Scienze chimiche
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- PublicationProgettazione sintesi e valutazione biologica di sistemi eterociclici quali antagonisti per i recettori adenosinici. Validazione di modelli recettoriali.(Università degli studi di Trieste, 2008-03-10)
;Bolcato, ChiaraSpalluto, GiampieroLa tesi illustra il lavoro di dottorato mirato allo sviluppo di nuovi antagonisti adenosinici attivi nei confronti dei vari sottotipi recettoriali del ligando naturale Adenosina.887 14166 - PublicationA new conception of polymeric supports for the solid phase peptide synthesis: rigidity and porosity as determinant factors for the success in industrial applications(Università degli studi di Trieste, 2008-03-10)
;Cantone, Sara ;Ebert, Cynthia ;Ebert, CynthiaBasso, AlessandraIn questo studio di tesi sono stati sviluppati ed ottimizzati nuovi supporti rigidi per la sintesi in fase solida in collaborazione con l’azienda Resindion srl. (Mitsubishi Chemical Corporation). Tali supporti, denominati Synbeads, sono stati poi caratterizzati dal punto di vista chimico e fisico ed applicati alla sintesi peptidica in fase solida. La parte iniziale dello studio si è concentrata sulla messa a punto del processo di polimerizzazione in modo da ottenere dei polimeri Synbeads caratterizzati da un grado di porosità ottimale e da una omogenea distribuzione del diametro particellare. Questi due parametri infatti influiscono notevolmente sull’applicabilità dei polimeri per sintesi su fase solida: - il grado di porosità, nei polimeri rigidi e che quindi non rigonfiano in solvente, deve garantire un buon trasferimento di massa dei reagenti e nello stesso tempo assicurare una buona resistenza dei polimeri stessi allo stress meccanico - la distribuzione particellare deve essere compresa in un ben definito range di diametro, in modo da permettere l’utilizzo dei Synbeads anche in sistemi automatizzati, senza che vi siano presente né particelle fini che potrebbero intasare i filtri, né particelle di dimensioni troppo grandi che potrebbero rendere difficoltoso il trasferimento delle stesse nei sistemi automatici. La successiva fase di ottimizzazione dei Synbeads si è concentrata su altri due parametri molto importanti, ossia la lunghezza dello spaziatore tra la matrice polimerica e il gruppo funzionale e la densità di gruppi funzionali presenti sui polimeri: - una distanza ottimale del gruppo funzionale dalla matrice del polimero ne garantisce la completa accessibilità chimica, evitando problematiche legate all’ingombro sterico - la densità di gruppi funzionali deve assicurare sia una buona capacità di carico (mmoli di gruppi funzionali per gdry di polimero) sia una completa accessibilità chimica di tutti i gruppi funzionali presenti sul polimero. In seguito a questo studio di ottimizzazione sono stati preparati i Synbeads con gruppo funzionale amminico (Synbeads A310). Partendo quindi dalle caratteristiche chimico-fisiche ottimizzate per la produzione dei Synbeads A310, sono stai messi a punto dei protocolli per la preparazione e la caratterizzazione dei altri Synbeads recanti gruppi funzionali diversi, ossia clorometilenici, bromometilenic, carbossilici ed idrossilici. Successivamente, i Synbeads A310 sono stati funzionalizzati con diversi linker che ne permettano applicazioni diverse nella sintesi in fase solida. Infatti, i Synbeads recanti i linker sono stati utilizzati per la preparazione da diversi Fmoc-AA-Wang-Synbeads e per la sintesi di un pentapeptide. Questo pentapeptide costituisce la sequenza dei primi cinque aminoacidi del Fuzeon®, un peptide che presenta attività inibitoria nei confronti dell’HIV. L’applicazione dei Synbeads è stata studiata anche per quanto riguarda il loro possibile utilizzo nella sintesi peptidica automatizzata con l’impiego di microonde, in particolare nel sistema Liberty CEM®. Grazie alle caratteristiche chimico-fisiche dei Synbeads e alla messa a punto di protocolli sintetici adatti a questi polimeri rigidi, si è potuto ottenere il prodotto desiderato con buone rese e un elevato grado di purezza. Nella parte finale di questo studio di tesi è stata indagata la distribuzione dei gruppi funzionali all’interno della matrice dei Synbeads. Combinando la tecnica ATR-FT IR con luce convenzionale e con luce di sincrotrone è possibile seguire la diffusione dei reagenti all’interno della matrice polimerica e verificare l’omogeneità della matrice stessa. Dopo aver messo a punto questa metodologia analitica, che permette un’indagine approfondita di ciò che avviene all’interno della matrice dei polimeri rigidi non trasparenti, un altro approccio analitico è stato sviluppato. Al fine di poter verificare in modo più rapido l’omogeneità della matrice polimerica, sezioni di Synbeads funzionalizzati con diverse concentrazioni di fluoresceina sono stati analizzati, permettendo in tal modo di verificare anche la distribuzione dei gruppi funzionali. Questo studio di dottorato quindi ha permesso di ottenere una nuova classe di polimeri rigidi per la sintesi su fase solida, i Synbeads, che hanno dimostrato di permettere l’ottenimento di ottimi risultati sia nella sintesi classica che in quella assistita da microonde. Nuovi approcci analitici sono stati studiati e applicati per verificare l’omogeneità della matrice polimerica e seguire i fenomeni di diffusione all’interno della matrice stessa. In tal modo, i Synbeads presentano un ottimo potenziale per un’applicazione su larga scala in processi industriali.1386 5427 - PublicationMessa a punto e validazione delle caratteristiche tecnologiche e farmaco-biologiche di materiali polimerici per uso medicale.(Università degli studi di Trieste, 2008-03-10)
;Maghetti, Anna ChiaraZingone, GuglielmoL’obiettivo di questa ricerca era quello di mettere a punto un nuovo materiale plastico (registrato con il nome di Smart Flat®) per uso medicale a base di Polivinilcloruro (PVC) per la produzione di sacche da raccolta impiegate in sistemi per dialisi peritoneale. Tale materiale doveva essere goffrato in modo da facilitare l’apertura al momento dell’utilizzo e che doveva poter essere sterilizzato in autoclave senza collabire su sé stesso anche se vuoto. Inoltre la sacca doveva essere dotata di una speciale finestra trasparente che permettesse in ogni momento l’ispezione visiva della soluzione in essa contenuta. Poiché la contemporanea presenza nella sacca di una parte plastica opaca e della finestra trasparente rappresentava un’assoluta innovazione nel settore di film di PVC morbido prodotto per estrusione, sono state condotte delle prove preliminari che hanno messo in evidenza le ottime caratteristiche di resistenza alla trazione e alla rottura di tale materiale plastico sia in fase di test che di produzione. Oltre che della messa a punto di tale tipo di contenitore, in questo lavoro ci si è occupati della sua caratterizzazione chimico-fisica, di verificare le sue caratteristiche di biocompatibilità e di stabilità. Data l’applicazione a cui è destinato, sono state testate le corrispondenze ai limiti previsti delle norme vigenti in materia di materiali per uso medicale. La messa a punto della formulazione del materiale ha richiesto qualche aggiustamento iniziale sia dal punto di vista del processo che nella percentuale di materie prime impiegate al fine di ottenere il giusto rapporto satinatura-funzionabilità, sempre tenendo sotto controllo la possibilità di una produzione industriale su larga scala e che mantenesse contenuti i costi in modo da rendere questo materiale quanto più utilizzabile possibile. I vari test relativi alla caratterizzazione fisico-chimica del materiale, si sono svolti secondo il programma prestabilito, confermando la natura di Smart Flat® come stabile sia dopo sterilizzazione che con il passare dei mesi (dati ottenuti mediante studi di stabilità accelerata); il rilascio di plastificante è risultato essere paragonabile a quello dei prodotti a base di PVC plastificato già in commercio; tutti i test prescritti dalla normativa vigente