11. Incontri di filologia classica (2011-2012)
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CONTENTS/SOMMARIO
Luca Mondin
Il programma poetico di Lucilio: ipotesi sul XXVI libro delle satire
Agostino Longo
Michele Curnis
Il capitolo Peri rhetorikes dell’Anthologion di Giovanni Stobeo
Paolo Esposito
La fine di Orfeo e le matres / nurus Ciconum: tra Virgiio e Ovidio
Paolo d’Alessandro
Carmina figurata, carmi antitetici e il Pelecus di Simia
Luca Graverini
‘Of Mice and Poets’. Callimaco e Virgilio in Orazio, sat. II 6
Giuliano Boccali
Kalidāsa, Kumārasambhava, ‘L’origne di Kumāra’: lettura di I, 19-51
Francesco Valerio
Aduersaria Agathiana. Per una nuova edizione degli epigrammi
Claudio De Stefani
Per una nuova edizione degli epigrammi di Paolo Silenziario
Gianfranco Agosti
Ancora sullo stile delle iscrizioni metriche tardo antiche
Enrico Magnelli
Sui monosillabi nel pentametro: elegia ed epigramma
Luca Mondin
Riscrivere la storia: Alc. Mess. 4 G.P. ed Epigr. Bob. 71
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- PublicationRiscrivere la storia: Alc. Mess. 4 G.P. ed Epigr. Bob. 71(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Mondin, LucaL’articolo tenta di dimostrare che la versione autentica di Alc. Mess. IV G.-P. = AP VII 247 è quella tramandata da Plutarco, Flam. 9,2 (sei versi, con la lezione νώτῳ a v. 1), e che la forma breuior della Palatina e della Planudea (quattro versi, con τύμβῳ a v. 1), spesso considerata variante d’autore, è frutto di un successivo arrangiamento avvenuto in sede antologica. Quanto a Epigr. Bob. 71, esso è opera di un traduttore tardolatino che rielabora il testo plenior, ma con la lezione τύμβῳ a v. 1; la sostituzione di Tyrrhenum all’originario Αἰτωλῶν di v. 3, come aveva visto Franco Munari, risponde alla volontà di riscrivere in senso nazionalistico la storia della battaglia del 197 a.C. obliterando il contributo etolico alla vittoria di Flaminino sull’esercito di Filippo V di Macedonia. This paper attempts to demonstrate that the authentic text of Alc. Mess. IV G.-P. = AP VII 247 on the battle of Cynoscephalae is preserved by Plutarch, Flam. 9.2 (six lines, with the reading νώτῳ in l. 1), while the shorter form of the Anthology (four lines, with τύμβῳ in l. 1) is more likely to be a later arrangement than an authorial variant of the epigram. As for Epigr. Bob. 71, it is the work of a late Latin translator adapting the six-line poem of Alcaeus, but with τύμβῳ in l. 1; the replacement of the original Αἰτωλῶν with Tyrrhenum in l. 3 is, as Franco Munari saw, a nationalist-oriented alteration, designed to obliterate the Aetolian contribution to the Flamininus’ victory over Philip V of Macedonia in 197 BC.
1211 2186 - PublicationAduersaria Agathiana. Per una nuova edizione degli epigrammi(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Francesco, ValerioIl contributo prende in esame tre epigrammi di Agazia Scolastico, che presentano problemi di carattere testuale e metrico: AP V 237 = 86 Viansino, AP V 273 = 76 Viansino, APl 331 = 15 Viansino. This paper examines three epigrams by Agathias Scholasticus presenting textual and metrical difficulties: AP V 237 = 86 Viansino, AP V 273 = 76 Viansino, APl 331 = 15 Viansino.
