Il gioco di Wittgenstein
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Wittgenstein ha legato il suo pensiero, dopo la svolta
degli anni Trenta, ai “giochi linguistici”.
L’attenzione degli studiosi appare tutta spostata
sull’aggettivo “linguistici”, mentre si dà quasi
per scontato il sostantivo “giochi”.
È davvero irrilevante che si chiamino così?
Il fatto che Wittgenstein parli di “giochi” produce
una quantità di effetti teorici che possono essere messi
in rapporto con le contemporanee indagini sul gioco.
La proposta che viene avanzata è proprio quella
di un movimento di andata e ritorno, da Wittgenstein
ai teorici del gioco e viceversa, per aprire una serie
di domande con cui tornare a interrogare il testo
di Wittgenstein.
Pier Aldo Rovatti, insegna Filosofia Teoretica ed Estetica all’Università di Trieste. Dirige dal 1976 la rivista di filosofia “aut aut”. Formatosi con Enzo Paci a Milano si è occupato soprattutto della questione del soggetto. Dopo aver proposto, assieme a Gianni Vattimo, il dibattito sul “pensiero debole”, ha concentrato negli ultimi anni i suoi interessi sui temi del gioco, della follia, dell’alterità e del paradosso. Tra le pubblicazioni più recenti, La follia in poche parole (Bompiani), Abitare la distanza (Raffaello Cortina), La scuola dei giochi (Bompiani, con Davide Zoletto), Possiamo addomesticare l’altro? (Forum).
Pier Aldo Rovatti, insegna Filosofia Teoretica ed Estetica all’Università di Trieste. Dirige dal 1976 la rivista di filosofia “aut aut”. Formatosi con Enzo Paci a Milano si è occupato soprattutto della questione del soggetto. Dopo aver proposto, assieme a Gianni Vattimo, il dibattito sul “pensiero debole”, ha concentrato negli ultimi anni i suoi interessi sui temi del gioco, della follia, dell’alterità e del paradosso. Tra le pubblicazioni più recenti, La follia in poche parole (Bompiani), Abitare la distanza (Raffaello Cortina), La scuola dei giochi (Bompiani, con Davide Zoletto), Possiamo addomesticare l’altro? (Forum).