relativi alla natura chimica del materiale, quali acidità ed alcalinità della soluzione in esso contenuta, sostanze riducenti e assorbanza UV, rientrano nei limiti previsti ed aprono quindi la via alla vendita del materiale in studio nei settori dell’industria farmaceutica. Gli studi di biocompatibilità come la citotossicità cellulare, l’impianto nei conigli e la reattività intracutanea, hanno fornito risultati incoraggianti dimostrando che il materiale risulta inerte nei confronti dei tessuti biologici. I buoni risultati ottenuti sia sulla caratterizzazione che sull’aspetto estetico di Smart Flat® hanno fatto pensare all’utilizzo di tale materiale per la produzione di sacche destinate alla conservazione del sangue umano e delle sua frazioni. Infatti, proprio la finestra trasparente di cui è stata dotata la sacca rappresenta un elemento di grande innovazione poiché rende la separazione del plasma dalla parte corpuscolata del sangue tramite lettore ottico automatico molto più efficace rispetto ai materiali tradizionalmente usati che sono totalmente opachi. E’ stato quindi necessario verificare dapprima eventuali interazioni del materiale con le soluzioni anticoaugulanti normalmente impiegate per la conservazione del sangue (SAG manitolo, CPD, T-Sol): a tali test Smart Flat® è risultato inerte. Si è quindi potuti passare a test relativi alla funzionalità sanguigna; in particolare è stata esaminata la capacità di coaugulazione del sangue dopo conservazione e stoccaggio all’interno del nuovo materiale e si è visto che Smart Flat® non altera la funzionalità degli enzimi responsabili della coaugulazione e in alcuni casi ha dato addirittura dimostrazione di favorire la vitalità cellulare per un tempo più lungo rispetto ai materiali tradizionalmente impiegati. Nel complesso, quindi, questo nuovo materiale ha mostrato risultati soddisfacenti sia dal punto di vista chimico-fisico, che di stabilità e biocompatibilità. Questi risultati aprono la possibilità dell’uso di tale materiale per la produzione di contenitori plastici ad uso biomedicale.1177 12252 - PublicationFunzionalizzazione,caratterizzazione e purificazione di nanostrutture del carbonio.(Università degli studi di Trieste, 2008-03-10)Brunetti, Fulvio GiacomoI nanotubi di carbonio sono stati scoperti nel 1991 da Iijima, che osservò la loro presenza come prodotto secondario durante la produzione dei fullereni. Questi derivati sono considerati forme allotropiche del carbonio e hanno trovato un considerevole impiego nel campo dei materiali grazie alle loro proprietà meccaniche ed elettroniche ma anche in campo biologico per la loro capacità di attraversare agevolmente la membrana cellulare secondo un meccanismo non ancora perfettamente identificato e agire da nanosiringhe per l’introduzione di molecole terapeutiche, farmaci, proteine, geni e antigeni all’interno delle cellule. I CNTs “pristine” contengono particelle di catalizzatore o di carbone amorfo derivanti dal processo industriale di produzione e i loro derivati funzionalizzati presentano a volte sottoprodotti di reazione. Tutte queste impurità potrebbero alterare le proprietà del derivato sintetizzato durante l’analisi o lo studio delle loro applicazioni. Risulta evidente la necessità di ricercare una metodologia adeguata sia per la purificazione che per la funzionalizzazione dei CNTs e poter utilizzare questi composti più agevolmente. La reazione di cicloaddizione 1,3-dipolare si è dimostrata una buona tecnica per l’introduzione di gruppi funzionali sui nanotubi. Derivati delle clorossime e differenti ilidi azometiniche sono state utilizzate in questo processo sintetico. In particolare l’utilizzo di paraformaldeide e dell’α-amminoacido a catena polietilenglicolica, ha portato a un buon grado di funzionalizzazione con la separazione di due frazioni di CNT, i s-CNT e i l-CNT denominati così a seconda della loro lunghezza media. Queste due frazioni sono state completamente caratterizzate mediante microscopia elettronica, spettroscopia Raman, analisi termogravimetrica TGA e spettroscopia UV-Vis-NIR. I s-CNT hanno mostrato un’elevata solubilità e dimensioni ridotte che vanno da 50 nm a un massimo di 300 nm. Grazie al loro elevato grado di funzionalizzazione risultano essere i più interessante a livello biologico ma contengono un’elevata concentrazione di impurità dovute principalmente ai sottoprodotti di reazione della cicloaddizione. In letteratura non esiste un protocollo universale per la purificazione di derivati funzionalizzati dei nanotubi e per questo motivo sono state utilizzate varie metodologie per ricercare la procedura più appropriata. L’inconveniente principale è stato l’interazione irreversibile dei CNTs con la fase stazionaria o il mancato raggiungimento di un accettabile grado di purezza. Tali problematiche sono state superate grazie all’utilizzo di un nuovo tipo di cromatografia liquido-liquido, la Counter Current Chromatography (CCC). Nella CCC sia la fase mobile che la stazionaria sono costituite da un liquido e consente di recuperare completamente il campione iniettato risolvendo il problema dell’adsorbimento irreversibile dell’analita. Inoltre tale tecnica è molto versatile poiché dispone di una vasta gamma di miscela di solventi permettendo il conseguimento di una buona purificazione del campione iniettato. Un secondo aspetto preso in considerazione nell’ambito della presente tesi è stato lo sviluppo di una metodologia sintetica per la funzionalizzazione di CNT “pristine” mediante cicloaddizione 1,3-dipolare con l’impiego delle microonde. L’utilizzo di queste radiazioni elettromagnetiche ha portato a un aumento della resa di reazione, una riduzione dei tempi normalmente richiesti in condizioni classiche e la possibilità di evitare l’impiego di solventi di reazione rendendo tale protocollo non solo ecocompatibile ma risolvendo soprattutto il problema della limitata solubilità del materiale “pristine” nei comuni solventi organici al momento della funzionalizzazione. Inoltre il perfezionamento di questa tecnica ha permesso lo scaling-up che ha portato alla funzionalizzazione, in una sola ora di reazione e senza l’utilizzo di solvente, di un grammo di nanotubi aumentando di 100 volte la quantità di CNT che si è soliti utilizzare durante la funzionalizzazione. Questi risultati, accompagnati da ulteriori studi per la derivatizzazione di una quantità maggiore di CNT, sono promettenti per una possibile applicazione su scala industriale. E’ stato eseguito uno studio preliminare dell’effetto delle microonde sui nanotubi metallici e semiconduttori. Infatti a seconda di come il piano di grafite si avvolge su se stesso è possibile ottenere nanotubi di carbonio con differenti proprietà elettroniche. E’ stata studiata l’influenza di tale radiazione elettromagnetica su questi due tipi di CNT tramite spettroscopia Raman al fine di ottenere una separazione in base alle loro proprietà elettroniche. Si è utilizzato un metodo indiretto per verificare la presenza dell’anello pirrolidinico sulle pareti dei CNT mediante prove chimiche. Si è infatti indotta una retrocicloaddizione dei nanotubi funzionalizzati, intrappolando il dipolo generato con il fullerene. E’ stata inoltre studiata un doppia funzionalizzazione di CNT utilizzando la cicloaddizione 1,3-dipolare e una reazione radicalica detta di “Tour”. Inizialmente sono stati introdotti anelli pirrolidinici mediante cicloaddizione che dovrebbero funzionalizzare principalmente le teste dei nanotubi; successivamente il derivato così ottenuto è stato trattato con p-toluidina nelle condizioni della “Tour” per completare la funzionalizzazione anche della restante parte del tubo. Sono al momento in corso studi di STM per confermare questa ipotesi di distribuzione dei gruppi funzionali. A seguito della cicloaddizione ci si attende le immagini STM mostrino una maggiore densità elettronica concentrata principalmente sulle teste mentre a seguito della “Tour” si suppone ci sia una distribuzione più uniforme lungo tutta la superficie del tubo.