911 2479 - PublicationIndice dei nomi antichi, medievali, bizantini, rinascimentali, moderni, dei poeti, degli scrittori, delle opere anonime e degli artisti(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)
783 639 - PublicationSui monosillabi nel pentametro: elegia ed epigramma(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Magnelli, EnricoQuesto studio offre un’analisi di prima mano sull’uso di monosillabi alla fine del primo emisticho del pentametro, nell’elegia e nell’epigramma greco fino all’età di Giustiniano. Nessun tipo di restrizione sembra riguardare i monosillabi appartenenti a una ‘parola metrica’. I dati riguardanti i monosillabi indipendenti – ossia non appositivi e non preceduti da un’appositiva – sono meno facili da interpretare, e non è chiaro se i poeti greci cercassero di evitarne la collocazione in quella sede (benché almeno Gregorio di Nazianzo, nei suoi carmi elegiaci, sicuramente la evitasse). This paper offer a fresh analysis of the use of monosyllabic words at the end of the first hemistich of the Greek pentameter, in both elegy and epigram, down to the age of Justinian. No kind of restriction seems to apply to monosyllables belonging to a metrical unit. The behaviour of independent monosyllables – i.e. neither appositive nor preceded by an appositive word – it is less easy to understand, and it is not sure that Greek poets tried to avoid them in that place (though Gregory of Nazianzus, for one, certainly did in his elegiac poems).
1031 2355 - PublicationCarmina figurata, carmi antitetici e il Pelecus di Simia(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)d’Alessandro, PaoloTra i cosiddetti carmina figurata, gli Πτέρυγες, l’ Ὠιόν e il Πέλεκυς di Simia sono ποιήματα ντιθετικά, secondo la definizione di Efestione (pp. 61,19-62,6 e 68,7-13 Consbruch). Nell’ Ὠιόν e nel Πέλεκυς, inoltre, la sequenza dei versi all’interno delle strofi è sorprendentemente differente da quella in cui i versi stessi devono essere letti. Tale caratteristica è dovuta all’intelletualistico realismo raffigurativo del poeta ellenistico. Among the so-called carmina figurata, Simias’ Πτέρυγες, Ὠιόν and Πέλεκυς are ποιήματα ντιθετικά, according to Hephaest. pp. 61,19-62,6 e 68,7-13 Consbruch, but the lines of Ὠιόν and Πέλεκυς are to be read in a different order from that in which they are arranged. This characteristic is due to the intellettualistic representational realism of the Hellenistic poet.
1520 4525 - PublicationIl programma poetico di Lucilio: ipotesi sul XXVI libro delle satire(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Mondin, LucaLe più attendibili ricostruzioni del XXVI libro di Lucilio (il primo composto dal poeta ai suoi esordi), dovute agli studi di Christes (1971) e di Garbugino (1990), si sono fondate su un’attenta disamina del sistema di citazione di Nonio Marcello intesa a individuare l’originaria struttura tematica del testo. Una revisione del loro procedimento conferma la validità del metodo seguito e l’utilità della cosiddetta lex Lindsay per il riordino dei frammenti luciliani, ma approda a una proposta ricostruttiva parzialmente diversa: in particolare, dalla nuova analisi non emergono concrete ragioni filologiche per continuare a ipotizzare una satira proemiale di tenore programmatico, come vuole la communis opinio da Marx e Cichorius in poi, ma una concentrazione di tutti i frammenti poetologici nella seconda metà del libro. Qui le tre sequenze tematiche ‘Critica della poesia tragica-Apologia della satira-Recusatio della poesia epica’ sembrano individuare la struttura tripartita di un’unica, lunga satira di argomento letterario, in cui la definizione del genere prescelto da Lucilio occupa una posizione centrale rispetto al discorso sui due generi diversamente rifiutati. In the two most reliable reconstructions of the 26th book of Lucilius (in fact, the first which the poet composed on his debut), Christes (1971) and Garbugino (1990) adopt a careful analysis of Nonius Marcellus’ quotation system in order to identify the thematic structure of the original text. A review of their results confirms the validity of their methodology and the usefulness of the so-called lex Lindsay for the rearrangement of Lucilius’ textual remains but, at the same time, it suggests a partially different reconstruction. There is no philological reason to adhere to the idea that the 26th book opened with a proemial satire of programmatic content, which has been the communis opinio since Marx and Cichorius; the new analysis might rather suggest that all the poetological fragments cluster in the second half of the book, where the threefold thematic sequence ‘Critique of tragic poetry-Apology of satire-Recusatio of epic poetry’ seems to outline the structure of a long, single satire in dialogue form and dealing with literature. In this satire, the definition of Lucilius’ favourite genre holds the central place between the sections devoted to the other two genres, tragic and epic poetry, both of which the poet rejects on different grounds.
