01 Archivio delle filosofe 1
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Maddalena Bonelli, Elisa Caldarola, Laura Caponetto, Carlotta Cossutta, Antonella Del Prete, Francesca De Vecchi, Elisa Paganini, Sandra Plastina, Marina Sbisà
Introduzione
Isabella D'Angelo
Gayatri Spivak (1942-)
Roberto Franzini Tibaldeo
Ann Margaret Sharp (1942-2010)
Vittoria Franco
Ágnes Heller (1929-2019)
Maria Silvia Vaccarezza, Sofia Bonicalzi
Philippa Foot (1920-2010)
Giulia Castagliuolo
Simone de Beauvoir (1908-1986)
Elisa Ravasio
Hannah Arendt (1906-1975)
Enrico Galvagni
Sophie de Grouchy (1764-1822)
Elisa Orrù
Olympe de Gouges (1748-1793)
Elena Muceni
Laura Bassi (1711-1778)
Elena Muceni
Émilie Du Châtelet (1706-1749)
Emanuele Costa
Anne Finch Conway (1631-1679)
Donatella Izzo
Ipparchia di Maronea (IV a.C.)
Caterina Pellò
Donne pitagoriche (VI-IV a.C.)
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- PublicationIntroduzione(2023)
;Bonelli, Maddalena ;Caldarola, Elisa ;Caponetto, Laura ;Cossutta, Carlotta ;Del Prete, Antonella ;De Vecchi, Francesca ;Paganini, Elisa ;Plastina, SandraSbisà, MarinaL’Archivio delle filosofe è una pubblicazione scientifica online in forma di enciclopedia che raccoglie voci sulle donne filosofe. Si avvale del patrocinio di SWIP Italia (Società italiana per le donne in filosofia: https://swip-italia.org/).178 226 - PublicationHannah Arendt (1906-1975)(2023)Ravasio, ElisaHannah Arendt è forse una delle più significative filosofe del secolo scorso, pur non essendosi mai identificata apertamente come filosofa. Si definiva piuttosto una teorica della politica, ma non voleva che la sua attività di pensiero si confondesse con quell’attività muta che caratterizza la pura teoresi, così distaccata dal mondo della vita delle persone. I suoi interessi principali sono sempre stati la politica, le sue dinamiche, il modo in cui interpretare alcuni fatti, al fine di ripensare l’agire in termini il più possibile democratici. Pensatrice poliedrica, eclettica, critica, Hannah Arendt ha affrontato temi che riguardano trasversalmente tutta la storia del pensiero, recuperando riflessioni non solo moderne, ma anche antiche allo scopo di sensibilizzare le persone a rendersi responsabili di ciò che accade loro, da un punto di vista sia etico che politico. Secondo Arendt, infatti, le capacità di pensiero, di immaginazione e di giudizio che ciascuno dovrebbe possedere devono renderci consapevoli e responsabili delle nostre azioni quotidiane e – su larga scala – delle azioni che compiamo in ambito politico in qualità di cittadini. Lo scopo di una breve presentazione, seppur non esaustiva, del suo pensiero è quello di mostrare alcuni aspetti cruciali della sua riflessione facendo riferimento sia alla sua esperienza vissuta sia alle sue opere principali: la descrizione lascerà emergere come alcuni dei suoi concetti politico-filosofici più importanti traggano origine dall’intrecciarsi di vita e pensiero. In particolare, verrà sottolineato il modo in cui alcuni esempi tratti dalle conoscenze filosofiche di Arendt, come Socrate, o dalle sue esperienze personali, come nel caso della figura di Eichmann, abbiano influenzato in modo profondo il suo concetto di pensiero critico, considerato da lei propedeutico a un agire politico giusto.