2718 4834 - PublicationPreparazione e caratterizzazione di forme farmaceutiche solide orali a partire da materiale composito(Università degli studi di Trieste, 2008-03-10)
;Bellich, BarbaraMoneghini, MariarosaLa somministrazione per via orale è la preferita per il trattamento farmacologico cronico. Circa il 40% dei nuovi principi attivi, tra i quali numerosi potenti farmaci lipofilici, è caratterizzato da bassa solubilità in acqua e la somministrazione per via orale di tali farmaci è frequentemente associata a bassa biodisponibilità. Infatti l’assorbimento di un principio attivo rilasciato da una forma farmaceutica orale dipende essenzialmente da due fattori: la dissoluzione del p.a. nel tratto gastrointestinale e la sua permeabilità attraverso la mucosa. Sulla base di questi due parametri i principi attivi sono stati distinti in quattro classi (Biopharmaceutical Classification System). In particolare per la seconda classe di composti, la dissoluzione nel lume gastro-intestinale è lo step limitante il processo di assorbimento. Per questa classe, numerosi approcci tecnologici sono riportati in letteratura allo scopo di aumentare la biodisponibilità orale di farmaci lipofilici come per esempio l’incorporazione in veicoli lipidici inerti come olii, la formulazione di sistemi auto-emulsificanti, di emulsioni e microemulsioni, liposomi, complessi di inclusione e sistemi dispersi farmaco-carrier. Rispetto a tali metodi convenzionali, il lavoro svolto ha riguardato la preparazione di sistemi attivati a base di ubidecarenone e ciclosporina ricorrendo alla tecnologia NEC (Nanoemulsified Composites) in collaborazione con la ditta Remedia s.r.l. titolare della tecnologia brevettata. La tecnologia NEC si basa sull’incorporazione di una doppia microemulsione (o/a/o) in un carrier microporoso. Successivamente l’attenzione è stata focalizzata sull’innovativa applicabilità delle microonde alla preparazione di sistemi binari farmaco:carrier. Il riscaldamento per mezzo delle microonde sfrutta le proprietà che le sostanze chimiche hanno di assorbire l’energia direttamente dalle onde elettromagnetiche le quali sono in grado di aumentare l’agitazione termica, e quindi la temperatura. L’energia fornita dalle radiazioni viene ceduta direttamente alla sostanza ed in tempi molto brevi. Tutte le sostanze caratterizzate da un dipolo, anche minimo, possono assorbire microonde. In tale contesto, oggetto della ricerca è stata l’attivazione dell’ibuprofene e piroxicam. Per tutti i farmaci considerati è stato inizialmente effettuato uno studio di messa a punto delle sostanze e delle condizioni operative ottimali, atte a fornire un prodotto finale lavorabile (prodotto composito). Alla preparazione dei sistemi ha fatto seguito la caratterizzazione chimico-fisica, necessaria per appurare lo stato solido del principio attivo. In particolare le tecniche adottate sono state: calorimetria a scansione differenziale (DSC), raggi X su polvere (PXRD), microscopia elettronica (SEM), hotstage microscopi (HSM), laser-light scattering. Successivamente le formulazioni approntate sono state caratterizzate anche dal punto di vista tecnologico e dissolutivo in termini di studi di cinetica di solubilizzazione e di rilascio. Inoltre in alcuni casi il prodotto è stato testato in vivo su ratti. Ed è stata anche valutata, in alcuni casi, la possibilità di realizzare forme farmaceutiche solide ad uso orale quali capsule e compresse. I risultati ottenuti sono qui di seguito riassunti. UBIDECARENONE La tecnologia preparativa adottata unitamente alla selezione dei componenti, hanno dimostrato il raggiungimento dell’obiettivo del presente lavoro e cioè l’aumento della biodisponibilità in vivo dell’Ubidecarenone. Le caratteristiche tecnologiche del materiale composito hanno permesso un’agevole realizzazione di capsule rigide ma, con un’ulteriore selezione di eccipienti per compressione diretta, si potrà realizzare anche la forma di dosaggio in compresse. CICLOSPORINA Il prodotto composito preparato è dunque risultato essere in grado di aumentare la biodisponibilità in vivo della ciclosporina rispetto alla materia prima commerciale. IBUPROFENE Dai risultati ottenuti si può concludere che la tecnica utilizzata e i polimeri scelti hanno portato ad un grado di amorfizzazione del farmaco tale da essere responsabile dell’incremento del profilo di dissoluzione in vitro delle dispersioni solide (IBU:PVP/VA e IBU: HP-β-CD) rispetto ai campioni di confronto. PIROXICAM Anche in questo studio è stato possibile verificare l’applicabilità delle MW alla creazione di sistemi dispersi solvent-free. Gli indiscussi vantaggi al ricorso ad un reattore a MW focalizzate (CEM) in termini di tempi e potenze applicate sono stati verificati. Il raggiungimento dell’obiettivo del lavoro e cioè l’aumento della biodisponibilità in vitro del piroxicam è stato ottenuto associando alla tecnologia adottata il polimero PVP/VA 64.3829 31643 - PublicationCelle a combustibile ad ossidi solidi progettazione e sviluppo di materiali per catodi(Università degli studi di Trieste, 2008-04-04)
;Bevilacqua, Manuela ;Tavagnacco, ClaudioFornasiero, PaoloL’argomento della presente tesi si colloca nell’ambito della progettazione e dello sviluppo di materiali per il catodo di SOFCs ed il contributo scientifico che si propone di fornire trova spazio nella necessità di approfondire la conoscenza delle proprietà di materiali presentati in letteratura come promettenti ma non ben caratterizzati, per poter proseguire con la progettazione razionale di nuove composizioni e con la loro relativa caratterizzazione. L’approccio di ricerca adottato è stato quello di approfondire le conoscenze relative ad una famiglia di materiali a struttura perovskitica a base di lantanio, nichel e ferro, cercando di comprendere quali dettagli microstrutturali, morfologici e di composizione chimica possano giustificare un incremento o meno della prestazione elettrochimica sul processo di riduzione dell’ossigeno. La ricerca si è articolata nei seguenti punti: a)sintesi e studio delle caratteristiche della perovskite di composizione chimica LaNi0.6Fe0.4O3 (LNF) come potenziale catodo di SOFCs operative a temperature intermedie; b)studio delle prestazioni elettrochimiche di elettrodi puri e compositi a base di LNF in presenza dei due conduttori ionici YSZ e SDC. La migliore prestazione elettrochimica su semicelle è stata riscontrata per il sistema composito LNF-SDC, per il quale la combinazione dei requisiti di compatibilità chimica e conducibilità mista ionica-elettronica, derivante dalla combinazione dei due materiali al limite ottimale di percolazione, hanno determinato una migliore estensione della TPB; c)progettazione e la caratterizzazione dei materiali La(1-x)SrxNi0.6Fe0.4O3 (LSNF-X) ottenuti per drogaggio della perovskite LNF, con percentuali variabili di Sr; d) caratterizzazione dell’elettrodo composito LSNF-9.0 in presenza di SDC; e)assemblaggio della SOFC completa, utilizzando LNF come catodo, preparata con la tecnica del doppio tape casting, ottimizzata per sistemi a base di YSZ.1270 9923 - PublicationDesign preparation and structural characterization of new metal mediated supramolecular assemblies of porphyrins.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-04)
;Casanova, Massimo ;Alessio, EnzoZangrando, EnnioSi riporta le sintesi mediata da metalli (Ru(II) e Re(I)) di nuovi addotti supramolecolari di porfirine aventi proprietà fotofiche. Si riporta in dettaglio la loro preparazione, sintesi e caratterizzazione in fase liquida e in fase solida.962 3400 - PublicationNanoparticelle d'oro: sintesi, proprietà del monostrato protettivo e applicazioni in catalisi.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-04)
;Gentilini, CristinaPasquato, LuciaRIASSUNTO Nanocristalli e colloidi con un diametro compreso tra 1 e 100 nm, costituiti da materiali quali metalli, semiconduttori e ossidi metallici, sono tra gli “oggetti” più studiati negli ultimi anni grazie alle loro particolari proprietà ottiche, elettroniche, catalitiche. Tra questi le particelle metalliche, e in particolare le nanoparticelle di oro, sono tra i sistemi che suscitano maggiore interesse grazie alla semplicità dei metodi di sintesi, alla loro stabilità e alle interessanti caratteristiche osservate. Un importante esempio è costituito da nanoparticelle di oro protette da un monostrato di molecole organiche (MPCs, Monolayer Protected Clusters) che coniuga le proprietà tipiche di una nanoparticella metallica con le caratteristiche di un monostrato autoassemblato che, oltre a passivare la superficie di oro, può costituire un supporto ad una moltitudine di gruppi funzionali e biomolecole con potenzialità ancora inesplorate. La presente Tesi di Dottorato è focalizzata su due diversi progetti in cui il monostrato autoassemblato attorno alle nanoparticelle è in primo piano. Il primo riguarda lo studio delle proprietà del monostrato protettivo di MPCs. Ci si è proposti innanzitutto di investigare come l’organizzazione del monostrato dipende dalle dimensioni del nocciolo di oro. A tale scopo sono state preparate e caratterizzate nanoparticelle di oro idrosolubili MPC-C8-TEG di diverse dimensioni passivate dal tiolo anfifilico HS-C8-TEG. Avvalendosi della tecnica spettroscopica Electron Spin Resonance (ESR), è stata studiata l’interazione tra una sonda radicalica idrofobica e il monostrato di MPC-C8-TEG di 1.6 nm, 3.4 nm e 5.3 nm. In secondo luogo ci si è proposti di utilizzare nuovamente l’ESR per indagare in che modo un monostrato “misto”, costituito cioè da tipi diversi di tioli, sia organizzato da un punto di vista topologico. Si è pensato quindi a nanoparticelle idrosolubili protette da una miscela di due tioli anfifilici contenenti una porzione idrofobica di natura sufficientemente diversa, per esempio una alchilica e una fluorurata. A tale scopo sono stati progettati, sintetizzati e caratterizzati quattro nuovi tioli anfifilici contenenti una catena fluorocarburica e una catena oligoetilenglicolica di lunghezza crescente aventi la struttura riportata di seguito. Sono state sintetizzate e caratterizzate nanoparticelle idrosolubili protette da un monostrato omogeneo dei nuovi tioli anfifilici fluorurati e infine nanoparticelle idrosolubili passivate da un monostrato misto, a diversa composizione, del tiolo HS-C8-TEG (contenente la porzione alchilica) e dei tioli anfifilici fluorurati. Sono state quindi condotte misure ESR studiando l’equilibrio di complessazione di una sonda radicalica idrofobica e il monostrato di nanoparticelle protette da un monostrato omogeneo di tiolo fluorurato e di nanoparticelle protette da un monostrato misto tiolo alchilico/tiolo fluorurato. Il secondo progetto riguarda applicazioni di nanoparticelle di oro in catalisi eterogenea, in particolare per la preparazione di nuovi catalizzatori Au/CeO2 per l’ossidazione selettiva di CO in eccesso di idrogeno (PROX), condizioni che mimano quelle usate nella purificazione di idrogeno in celle a combustibile. Sono state messe a punto nuove metodiche di sintesi di catalizzatori contenenti nanoparticelle di oro, che sono stati caratterizzati e di cui è stata studiata l’attività e la stabilità in condizioni PROX, confrontandole con quelle di catalizzatori preparati secondo metodiche tradizionali.3101 24522 - PublicationMolecular mobility of trehalose in relation to its bioprotective action.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-10)
