02 Il suono messo a nudo. Contrappunti al "Beethoven" di Th. W. Adorno
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Brani musicali
Sonata in fa minore op. 2 n. 1. Primo movimento: Allegro
Sonata quasi una fantasia in do diesis minore op. 27 n. 2. Primo movimento: Adagio sostenuto
Sonata in re maggiore op. 10 n. 3. Primo movimento: Presto
Sonata in la maggiore op. 2 n. 2
Sonata quasi una fantasia in mi bemolle maggiore op. 27 n.1. Terzo movimento: Adagio con espressione
Sonata in re maggiore op. 10 n. 3. Secondo movimento: Largo e mesto
Sonata in la bemolle maggiore op. 26. Primo movimento: Tema con variazioni. Andante
Sonata in la bemolle maggiore op. 26. Terzo movimento: Marcia funebre sulla morte d'un eroe
Sonata in do minore op. 13 (Patetica). Primo movimento: Grave. Allegro di molto e con brio
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Della monografia adorniana su Beethoven rimane solo un insieme di frammenti più o meno compiuti, nonostante a questo progetto l’autore abbia lavorato per ben trentacinque anni attraverso una serie di appunti e saggi parziali.
Quale enigma si cela dietro il mancato compimento di una ricerca che accompagna Adorno nell’arco di tutta la sua maturazione intellettuale e che l’autore considera, ancora nell’anno della sua morte, come uno dei saggi significativi da concludere?
Una possibile via di uscita consiste nell’utilizzare il metodo critico di Adorno per interpretare e criticare Adorno stesso. Non tanto per sciogliere ciò che poco per volta si rivela effettivamente insolubile, ma per entrare davvero nell’incandescente fucina del pensiero del filosofo, in diretto contatto con il suo nervo vivo e creativo.
Letizia Michielon, ha pubblicato Il gioco delle facoltà in F. Schiller (2000), L’archetipo e le sue metamorfosi. La Bildung nei romanzi di Goethe (2005), La chiave invisibile. Spazio e tempo nella musica del XX e XXI secolo (2012) e Die Klage des Ideellen. Beethoven e la filosofia hegeliana (2018). Dopo la laurea in Filosofia a Ca’ Foscari, ha conseguito due PhD (in Filosofia e in Scienze della Formazione). Pianista e compositrice, sta incidendo l’integrale beethoveniana e chopiniana per Limen Music. Insegna Pianoforte e Filosofia della Musica al Conservatorio “G. Tartini” di Trieste.
Letizia Michielon, ha pubblicato Il gioco delle facoltà in F. Schiller (2000), L’archetipo e le sue metamorfosi. La Bildung nei romanzi di Goethe (2005), La chiave invisibile. Spazio e tempo nella musica del XX e XXI secolo (2012) e Die Klage des Ideellen. Beethoven e la filosofia hegeliana (2018). Dopo la laurea in Filosofia a Ca’ Foscari, ha conseguito due PhD (in Filosofia e in Scienze della Formazione). Pianista e compositrice, sta incidendo l’integrale beethoveniana e chopiniana per Limen Music. Insegna Pianoforte e Filosofia della Musica al Conservatorio “G. Tartini” di Trieste.
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- PublicationSonata in do minore op. 13 (Patetica). Primo movimento: Grave. Allegro di molto e con brio(2020)Un’ideale e rigorosa sintesi della ricerca formale e linguistica fino allora esplorata dal giovane Beethoven è rappresentata dalla Grande Sonata Pathétique, composta tra il 1798-99. L’aggettivo patetique, voluto dallo stesso autore sul frontespizio della sonata, fa riferimento alla lettura schilleriana del sublime kantiano e rivela la partecipazione entusiasta del compositore a uno dei dibattiti più accesi all’interno dell’Aufklärung, quello relativo all’Erhabene (il sublime). Beethoven metabolizza i temi cardine del criticismo attraverso la lezione di Schiller, innestandovi al contempo l’intuizione herderiana dell’energia vitale di cui il suono, con la sua forza primigenia, incarna una delle espressioni più poderose. Pulsano nell’op. 13 alcuni dei topoi retorici tradizionali evidenziati da Friedrich Rochlitz e Christian Friedrich Michaelis, due degli studiosi che hanno tentato di applicare all’inizio del 1800 i principi del sublime kantiano alla musica. Tra questi possiamo senz’altro riconoscere, nel maestoso Grave, l’utilizzo dell’interruzione nella articolazione melodica, che si ritrova anche nelle battute iniziali di Coriolano ed Egmont, e l’abbandono a espressioni musicali concise e piene di trasporto. L’introduzione propone inoltre la prima fondamentale innovazione strutturale di questa sonata, ovvero l’inserimento di un episodio ciclico che, oltre al proemio, sigla i momenti decisivi del primo movimento, cioè lo sviluppo e la coda. Se nelle sonate precedenti l’identificazione del materiale originario da cui derivavano i diversi elementi tematici avveniva in corso d’opera, attraverso il confronto e la frammentazione dei vari organismi motivici, ora il nucleo germinale emerge con chiarezza fin dall’inizio, con successivi ritorni che ne ribadiscono la funzione cruciale.