173 437 - PublicationOlympe de Gouges (1748-1793)(2023)Orrù, ElisaOlympe de Gouges (Montauban 1748 – Parigi 1793) è generalmente nota come autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. Il documento, scritto nel 1791 in risposta alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, mette in luce la parzialità di quest’ultima, che, nonostante le rivendicazioni formalmente universalistiche, fu proclamata esclusivamente “da” e “per” esseri umani di sesso maschile. Nella sua dichiarazione, de Gouges rivendica il riconoscimento dei diritti civili e politici delle donne e anticipa così alcune delle istanze centrali del femminismo. L’approccio di de Gouges, inoltre, pur aderendo al paradigma teorico del giusnaturalismo, si distingue all’interno di quest’ultimo per modernità e coerenza. L’impegno politico e intellettuale di de Gouges non rimase confinato alla rivendicazione dei diritti delle donne. Ella si espresse infatti su molti dei temi centrali del dibattito pubblico francese negli anni della Rivoluzione, tra cui la sanità pubblica e le politiche sociali, la questione del voto per testa o per ordine, l’esecuzione di Luigi Capeto, il divorzio, la schiavitù e la tratta degli schiavi. De Gouges denunciò inoltre le ingiustizie che caratterizzavano la situazione delle donne, degli schiavi, dei meno abbienti, dei malati, delle partorienti, dei figli illegittimi, mostrando le cause strutturali e sociali della loro vulnerabilità. Alcune delle sue proposte furono fatte proprie e realizzate dal governo rivoluzionario, come quella riguardante l’introduzione di una tassa volontaria per risanare le casse statali. La produzione intellettuale di de Gouges include romanzi e racconti, opere teatrali, saggi filosofici, pamphlet, lettere aperte e altri scritti brevi, e consta di circa 150 opere. Il suo impegno politico, che in lei si saldò sempre strettamente al lavoro intellettuale, le costò infine la vita. Nell’estate del 1793 fu arrestata mentre cercava di affiggere un manifesto dal titolo Le Tre Urne, in cui suggeriva di far decidere al popolo francese quale fosse la forma migliore di governo per la Francia. Dopo alcuni mesi di prigionia e un processo sommario, fu condannata a morte. La sentenza fu eseguita il 3 novembre del 1793.
356 1298 - PublicationAnne Finch Conway (1631-1679)(2023)Costa, EmanuelePienamente inserita all’interno del ricco panorama culturale del Seicento inglese, Anne Conway (nata Finch) è una delle figure chiave all’interno della transizione dal neoplatonismo rinascimentale all’idealismo settecentesco. All’interno di questo percorso intellettuale si situa un netto rifiuto delle due correnti filosofiche prevalenti nel suo ambiente, vale a dire il dualismo di matrice cartesiana e il materialismo di Hobbes. Per contro, la filosofia di Conway opera un sincretismo originale e unico tra fonti diverse, incluse tradizioni di natura religiosa quali la Kabbalah ebraica e la spiritualità quacchera, per proporre una critica radicale al monismo panteista e al materialismo meccanicistico. La sua difesa dell’alterità divina, della semplicità mereologica di Dio e dell’incompatibilità di questa semplicità con l’eventuale materialità di Dio o la sua mutabilità si cristallizzano nell’elaborazione filosofica della monade come principio attivo. Per contro, Conway elabora invece un pensiero che vede nella comune radice spiritualista l’unica difesa possibile del monismo, e nella purificazione attraverso la sofferenza l’orizzonte essenziale della morale e della teleologia. Dal punto di vista metafisico, la teoria di maggior importanza proposta da Conway consiste in un monismo spiritualista, che unifica tutte le forme dell’essere nella loro comune origine spirituale, e che vede la materia come un risultato del peccato originale e della caduta. La comune origine di ogni cosa, tuttavia, non si riduce ad un monismo singolarista, che identificherebbe Dio e le creature. Conway, invece, difende una teoria triadica dell’essere, distinguendo Dio (colui che non ammette cambiamento) da Cristo (colui che ammette cambiamento, ma solo in direzione ameliorativa), ed entrambi dal creato e dalle creature (che ammettono cambiamento sia in senso positivo che negativo). Questa complessa nozione di cambiamento viene sviluppata, secondo Conway, in relazione alla giustizia distributiva dell’elemento divino, ed è dunque connessa a concezioni etiche dell’organizzazione metafisica del reale. Fedele al proprio impianto di base platonico, Conway associa la caduta degli spiriti alla loro trasmutazione in corpi, e ne prevede un escatologico esito spirituale, a sua volta garantito dalla giustizia divina e dalla loro trasformazione etica