;De Giacomo, Ornela Zulma ;Cesaro, AttilioDi Fonzo, SilviaBeyond the myth and despite some mistakenly reported exceptional properties literature is plenty of, the special role of trehalose and its structural organisation at mesoscale in bioprotection seems to be a fact. This justifies the great effort in the scientific community trying to understand the molecular mechanism(s) underlying bioprotection. The comprehension of the bioprotective phenomenon is expected to have a strong impact in several fields ranging from food industry to biomedical and nanopharmaceutical applications. In front of the many different hypotheses stated in the past, the advantages of trehalose nowadays appear to come from a combination of factors and not from a single exceptional property. In this thesis work we present some new important features apparently ignored. The first set of experiments deal with the structural organisation of glassy/amorphous trehalose in the absence of water. While different crystalline polymorphs have already been recognised and characterised, in this work for the first time evidence of the existence of two different glasses is provided. Characterization of the glasses has been carried out by studying the process of physical aging with the result that different molecular mobility and different activation energies are deduced for the two glasses. In addition to discuss the role these findings may have in bioprotection, the other heuristic result is that the existence of two amorphous forms of trehalose may explain one literature ambiguous crystallisation behaviour of the amorphous phase (previously considered random). In the second set of experiments, Brillouin light scattering (BLS) experiments on a wide range of concentrations of water-trehalose solutions at different temperatures were performed to explore the density fluctuations (nanoscale inhomogeneities) in the solution. A traditional acoustic analysis was carried out and the parameters describing propagating and dissipative properties were examined in the framework of two different formalisms for characterising the structural relaxation process present in this frequency range. It was found that an increase in trehalose concentration slows down the dynamics, affecting the characteristic time tau. Moreover, the activation energy of the process has a only slight dependence on temperature for diluted and semi diluted systems, that could be attributed to local hydrogen bonding.1798 7600 - PublicationDesign of nanostructured catalysts for H2 production and CO2 hydrogenation.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-10)
;De Rogatis, Loredana ;Fornasiero, PaoloVesselli, ErikIn a sustainable energy economy, hydrogen will become very important as it is considered one of the key energy carriers in terms of energy content, as fuel for transportation and intermediate in the conversion of renewable energy sources. The aim of this work was the design of novel catalysts for hydrogen production from both methane and methanol- ethanol/water streams. Special interest was also focused on the CO2 hydrogenation reaction, as a potential chemical route to its valorization to mitigate its greenhouse effect. Active catalysts, resistant to the sinterization under severe reaction conditions, were developed through a simple and low cost synthetic route, which was based on the encapsulation of pre-formed Rh nanoparticles into porous oxides. This procedure reduces the mobility of the metal particles at high temperature. The embedded catalysts, tested for the methane partial oxidation, presented higher thermal stability with respect to a reference catalyst obtained by conventional incipient wetness impregnation. In order to obtain a better understanding of the interaction between Rh nanoparticles and the alumina support in the embedded catalysts, an X-Ray Photoelectron Spectroscopy (XPS) study on three model embedded Rh systems was performed. The extension of the embedding approach to Ni/Cu-based systems was also handled. In addition, Ni(x%)Cu(y%)/Al2O3 catalysts with different Ni and Cu contents were synthesized using the conventional impregnation method. All the samples were tested towards the partial oxidation of methane and the steam reforming of methanol and ethanol. Neither copper nor nickel alone supported on alumina appeared as suitable catalysts for ethanol steam-reforming at low temperatures (T < 500 °C). The activity of the bimetallic systems, during the first run-up experiment, is not very different from the monometallic Ni system. Furthermore, the Ni:Cu ratio does not seem to affect the product distribution. Notably, the bimetallic systems show promising catalytic activity in the methanol steam reforming. Finally, the formation of metal alloys between Cu and Ni, after high temperature reduction, leads to a strongly reduction of coke deposition under methane partial oxidation conditions, increasing the life-time of the catalyst. On Ni(x%)Cu(y%)/Al2O3 samples, CO2 hydrogenation was also investigated. All catalysts did not show the ability to activate the CO2 molecule, as well as the corresponding unsupported systems. No CO was observed if hydrogen was not introduced into the stream. These results are in good agreement with the data obtained on Ni single crystal (Ni(110)), under UHV conditions. In this case, stable hydrogenation intermediates/products were observed during the reaction by means of X-Ray Photoelectron Spectroscopy (XPS), Temperature Programmed Desorption (TPD) experiments and High Resolution Electron Energy Loss Spectroscopy (HREELS) in the -180/230 °C temperature range. The evolution of the surface species and concentrations as a function of the annealing temperature were examined. This work was supported by parallel DFT calculations, in order to model both experimentally and theoretically the CO2 hydrogenation reaction.1816 4207 - PublicationFunctionalization and application of carbon nanohorns and carbon onions.(Università degli studi di Trieste, 2008-04-10)
;Cioffi, Carla TizianaPrato, Maurizio“Funzionalizzazione ed applicazione di carbon nanohorns e di carbon onions” Dalla scoperta della microscopia a scansione a sonda (SPM) nel 1980 a quella del fullerene, molti sono stati i premi Nobel nel campo delle Nanotecnologie. Diverse compagnie, attualmente, hanno investito fondi in questo settore. Ma cosa sono le Nanotecnologie? La parola e’utilizzata per descrivere diversi tipi di ricerca dove le dimensioni caratteristiche sono dell’ordine dei nanometri. I principali approcci impiegati nell’assemblaggio del materiale sono: “top-down” (dal più grande al più piccolo) e “bottom-up” (dal più piccolo al più grande). Il primo consiste nel ridurre le dimensioni della struttura fino alla nanoscala. Il secondo, proposto per la prima volta nel 1959 da Richard Feyman nel congresso dell’American Physical Society, consiste nel partire da strutture nanometriche per realizzare dei sistemi più grandi attraverso assembly o selfassembly. Attualmente, i principali strumenti, per caratterizzare e manipolare nano strutture, sono SEM (Microscopia a Scansione Elettronica) TEM (Microscopia a Trasmissione Elettronica), AFM (Atomic Force Microscopy) e STM (Microscopia a corrente di Tunnelling). Nanotubi, fullerene e recentemente carbon nanohorns (CNHs) e carbon onions (multishell fullerene, CNOs) sono considerati buoni candidati per applicazioni in differenti settori delle nanotecnologie. CNOs e CNHs sono due nuove forme allotropiche di carbonio, scoperte rispettivamente da Ugarte nel 1992 e da Iijima nel 1999, che hanno attratto l’attenzione di molti ricercatori. Negli ultimi tre anni, diversi studi sono stati riportati sui CNHs mentre i CNOs sono ancora largamente inesplorati. I pristine carbon nanohorns (p-CNHs) e CNOs (p-CNOs) non sono solubili nei comuni solventi organici ma, per studiare le loro potenziali applicazioni nel campo delle scienze dei materiali, è necessario migliorarne la solubilità. Il primo aspetto, preso in considerazione in questa tesi di dottorato, riguarda la funzionalizzazione e la caratterizzazione dei CNHs. A tale proposito, è stato sintetizzato un amminoacido impiegato nella reazione di ciclo addizione 1,3-dipolare. Reazioni di amidazione e di addizione nucleofila, inoltre, hanno portato alla sintesi dei due primi sistemi in cui CNHs fungono da elettron accettori e la porfirina da elettron donatori al fine di studiare il trasferimento elettronico tra la porfirina ed CNHs. Successivamente, sia i CNOs di 5 nm (N-CNOs) che di 20 nm di diametro (A-CNOs) sono stati presi in considerazione e paragonati. Dato che gli N-CNOs risultano più reattivi, sono stati utilizzati nella sintesi di nuovi sistemi in cui CNOs fungono da elettron accettori ed il ferrocene da elettron attrattore. Per la prima volta, sono state eseguite delle