291 84 - PublicationSonata in fa minore op. 2 n. 1. Primo movimento: Allegro(2020)Composto nel 1795 e pubblicato l’anno successivo da Artaria, il trittico dell’op. 2 segue di tredici anni la prima raccolta di tre sonate giovanili, edite nel 1783 da Heinrich P. Bossler di Spira, risalenti al periodo di apprendistato con C.G.Neefe. La maturazione avvenuta in questi anni evidenzia la trasformazione avvenuta nel giovane compositore che passa dall’attrazione adolescenziale verso i modelli di Johann Christian e Carl Phlipp Emanuel Bach alla maggiore consapevolezza di un artista che sta imponendo la propria personalità creativa e il proprio pianismo all’attenzione dell’ambiente culturale viennese, città in cui il compositore si era trasferito nel 1792 (proprio a questi anni risalgono infatti i primi abbozzi dell’op. 2). Emergono con chiarezza alcuni tratti caratterizzanti di questo primo stile beethoveniano, tra cui l’ingigantimento del quadro formale, con relativo ampliamento delle aree di gravitazione tonale e l’inserimento di un terzo movimento (Menuetto o Scherzo) prima del finale, l’urgenza tumultuosa delle idee (che nelle due ultime sonate del ciclo sfiora talvolta la pletoricità) e la robustezza della scrittura pianistica, a tratti lacerata da intensi contrasti dinamici e ritmici. Soprattutto preme osservare il fiotto unitario dell’ispirazione che raccoglie in un solo blocco tre strutture tra loro dialetticamente contrastanti ma intrinsecamente legate grazie a reti tonali e motiviche. Da queste tre diverse declinazioni dell’archetipo sonatistico emergono una Weltanschauung (visione del mondo) e una filosofia della musica radicate nel contesto umanistico ma al tempo stesso proiettate verso la modernità, grazie alla riflessione metalinguistica che fin dalle prime opere pianistiche Beethoven pone in atto. Sonata in fa minore op. 2 n. 1 Nota come la “piccola Appassionata”, di cui anticipa l’agghiacciante intuizione nichilistica, questa prima Sonata nella «fatale» tonalità di fa minore, si rivela, nella sua essenzialità e sobrietà, un capolavoro costruttivo che già delinea profeticamente in nuce tutte le caratteristiche compositive dello stile beethoveniano. Primo movimento: Allegro
111 114 - PublicationSonata in la bemolle maggiore op. 26. Primo movimento: Tema con variazioni. Andante(2020)Dopo le Sonate per violino op. 23 e 24 e la Serenata op. 25, Beethoven ritorna alle sonate pianistiche con questa opera innovativa composta tra il 1800 e il 1801, pubblicata nel 1802 e dedicata al principe Carl von Lichnnowsky, uno dei suoi più influenti sostenitori a Vienna. Fischer la definisce una composizione «psicologica», termine con cui intende «forme speciali di espressione dell’anima beethoveniana nel suo formarsi e nel suo sviluppo». La sperimentazione formale riflette infatti un’intuizione poetica che plasma la struttura dall’interno donandole identità inconfondibile. Il serbatoio motivico e ideale dell’intera opera (l’unica dell’intero ciclo a non comprendere neanche un movimento in forma sonata), è già contenuto nell’Andante con variazioni introduttivo, un Lied quadripartito il cui tema si configura come una sorta di inno alla vita e al principio che la fonda, capace di contenere al proprio interno anche le ombre di quelle forze distruttive che consentono l’avvicendarsi del ciclo naturale.
118 75 - PublicationSonata in la bemolle maggiore op. 26. Terzo movimento: Marcia funebre sulla morte d'un eroe(2020)Il tema qui affrontato da Beethoven è quello del rapporto tra la vita e la morte la cui soluzione è affidata alla Marcia Funebre sulla morte d’un Eroe, posta al centro della Sonata op. 26. Ipotesi architettonica che Chopin, profondo estimatore di quest’operas, adotterà nella sua Sonata op. 35. Mentre il lavoro chopiniano costituisce uno dei più impressionanti manifesti del nichilismo occidentale, l’op. 26 propone un messaggio di speranza che affonda le sue radici nei più profondi valori della cultura umana e della fede, lanciando un ponte verso uno dei capolavori dello stile tardo, la Sonata in la bemolle maggiore op. 110.
