Pinacoteca del Rettorato
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Browsing Pinacoteca del Rettorato by Type "Statue"
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- PublicationCivis romanus sumScultore di fine OttocentoIl grande marmo mostra un imperatore romano laureato e raffigurato a busto intero, fregiato da una pettorina loricata preziosamente decorata e da un mantello virtuosamente attorcigliato intorno alla spalla sinistra tagliata secondo il modello del “busto animato” di berniniana memoria. Attualmente collocata nel corridoio del rettorato, la scultura proviene dall’edificio C11, dove era stata depositata, in data non precisata, da qualche docente della cui identità si è persa memoria. Il busto, oltre al basamento in marmo nero con inciso il titolo, non mostra altre tracce utili all’identificazione dell’autore e della data di esecuzione. I tratti stilistici ed esecutivi fanno pensare a un artista attivo tra la fine dell’Ottocento e i primissimi anni del secolo successivo.
116 138 - PublicationDea Roma(1950)Selva, AttiloIn una lettera al rettore Cammarata del primo luglio 1952, il presidente dell’Associazione fra i laureati dell’ateneo triestino scriveva: “ho l’onore di portare a conoscenza della M.V. Che, come a suo tempo ha già fatto il mio predecessore […] ha deciso di accettare il bozzetto della statua della Dea Roma dovuto allo scultore Attilio Selva e mi ha dato mandato di comunicare alla M.V. Questo voto”; e proseguiva quindi con questo tenore “ho l’onore di chiedere alla M.V. formale accettazione da parte dell’Università di Trieste del dono che l’ALUT intende fare al nostro amato Ateneo e, al tempo stesso, di pregare la M.V. Di voler accogliere il desiderio unanime del sodalizio che io presiedo, di veder sorgere il simbolico simulacro al sommo della scalinata d’accesso al palazzo universitario, sullo sfondo dell’ala ove è sistemata la Facoltà giuridica”, vale a dire più o meno nel posto attualmente occupato dalla Minerva di Mascherini, lì collocata pochi anni più tardi. La proposta di donazione si riferiva probabilmente della redazione in gesso a scala colossale, alta poco più di tre metri, oggi conservata presso il Civico Museo Revoltella e donata alle raccolte cittadine dalla stessa ALUT nel 1963 (cfr. Il Museo Revoltella… 2004, p. 277, n. 1026); una scultura che costituiva un’ulteriore testimonianza della volontà da parte dell’associazione di ‘marcare’ gli spazi universitari già dimostrata negli anni precedenti. Secondo Giovanna Caterina De Feo (2010, p. 73), infatti, l’associazione aveva commissionato l’opera allo scultore sin dagli anni quaranta per collocarla “nel piazzale antistante alla facoltà”: evento improbabile visto che il progetto prevedeva all’epoca la presenza di sculture di Marcello Mascherini. Va inoltre notato come alla luce della documentazione poc’anzi citata, la realizzazione dell’opera fosse certamente conclusa nel 1952, come del resto dimostrano anche i caratteristi stilistici, ben lontani, per esempio, dalla colossale e ieratica Vittoria del Monumento a Nazario Sauro di Capodistria, che pure si avvicina all’opera in esame per moduli compositivi. Occorrerà attendere ancora molti anni per vedere almeno il modellino in bronzo approdare nelle collezioni dell’Università: per ragioni non note, il dono troverà infatti concretizzazione soltanto nel 1963, dopo un iter durato ben 13 anni, come evidenziava una nota de “Il Piccolo” del 27 gennaio di quell’anno: “il Prof. Montesi ha precisato come le massime autorità dello Stato e gli esponenti più alti della politica, dell’arte e dello studio, fra cui 26 Rettori d’Università, abbiano dato unanime adesione all’iniziativa. «Una larga schiera di alcuni tra gli uomini migliori dell’Italia risorta e rinnovata nei suoi propositi di libertà, di progresso, di umana civiltà. Nel 1950 gli anni del dopoguerra dovevano ancora cominciare per Trieste; e quegli uomini, aderendo a quella iniziativa, coraggiosa anche perché troppo facili potevano essere i dubbi che in alcuni si rischiava di far sorgere, ripensando all’abusato nome della civiltà di Roma, espressero un sereno giudizio e un appello fiducioso nel futuro». Beneaugurando alle fortune dell’Ateneo, il prof. Montesi ha concluso il suo discorso pronunciando le parole che Giani Stuparich ebbe a dire sull’iniziativa della Dea Roma. Ha quindi preso la parola il Magnifico rettore prof. Agostino Origone […] dopo aver ringraziato l’ALUT per la tenacia dimostrata nella iniziativa coronata da così brillante successo, ha intrattenuto l’uditorio sul mondo classico e mitologico rappresentante la Dea Roma, ossia Minerva, divinità latina identificata con l’Atena dei greci, dea delle arti e in genere dell’ingegno umano che con Giove e Giunone forma la classica triade capitolina” (AUT, busta 27. fasc. 26B1). Evidente la circostanza che vede le vicende relative a questa scultura correre parallele a quelle riguardanti l’acquisto della Minerva di Marcello Mascherini, perfezionato tra il 1954 e il ‘56, per una collocazione analoga a quella ipotizzata per la statua di Selva ‘sponsorizzata’ dall’associazione dei laureati triestini. Dal punto di vista di quella che si potrebbe chiamare ‘egemonia artistica’, veniva così a riproporsi, a parti questa volta rovesciate, quel dualismo che nell’anteguerra aveva sistematicamente premiato la maggior fama del più affermato Selva, allora interprete pressoché perfetto dei voleri della committenza di partito, che di fatto gli aveva assegnato tutti i più importanti cantieri cittadini lasciando poco o nulla ai giovani in via di affermazione come Mascherini. A distanza di tre lustri le parti apparivano completamente rovesciate: forte del suo successo e della ‘modernità’ della sua proposta, il più giovane veniva preferito in virtù di un linguaggio accattivante e sensibile alle novità del clima internazionale, mentre la scultura di Selva, inappuntabile sul piano della modellazione e della composizione non sembra in alcun modo tener conto del mutamento del gusto.