misure di fotofisica e di elettrochimica del derivato ottenuto. La tesi è divisa in 4 capitoli. Il primo riguarda una descrizione panoramica delle diverse forme allotropiche del carbonio, in paricolare nanotubi e fullereni. Tecniche come arco elettrico, ablazione con laser di grafite e la deposizione mediante vapore chimico sono descritte brevemente. Quindi tre diversi approcci per funzionalizzare le nanoparticelle di carbonio sono riportati in dettaglio. Nel secondo capitolo sono stati introdotti i CNHs, le loro proprietà ed applicazioni ed un confronto tra i nanotubi e CNHs. Infine tre differenti studi sono stati affrontati: · Funzonalizzazione mediante cicloaddizione 1,3-dipolare per migliorare la solubilità dei CNHs; · Funzionalizzazione dei CNHs attraverso addizione nucleofila e reazione con la porfirina; · Funzionalizzazione dei CNHs mediante amidazione e reazione con la porfirina. Il trasferimento elettronico tra porfirina e CNHs è stato discusso. Nel terzo capitolo sono stati introdotti e confrontate le proprietà dei diversi tipi di CNOs. Successivamente e’ stato descritto uno studio relativo alla: · Funzionalizzazione mediante cicloaddizione 1,3 dipolare e reazione con l’acido carbossilico del ferrocene. L’nterazione elettronica tra il ferrocene ed i CNOs è stata studiata. Tutti i dettagli sperimentali sono descritti nel quarto capitolo.2368 34433 - PublicationStructural studies on molecular recognition in protein complexes and supramolecular systems(Università degli studi di Trieste, 2009-03-18)
;De Zorzi, RitaGeremia, SilvanoIl riconoscimento molecolare tra due o più specie chimiche mediante interazioni non covalenti è il principale argomento di studio della chimica supramolecolare. Individuare i fini meccanismi di complementarietà che presiedono il processo di associazione molecolare è di fondamentale importanza sia per la comprensione di come funzionano i sistemi biologici naturali sia per lo sviluppo di nuovi sistemi supramolecolari artificiali. Nel presente lavoro di tesi, l’analisi delle interazioni che governano il riconoscimento molecolare sia in sistemi supramolecolari artificiali che in complessi proteici naturali è stata condotta attraverso la tecnica di diffrazione di raggi X da cristallo singolo, che consente la precisa identificazione delle interazioni coinvolte e dei gruppi funzionali responsabili del riconoscimento molecolare. In particolare, sono state analizzate le differenze tra due forme cristalline del citocromo c da Cuore di Cavallo, ottenute rispettivamente in ambiente ossidante e riducente in presenza di ioni nitrato. Lo ione nitrato è stato utilizzato in questo lavoro biocristallografico come sonda ionica per analizzare le variazioni della superficie elettrostatica connesse con il processo ossidoriduttivo del citocromo e per individuare i principali passaggi del meccanismo di riconoscimento molecolare in cui è coinvolto questo trasportatore di elettroni. Nell’ambito dello studio di sistemi in grado di mimare i sistemi biologici, sono stati analizzati anche complessi supramolecolari artificiali contenenti porfirine. Un nuovo versatile materiale nanoporoso è stato ottenuto attraverso utilizzo di interazioni non covalenti sinergiche tra calixareni e porfirine. Questa struttura supramolecolare che ricorda le zeoliti è stata successivamente funzionalizzata attraverso la diffusione di ioni metallici nei canali della struttura. Il materiale nanoporoso così ottenuto, contenente un pigmento porfirinico assieme ad uno ione metallico, è molto promettente per il successivo sviluppo di sistemi artificiali che coniugano la capacità di raccogliere la radiazione elettromagnetica nel campo del visibile con centri catalitici in grado di immagazzinare tale energia in legami chimici. In questo lavoro di tesi, un complesso, costituito da un nucleo formato da 4 ioni rutenio legati da ponti ossigeno, che ha dimostrato elevate capacità catalitiche nella reazione di produzione di ossigeno a partire dall’acqua in presenza di cerio (IV), è stato caratterizzato strutturalmente. Lo studio cristallografico ha permesso di ottenere dettagli strutturali importanti per la comprensione del meccanismo di reazione di tale complesso. Sensori che si avvalgono delle caratteristiche di reversibilità dell’interazione e di specificità del substrato tipiche della chimica supramolecolare possono essere ottenuti mediante la progettazione razionale di opportuni recettori molecolari. In questa tesi, cristalli isomorfi di un cavitando tetrafosfonato sono stati ottenuti in presenza di diversi alcoli guest, permettendo il confronto delle interazioni che determinano la formazione del complesso. Successivamente, sono stati portati a termine esperimenti di cocristallizzazione in presenza di coppie alcoliche, al fine di studiare la competizione tra queste specie per il sito del cavitando. Molecole a cavità che presentano funzionalità di host possono essere utilizzate anche nella progettazione di polimeri supramolecolari. Questo tipo di sistemi è particolarmente interessante per la possibilità di attivare o disattivare la polimerizzazione in risposta ad uno stimolo esterno. In questa tesi, un approccio di questo tipo è stato applicato alla sintesi di un omopolimero e di un eteropolimero.1196 1220 - PublicationVeicolazione di principi attivi in campo zootecnico(Università degli studi di Trieste, 2009-03-18)
;Serdoz, Francesca ;Voinovich, DarioBallestrazzi, RodolfoNel settore dell’ acquacoltura, un problema dibattuto è un’ elevata mortalità negli allevamenti durante la fase di crescita con conseguenti perdite economiche da parte degli allevatori. Le strategia comunemente utilizzata negli allevamenti per far fronte a questo problema consiste nell’ utilizzo di antibiotici a largo spettro. Nonostante il vasto numero di farmaci ritenuti potenzialmente idonei per il trattamento delle malattie che interessano le specie ittiche, in realtà è estremamente ristretto il campo di molecole consentite; infatti oltre all’aspetto economico, è sempre più crescente l’attenzione sui possibili rischi che l’uso intensivo del farmaco in acquacoltura potrebbe rappresentare per la salute umana e per l’ ambiente, in particolare per quanto concerne il trasferimento di farmaco resistenze ai patogeni che rivestono morbilità nell’ uomo. La terapia antibatterica nell’ allevamento ittico è legalmente consentita solo con l’ impiego di mangimi medicati, costituiti dal normale alimento di base addizionato del farmaco in quantità tale da permettere l’ assunzione dei dosaggi di principio attivo previsti dalle leggi vigenti. In ragione della scarsa biodisponibilità orale degli antibiotici nelle specie ittiche, che ha come conseguenza problemi di impatto ambientale, di insorgenza di farmacoresistenza e di costi maggiori per l’ allevamento dovuti ad una “sovramedicazione“, si è reso necessario lo studio di nuove tecniche che possano risolvere o quantomeno ridurre questa problematica.1771 8556 - PublicationArtificial ion transporters: synthesis, characterization and ionophoric activity on membrane models(Università degli studi di Trieste, 2009-03-18)
;Licen, SabinaTecilla, PaoloNel corso di alcuni anni il nostro gruppo di ricerca, ispirandosi alla struttura dei composti naturali anfotericina B e squalamina, ha sintetizzato una serie di composti che incorporano gli elementi strutturali fondamentali di questi due ionofori naturali: un’unità idrofobica rigida, una catena idrofilica (modulo di conduzione) e uno o due gruppi terminali polari. L’attività di questi composti nel trasporto di ioni attraverso il doppio strato fosfolipidico è stata investigata utilizzando liposomi come modelli di membrana e metodologie basate sulla spettroscopia NMR e su tecniche spettrofluorimetriche mediante l’utilizzo di probe fluorescenti. Tra i composti sintetizzati, un analogo formato da un ottapeptide di Aib (acido α-amminoisobutirrico) Z-protetto all’ N-terminale (unità idrofobica) e legato tramite il C-terminale ad un gruppo amminico di una diammina derivata dall’esaetilenglicole (modulo di conduzione e gruppo terminale polare), ha mostrato di avere un’attività ionoforica molto elevata nei confronti del trasporto di cationi sodio. La comprensione del motivo di questa alta ed inaspettata attività è stata quindi uno degli scopi principali di questo lavoro di Tesi, in cui sono stati studiati analoghi con catena alchilica a lunghezza variabile al posto del gruppo Z, già precedentemente sintetizzati, per valutare l’effetto idrofobico del sostituente. Dopo aver raccolto una prima serie di dati, per comprendere la rilevanza della presenza dell’anello aromatico sullo ionoforo modello, è stata sintetizzata e studiata una serie di analoghi che portano un diverso gruppo aromatico al posto del gruppo Z. Il secondo e più generale scopo di questo lavoro di Tesi è stato l’inizio di uno studio sull’attività ionoforica di composti strutturalmente diversi al fine di razionalizzare le caratteristiche strutturali necessarie per ottenere composti attivi come trasportatori di ioni. A questo scopo è stata iniziata un’intensa collaborazione con diversi gruppi di ricerca che hanno sintetizzato una serie di possibili ionofori. Il gruppo del Prof. De Riccardis dell’Università di Salerno ha sintetizzato una serie di composti calixarenici sostituiti con catene spermidiniche e una serie di α-ciclopeptoidi formati da un numero variabile di N-benzilossietilglicine. Il gruppo della Prof. Montesarchio dell’Università di Napoli ha preparato degli oligosaccaridi ciclici, legati da legami fosfodiesterei a ponte, chiamati CyPLOS (Cyclic Phosphate-Linked OligoSaccharide macrocycles). Infine il gruppo del Prof. Casnati dell’Università di Parma ha sintetizzato una serie di calixareni sostituiti con un numero variabile di gruppi guanidinio. Tutti questi composti sono stati preparati allo scopo di poter effettuare un ampio studio concernente il rapporto struttura/attività e poter quindi definire i requisiti strutturali minimi per ottenere un composto con attività ionoforica. Accanto ai risultati ottenuti per ogni singola classe di composti, che sono illustrati e discussi in dettaglio nel terzo capitolo della Tesi, la possibilità di studiare un così ampio spettro di composti utilizzando le stesse condizioni sperimentali, ci ha permesso di ottenere delle considerazioni generali sulla natura dell’attività ionoforica ponendo le basi per la progettazione di nuove strutture che possano mostrare maggiore attività e/o selettività. Un altro importante risultato ottenuto durante questo lavoro di Tesi è stato l’acquisizione di esperienza nell’utilizzo di molte tecniche atte ad investigare l’attività ionoforica su liposomi come modelli di membrana. In particolare, è stato approfondita la conoscenza di tecniche comprendenti l’uso di probe fluorescenti che hanno mostrato di essere valide e di facile utilizzo per ottenere dati riguardanti vari aspetti dell’attività ionoforica come ad esempio le sequenze di selettività. Tuttavia, utilizzando esperimenti su liposomi, rimane molto difficile ottenere l’evidenza sperimentale della distinzione tra un meccanismo di trasporto tramite canale e altri tipi di meccanismi (es. carrier). Per questo motivo i dati ottenuti da questo tipo di esperimenti dovrebbero essere integrati da dati ottenuti per via elettrofisiologica e il nostro gruppo di ricerca si sta muovendo proprio in questa direzione.1071 1550 - PublicationSintesi e caratterizzazioni attraverso spettroscopia NMR di nuovi derivati dei nanotubi di carbonio(Università degli studi di Trieste, 2009-03-18)