318 86 - PublicationSonata in la maggiore op. 2 n. 2(2020)La limpida tonalità di la maggiore irrora di luce e trasparenze quasi mozartiane la seconda sonata del trittico op. 2, posta a trait d’union tra la prima e l’ultima, vibratile nella sua spontaneità ed espressione di una libertà dello Spirito (Geist) così simile all’efflorescenza della Natur. Il Largo appassionato, costruito in forma di Lied, si pone come baricentro strutturale dell’intera sonata. La sezione A comprende due idee, una alla tonica, l’altra alla dominante, entrambe derivate da elaborazioni del materiale melodico precedentemente esposto, come se il processo di variazione continua travalicasse i confini del singolo movimento per investire la forma nel suo complesso, considerata come un unico grande organismo pulsante, analogamente a quanto avveniva nell’op.2 n.1. Beethoven, entusiasta lettore kantiano, deve avere meditato a fondo le pagine dedicate al concetto di organismo nella Critica del Giudizio, ove si esalta la stupefacente correlazione interna tra le parti di un essere vivente, simile a un «piccolo mondo» che rinnova continuamente il cerchio della vita. Anche Goethe rimarrà affascinato da queste intuizioni e, nei suoi saggi morfologici, insisterà sulla capacità autoformativa dell’organismo, regolato da un equilibrio interno perfetto. Beethoven applica al linguaggio e alla forma musicale tali principi di Naturphilosophie creando non solo germi tematici che racchiudono in sé una capacità autoformativa inesauribile, ma anche strutture che nel loro complesso si rivelano sorrette da una salda rete di collegamenti interni, attivi simultaneamente in più direzioni, proprio come accade in un essere vivente.
85 69 - PublicationSonata in re maggiore op. 10 n. 3. Primo movimento: Presto(2020)Le Sonate op. 10 Composte tra il 1796 e il 1798 e dedicate alla Contessa Anna Margarete von Browne, le tre Sonate op.10 costituiscono la seconda triade pianistica pubblicata da Beethoven. Analogamente al trittico dell’op. 2, i tre pannelli sono pensati come un polittico inscindibile, connesso al proprio interno da una rete di relazioni motiviche e contenutistiche che ne garantiscono coerenza e saldezza costruttiva. Riepilogo di esperienze compiute e avvio del percorso successivo, le tre sonate svolgono un ideale processo di tesi, antitesi e sintesi che si avvale, nelle proprie articolazioni, di alcuni principi comuni. Innanzitutto l’utilizzo di un Ur-Thema, serbatoio da cui tutto deriva per trasformazione e grazie al quale il conflitto motivico risulta in realtà apparente, in quanto ogni organismo tematico sorge da scelte di volta in volta differenziate generate dalle possibili trasformazioni dell’archetipo originario. Secondariamente l’azione esercitata dalla polarità luce-ombra, di matrice goetheana, che orienta e dinamizza il percorso metamorfico della forma. Sonata in re maggiore op. 10 n. 3 L’intervallo di quarta rappresenta l’idea fondante della terza Sonata, la più celebre, considerata unanimemente il vertice costruttivo ed emotivo del trittico e la sua ideale sintesi. Il primo dei quattro movimenti, un Presto di ampie dimensioni, trae infatti da questo germoglio motivico lo spunto per la creazione del primo tema, un frammento scalare di quarta discendente, ancora una volta anacrusico, subito rielaborato grazie all’inversione dell’intervallo in quinta ascendente, a sua volta arricchito da un’altra cellula fondamentale, quella di seconda. Da un’idea semplicissima e straordinariamente fertile, una sorta di formema, Beethoven costruisce dunque un organismo compositivo auto-fondato, con una scrittura pianistica che coniuga rigore e fantasia. Primo movimento: Presto
258 100 - PublicationSonata in re maggiore op. 10 n. 3. Secondo movimento: Largo e mesto(2020)Chiave del ciclo formato dalla tre Sonate op. 10, il Largo e mesto scava alla radice il principio decostruttivo rappresentato dalla morte e dal nulla. Questa pagina straordinaria, le cui fonti sono individuabili nella Sonata KV 310 di Mozart e nel repertorio operistico e sinfonico, si erge a fondamento di una ricerca che si scontra ora duramente con l’esperienza violenta della morte e del lutto, ostacoli apparentemente insormontabili in un cammino animato dal desiderio di libertà e felicità assolute. L’intervallo di quarta rotante sull’asse della terza, nella sua forma fondamentale o nei derivati costituiti dalla seconda affiancata alla terza, rappresenta anche in questo caso il nucleo fondamentale da cui derivano logicamente, attraverso permutazioni, le altre idee tematiche. Non cogliamo alcun pericolo d’inorganicità in questo perenne divenire, ove sembra realizzarsi quella negazione incessante di ogni limite di cui parla Adorno. Il vortice della depressione, suscitato probabilmente, come ricorda De Lenz, dal lutto per la perdita della madre, viene reso icasticamente attraverso il progressivo formarsi del tema principale, che pare generarsi dall’oscillazione della fondamentale re con la sua nota di volta inferiore, seguita dal progressivo amplificarsi dell’intervallo, inarcato prima su una quarta, poi su una quinta e infine su una sesta. Sembra che Beethoven voglia andare alla radice del principio formante su cui si reggeva il primo movimento attraverso un approfondimento strutturale che ne indaga le componenti costitutive. Ma anche a livello formale complessivo il Largo, in realtà, è articolato come un progressivo espandersi verso il punto luce dello sviluppo in fa maggiore, attraverso l’elaborazione e la composizione di cellule germinali, cui seguono la deframmentazione e il ritorno verso l’unità minima originaria, l’unisono da cui tutto prende vita.
