02. Terre di mezzo. Percorsi di progetto lungo il torrente Cormor

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    Terre di Mezzo, percorsi di progetto lungo il torrente Cormor
    (EUT Edizioni Università di Trieste, 2019)
    Marchigiani, Elena
    ;
    Cigalotto, Paola
    Da alcuni anni, numerose amministrazioni comunali, insieme a un’associazione di cittadini, sono impegnate nella costruzione di un Contratto di Fiume per il torrente Cormor: un’asta fluviale, che dalle colline moreniche al mare, da Nord a Sud, solca diversi paesaggi naturali, urbani e periurbani del Friuli Venezia Giulia. È in tale quadro che si sono inserite le attività didattiche e di ricerca sviluppate tra il 2018 e il 2019 dal Laboratorio di progettazione urbanistica II del Corso di studio in Architettura dell’Università di Trieste, di cui si restituiscono qui i risultati. Al di là dell’occasione contingente, queste attività hanno sollecitato una riflessione ampia sulle prospettive di mutamento e di rigenerazione delle tante “terre di mezzo” che punteggiano il territorio regionale e nazionale. Si tratta di situazioni che, data l’apparente ordinarietà delle dinamiche e delle pratiche che le connotano, non rientrano nei contesti di riferimento delle città metropolitane né a quelli perimetrati come aree interne, oggetto delle politiche di coesione recentemente finanziate ai livelli nazionale ed europeo. È anche in previsione dell’avvio di una nuova stagione di programmi europei – e degli obiettivi sempre più integrati per lo sviluppo sostenibile che l’Agenda 2030 ci invita a considerare – che il racconto dell’esperienza di progetto nelle terre di mezzo del Cormor può contribuire a stimolare un dibattito su diversi fronti. Dalla necessità di riportare queste situazioni territoriali al centro dell’attenzione disciplinare e delle politiche, all’opportunità di riorientare modi e temi del progetto urbanistico verso nuove prospettive di prosperità e sostenibilità che siano profondamente radicate nei ritmi (talvolta più lenti) e nei patrimoni (spesso minimali) di spazi e manufatti che punteggiano simili contesti, all’urgenza di ripensare i modi di fare didattica nell’ottica di una sempre più convinta apertura delle attività formative al territorio e agli attori istituzionali e civili che lo animano.
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