108 787 - PublicationÁgnes Heller (1929-2019)(2023)Franco, VittoriaÁgnes Heller (Budapest 12 maggio 1929 – Balatonalmádi 19 luglio 2019) è stata un’interprete importante della storia e del pensiero occidentali, oltre che una protagonista e testimone del ’900, di cui ha vissuto in prima persona gli eventi più tragici, dal nazismo allo stalinismo. Di famiglia ebrea, anche se non osservante, fu perseguitata dai nazisti. Aveva 15 anni quando nel ’44 fu rinchiusa nel ghetto di Budapest insieme con la madre e vide suo padre – che per lei divenne un modello di vita - deportato ad Auschwitz dove fu ucciso. Si salvò «per caso» grazie all’arrivo dell’Armata rossa, ma tanti dei suoi amici e parenti restarono vittime della furia nazista. Un’esperienza traumatica che segnò anche il suo pensiero. Anche il regime comunista che fu instaurato in Ungheria nel dopoguerra non le risparmiò persecuzioni in quanto marxista dissidente. In più, nel 1956 parteggiò per la rivoluzione ungherese e nel 1968, insieme ad altri intellettuali europei, protestò contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Atteggiamenti che le costarono sempre nuove restrizioni della sua attività, tanto che a un certo punto le fu impedito di pubblicare e di insegnare nelle università ungheresi e nel 1977 fu costretta ad emigrare con la famiglia1, prima in Australia (La Trobe University) e poi (1986) negli USA, alla New School for Social Research. Ritornerà a Budapest dopo la fine dell’URSS. Il suo percorso di studi era iniziato come allieva del filosofo ungherese più noto e importante, György Lukács, del quale divenne allieva prediletta. Insieme ad altri discepoli più vicini al maestro, negli anni ’60 fu tra i fondatori della Scuola di Budapest2 che si proponeva un rinnovamento del marxismo rispetto alle interpretazioni sovietiche ufficiali che costituivano l’“ortodossia”. È stata infatti interprete, sia pure critica, del marxismo nel suo periodo ungherese, una marxista ribelle, con un approccio non economicistico, ma antropologico, umanistico.
103 258 - PublicationIpparchia di Maronea (IV a.C.)(2023)Izzo, DonatellaIpparchia fu una filosofa cinica vissuta nel IV secolo a.C.1. Quasi tutte le fonti in nostro possesso, tarde e piuttosto scarse, sono raccolte nelle Socratis et Socraticorum reliquiae di Gabriele Giannantoni (SSR V I). La fonte più ricca e importante è costituita da una sezione del sesto libro della Vite di Diogene Laerzio (VI 96-98). La Suda allude ad alcuni suoi scritti, dei quali non ci è rimasto nulla. Originaria di Maronea e cresciuta probabilmente in seno a una famiglia agiata, Ipparchia si innamora del cinico Cratete, povero e brutto, tra i cui discepoli figura anche suo fratello, Metrocle di Maronea. I familiari tentano di dissuaderla, e altrettanto fa lo stesso Cratete: «Lo sposo è questo; questi i suoi averi. Prendi una decisione in base a questo. Costui, infatti, non potrà essere tuo sposo, se tu non acquisirai anche il suo stesso modo di vivere» (Diogene Laerzio VI 96 = SSR V I 1). Nulla fa vacillare la ferma determinazione di Ipparchia, che, minacciato perfino il suicidio, ottiene infine di potersi unire al filosofo e di vivere secondo i principi della filosofia cinica. Rinuncia quindi a ogni forma di possesso materiale e si unisce a Cratete pubblicamente (si tratta della celebre κυνογαμία, il “matrimonio cinico”). La loro unione costituisce un unicum anche perché i Cinici erano contrari all’istituzione del matrimonio. L’incoerenza dei due filosofi è tuttavia solo apparente, se si considera che il loro ménage familiare non aveva nulla di convenzionale (mi riferisco anche all’educazione impartita ai figli) e che Ipparchia, come sottolineava Epitteto, era «[…] non una donna, ma un doppio di Cratete»2. Particolarmente noto è l’aneddoto ambientato alla corte di Lisimaco in cui Ipparchia, impassibile, tiene testa alle provocazioni del filosofo cirenaico Teodoro, rivendicando la scelta di dedicarsi alla sua educazione pur essendo una donna: «[…] ti sembra forse che io abbia preso una cattiva decisione riguardo a me stessa, se, il tempo che avrei sprecato presso i telai, l’ho messo invece a profitto della mia educazione?» (Diogene Laerzio VI 98= SSR V I 1). Le fonti, pur scarse, ci permettono dunque di apprezzare l'eccezionalità di questa figura, tra le rarissime donne filosofe del mondo antico, che, attraverso gli aneddoti di cui è protagonista, fa mostra di tutte le principali virtù ciniche: l’ἀναίδεια (“l’assenza di vergogna”), l’ἀδοξία (“la rinuncia alla buona reputazione”), l’εὐτέλεια (“la frugalità”), la καρτερία (“la resistenza”), l’ὀξύτης (“l’acume”), l’ἀδιαφορία (“l’indifferenza”) e la coerenza rispetto ai principi del βίος κατὰ φύσιν (“la vita secondo natura”), e del παραχαράττειν τὸ νόμισμα (“il falsificare la moneta corrente”).
