29. Ricerche su Difilo di Sinope
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Difilo di Sinope (IV/III sec. a.C.) è considerato, perlomeno a partire dal I sec. d.C., uno dei tre maggiori rappresentanti della commedia nuova, accanto a Menandro e Filemone. Scarse sono le informazioni sulla sua vita e tra queste spiccano alcuni aneddoti che lo mettono in relazione con l’etera Gnatena. Solo frammenti (133, più due dubbi e due spurî), tramandati in buona parte da Ateneo e Stobeo, sopravvivono dei cento drammi a lui attribuiti, con i quali egli riportò tre vittorie alle Lenee. L’apprezzamento della sua opera fu anche postumo, come attestano la replica vittoriosa di una sua commedia probabilmente nel 237/6 a.C. e le riprese di alcuni suoi drammi fatte da Plauto e Terenzio. Negli stralci della sua produzione sono riconoscibili figure caratteristiche della commedia nuova come il cuoco, l’etera, il parassita e traspare una certa propensione alla sentenziosità. I contenuti e lo stile difilei, tuttavia, paiono alquanto diversi da quelli menandrei: oltre all’elevato numero di titoli che potrebbero indicare trame mitologiche e alla frequenza di riferimenti a cibi e banchetti, non mancano menzioni, sicure o probabili, di personaggi storici contemporanei, quali Amastri, Ctesippo, Sinoride, Timoteo e Titrauste. Pur nella frammentarietà dei testi, emergono tracce dell’arguta comicità dell’autore, tanto in scene in cui si attinge a immagini stereotipate diffuse nell’Atene dell’epoca, ad esempio tramite la presa in giro dei gusti culinari di Rodî e Bisanzî e la critica dello spendaccione in visita a Corinto, quanto in passi contenenti reminiscenze letterarie, con la trasfigurazione di Euripide in un protettore dei parassiti e la parodia del linguaggio e del metro epico. Il presente studio è articolato in due sezioni. La prima parte è dedicata a inquadrare Difilo nello spazio e nel tempo in cui operò sulla base di elementi sia esterni, forniti dalle testimonianze biografiche e aneddotiche, che interni, tramite l’analisi di alcuni frammenti delle sue commedie, con l’obiettivo di mostrare che esse non sono da considerare avulse dal contesto storico in cui furono prodotte. La seconda parte, invece, indaga le modalità della trasmissione e della ricezione dei suoi testi, tanto in Grecia, dalle revisioni d’autore fino alla scomparsa delle copie in circolazione, anche attraverso l’esame delle scarne citazioni papiracee, quanto a Roma, con lo studio delle riprese da parte dei commediografi latini e delle testimonianze che collocano il poeta nel canone della commedia nuova.