196 182 - PublicationTesta di Fabio Filzi(1934)Bortolotti, TimoLa testa riporta a grandezza naturale le fattezze di Fabio Filzi (Pisino 1884 – Trento 1916), studente di Economia presso l’Ateneo triestino e sottotenente volontario degli alpini durante la prima guerra mondiale, venne impiccato a Trento insieme a Cesare Battisti per aver cospirato contro il governo austriaco. In epoca fascista i contorni della sua vicenda diverranno uno dei simboli dell’irredentismo italiano più utilizzati, basti pensare alla sua collocazione insieme alle figure di Damiano Chiesa e dello stesso Battisti nel sacello del piacentiniano Monumento alla Vittoria di Bolzano, inaugurato nel 1928 (cfr. U. Soragni, Il Monumento alla Vittoria di Bolzano, Vicenza, Neri Pozza, 1993). Non stupisce quindi che l’Ateneo triestino, nel quadro di una sua progressiva fascistizzazione messa in atto a partire dalla metà degli anni Trenta, dedicasse alla memoria del giovane studente un ricordo monumentale nell’allora aula magna dell’Ateneo, collocata in palazzo Dubbane in via dell’Università 7. Così infatti recita il biglietto d’invito alla cerimonia di scoprimento del busto in esame, firmato dall’allora rettore Manlio Udina e datato 14 dicembre 1934: “giovedì 20 dicembre corr., alle ore 19, nell’Aula Magna Principe Umberto di Savoia di questa R. Università, verrà scoperto il busto al Martire Fabio Filzi, opera dello scultore Prof. Timo Bortolotti, offerto dalla Compagnia Volontari Giuliani e Dalmati – Sezione di Trieste dell’Associazione Nazionale Volontari di Guerra”. In quello stesso ‘34 Filzi era stato insignito dall’ateneo giuliano anche della laurea ad memoriam in Economia insieme a Emo Tarabocchia, anch’esso caduto durante la grande guerra. Tramite per la commissione a Bortolotti, la cui attività è concentrata tra Milano e Brescia e di cui non si conoscono altre presenze a Trieste, doveva probabilmente essere stato il pittore giuliano Piero Marussig, che agli inizi degli anni Trenta assieme allo scultore e ad Achille Funi aveva fondato in via del Vivaio a Milano una Scuola d’arte aperta a tutti e che continuava a tenere contatti con l’artista lombardo. Un altro esemplare dell’immagine del martire triestino sarà realizzato alla metà del 1935 per l’Associazione dei Mutilati milanesi (cfr. Panzetta 1996, con bibliografia precedente) e da questa offerto in seguito al Museo del Buonconsiglio di Trento dove è tuttora conservato. Il gesso preparatorio, segnalato da Alfonso Panzetta (1996, p. 142), per le due redazioni conosciute del busto si trova invece in collezione privata.
197 135 - PublicationTesta di Umberto Nordio(1938)Carà, UgoLa scultura è stata donata all’Ateneo nel luglio del 1974 dalla vedova dell’architetto Umberto Nordio (1891-1971), che con Raffaello Fagnoni era stato il principale progettista della nuova sede universitaria. Eseguita da Ugo Carà nel 1938, l’immagine dell’architetto avrà per molto tempo una fruizione esclusivamente privata: non risulta infatti che sia stata presentata a nessuna esposizione ufficiale. Su di un piano squisitamente stilistico l’opera, pur somigliantissima, si inserisce nel recupero della tradizione ritrattistica della Roma repubblicana posta in atto alla metà degli anni trenta da artisti come Francesco Messina; in questo caso, vista la destinazione privata dell’opera, Carà stempera la severa spigolosità che caratterizza alcune realizzazioni di questo momento, che pure gli avevano regalato una certa notorietà, in favore di un “respiro dolce e sereno, talora una gracilità lirica come qualcosa di sopravvissuto che va gradatamente scomparendo […] partito da un realismo quasi brutale […] è andato eliminando il superfluo, sveltendo la tecnica e accentuando la sintesi, sino a cogliere una particolare linearità” (U. Apollonio, Ritratti di Ugo Carà, “Domus”, 146, febbraio 1940, s.n.). La testa poggia su di un alto basamento in pietra d’Aurisina disegnato appositamente da Antonio Guacci.
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