165 337 - PublicationLaura Bassi (1711-1778)(2023)Muceni, ElenaLaura Maria Caterina Bassi (Bologna 1711-1778) è nota come una delle prime donne ad aver ottenuto il titolo di Dottore in filosofia (1732) e come la prima donna a cui è stata conferita una cattedra universitaria, in qualità di professore di Philosophia universa (1732) e, successivamente, di fisica sperimentale (1776). Nata in una famiglia borghese, Laura Bassi ricevette inizialmente un’istruzione tradizionale e, più tardi, filosofica, sotto la guida di un membro dell’Accademia delle Scienze di Bologna. Fu addestrata dal suo precettore a sostenere discussioni e dibattiti filosofici, che si svolgevano in presenza di un pubblico di aristocratici e accademici, e che portarono, nel 1732, alla sua candidatura al titolo di Dottore in filosofia all’Università di Bologna. Dapprima ammessa all’Accademia delle Scienze come membro onorario, Laura Bassi non solo conseguì il dottorato, ma ottenne anche l’autorizzazione a insegnare e un incarico remunerato come professore di Philosophia universa. Impossibilitata dalle norme accademiche a svolgere quest’attività in maniera regolare e a godere dei privilegi concessi agli altri membri dell’Accademia delle Scienze a causa della sua identità di genere, Bassi condusse e sviluppò inizialmente in maniera privata le sue attività di ricercatrice e di insegnante, avvalendosi di un laboratorio di fisica che allestì nel proprio domicilio insieme al marito Giuseppe Veratti, sposato nel 1738. Nel 1745 fu ammessa all’Accademia benedettina come membro soprannumerario e poté da quel momento insegnare regolarmente e presentare all’Accademia delle Scienze le sue ricerche (31 fra il 1746 e il 1777), due delle quali furono pubblicate negli annali di questa istituzione. A testimonianza della sua attività di studio e ricerca restano, oltre a questi contributi, altre due memorie, i titoli delle sue dissertazioni, le tesi sostenute per l’ottenimento del dottorato e dell’abilitazione a insegnare, la corrispondenza con diversi scienziati e uomini di lettere italiani e stranieri (come Algarotti, Nollet, Voltaire, Le Sage e Boscovich), alcuni componimenti poetici e una raccolta di Manoscritti miscellanei di diverso genere. L’insieme di questi lavori porta a considerare Laura Bassi – che nella sua prima lectio publica invita a orientare la curiosità filosofica verso lo studio della fisica, trascurando invece le questioni metafisiche – come una seguace dell’approccio scientifico e filosofico sperimentale di matrice newtoniana e dell’empirismo lockiano. Le testimonianze dei contemporanei permettono di stabilire che le sue lezioni consistevano in esposizioni teoriche, articolate attraverso l’illustrazione di diverse spiegazioni e ipotesi riguardo ai fenomeni fisici, in seguito verificate mediante esperimenti concreti. Dall’eclettismo che emerge dalle sue riflessioni e dalle sue ricerche – dedicate, in parte, a problemi di natura meccanico-matematica, e, in parte, a questioni di tipo fisico-sperimentale — si evince, oltre a un rifiuto del principio di autorità, una chiara autonomia di pensiero rispetto agli altri membri dell’Accademia. A partire dagli anni sessanta del Settecento, Laura Bassi rivolse particolare interesse allo studio dei fenomeni elettrici e delle loro applicazioni in medicina, in cui istruì, fra gli altri, Luigi Galvani. Nel 1776 le fu infine conferita la cattedra di fisica sperimentale all’Istituto delle Scienze dell’Università di Bologna. Morì due anni dopo, nel 1778.
