in/Tigor 04 Interpretazione ed esperienza giuridica

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Comitato scientifico della collana in/Tigor

Giuseppe Battelli - Università degli Studi di Trieste, Stefano Amadio - Università degli Studi di Trieste, Giliberto Capano - Università degli Studi di Bologna, Fabio Cossutta Università degli Studi Trieste, Marco Cossutta - Università degli Studi di Trieste, Giuseppe Longo - Università degli Studi di Trieste, Maurizio Manzin - Università degli Studi di Trento, Paolo Moro - Università degli Studi di Padova, Gisella Paoletti - Università degli Studi di Trieste, Marina Sbisà - Università degli Studi di Trieste, Roberto Scarciglia - Università degli Studi di Trieste, Valter Sergo - Università degli Studi di Trieste, Giacomo Todeschini - Università degli Studi di Trieste, Miriam Totis - Presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Friuli Venezia Giulia

Presentazione della collana in/Tigor

Nell’immaginario collettivo l’Università viene percepita, in prevalenza, come una istituzione e tutt’al più un luogo fisico. Andando oltre questa pur legittima e diffusa percezione, la chiave di volta per cogliere il senso della collana in/Tigor va piuttosto cercata nel significato originario del termine università: a lungo attivo nella lingua italiana per designare le corporazioni e, quindi, più modernamente declinabile come comunità indivisa di coloro che, pur con funzioni e competenze diverse, condividono l’arte (intesa quale attività/lavoro) dello studio. Se la finalità operativa della collana è individuabile nella diffusione dei risultati di valide analisi scientifiche e dei frutti del migliore insegnamento e della più proficua collaborazione con le aree professionali dialoganti con la stessa università, il fondamento profondo della stessa sta nel voler proporsi come segno di una data concezione e conseguente sperimentazione di università. Quale? La collana, lo suggerisce lo stesso nome, trova la propria simbolica collocazione nell’edificio di via Tigor. Ma ciò non va affatto inteso come riferimento esclusivo e negativamente identitario, bensì come ‘luogo’ che, se non nega le proprie concrete radici storiche, si apre e si offre in quanto agorà virtuale nella quale incontrare sia ciascuna delle specifiche comunità di studio e di lavoro che costituiscono l’insieme complessivo dell’Ateneo di Trieste e di altri Atenei, sia ciascuna delle aree professionali che operanti nella società civile dialogano con lo stesso mondo universitario. In tal senso, e in un momento di drammatica messa in discussione dello stesso significato fondativo dell’università, e di insidiosa deriva verso deformanti declinazioni aziendaliste o tecnoburocratiche, questa agorà intende proporsi come spazio che - rivolgendosi a coloro che ancora credono al decisivo ruolo dell’università pubblica in quanto veicolo di scienza e conoscenza, crescita della formazione critica, educazione a una cittadinanza consapevole - invera l’inscindibile unità di studio, insegnamento, legame con la società civile, ribadendo con forza come né l’uno, né gli altri potrebbero esprimere integralmente la propria intrinseca potenzialità qualora, invece di realizzare un’armoniosa fusione, perseguissero l’obiettivo di uno sviluppo separato. Ecco allora che la collana in/Tigor si concepisce come una universitas di persone liberamente accomunate dall’amore per la conoscenza e liberamente operanti, a prescindere e nel superamento di ogni predefinita cristallizzazione di ruoli, secondo i princìpi sopra delineati.

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    Interpretazione ed esperienza giuridica. Sulle declinazioni dell’interpretazione giuridica: a partire dall’uso alternativo del diritto
    (EUT Edizioni Università di Trieste, 2011)
    Cossutta, Marco
    ;
    Cossutta, Marco
    Il diritto deve continuamente adeguarsi alla vita che non accetta mai situazioni statiche e arresti definitivi ma che prospetta continuamente nuove giuste esigenze, nuove progressive acquisizioni di valori e al tempo stesso registra sempre nuove minacce alla realizzazione di un adeguato sviluppo della libertà e dignità umana”. Così Alfredo Carlo Moro, nel 1968, interrogandosi sul ruolo de Il giudice nello stato contemporaneo. Partendo dalla radicale critica allo stato di cose esistente proposta dai magistrati democratici a cavallo degli anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo, si analizzano sia le obbiezioni allora mosse all’uso alternativo del diritto, che coeve elaborazioni dottrinali, le quali, pur non condividendo gli intenti rivoluzionari di Magistratura democratica, testimoniano un sostanziale ripensamento delle tradizionali categorie della positività del diritto, ritenendo che da tale contesto si possano cogliere ancora utili indicazioni per l’attuale dibattito intorno alle fonti del diritto.
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