157 72 - PublicationSonata quasi una fantasia in do diesis minore op. 27 n. 2. Primo movimento: Adagio sostenuto(2020)Le Sonate op. 27 Le due Sonate op. 27 segnano una svolta nel processo di sperimentazione formale che impegna Beethoven a inizio secolo. Composte tra il 1800 e il 1801 le due opere sono il frutto di una ricerca così audace che lo stesso autore le definirà Sonata quasi una fantasia, termine che nella lingua tedesca è semanticamente associato a quello di improvvisazione e che non verrà mai più utilizzato all’interno dell’intero ciclo sonastistico. La forma è plasmata in modo da restituire con aderenza ed efficacia i contenuti espressivi attraverso una sempre maggiore unificazione stilistica fra tutti i movimenti, analogamente a quanto avviene nelle composizioni dello stile tardo. Opere gemelle, pur nella radicale diversità di carattere, le due composizioni sono dedicate rispettivamente alla contessa Josephine von Liechtenstein e alla contessina Giulietta Guicciardi. Sonata quasi una fantasia in do diesis minore op. 27 n. 2 L’Adagio sostenuto della Sonata op. 27 n. 2 scandaglia abissi di prostrazione tra i più profondi mai indagati da Beethoven. L’opera è dedicata alla sedicenne Giulietta Guicciardi, fanciulla con la quale Beethoven sperava di potere realizzare il proprio sogno di felicità familiare. Ma non c’è solo la delusione cocente del rifiuto a impregnare queste pagine. La radiografia della disperazione restituita dalla scrittura asciutta e stenografica dell’Adagio sostenuto, in cui secondo Adorno Beethoven dimostra di contenere hegelianamente in sé tutto il romanticismo, spalanca ben altra desolazione esistenziale. Se ne troverà eco nel soliloquio che prenderà poi forma nel tardo Quartetto in do diesis minore op. 131.
177 95 - PublicationSonata quasi una fantasia in mi bemolle maggiore op. 27 n.1. Terzo movimento: Adagio con espressione(2020)Il cardine che sorregge formalmente la Sonata in mi bemolle maggiore op. 27 n.1 è costituito dall’Adagio con espressione in la bemolle maggiore, terzo dei quattro movimenti che, trasposto nel tono di impianto dell’opera, verrà richiamato al termine dell’Allegro vivace conclusivo. Attorno a questo fulcro si articola una struttura flessibile in cui all’ordine lineare, espressione di una sviluppo deduttivo, si sostituisce un’organizzazione circolare, aperta, ove non solo ogni tema ma anche ogni tempo si rifrange senza soluzione di continuità negli altri, contribuendo alla creazione di una prospettiva multipla, dinamica, cangiante.
117 76 - PublicationIl suono messo a nudo. Contrappunti al Beethoven di Th. W. Adorno(EUT Edizioni Università di Trieste, 2020)Michielon, LetiziaDella monografia adorniana su Beethoven rimane solo un insieme di frammenti più o meno compiuti, nonostante a questo progetto l’autore abbia lavorato per ben trentacinque anni attraverso una serie di appunti e saggi parziali. Quale enigma si cela dietro il mancato compimento di una ricerca che accompagna Adorno nell’arco di tutta la sua maturazione intellettuale e che l’autore considera, ancora nell’anno della sua morte, come uno dei saggi significativi da concludere? Una possibile via di uscita consiste nell’utilizzare il metodo critico di Adorno per interpretare e criticare Adorno stesso. Non tanto per sciogliere ciò che poco per volta si rivela effettivamente insolubile, ma per entrare davvero nell’incandescente fucina del pensiero del filosofo, in diretto contatto con il suo nervo vivo e creativo.
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