104 203 - PublicationSophie de Grouchy (1764-1822)(2023)Galvagni, EnricoSophie de Grouchy (1764-1822) è stata una filosofa, traduttrice, pittrice e salonnière francese. Il suo nome è stato a lungo associato negli ambienti accademici francofoni a quello di Adam Smith e alla sua Teoria dei Sentimenti Morali che la filosofa traduce (in francese) e dà alle stampe nel 1798. Affascinata dalle idee del pensatore scozzese, de Grouchy sviluppa una sua risposta critica alle teorie di Smith che pubblica in forma epistolare in appendice alla traduzione. Questo testo è oggi noto come Lettere sulla simpatia (Lettres sur la Sympathie) ed è considerato la maggiore opera filosofica di de Grouchy. In queste otto lettere, la filosofa sviluppa una sua originale teoria morale. La seguente voce analizza alcuni dei temi fondamentali contenuti nelle Lettere. Le prime due sezioni sono dedicate ad un breve profilo della vita di Sophie de Grouchy e alla sua importanza per la diffusione del pensiero di Smith. Segue una terza sezione in cui si presentano alcune delle principali idee di de Grouchy strutturate attorno a quattro temi centrali: sensibilità, educazione, emozione e femminismo. Seguendo a grandi linee il testo di de Grouchy, il primo tema affrontato è l’idea di sviluppo morale attraverso esperienze dolorose vissute in prima persona. Secondo tema portante nelle Lettere è quello dell’educazione infantile, che de Grouchy analizza elaborando elementi dal pensiero di Locke e Rousseau. Terzo tema di questa voce è l’importanza che de Grouchy attribuisce ai fenomeni emotivi, argomento che avvicina, nel suo pensiero, etica ed estetica. Infine, ultimo tema affrontato è quello del proto-femminismo che de Grouchy formula attraverso una critica del matrimonio come istituzione oppressiva.
196 242 - PublicationDonne pitagoriche (VI-IV a.C.)(2023)Pellò, CaterinaCon “donne pitagoriche” si intende un gruppo di donne, esponenti del pitagorismo antico. Le donne pitagoriche possono essere divise in due gruppi: le donne pitagoriche del VI-IV secolo a.C., che fanno parte delle prime comunità pitagoriche, principalmente in Magna Grecia, e alcune delle quali sono componenti della famiglia dello stesso Pitagora; e le donne pitagoriche dell’età ellenistica e imperiale, tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C., a cui è attribuita una serie di lettere e trattati di contenuto filosofico. Questa voce si occupa delle donne pitagoriche del VI-IV secolo, con l’obiettivo di esaminare le fonti che riportano informazioni a loro riguardo e stabilire le forme di partecipazione femminile alla filosofia e stile di vita pitagorici. Le fonti sulle donne pitagoriche del VI-IV secolo possono essere divise in due gruppi: i riferimenti alle discepole di Pitagora nelle biografie di Dicearco e Aristosseno, e le testimonianze sulle donne della famiglia di Pitagora. Dicearco e Aristosseno scrivono che, in età classica, Pitagora era noto per includere donne nei suoi circoli intellettuali. Le discepole sono menzionate solo in breve e in riferimento a Pitagora stesso che, in quanto eccellente oratore, è in grado di educare sia donne che uomini. Inoltre, i frammenti di Antistene e Dicearco implicano che, pur essendo ammesse alle lezioni di Pitagora, le discepole erano educate separatamente dagli uomini e su argomenti ritenuti idonei al genere femminile. Ci sono invece giunte più informazioni riguardo alle donne della famiglia di Pitagora, come la moglie Teano e la figlia Mia, che sembrano essersi distinte come autorità intellettuali. La conclusione è che i Pitagorici furono la prima comunità filosofica in Grecia ad ammettere e educare le donne. L’ammissione nella comunità, a sua volta, aprì la strada alla possibilità di interagire ulteriormente con il pensiero pitagorico. Le fonti suggeriscono che le donne fossero incluse nelle comunità pitagoriche non solo come madri, mogli, sorelle e figlie, ma anche in quanto discepole e in quanto praticanti di uno stile di vita conforme agli insegnamenti di Pitagora.
