Scienze giuridiche
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Browsing Scienze giuridiche by Subject "Cautela"
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- PublicationL'acquisizione della prova scientifica nel processo penale(Università degli studi di Trieste, 2010-04-16)
;Marando, GabriellaMarandola, Antonia AntonellaCon il presente studio ci siamo proposti di analizzare l’impatto che il proliferare della cd. prova scientifica ha sortito sul procedimento di formazione della prova penale. In via preliminare, si è avvertita la necessità di porre le premesse per una definizione della locuzione di “prova scientifica” che ne chiarisse le peculiarità gnoseologiche rispetto agli strumenti di conoscenza tradizionali. In tale prospettiva, si ritiene che il quid caratterizzante la scientific evidence sia costituito dall’impiego del metodo scientifico al fine della formazione della conoscenza, dovendo riservarsi, per questa via, la qualifica di scientificità ai soli elementi di prova che derivano da un procedimento formativo di verificazione hempeliana e falsificazione popperiana, il quale si concreta nella sottoposizione dell’ipotesi a continue sperimentazioni e falsificazioni, con conseguente individuazione di un margine intrinseco di errore. L’adozione di tale definizione non è priva di riverberi sul piano processuale, in quanto impone l’abbandono della concezione fideistica della scienza in favore di una nozione di metodo scientifico fallibilista e suscettibile di controllo circa la sua attendibilità epistemologica e la correttezza d’impiego da parte del sistema processuale d’adozione. La centralità del controllo sull’an e sul quantum di scientificità del metodo di formazione della conoscenza deve essere improntato, per un verso, all’autonomia del giudice nei confronti della comunità scientifica di riferimento e alla percezione della scienza come contesto culturale in evoluzione, all’interno del quale anche un metodo scientifico o tecnologico accettato e utilizzato nella prassi può essere messo in discussione dall’emergere di teorie innovative. Per altro verso, a fronte dell’elaborazione degli ormai noti parametri di controllo, discretivi tra good science e junk science, elaborati dalla giurisprudenza nordamericana ad opera delle pronunce componenti la trilogia Daubert-Joiner-Kumho al fine di erigere una griglia di sbarramento delle conoscenze non affidabili operante nella fase di ammissione della prova, si ritiene, sulla scorta della concezione corpuscolariana della conoscenza, che non si possa procedere ad una passiva e acritica operazione di innesto di tali parametri nel contesto processuale, ma che la valutazione di affidabilità del metodo scientifico debba essere contestualizzato in relazione ai paradigmi, alle categorie processuali e alle scansioni in cui si articola il procedimento probatorio delineato dal c.p.p. 1988. In una prospettiva speculare, l’operazione volta alla riconduzione della scientific evidence nell’alveo dell’architettura complessiva del procedimento di formazione della prova non ha ignorato che la complessità e il grado elevato di specializzazione della conoscenza scientifica richiede un apparato di strumenti giuridici idonei a consentire il controllo giudiziale sull’idoneità epistemologica del metodo impiegato, il rispetto dei protocolli d’uso e la coerenza interna del risultato probatorio. In quest’ottica, si sono affrontate le questioni, logicamente interdipendenti, attinenti, l’una, ai modelli probatori attraverso cui introdurre le conoscenze scientifiche nel processo, e, l’altra, alle tecniche dinamiche di acquisizione processuale del sapere scientifico. La prima questione pone l’interprete di fronte ad un sentiero che si biforca nelle direzioni della tipicità o della atipicità probatoria. Con l’adesione alla tesi volta all’inquadramento della conoscenza scientifica nel catalogo dei mezzi tipici abbiamo ritenuto di valorizzare la sistematica del codice laddove esso offre una gamma di strumenti nominati – a partire dalle tecniche di indagine ex artt. 354, 359 e 391-sexies c.p.p. fino a giungere ai mezzi di prova della perizia e della consulenza tecnica endoperitale ed extraperitale – aventi la funzione di consentire l’ingresso della scienza nel processo. L’opzione esegetica de qua è rafforzata dalle seguenti considerazioni. In primis, riteniamo che la tecnica di formulazione della fattispecie dell’art. 220, richiamato per relationem dall’art. 233 c.p.p., a guisa di una “norma in bianco”, suscettibile di trovare riempimento con il rinvio a metodi e tecniche extragiuridiche, sia sintomatica di una prevalutazione legislativa che attesti, da un lato, l’idoneità dei suddetti mezzi di prova ad accogliere nel loro alveo quegli apparati di strumenti tecnologici che, in ragione tanto del continuo sviluppo della scienza quanto della loro natura extralegale, non si prestano ad essere tipizzati in un catalogo; e, dall’altro lato, l’opportunità di sottoporre il metodo tecnico-scientifico alla dialettica della prova e controprova in cui si articola il rapporto tra perizia e consulenza tecnica e alla medesima dinamica di acquisizione probatoria tipizzata in funzione dell’assunzione al processo dei suddetti mezzi di prova. In secundis, il parametro legale dell’art. 220 c.p.p. si presta ad accogliere nel suo ambito applicativo – articolato nella triplice scansione dello svolgimento di indagini, acquisizione di dati e acquisizione di valutazioni da parte dell’esperto – sia la fase in cui il perito procede a proprie indagini tecniche facenti capo a risultati probatori fruibili dal giudice, sia la fase predisposta al controllo dei medesimi risultati e volta ad offrire all’organo giudicante gli strumenti di valutazione intorno alla idoneità probatoria astratta e alla attendibilità e rilevanza in concreto del metodo utilizzato. In tertiis, il conferimento alla prova per esperti del ruolo di trait d’union in funzione dell’ingresso della scienza nel contesto processuale valorizza al massimo grado il diritto di difendersi