1742 3937 - PublicationPer una nuova edizione degli epigrammi di Paolo Silenziario(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)De Stefani, ClaudioL’autore presenta alcuni problemi filologici in vista di una nuova edizione degli epigrammi di Paolo Silenziario: una nuova interpretazione di un passo (AP V 268,6), una difesa del testo tràdito (AP V 275,7), un’emendazione a un passo corrotto (AP VI 168,6) e una nuova analisi del problema delle doppie attribuzioni (AP VII 600). The author scrutinizes a few philological problems towards a new edition of the Epigrams of Paul the Silentiary: he proposes a new interpretation of a verse (AP V 268,6), a defence of the MS tradition against a recent conjecture (AP V 275,7), a new emendation of a corrupt passage (AP VI 168,6) and finally a new analysis of an epigram whose attribution is uncertain (AP VII 600).
1259 3337 - PublicationIncontri triestini di Filologia Classica XI-2011/2012(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Gli Incontri di filologia classica (INCF) sono una rivista scientifica internazionale a cadenza annuale. Nata per accogliere le relazioni discusse da studiosi appositamente invitati all’interno dei seminari che si tenevano presso l’Università di Trieste (da qui il titolo Incontri triestini di filologia classica, conservato fino al volume IX), la rivista pubblica, previa valutazione, contributi inviati alla redazione e/o discussi nell’ambito di incontri scientifici in Italia e all’estero.
1080 5495 - Publication‘Of Mice and Poets’. Callimaco e Virgilio in Orazio, sat. II 6(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Graverini, LucaLa Satira II 6 di Orazio contiene alcuni sottili riferimenti a passi importanti degli Aitia callimachei e delle Bucoliche virgiliane. Questi riferimenti sono attivi anche nei versi finali della satira dove il topo di campagna saluta il topo di città, e danno alla conclusione della anilis fabella di Cervio un significato non solo etico, ma anche metapoetico. Il rapporto di Orazio con i suoi predecessori è trattato con ironia e auto-ironia, e non implica un’adesione totale ai loro principi poetici. Horace’s Satire II 6 contains a few subtle references to important passages of Callimachus’ Aitia and Vergil’s Eclogues. These references also occur in the two final verses of the Satire where the country mouse says farewell to the city mouse; they provide the ending of Cervius’ anilis fabella with a meaning that is not only ethical, but also metapoetical. Horace’s relationship with his predecessors and models is treated with irony and self-irony, and does not imply a total acceptance of their poetic stances.
1105 5935 - PublicationLa fine di Orfeo e le matres / nurus Ciconum: tra Virgiio e Ovidio(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Esposito, PaoloVirgilio, in georg. IV 520, definisce le artefici dell’uccisione di Orfeo matres Ciconum. Ovidio (met. XI 3), che pure non ne nega la natura speciale di baccanti, le definisce nurus Ciconum e così sottolinea la loro condizione di fanciulle da marito, che hanno subito l’onta del rifiuto da colui al quale intendevano unirsi. Tra una versione e l’altra, cambia la caratterizzazione delle donne punitrici, in Virgilio generiche donne (matrone), in Ovidio nubiles o sponsae. Si tratta, da parte di Ovidio, di un’abile e sottile modifica, che sposta il tono della scena dalla sacralità del resoconto virgiliano al contesto, tutto umano, di una vendetta per un amore non corrisposto. Virgil, at georg. IV 520, defines the murderers of Orpheus as matres Ciconum. Ovid (met. XI 3), which also does not negate their special nature of Bacchantes, calls them nurus Ciconum and so underlines their status as girls of marriageable age, who suffered the shame of rejection by those to whom they intended to join. Between the two versions of what happened, occurs a change concerning to characterizations of women authors of the punishment, which in Virgil are generic women (matronae), while in Ovid become nubiles or sponsae. Ovid, therefore, makes a clever and subtle change, which shifts the tone of the scene, from the sacredness of the story as narrated in Virgil, to a purely human revenge for an unrequited love, which seems to be the keynote of the ovidian tale.