323 912 - PublicationAnn Margaret Sharp (1942-2010)(2023)Franzini Tibaldeo, RobertoAnn Margaret Sharp (1942-2010) – co-fondatrice, con Matthew Lipman, della celebre proposta filosofico-educativa nota come “Philosophy for Children” (P4C), ora diffusa in tutto il mondo – sviluppò le proprie convinzioni circa la rilevanza della filosofia e dell’indagine filosofica per l’educazione seguendo un percorso parallelo e indipendente rispetto a quello seguito dallo stesso Lipman. A partire dal loro provvidenziale incontro avvenuto nel 1973, Lipman e Sharp svilupparono congiuntamente il programma educativo della P4C, che culminò nel relativo curricolo formativo per la scuola dell’obbligo composto di racconti filosofici e manuali per insegnanti, oggi tradotti in molte lingue e diffusi in tutto il mondo. Ciascuno dei fondatori apportò un contributo insostituibile per la buona riuscita del progetto: Lipman in termini organizzativi e gestionali, Sharp dal punto di vista della didattica e del team building. Inoltre, entrambi si impegnarono in ugual misura nel networking nazionale e internazionale, nella formazione degli insegnanti e nella riflessione teorica sulla propria esperienza educativa, il cui risultato fu una nutrita serie di lavori accademici e scientifici, pubblicati in rivista e in volume. Tuttavia, occorre anche dire che per molto tempo lo specifico contributo scientifico di Sharp è passato sotto silenzio e non è stato adeguatamente riconosciuto, mentre solo di recente si nota un’inversione di tendenza. Quest’omissione è tanto più problematica se si considera che fu proprio per merito di Ann Sharp se la teoria e la pratica della P4C a livello mondiale poterono beneficiare dell’apporto di questioni teologiche, spirituali, etiche ed ecologiche, nonché di una prospettiva di genere e femminista interessante e innovativa, capace di valorizzare temi come l’identità personale, la corporeità e il dialogo tra diversità, così come sviluppare gli aspetti estetici, emozionali e relazionali della comunità di ricerca filosofica. Con ogni probabilità furono proprio questi aspetti a rivelarsi di fondamentale importanza per il successo della “Philosophy for Children” a livello mondiale.
128 254 - PublicationPhilippa Foot (1920-2010)(2023)
;Vaccarezza, Maria SilviaBonicalzi, SofiaPhilippa Foot (1920-2010), filosofa di matrice oxoniense e poi a lungo impegnata negli Stati Uniti, occupa un posto di primo piano nella riflessione etica novecentesca, soprattutto in forza del contributo offerto alla rinascita dell’etica della virtù. L’influenza del pensiero di Foot spazia dalla metaetica all’etica normativa, dalla bioetica alla robotica – anche grazie alla diffusione del noto esperimento mentale del carrello ferroviario. Nel contributo, ripercorreremo cronologicamente il pensiero di Foot attraverso le sue tre opere principali, evidenziandone le svolte radicali e il legame profondo con Aristotele e la tradizione aristotelica, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo del naturalismo in chiave anti-mooreana e il ritorno all’etica della virtù in opposizione ai paradigmi deontologisti e utilitaristi. In particolare, la raccolta Virtues and Vices and Other Essays in Moral Philosophy (1978), che contiene i saggi dei vent’anni precedenti, sviluppa una critica alle metaetiche emotiviste e prescrittiviste e alle coeve prospettive soggettivistiche e volontaristiche. Queste vengono infatti intese