;Marega, Riccardo ;Prato, Maurizio ;Murano, ErminioDinen, FrancescaI derivati solubili di nanotubi di carbonio (CNTs sono in fase di studio in molteplici settori tecnologici, fra cui quello biomedico. Nel nostro caso, a seguito dell' introduzione di gruppi carbossilici sui CNTs mediante loro ossidazione, sono stati formati legami estere o ammide con derivati dell'acido Ialuronico (HA), in modo da ottenere coniugati solubili in soluzioni acquose. L'HA è uno zucchero fondamentale in molteplici processi biologici e la sua introduzione sui CNTs permette, in linea di principio, di indirizzare i coniugati verso opportune linee cellulari tumorali. Per verificare l'avvenuta coniugazione dell'HA ed i suoi derivati ai CNTs ossidati sono state condotte analisi di spettroscopia NMR basata sulla diffusione (DOSY): in questo modo è stato possibile verificare la ridotta diffusione delle catene di HA a seguito della coniugazione covalente con i CNTs. Per settare i parametri necessari per le analisi DOSY sono stati prodotti ed analizzati derivati di CNTs solubili in solvente organico o in soluzioni acquose che sono stati precedentemente caratterizzati mediante le comuni tecniche analitiche dei CNTs. In questo modo è stata trovata una correlazione fra le informazioni ottenibili mediante spettroscopia NMR, relative alle funzionalità introdotte sui CNTs, e le analisi di microscopia elettronica, necessarie all'identificazione di CNTs solubilizzati a seguito della funzionalizzazione.1535 10548 - PublicationNanostructuring of organic materials templated by hydrogen bonding recognition(Università degli studi di Trieste, 2009-03-18)
;Llanes Palla's, Anna ;Prato, MaurizioBonifazi, DavideThe central challenge in the construction of molecular based devices is the necessity to develop methods for the controlled fabrication of well-defined organic systems that meet the structural requirements for their nanotechnological applications. The aim of this thesis is to design and synthesise novel molecules, equipped with desired molecular functionalities, which by means of H-bonding interactions can self-assemble and generate complex nanostructures both in solution and on metallic surfaces that ultimately could find applications as optoelectronic devices. Intrinsically, our goal is to obtain a good understanding of the recognition and complexation behaviour of the functional molecules either in solution or on surfaces. Our approach is based on the preparation of a vast “molecular library” of smart molecules, which can self-recognise and organise in a predictable manner. The synthesis of geometrical molecular modules bearing complementary H-bonding sites (2,6-di(acetylamino)pyridine and uracil) for self-assembly studies on metallic surfaces has been described. Such molecules however, showed some solubility limitations in common organic solvents such as CHCl3 or CH2Cl2, which represents a considerable disadvantadge for performing studies in solution. In fact, some of the molecules used in our studies could only be characterised in very polar solvents such as dimethylsulfoxide (DMSO), which are strong hydrogen bonding acceptor solvents, and therefore unsuitable for recognition studies. To solve this problem we synthesised a new generation of modules based on the former ones, which presented an enhanced solubility in common organic solvents and thus more appropriate for recognition studies in solution. The supramolecular complexes were characterised by means of 1H-NMR titrations and Job plots as well as steady-state UV/VIS absorption and emission titration measurements to determine the association strength and the assemblies’ stoichiometry. As expected, the recognition between the uracil and the 2,6-di(acetylamino)pyridine moieties is the driving force for the formation of the supramolecular systems. Self-organisation studies in solution of some supramolecular systems were also performed and the formation of spherical nanostructures resembling vesicles was observed. Finally, the “bottom-up” fabrication of patterned surfaces based on the supramolecular recognition of the pre-programmed complementary modules was performed. The Scanning Tunneling Microscopy studies performed both on the solid-liquid and solid-vacuum interfaces unravelled the potential of the supramolecular approach in the fabrication of addressable molecular devices, which are hardly imaginable using established miniaturising methods such as the lithographic techniques.1133 4410 - PublicationPhotoabsorption of gold nanoparticles: a TDDFT analysis by cluster model molecules(Università degli studi di Trieste, 2009-03-18)
;Nardelli, AlessiaStener, MauroThe optical properties of gold nanoparticles are the object of study of the present Ph. D. thesis. Different clusters in various conditions have been considered in order to simulate the absorption spectra at theoretical level and to correlate to the electronic structure the information obtained from the interpretation of the spectra. The study of electronic excitations has been carried out within the TDDFT theory implemented in the ADF code. The gold nanoparticles have different and interesting physical and chemical properties and in the scientific community they have attracted great attention at both experimental and theoretical level. The properties for which they have been widely used, are mainly catalysis, absorption and selective oxidation, while those which are now being studied with increasing interest are optical, electronic and magnetic properties. Biology, biophysics and medicine are the applicative fields in which recently the gold nanoparticles have greater impact. In order to contribute to the study of the optical properties of the gold nanoparticles, we have tried to propose theoretical models with the goal to rationalize the experimental findings and to realize a computational model for new nanostructured materials with specific optical properties. We have therefore addressed this issue by handling several aspects. Below it will be described the path followed during the Ph. D. research indicating the chapters of the second part of the thesis in which the various arguments are treated in detail. Starting with both experimental and theoretical data found in literature, we have focused at first on naked gold clusters, to simulate the note SPR absorption band ascribed to the electron collective oscillations. We have tried to push the size of the cluster to the maximum computationally allowed to reproduce the red-shift/size increasing trend, observed in the UV-visible spectra, and to draw as closely as possible to the minimum size of the systems synthesized in the laboratory. Within the limitations due to high density of states in the case of larger clusters, we have tried to rationalize the results in terms of conventional quantum chemistry arguments. (Chapter 4) We have concentrated then on the refining of the computational technique, introducing the spin-orbit coupling in the calculation of valence excitation spectra of small regular icosahedrical bimetallic systems with closed shell. In this context we have discussed the differences between a SR (Scalar relativistic) and a SO (spin-orbit) TDDFT calculation scheme and also those due to different heteroatoms present in the centre of the gold cage. Thus, we have identified a diagonal trend between two elements of Group V B (V and Nb) and two from Group VI B (Mo and W) of the Periodic Table. (Chapters 5 and 6) Finally we have moved to the study of the electronic excitation phenomena from the valence to the core, simulating the XANES spectra of systems functionalized with metilthiolate. The experimental molecular models that we have compared, were similar in size but different in composition (dodecanethiolate) and in structure. Nevertheless, grounded on calculations, we have given a more detailed interpretation of the intense experimental band: it is the result of two unresolved bands which involve both S-Au and S-C antibonding states. Moreover, depending on the structure of the cluster, and then the types of interactions present, we have observed changes in the spectral patterns. (Chapter 7) In the first part of the thesis have been developed some general issues and some theoretical aspects with which deal the above chapters. In particular, in Chapter 1 is considered the wide nanoparticles main theme, in Chapter 2, the electronic spectroscopy and Chapter 3 the theoretical DFT and TDDFT methods with particular emphasis on aspects related to the relativistic formalism.1423 5334 - PublicationIdrocarburi policiclici aromatici in aria, suoli e biota. Studi analitici ed ambientali su sorgenti, distribuzione e bioaccumulo nella provincia di Trieste(Università degli studi di Trieste, 2009-04-16)