1216 6454 - PublicationKalidāsa, Kumārasambhava, ‘L’origne di Kumāra’: lettura di I, 19-51(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Boccali, GiulianoDopo una breve introduzione, che mette in luce le caratteristiche della poesia indiana classica (chiamata kavya con il termine originale sanscrito), si presenta la traduzione italiana del I canto di un poema famosissimo. Il commento che accompagna ogni quartina ha lo scopo di illuminare per il lettore non specialista alcuni elementi dell’immaginario letterario che l’Autore esibisce nel testo e la sofisticata costruzione retorica e letteraria delle strofe. A short introduction, which highlights the features of classical Indian poetry (or kavya, in the original Sanskrit word), is followed by the Italian translation of the I canto of a very famous poem. The comment accompanying each stanza fulfils the purpose of clarifying to the non-specialised reader some elements of the literary imagery that the author displays in the text, as well as the sophisticated rhetorical and literary construction of the verses.
971 4144 - PublicationAncora sullo stile delle iscrizioni metriche tardo antiche(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Agosti, GianfrancoL’articolo studia il rapporto della poesia epigrafica tardo antica con il cosiddetto ‘stile moderno’ dell’epica letteraria (lo stile di Nonno e dei suoi seguaci), attraverso l’analisi di alcuni casi esemplari, come l’epigramma frammentario edito in SEG 56.1921 (Gerasa, Giordania; 362/363 d.C.); e gli epigrammata longa di Achaïe II 37 Rizakis = SEG 13.277 (Patrasso, IV/V sec.) e SEG 24.1243 (Egitto, seconda metà del V sec.?). Lo studio della metrica e della lingua di questi epigrammi permette di definire meglio la formazione dello stile moderno; e di comprendere dal punto di vista storico-sociale le dinamiche di diffusione del gusto letterario, l’incidenza della formazione scolastica, le attese dei committenti. Viene infine ribadita l’utilità dell’analisi stilistica per una migliore comprensione della poesia epigrafica, purché si adotti una visione che tenga conto della complessa convivenza di molteplici stili, forme e temi che è tipica della tarda antichità (con esempi tratti da SGO 19/17/05 = I.K. Anazarbos I 58, Anazarbo, ca. 516; SGO 02/09/17 = ala2004.31, Afrodisia IV sec.; GVI 1907 = SEG 34.1003 = 495 Samama, Milano, fine IV/inizio V sec.). The article deals with the style and language of Late antique epigraphical poetry and its relationship with the so-called ‘modern style’, typical of the literary epic (of Nonnus of Panopolis and his followers), through the analysis of some case studies, such as the fragmentary epigram of SEG 56.1921 ( Jerash; 362/363 CE); or epigrammata longa such as Achaïe II 37 Rizakis = SEG 13.277 (Patras, IV/V c. CE) and SEG 24.1243 (Egypt, second half of the Vth century CE?). Categories as ‘anticipation’, proper imitation, and similarity, both in metrics and in language, to the Nonnian style, if applied to epigraphical poetry are helpful to better understand the dynamics of diffusion of literary taste, the incidence of school education, the expectations of patrons and audiences. In the last part of the article I suggest to take account not only of a ‘reference norm’ (as the Nonnian style), but also of the complex play of multiple styles, forms, and themes which is a typical feature of Late antique culture and society. I briefly discuss some examples, as SGO 19/17/05 = I.K. Anazarbos I 58, Anazarbus, 516 CE; SGO 02/09/17 = ala2004.31, Aphrodisias IV c. CE; GVI 1907 = SEG 34.1003 = 495 Samama, Milan, end of the IV/beginning of the Vth c. CE).
