio politico-istituzionale di natura monarchica, fortemente centralizzato nella figura dell’imperatore e indissolubilmente legato alla tradizione e a un patrimonio secolare di leggi scritte. Nel ‘700, man mano che gli occidentali cercavano di stringere relazioni commerciali e politiche sempre più strette, apparve evidente questo paradosso: la Cina, paese straordinariamente ricco di risorse e in piena espansione economica, demografica e territoriale, restava ancorata alle antiche tradizioni al punto da generare tra aspetti di dinamismo e inerzia della tradizione un corto circuito che agli occhi degli occidentali apparve come causa di stazionarietà. Tutti questi elementi concorsero nei secoli, dalla metà del ‘500 all’800 inoltrato, alla formazione dell’“enigma Cina”, i cui lati di mistero e di ambiguità incominciarono ad essere meglio compresi grazie ai contributi di eruditi e missionari, autori di importanti traduzioni e compendi di testi classici del confucianesimo, alle quali si aggiunsero, agli inizi del sec. XIX, le prime traduzioni del Codice penale Qing. Il testo giuridico cinese, risalente all’epoca Tang (VII-X sec. d. C.), fu oggetto di frequenti ritocchi, modifiche e adattamenti, l’ultimo dei quali, nel 1805, fu quello adoperato dagli europei per le versioni in inglese, francese, spagnolo e italiano, dopo che già una parziale traduzione era stata eseguita in russo alla fine del ‘700. La disponibilità nelle maggiori lingue europee di un testo giuridico fondamentale per il funzionamento delle istituzioni imperiali Qing fu una acquisizione importantissima non solo per una migliore conoscenza delle istituzioni cinesi e delle concezioni giuridiche su cui esse si fondavano, ma anche per gli scopi pratici degli occidentali impegnati in attività di commercio sul territorio cinese. Era ormai tramontata l’epoca in cui la mediazione dei missionari gesuiti aveva prodotto rappresentazioni della Cina fortemente elogiative. Da qualche decennio l’interesse europeo stava rivolgendosi alla realtà concreta della vita politico-amministrativa e sociale dell’impero e nuove testimonianze stavano rivelando un paese ben diverso dalla civiltà oggetto della grande ammirazione di Gesuiti e Illuministi. Conoscere direttamente la lettera e la pratica delle diverse branche dell’amministrazione e in particolare della giustizia cinesi stava diventando fondamentale per tutelare gli interessi economici di occidentali ormai ben poco disposti all’ammirazione e, invece, sempre più inclini a considerare la Cina un paese tirannico, insicuro, inaffidabile, ma al tempo stesso un mercato che pareva riservare grandi promesse. Enigma Cina ripercorre le tappe fondamentali del dibattito europeo dal quale scaturirono immagini della Cina imperiale destinate a influenzare profondamente l’opinione pubblica dell’Occidente fino alla fine dell’epoca dinastica e anche successivamente.
400 682