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Futuribili. Rivista di studi sul futuro e di previsione sociale. 2019, n. 1/2, Vol. XXIV

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https://www.openstarts.units.it/handle/10077/31163
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CONTENTS / SOMMARIO

Gasparini Alberto

EDITORIALE: “Clerici vagantes” e la formazione transdisciplinare per l’Università del futuro.

Salimbeni Fulvio, Dalafi R. Hassan, Vitale Alessandro, Ovadia Moni

“Clerici vagantes”, ovvero il coraggio della libertà e il piacere della curiosità

Van De Woorde Marcel

Education for full employment. Closing the gap between education and future. University education in crisis? Transdisciplinary approaches in the arts, humanities and sciences

Radermacher Franz Josef

Overcoming the international energy and climate crisis. Methanol economy and soil improvement can close the carbon cycle

Gasparini Alberto

Sedimentation of europes: from past to 2050

Barjaba Costa, Barjaba Joniada

The wrong decision at the right time: the future of Europe and the european future of Albania

Poli Roberto

Anticipation: a new thread for the human and social sciences?

Jacobs Garry, Nagan Winston, Zucconi Alberto

Unification in the social sciences. Search for a science of society

Tudor Salantiu

When policy-makers stood still to follow the interests of humankind

Voin Alexander

The geoversal civilization and the unified method of substantiation of scientific theories

Farah Soheil

Russian in the context of civilizational theories

Browsing Futuribili. Rivista di studi sul futuro e di previsione sociale. 2019, n. 1/2, Vol. XXIV by Subject "circolazione"

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    “Clerici vagantes”, ovvero il coraggio della libertà e il piacere della curiosità
    (EUT Edizioni Università di Trieste, 2020)
    Salimbeni, Fulvio
    ;
    Dalafi, R. Hassan
    ;
    Vitale, Alessandro
    ;
    Ovadia, Moni
    La Tavola Rotonda mette a confronto alcuni aspetti dei “clerici vagantes”, interpretati come intellettuali ma anche come espressione di una cultura dell’apertura all’e-sterno e quindi come rifiuto della chiusura al nazionalismo e alla patria. Ciò viene sviluppato da quattro autori secondo modalità specifiche. Fulvio Salimbeni definisce e interpreta i “cle-rici vagantes” come fenomeno dell’Europa medievale di intellettuali (studenti universitari e professori) che passano per le tante istituzioni universitarie, dando luogo a una nuova cultura fondata sugli incontri tra il portatore di differenti carismi ed elaborata dalla scoperta e dalla sintesi tra lingue e culture (latina, greca, araba, ebraica). L’autore d’altro canto sottolinea la ricchezza dagli apporti dal Medioevo che verrà chiuso dalla successiva modernità plasmata dalla chiusura nel nazionalismo e dall’enfasi sulla patria nei secoli dal Seicento in poi. L’autore sottolinea la possibilità della ripresa dallo spirito di apertura nei tempi attuali con la circolazione europea e mondiale di studenti e professori che favoriscono il dialogo (Programmi Socrates ed Erasmus). Hassan Dalafi evidenzia il ruolo degli intellettuali nel mondo arabo-persiano fino al Trecento. Questi diffondono una circolazione di studenti e professori per le Madrase e per le tante corti di regnanti. Con ciò svolgendo due ruoli di formazione delle nuove classi di intellettuali e di formazione delle classi dominanti nelle corti con raffinate “di-sputationes”. Alessandro Vitale sottolinea che la mobilità del pensiero richiede una capacità di essere liberi, e quindi di avere sviluppato il coraggio della liberta. E il “clericus vagans”, per essere tale, ha bisogno di libertà, ma vivere questa richiede quel coraggio che a volte non c’è, ed anzi la libertà fa paura, e ciò capita quando il nazionalismo cristallizza e istituzio-nalizza proprio questa paura della libertà. L’autore sviluppa tale dimensione prendendo in considerazione la situazione dell’uscita dal totalitarismo comunista dei paesi dell’est Europa che a cavallo del Ventesimo secolo e l’inizio del Ventunesimo secolo cercano di fare. L’autore problematizza questo discorso tra paura e coraggio della libertà di uscire dal totalitarismo a seconda che un paese l’abbia vissuto per un lungo periodo o per breve tempo. Moni Ovadia introduce il concetto di esilio per comprendere un’altra dimensione della libertà e del viaggio nella terra del pensiero ma anche nel viaggio nel deserto in cui i confini sono molto mobili. L’autore sviluppa tale discorso ricorrendo alla Bibbia e al dialogo di Abramo e il popolo ebreo con il Santo Benedetto (che è Dio per gli ebrei) che è sempre molto attento a dire che la “terra è mia”, e quindi affermando che la terra promessa non è la terra del nazionalismo (e della stabilità), ma questa terra promessa in realtà è la terra dello straniero, del pensiero, del viaggio, della libertà. Tale lettura del continuo viaggio lo ritroviamo nel Medioevo, sotto le diverse forme ed è comune all’intellettuale ebreo e dei “clerici vagantes”, ma anche in succes-sive epoche l’intellettuale ebreo vive l’esperienza della “glorificazione dell’esilio condiviso con altri popoli come gli armeni, i curdi, i palestinesi, e vi continua queste eredità del viaggio e del movimento”.
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