;Di Monte, LucaBarbieri, PierluigiGli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), generati da processi di combustione o dispersi a seguito di sversamenti di petroli, risultano essere tra i microinquinanti organici più diffusi nell’ambiente. Essi sono spesso veicolati dal particolato atmosferico emesso da sorgenti in cui avvengono combustioni incomplete, quali motori presenti in autoveicoli o navi, sistemi di riscaldamento, impianti industriali. Le emissioni possono quindi contaminare il comparto atmosferico e le deposizioni secche o umide di particolato aerodisperso trasferiscono gli inquinanti a suoli, specchi d’acqua e indirettamente ad organismi viventi. Un ulteriore elemento di possibile criticità ambientale è associato ai residui solidi della combustione (es. ceneri pesanti), che possono contenere vari microinquinanti, tra cui gli idrocarburi policiclici aromatici, che hanno un potenziale tossico e cancerogeno, e che nel passato sono stati smaltiti sul territorio in discariche non sempre adeguatamente costruite e gestite. Lo studio sviluppato per la preparazione della presente tesi riguarda un ambito territoriale costiero, compreso tra Trieste e Muggia, in cui insiste – accanto a sorgenti comuni e diffuse quali il traffico auto-veicolare e portuale, impianti di riscaldamento e attività industriali quali un cementificio ed un inceneritore – una sorgente di idrocarburi policiclici aromatici di una certa rilevanza, costituita da una cokeria che è parte dell’impianto siderurgico a ciclo integrale situato nel rione di Servola, a Trieste. Il processo di distillazione del carbone, in particolare quando avviene in modo imperfetto ed in impianti di vecchia concezione, è una sorgente emissiva di contaminanti che non permette il rispetto degli standard ambientali nella sua prossimità, in particolare per quel che riguarda gli IPA e il particolato aerodisperso. Un significativo lavoro di caratterizzazione ambientale nella prossimità dell’impianto è stato eseguito dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Friuli Venezia Giulia, che mette in atto campagne di monitoraggio istituzionale. Il presente lavoro, svolto nell’ambito del dottorato di ricerca, si è posto l’obiettivo di fornire informazioni complementari ed integrative al quadro ambientale disponibile, mettendo a punto procedure analitiche e di campionamento robuste che consentano di integrare i dati generati dalla ricerca universitaria con quelli prodotti dagli organi istituzionali di controllo ambientale. Una prima serie di campagne di indagini, svolta tra febbraio e luglio del 2006, ha consentito di determinare le concentrazioni di IPA nelle polveri fini, campionando per la prima volta il PM2.5 nel territorio giuliano, in un sito urbano a Trieste e in un sito posizionato lungo la costa, sottovento, rispetto ai venti prevalenti, alla zona industriale e portuale, che è potenziale sorgente di inquinanti organici persistenti. Le concentrazioni di PM2.5 risultano più critiche rispetto ai valori obiettivo di quanto lo sia il PM10 rispetto ai limiti vigenti. Sono stati determinati gli IPA nel PM2.5, in collaborazione con ARPA-FVG, evidenziando situazioni comparabili e non critiche rispetto al valore obiettivo per le concentrazione di benzo[a]pirene in atmosfera, con sporadici sforamenti rispetto alla media annuale di 1ng·m-3. È stata rilevata una marcata stagionalità nelle concentrazioni di IPA, con valori relativamente elevati in inverno e molto bassi in estate. La presenza di maggiori concentrazioni di ossidanti in atmosfera nel periodo estivo, attesa ad esempio per l’ozono, può giocare un ruolo, non ancora esplorato, nell’abbassare le concentrazioni di IPA nel particolato. È stata quindi messa a punto, presso i laboratori universitari, una procedura di trattamento dei campioni – basata sull’estrazione accelerata con solvente e su uno stadio di purificazione dell’estratto – e di analisi degli IPA in gas cromatografia accoppiata alla spettrometria di massa, che ha consentito di indagare, con modeste modifiche, matrici diverse provenienti da vari comparti ecologici. La validità della filiera analitica è stata verificata con la determinazione delle concentrazioni di IPA in matrici certificate (mitili liofilizzati SRM2977, sedimento di porto di acqua dolce BCR535, fango di impianto di trattamento BCR088) e con un'intercalibrazione con i laboratori ISPRA, ARPA-FVG ed INCA di Marghera per le analisi sul particolato atmosferico. Nella seconda serie di indagini si sono eseguiti monitoraggi nell’arco di otto mesi del 2007, campionando gli IPA aerodispersi totali (su filtro per le polveri totali sospese e su schiuma poliuretanica per la frazione più volatile), PM10 e PM2.5 in prossimità del perimetro dell’impianto siderurgico presente nel rione di Servola a Trieste ed in un sito relativamente remoto identificato nei pressi dell'Università. La caratterizzazione sperimentale della contaminazione da IPA aerodispersi ha permesso di identificare nella cokeria una sorgente di IPA molto rilevante. Si sono determinate concentrazioni totali di benzo[a]pirene (BaP) aerodisperso (nelle immediate vicinanze della Ferriera quasi sempre oltre il valore obiettivo medio annuale di 1ng·m-3) e di IPA totali, che risultano mediamente 100 volte superiori a quelli misurati presso l'Università (presso la quale non si sono mai registrati valori critici). Si è potuto mostrare anche come i profili di concentrazione degli IPA nei due siti (distanti quasi cinque chilometri) siano molto simili; contributi da altre sorgenti (es. emissioni tipicamente urbane come traffico veicolare e riscaldamento domestico/aziendale) non risultano marcatamente evidenti nel periodo di osservazione considerato. Anche a seguito dei risultati della seconda campagna, sono stati implementati degli adeguamenti per diminuire le emissioni incontrollate dall’impianto. Una validazione dei risultati sperimentali conseguiti durante tale campagna di monitoraggio è stata effettuata grazie ad un interconfronto in cui sono stati coinvolti i laboratori dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (ora ISPRA), dell'ARPA Friuli Venezia Giulia, del Consorzio Interuniversitario INCA di Marghera e dell’Unità di Ricerca in Chimica Ambientale dell’Università. I risultati dell'interconfronto hanno confermato la buona qualità delle metodologie di campionamento e analisi eseguite presso i nostri laboratori, dando un riscontro positivo sulle prestazioni sulle analisi di IPA nel particolato atmosferico, ma anche in fanghi e sedimenti. A seguito di ciò si sono iniziate caratterizzazioni di suoli – nell’ambito di sperimentazioni sul fitorimedio di siti contaminati da IPA – non riportate nella presente tesi. Un’ulteriore campagna di campionamenti ed analisi è stata svolta nel 2008, raccogliendo campioni di particolato atmosferico nell'area abitata di Servola, focalizzando l’attenzione sul contenuto di BaP nel particolato PM10, secondo una norma entrata in vigore con il Decreto Legislativo 152/07 pubblicato il 13 settembre 2007, che recepisce la direttiva europea 2004/107/CE e con il recepimento della norma tecnica EN 15549:2008. Ciò ha comportato una ritaratura delle metodiche di campionamento; in particolare sono stati scelti due siti di campionamento rappresentativi di aree abitate a Servola (“ex-Scuola” e via Pitacco) sono stati acquisiti campionatori di PM10 ad alto volume, integrando la rete di monitoraggio di ARPA-FVG con informazioni nel centro abitato prossimo all’impianto. I risultati di questa campagna di campionamento – conseguiti successivamente agli adeguamenti impiantistici della Ferriera – evidenziano come nelle aree prese in esame le situazioni di criticità riscontrate nelle precedenti campagne non vengano registrate; si verificano ancora sforamenti del valore limite di PM10 di 50μg·m-3, ma gli sforamenti al valore obiettivo di BaP di 1ng·m-3, sono molto più sporadici (1 sforamento su 43 giornate nel sito “ex-Scuola”, e 6 sforamenti su 47 in via Pitacco). Si è ritrovata una stagionalità nell'andamento delle concentrazioni di PM10 e di BaP nell'aria, con situazioni più critiche registrate nei mesi invernali. La presenza degli IPA è stata indagata anche nel comparto marino, vicino alla sorgente industriale di IPA aerodispersi. L'indagine sul bioaccumulo di IPA in Mytilus galloprovincialis nello specchio di mare prossimo all’impianto siderurgico e al terminal petroli – finalizzata ad evidenziare l’ingresso degli IPA nelle acque costiere ed in particolare la possibile contaminazione del biota a seguito di esposizioni di breve durata (cinque mesi) – ha fornito indicazioni sulle cinetiche di bioaccumulo caratteristiche delle diverse situazioni ambientali considerate, evidenziando una situazione di criticità nei pressi dell'area industriale ed una elevata biodisponibilità degli IPA disciolti in quello specchio d'acqua. La differenziazione delle analisi in diversi organi bersaglio (epatopancreas, branchie ed il resto del corpo) e l'integrazione dei livelli di contaminazione rilevati nei tessuti con il contenuto lipidico degli stessi ha mostrato una correlazione diretta fra livello di IPA accumulati e contenuto lipidico, confermando l'epatopancreas come organo bersaglio per l’accumulo di questa classe di inquinanti idrofobici. L'utilizzo di un organismo bioaccumulatore come Mytilus galloprovincialis si è rivelato essere un utile mezzo per la valutazione del grado di contaminazione di acque marine soggette a forte pressione antropica, anche in campagne di misura di durata relativamente breve. In conclusione, grazie all'attività svolta nel presente dottorato di ricerca è stato possibile approfondire vari aspetti sull'entità della contaminazione da idrocarburi policiclici aromatici sul territorio triestino, evidenziando alcune criticità in prossimità dell'impianto siderurgico di Servola. Misure di mitigazione delle emissioni in atmosfera, attuate durante l’arco di sviluppo del lavoro qui riportato, paiono contenere significativamente la criticità correlabile alla presenza di questi cancerogeni nell’aria ambiente. IPA bioaccumulabili sono tuttavia ancora significativamente presenti nelle acque costiere antistanti l’area industriale di Servola. Gli sviluppi del lavoro qui riportato sono orientati allo studio dei processi che modificano stagionalmente le concentrazioni degli IPA nel particolato, associabili all’azione di ossidanti atmosferici, quali l’ozono, sul PMX raccolto sui filtri e sull’impiego delle metodologie di estrazione ed analisi messe a punto per lo studio della contaminazione di campioni biologici, sedimenti e terreni. Si sono iniziati studi ad esempio nel contesto della valutazione di tecniche di fitorimedio per il recupero di aree contaminate da idrocarburi policiclici aromatici e ricerche in merito all'uso di gasteropodi terrestri e marini come bioaccumulatori di IPA, per la valutazione di potenziali rischi per l’ecosistema e la salute umana in siti inquinati.3384 14802 - PublicationLe barriere reattive permeabili: sperimentazioni sul materiale Cu/Al per la decontaminazione di acque da solventi clorurati(Università degli studi di Trieste, 2009-04-16)