come prospettive derivative rispetto all’antinaturalismo di Moore e secondo cui i giudizi morali non hanno valore cognitivo, ma esprimono approvazione (es. l’emotivismo di Ayer) o prescrivono modelli di comportamento (es. il prescrittivismo di Hare). Nei saggi, Foot, a partire dal rifiuto della dicotomia fatti/valori, propone inoltre la fondazione della morale su una teoria delle virtù e dei vizi, di ispirazione tommasiana e ancorata a una metaetica naturalista. La seconda raccolta Moral Dilemmas and Other Topics in Moral Philosophy (2002), che comprende i lavori apparsi nei vent’anni successivi, fa da tramite ideale tra la prima e la terza fase, questa sì di radicale discontinuità, nel pensiero footiano. Fra gli elementi più caratterizzanti della raccolta spicca il superamento dell’internalismo, che era invece ancora dominante in Virtues and Vices, sulla razionalità pratica. Infine, Natural Goodness (2001), l’unica monografia di Foot, prende le mosse dalla critica alla fallacia naturalistica di Moore, con l’obiettivo è di sviluppare un naturalismo aristotelico opposto a qualsiasi tipo di soggettivismo non naturalista, sia esso emotivista o prescrittivista.135 351 - PublicationSimone de Beauvoir (1908-1986)(2023)Castagliuolo, GiuliaSimone de Beauvoir non si considerava una filosofa; eppure, attraversando – grazie ai suoi saggi e, soprattutto, alle sue memorie e all’epistolario – ciò che resta della sua vita, l’impressione che si ha va in tutt’altro senso. Nel tentativo di comprendere il problema del contrasto tra l’io e gli altri, ella incontra la fenomenologia husserliana, quella heideggeriana e la filosofia hegeliana. Da ognuno di questi indirizzi trae in modo originale delle suggestioni che la porteranno alla tematizzazione del concetto di «solidarietà metafisica», presentato in questa sede come rilevante al fine di sottolineare l’unitarietà e il valore filosofico dell’opera beauvoiriana. A partire da questi presupposti e dalla graduale comprensione che essere un tutt’uno con il compagno di una vita, Jean-Paul Sartre, non sia altro che una mera illusione, de Beauvoir giunge finalmente a domandarsi: che significato ha per me essere una donna? Da questa domanda prende così avvio la poderosa indagine antropologica, condotta nei due volumi di quello che può essere considerato a pieno titolo uno dei testi fondativi del femminismo contemporaneo: Il secondo sesso (1949), di cui si cercherà di evidenziare – seppur brevemente – l’attualità. La tesi che viene espressa in quest’opera è rivoluzionaria, nella misura in cui – partendo dal presupposto che la subalternità femminile non è un dato naturale e quindi non può essere spiegata in termini biologici, economici o psicologici – Simone de Beauvoir sostiene che la femmina umana non sia nata donna, ma lo sia diventata, accettando di ricoprire un ruolo di dipendenza e inferiorità. Allo stesso tempo, proprio perché «donne si diventa» e le differenze che separano queste ultime dagli uomini sono di ordine culturale piuttosto che naturale, tale stato di subalternità può e deve cambiare. Se da una parte, la donna viene ritenuta responsabile tanto quanto l’uomo, nella misura in cui sceglie di mantenere invariata questa condizione di subalternità; dall’altra, essa assume a tutti gli effetti la dignità di un essere umano che, conservando in sé la possibilità costitutiva di decidere come agire, può trasformare attivamente la realtà.