provando, inteso nella particolare declinazione del diritto a difendersi mediante il contributo di esperti, e il principio della formazione dialettica della conoscenza come canone epistemologico del processo penale. Tale considerazione pone le premesse per la soluzione della seconda questione problematica, afferente alla definizione delle modalità acquisitive della prova scientifica nelle scansioni tipiche dell’assunzione della prova per esperti. L’opzione qui accolta può essere apprezzata da un duplice angolo visuale. Da un lato, si consideri che la disciplina legislativa regolante la formazione della perizia prevede l’allestimento di un contraddittorio endoperitale sia in sede di formulazione dei quesiti sia durante la fase di esecuzione delle operazioni, all’interno del quale i consulenti di parte sono posti in grado di sindacare le scelte dell’esperto sia sotto il profilo della validità astratta del metodo impiegato sia dal punto di vista della sua idoneità in relazione al caso concreto, consentendo loro di controllare la correttezza delle modalità di esecuzione dall’interno della formazione della prova. Dall’altro lato, l’articolazione delle relazioni intercorrenti tra perizia e consulenza tecnica extraperitale rafforza le possibilità di interlocuzione delle parti mediante la realizzazione di una dialettica estrinseca tra i mezzi di prova tecnico-scientifici rimessi alla loro disponibilità. Tale ordine di considerazioni riveste una particolare importanza nelle ipotesi di acquisizione di elementi di prova promananti da settori della scienza o della tecnica che si avvalgano, al loro interno, di differenti metodi di formazione del dato cognitivo. E’ quanto accade, ad esempio, nel settore della tecnica di individuazione vocale, caratterizzata da una contrapposizione tra i metodi spettrografico e parametrico; o, ancora, nell’ambito della genetica forense, attesa la varietà di protocolli applicativi che presiedono all’estrazione del profilo del Dna (quali, a titolo esemplificativo, l’elettroforesi, la sequenziazione del Dna, la spettrometria di massa, il southern blotting); o, infine, nel settore della computer forensic, sol che si pensi ai differenti tools volti all’estrazione del dato informatico dall’elaboratore. Orbene, in tali casi la dialettica interna ed esterna in cui si articolano le relazioni tra i mezzi di prova per esperti consente alle parti di proporre, ciascuna mediante il proprio consulente, una ricostruzione del thema probandum basata sul metodo scientifico ritenuto più affidabile e di esporre nella relazione le ragioni a sostegno della maggiore idoneità epistemologica dello strumento tecnico-scientifico prescelto. Sebbene le clausole degli artt. 506 e 507 c.p.p. siano ostative alla configurazione di un onere perfetto, in capo alla parte che chiede l’acquisizione della prova al processo, di addurre la dimostrazione completa ed esauriente dei requisiti di idoneità ed affidabilità probatoria della prova assumenda, non vi è dubbio che essa sia, quantomeno, portatrice di un interesse all’esposizione dei criteri favorevoli che indirizzino la valutazione del giudice in direzione della utilizzabilità della prova in sede di decisione e dell’attribuzione di un grado elevato di efficacia probatoria. E’ di tutta evidenza, a questo punto, che l’impostazione prescelta costituisce un valido antidoto al cd. paradosso del giudice peritus peritorum, il quale, in sede di valutazione delle tecniche probatorie che si segnalano per l’alto grado di specializzazione, non dovrà operare il vaglio inerente alla scientificità ed affidabilità del metodo scientifico di volta in volta prospettatogli attraverso un dialogo solitario interno alla sua mente ma possa valersi dell’ausilio offerto dai contributi di segno opposto promananti dalle parti attraverso i propri esperti. Non può essere sottaciuto, tuttavia, che la validità di tale ricostruzione è subordinata al verificarsi di due condiciones sine qua non. La prima condizione consiste nell’adesione alle teorie, elaborate dalla dottrina e accolte solo da una parte della giurisprudenza, volte ad affermare la natura marcatamente probatoria della perizia e della consulenza tecnica e la loro esclusione dal novero degli strumenti ancillari, rispettivamente, al giudice e alla difesa. Dove si continuasse a sostenere il carattere neutro o il valore argomentativo delle ricostruzioni offerte da tali mezzi di prova, il sistema appena delineato verrebbe privato delle sue fondamenta. La seconda condizione consiste nell’accoglimento del principio secondo cui la formazione della prova peritale non si esaurisce con la produzione dell’elaborato scritto ma avviene nel contraddittorio, sottoponendo l’esperto al fuoco incrociato delle domande e delle contestazioni in funzione di controllo della attendibilità della prova e della individuazione di eventuali errori nell’applicazione al caso di specie. Nella prospettiva del potenziamento del controllo scientifico, inteso quale metodo elettivo di controllo dell’apporto tecnico-scientifico, in quanto idoneo a testarne la hempeliana forza di resistenza mediante tentativi di demolizione della sua attendibilità gnoseologica e prospettazioni di ricostruzioni fattuali alternative, non pare si possa prescindere dal riconoscimento, in capo alla parte avente un interesse contrario, del diritto alla sottoposizione dell’esperto al controesame, cui corrisponde, sul piano formale, l’onere della citazione del perito ai sensi dell’art. 468 c.p.p. in capo alla parte interessata alla sua assunzione e anche nei casi in cui questa avvenga in dibattimento. In tale prospettiva, il deposito della relazione dell’esperto, corredata dai protocolli applicativi del metodo prescelto e delle pubblicazioni scientifiche, deve essere concepita come supporto documentale funzionale alla preparazione dell’escussione orale e, per tale via, al vaglio sulla rilevanza del metodo al caso concreto e sul rispetto dei suddetti protocolli, ma non può assumere valore probatorio se non a seguito dell’esame dell’esperto.6000 30594