;Bincoletto, Tatiana ;Bevilacqua, Paolo ;Antonini, PaoloLodolo, AndreaLe problematiche ambientali relative alla potenziale presenza di composti organici clorurati, quali il tetraclorocarbonio, il cloroformio e il diclorometano, sono molto diffuse e di difficile risoluzione. Tali composti possono essere riscontrati in siti interessati, sia attualmente che nel passato, da attività di vario genere tra cui quella di produzione farmaceutica, alimentare e chimica. Sono in atto, oggigiorno, molteplici sperimentazioni finalizzate alla decontaminazione delle acque, siano esse di falda, di ruscellamento o di derivazione industriale, da tali composti. Una delle tecnologie che, negli ultimi anni, ha fornito risultati eccellenti per la decontaminazione di acque da varie tipologie di inquinanti tra cui quelli oggetto del presente lavoro, riguarda l’applicazione di barriere reattive permeabili. In particolare, gli studi riguardano la sperimentazione di materiali reattivi risultati efficaci anche per il trattamento di composti organici clorurati. La ricerca svolta si è concentrata sulla preparazione, sulla caratterizzazione e sulla sperimentazione di un materiale bimetallico reattivo a base di alluminio e rame per la decontaminazione di acque da tetraclorometano e da diclorometano. Le varie tipologie di bimetallo sono state realizzate utilizzando una soluzione di solfato di rame (uso agricolo) puro al 98.3 %, dell’idrossido di sodio in granuli e polveri di alluminio con un grado di purezza pari al 99.5% di cui sono state scelte cinque diverse classi granulometriche al fine di verificarne l’influenza sulle capacità reattive per il processo di decontaminazione. Sono stati prodotti 3 gruppi distinti di materiali Cu/Al in base sia alla quantità di polvere di alluminio utilizzata in fase di preparazione del materiale sia alla presenza o meno di processi di lavaggio del materiale post-formazione. La caratterizzazione del materiale è avvenuta attraverso analisi diffrattometriche e analisi in microscopia elettronica a scansione (SEM) che hanno permesso di individuarne la struttura e di identificarne le fasi cristalline che lo compongono. Le sperimentazioni per testare l’attività dei materiali sono state condotte in batch con acque contaminate da tetraclorometano o diclorometano a concentrazioni dell’ordine delle ppm ovvero superiori ai limiti imposti dalla Tab. 2 Allegato 5 (Tit.V) del DLgs 152/06 per le acque sotterranee. Le analisi chimiche, eseguite con un Purge and Trap interfacciato a un gascromatografo accoppiato ad uno spettrometro di massa, sono state realizzate presso i laboratori Hydrotech S.r.l. - Area Science Park, Padriciano, 99 - Trieste. La metodologia di analisi ha permesso di quantificare le percentuali di abbattimento di contaminante sia nel caso del tetraclorometano che del diclorometano e di verificare la formazione di prodotti secondari o di degradazione.1509 9480 - PublicationSviluppo di metodiche innovative nel campo del biomonitoraggio ambientale(Università degli studi di Trieste, 2009-04-16)
;Falomo, Jari ;Barbieri, PierluigiGiorgini, LuigiIl lavoro svolto per il conseguimento del Dottorato di Ricerca mira allo sviluppo di metodiche originali per la determinazione di microinquinanti organici nell’ambiente che possano essere applicate in piani di monitoraggio ambientale su larga scala. Sono state impiegate metodiche analitiche innovative e processi di accumulo e bioaccumulo per mappare la distribuzione ambientale di contaminanti chimici pericolosi ed identificare aree esposte a stress ambientali su cui focalizzare interventi di gestione. Le attività sono state svolte in stretta collaborazione con il Dipartimento Provinciale di Trieste dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG). Tale circostanza ha orientato il lavoro verso lo sviluppo di metodologie caratterizzate da economia operativa, sia in termini di tempi d’esecuzione, che di costi e semplicità d’uso. Questo perché i metodi di riferimento richiedono spesso procedure lunghe e/o costose, difficili da affrontare da parte di organi di controllo su cui gravano carichi operativi routinari elevati. In dettaglio il lavoro è stato articolato in due filoni principali distinti. Il primo studio riguarda lo sviluppo di un metodo di analisi di composti organostannici in ambiente marino. Tali sostanze (in particolare il tributilstagno) sono state impiegate per decenni come additivi antivegetativi nelle pitture navali e ad esse è stato attribuito un effetto come modulatori endocrini (endocrine disruptors) su organismi marini. Tra gli effetti più noti di queste sostanze c’è il fenomeno dell’imposex nei gasteropodi marini, ossia l’imposizione di caratteri maschili su individui femmine. Gli attuali metodi di riferimento sono difficoltosi soprattutto in termini di preparazione dei campioni, impedendo così la pianificazione di monitoraggi su larga scala per valutare la presenza ed il bioaccumulo di queste sostanze nell’ecosistema marino. Tali informazioni sono fondamentali per lo sviluppo di modelli interpretativi che mettano in relazione la presenza di questi stressori ambientali con alterazioni fisiologiche negli organismi che ne vengono a contatto. Sono state messe a punto ed ottimizzate delle metodiche automatizzabili ed accurate per la determinazione del tributilstagno e dei suoi prodotti di degradazione in acque, sedimenti e biota, sfruttando la microestrazione in fase solida (SPME) accoppiata alla gascromatografia con rivelazione di massa. Le metodiche sono state validate attraverso l’analisi di materiali di riferimento certificati e la partecipazione, con risultati molto positivi, a circuiti di calibrazione interlaboratorio di livello internazionale. Il metodo applicato alle matrici biologiche è stato testato su ecosistemi della regione Friuli Venezia Giulia, confermando di essere veloce e sensibile e fornendo il territorio di un presidio di controllo efficace anche per questi contaminanti, i cui effetti sull’uomo non sono ancora stati approfonditi. Il secondo studio è stato basato sull’identificazione di metodi di screening tramite campionatori passivi per valutare la presenza di Idrocarburi Policiclici Aromatici aerodispersi nell’ambiente terrestre. Tali inquinanti hanno un’elevata rilevanza ambientale in quanto sono composti praticamente ubiquitari, alcuni dei quali, tra cui il benzo[a]pirene, sono ritenuti carcinogenici o mutagenici. I campionatori passivi, dal costo contenuto e di facile preparazione, consentono di ottenere informazioni sulla presenza di IPA a seguito dell’esposizione per qualche settimana in aria ambiente, presentando il vantaggio di non necessitare né di pompe di aspirazione né di allacciamento alla corrente elettrica. Come bioaccumulatore è stato utilizzato l’Hypnum cupressiforme, specie di muschio già ampiamente utilizzata come accumulatore di metalli grazie alla sua ampia diffusione sul territorio italiano e che si è dimostrato efficiente anche nei confronti degli IPA. Parallelamente è stato sviluppato in maniera innovativa l’impiego di una matrice sintetica costituita da fibre di polietilentereftalato (dacron). La capacità di accumulo delle due matrici è stata testata in alcune sessioni di campionamento, nelle quali campioni di muschi e di dacron sono stati esposti contemporaneamente in due siti della città di Trieste. È stata determinata la ripetibilità dei campionatori passivi ed i dati sono stati confrontati con le concentrazioni di PTS (particolato totale sospeso) ottenute dai campionatori attivi dell’ARPA FVG. Entrambe le matrici si sono rivelate adatte per il monitoraggio di IPA aerodispersi. I Quadrelli (nome dato ai campionatori costituiti da dacron) sono in grado di accumulare una quantità maggiore di IPA in rapporto al loro peso mentre il muschio presenta una migliore capacità di accumulo in rapporto alla superficie esposta. Il muschio, inoltre, ha evidenziato una migliore ripetibilità dei dati ed una migliore correlazione con i dati di IPA ottenuti dall’analisi del particolato totale sospeso. Muschio e Quadrelli sono stati utilizzati per impostare una prima mappatura della provincia di Trieste e della sua zona industriale, fornendo risultati confrontabili ed evidenziando come le maggiori criticità siano legate alle sorgenti antropiche presenti nella parte meridionale della provincia. Dall’esperienza maturata nel corso del lavoro è emersa la necessità di utilizzare, nelle campagne di monitoraggio, griglie di campionamento particolarmente fitte per ottenere il maggior numero di dati utili per l’elaborazione di mappe di distribuzione dettagliate. Questo è possibile grazie al basso costo dei campionatori testati e al fatto che non necessitano né di allacciamenti elettrici né di manutenzione durante la fase di esposizione. Le griglie di monitoraggio basate su campionatori passivi sono un ottimo strumento per integrare le reti di monitoraggio istituzionale, basate su sistemi normati di campionamento attivo (come ad esempio il PM10), estendendo a costi contenuti la base di dati su cui imperniare misure di gestione ambientale.1488 11527