969 1618 - PublicationIl capitolo Peri rhetorikes dell’Anthologion di Giovanni Stobeo(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Curnis, MicheleSe il problema centrale della letteratura di raccolta greca è costituito dall’affidabilità della sua tradizione manoscritta (quanti compilatori ‘secondari’ hanno manipolato, e come, l’impianto originario delle scelte e degli accostamenti?), un capitolo rappresentativo di molte questioni all’interno dell’Anthologion di Giovanni Stobeo è certamente quello sulla retorica (Stob. II 3). In primo luogo esso fa parte della prima sezione dell’opera (Eclogae), nota grazie a pochi manoscritti, e per di più difformi tra loro; secondariamente, nella redazione superstite il capitolo presenta un numero così scarso di scelte testuali, tese a ridimensionare l’importanza della retorica (quando non a irriderla), che non si può non ricorrere all’ipotesi di un deciso rimaneggiamento (forse posteriore all’età di Fozio, lettore d’eccezione dello Stobeo). The first question about anthological Greek literature concerns the manuscript tradition: who has interpolated original texts and their order, who (and how) has modified the ancient selection? A very representative chapter in Stobaeus’ Anthology is II 3, Peri rhetorikes, because it collects all philological problems typical in the first and second book (Eclogae: few manuscripts with a lot of internal differences about selection and text); eventually, the quality of selected literary passages in Stob. II 3 is quite anomalous, because the ancient editor (or not so ancient?) seems to despise rhetoric. Perhaps, the original textual selection has been interpolated after the age of Photius, who writes about an ‘usual’ chapter on classical rhetoric.
1029 1863 - PublicationProprie communia dicere(EUT Edizioni Università di Trieste, 2013)Longo, AgostinoL’articolo tratta di Hor. ars 128 difficile est proprie communia dicere. Dopo aver discusso l’organizzazione tripartita delle varie interpretazioni offerta da Brink nel suo commento del 1971, l’autore riflette in particolare sul terzo gruppo e sul suo legame con Arist. Po. 9. Nonostante l’indicazione della coppia aristotelica καθόλου / καθ᾽ἕκαστον quale base della formulazione proprie communia (Brink 1971, 204-207), l’autore considera più adeguata al contesto oraziano la coppia ellenistica κοινόν / ἴδιον, quale possiamo trovare in due frammenti filodemei già esaminati da molti studiosi nell’interpretazione di ars 128. Nel proporre una nuova analisi dei due frammenti, l’autore riconosce i tratti di una teoria (non necessariamente filodemea) dell’elaborazione di un argomento poetico, tradizionale o nuovo che sia. Questa teoria risulta assai simile a quanto Aristotele illustra sul medesimo tema in Po. 17, dove l’uso del termine καθόλου sembra più strettamente collegato al significato filodemeo di κοινόν, e corrisponde in maniera più plausibile all’oraziano communia. The article deals with Hor. ars 128 difficile est proprie communia dicere: after discussing the threefold setting of its several understandings provided by Brink in 1971, the author particularly dwells upon the third group and its link with Arist. Po. 9. Despite the indication of the Aristotelian pair καθόλου / καθ᾽ἕκαστον as the background to Horace’s wording proprie communia (Brink 1971, 204-207), the author regards as better fitting the Horatian context the hellenistic pair κοινόν / ἴδιον, as we can find it in two Philodemean fragments already examined by scholars in interpreting ars 128. In proposing a new analysis of the two fragments, the author singles out the elements of a (not necessarily Philodemean) theory about the working out of a poetic subject, either traditional or new. This theory turns out to be strictly similar to Aristotle’s exposition about the same topic in Po. 17: here, the use of the term καθόλου seems to be more closely inherent to the Philodemean meaning of κοινόν, and more convincingly fits the Horatian communia.
1827 1978