168 383 - PublicationÉmilie Du Châtelet (1706-1749)(2023)Muceni, ElenaÉmilie Du Châtelet (1706-1749) è la più celebre fra le filosofe francesi del Settecento, ed è nota principalmente come fisica, matematica e traduttrice. Compagna e collaboratrice di Voltaire, fu la prima donna francese a vedere una propria ricerca pubblicata dall’Accademia delle Scienze di Parigi e a essere accolta come membro onorario da un’altra Accademia delle Scienze (Bologna). È stata inoltre la prima donna europea a pubblicare un manuale di fisica. Nata nel 1706 a Parigi, in una famiglia aristocratica che le fornì un’educazione “maschile”, Émilie-Gabrielle Le Tonnelier de Breteuil divenne marchesa Du Châtelet nel 1725, sposando un nobile ufficiale dell’esercito. Frequentando i salons entrò in contatto con diversi rappresentanti dell’Accademia delle Scienze di Parigi che la incoraggiarono a riprendere e sviluppare lo studio delle scienze matematiche e della filosofia. Nei primi anni trenta del Settecento conobbe Voltaire, con cui convisse per diversi anni, realizzando, nel castello di Cirey-sur-Blaise, una sorta di accademia privata che fu teatro di un’intensa, e spesso sinergica, attività di ricerca e produzione letteraria e scientifica. Approcciatasi alla filosofia attraverso la traduzione di autori radicali inglesi, orientò in seguito i suoi interessi principalmente verso la geometria e la fisica contemporanee (in particolare l’ottica). Esito di queste ricerche, insieme teoriche e pratiche (aveva infatti a disposizione un laboratorio per gli esperimenti) fu la pubblicazione, dapprima, di uno studio sulla natura del fuoco (stampato nel 1739) e, in seguito, di un manuale di fisica, le Institutions de physique (1740). Questo testo rivela chiaramente un’adesione alla fisica newtoniana, che si accompagna, tuttavia, in maniera originale, all’adozione di diversi aspetti della metafisica leibniziana, posta dall’autrice a fondamento di quella. Di Leibniz, Du Châtelet riprende anche la concezione della vis viva, che difese contro le critiche del segretario dell’Accademia delle Scienze di Parigi, Dortous de Mairan, in uno scambio polemico ugualmente pubblicato. Intraprese anche il progetto di una traduzione francese annotata e accompagnata da un commentario dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Newton, che portò a compimento qualche giorno prima di morire, nel 1749. Questo testo, così come un Discours sur le bonheur, furono pubblicati postumi. Oltre a questi lavori, Émilie Du Châtelet ha lasciato diversi manoscritti (alcuni dei quali recentemente pubblicati), fra cui il più importante è un voluminoso studio– ribattezzato Examens de la Bible – contenente una critica demistificatoria, di impronta radicale, delle sacre scritture.
94 134 - PublicationGayatri Spivak (1942-)(2023)D'Angelo, IsabellaIl presente profilo restituisce vita, opere e pensiero di Gayatri Chakravorty Spivak (1942-), evidenziandone il ruolo di esponente di spicco degli studi postcoloniali, corrente di pensiero che Spivak contribuisce a configurare con la messa a punto di una complessa e continua interrogazione del nostro presente, attraverso l’elaborazione di una critica postcoloniale. In particolare, si vuole mettere in luce l’originale intreccio che l’autrice, all’incrocio interdisciplinare fra studi letterari, filosofia e critica culturale, fa di decostruzione, critica marxista e femminismo, in modo tale che ciascuno faccia da interruzione e “supplemento” agli altri. A tal fine, viene preso in esame il rapporto di Spivak con tali correnti di pensiero, per mostrarne l’originale reinterpretazione e uso, a partire dalla ricezione e dalla rielaborazione del pensiero di Derrida e di quello di Marx. In particolare, il presente profilo si sofferma poi più a lungo sul pensiero femminista di Spivak, rispetto alla sua riflessione sulla figura della donna subalterna (post)coloniale, e al suo rapporto col femminismo “internazionale”: Spivak problematizza la possibilità di una comunità delle donne, nello stesso momento in cui ne indica la desiderabilità. Di Spivak viene quindi messa in luce l’innovativa concettualizzazione della categoria e della figura della donna “subalterna”, problematizzata rispetto alla riflessione gramsciana e all’elaborazione che di questa vien fatta dalla storiografia indiana dei Subaltern Studies: nell’analisi di Spivak, la donna subalterna è una figura presa fra patriarcato e imperialismo, e oggetto di sfruttamento da parte del capitalismo globale. In questo senso, viene ricordata la nota interrogazione di Spivak sulla possibilità di parola della donna subalterna, e le diverse connotazioni della subalternità che l’autrice offre in diversi luoghi della sua opera. In ciò, viene messa in luce la riflessione di Spivak sulla “singolarità della subalterna”. Da ultimo, viene ricordata la riflessione più recente di Spivak sulla «giustizia ecologica non eurocentrica», che mobilita in modo originale l’idea e l’immagine del pianeta.
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