CentoPagine 2011

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La quinta edizione dei Seminari sulla continuità dell’antico si è tenuta presso l’Università di Udine il 14 e 15 giugno 2011, nella Sala Atti della Facoltà di Lettere (Palazzo Antonini) e ha visto la partecipazione di un nutrito gruppo di studiosi, italiani, europei ed americani. Il soggetto scelto, Epos e antiepos dall’antichità al Novecento, intendeva proporre una prima riflessione sulle modalità con cui si è articolata la dialettica fra epica tradizionale e forme della letteratura che consapevolmente si oppongono ad essa o ne prendono le distanze, talora delineando possibilità di visione o espressione alternative. Una dialettica che nel mondo antico è cominciata assai presto (in fondo, con il cosiddetto ’Omero minore’) e che ha generato vari momenti di profondo rinnovamento della tradizione, come nel V secolo d.C., con l’epica dionisiaca di Nonno di Panopoli, cosciente tentativo di ristrutturazione – in senso manieristico – del poema epico: Robert Shorrock ne ha mostrato la consapevolezza poetologica nel superamento del genere. Una ‘libertà’ nei confronti dell’arcimodello omerico che continua nel Medioevo greco, come mostra l’atteggiamento ammirato ma anche critico, alla bisogna, dell’erudito bizantino Giovanni Tzetze, le cui opere di commento a Omero (e la cui poesia) sono state analizzate da Tommaso Braccini. La riscrittura, che non è semplice variazione, ma spesso presa di distanza, creazione di una nuova poesia, diventa anche nel Novecento creazione di nuove province letterarie, come in Derek Walcott (il cui poema è stato presentato da John van Sickle), in Pasolini (studiato da Lisa Gasparotto) e nel recentissimo New Italian Epic, che percorre strade finora ignote alla letteratura italiana, come ha brillantemente mostrato Paolo Giovannetti.
Un aspetto ricorrente del rapporto con i modelli è naturalmente quello della creazione di nuovi sottogeneri, come quello definito da Massimo Gioseffi ‘tecnica degli interstizi’, vale a dire lo sviluppo e la valorizzazione, in certi racconti poetici del I sec. d.C., di contenuti lasciati impliciti o solo accennati dall’epica virgiliana. O l’esperimento di una commistione delle forme, con la caratteristica apertura verso il romanzo, nella versione della Troiae Halosis petroniana di F. Nodot, studiata da Silvia Stucchi. Una commistione di generi che compare anche nella letteratura ungherese, nella quale la presenza del poema epico e dell’antiepica è più forte di quanto si tenda a concedere, come ha mostrato con novità di risultati Paolo Driussi. Una riflessione sulla parodia, in un convegno su epos e antiepos, non poteva mancare. Marko Marincic ha mostrato la possibile complessità e raffinatezza di questa forma di discorso a proposito del Culex, dove la parodia che connota il poemetto come un esperimento ipervirgiliano, e come un contenitore dell’intera tradizione ermeneutica su Omero, ne assicura il carattere programmaticamente non-virgiliano, i.e. non autentico.
Un aspetto importante della sperimentazione antiepica si trova nelle arti figurative, presenti a convegno con due relazioni (primo spunto di un dialogo che vorremmo sviluppare): Piergiacomo Petrioli ha con finezza commentato le espressionistiche illustrazioni di alberto Martini per la Secchia Rapita, una sorta di ’antiepica al quadrato’. Gail Levin ci ha introdotto alla rutilante varietà di immagini antieroiche nell'arte contemporanea americana, offrendo anche una prima tassonomia di questi materiali e mostrando la declinazione sociale e politica del tema dell’antiepica.
Tutte le relazioni sono state ricche di spunti, e seguite da un vivace dibattito che spesso ha insistito sulla necessità di elaborare un nuovo modello teorico del concetto di ‘antiepica’: in tal senso ha fornito elementi di grande novità la lectio magistralis di Martin Steinrück, che studiando la forma catalogo in Esiodo e in Robbe-Grillet ha convincentemente mostrato come non sia il tema, ma la forma che definisce l’antiepica nei due poeti, in quanto si oppone alla irrealtà/inautenticità del racconto epico abbracciando invece la necessità della verità della vita reale.

Gianfranco Agosti e Marco Fernandelli

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