02 Il suono messo a nudo. Contrappunti al "Beethoven" di Th. W. Adorno

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Della monografia adorniana su Beethoven rimane solo un insieme di frammenti più o meno compiuti, nonostante a questo progetto l’autore abbia lavorato per ben trentacinque anni attraverso una serie di appunti e saggi parziali. Quale enigma si cela dietro il mancato compimento di una ricerca che accompagna Adorno nell’arco di tutta la sua maturazione intellettuale e che l’autore considera, ancora nell’anno della sua morte, come uno dei saggi significativi da concludere? Una possibile via di uscita consiste nell’utilizzare il metodo critico di Adorno per interpretare e criticare Adorno stesso. Non tanto per sciogliere ciò che poco per volta si rivela effettivamente insolubile, ma per entrare davvero nell’incandescente fucina del pensiero del filosofo, in diretto contatto con il suo nervo vivo e creativo.

Letizia Michielon, ha pubblicato Il gioco delle facoltà in F. Schiller (2000), L’archetipo e le sue metamorfosi. La Bildung nei romanzi di Goethe (2005), La chiave invisibile. Spazio e tempo nella musica del XX e XXI secolo (2012) e Die Klage des Ideellen. Beethoven e la filosofia hegeliana (2018). Dopo la laurea in Filosofia a Ca’ Foscari, ha conseguito due PhD (in Filosofia e in Scienze della Formazione). Pianista e compositrice, sta incidendo l’integrale beethoveniana e chopiniana per Limen Music. Insegna Pianoforte e Filosofia della Musica al Conservatorio “G. Tartini” di Trieste.

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    Il suono messo a nudo. Contrappunti al Beethoven di Th. W. Adorno
    (EUT Edizioni Università di Trieste, 2020)
    Michielon, Letizia
    Della monografia adorniana su Beethoven rimane solo un insieme di frammenti più o meno compiuti, nonostante a questo progetto l’autore abbia lavorato per ben trentacinque anni attraverso una serie di appunti e saggi parziali. Quale enigma si cela dietro il mancato compimento di una ricerca che accompagna Adorno nell’arco di tutta la sua maturazione intellettuale e che l’autore considera, ancora nell’anno della sua morte, come uno dei saggi significativi da concludere? Una possibile via di uscita consiste nell’utilizzare il metodo critico di Adorno per interpretare e criticare Adorno stesso. Non tanto per sciogliere ciò che poco per volta si rivela effettivamente insolubile, ma per entrare davvero nell’incandescente fucina del pensiero del filosofo, in diretto contatto con il suo nervo vivo e creativo.
      271  5766
  • Publication
    Sonata in do minore op. 13 (Patetica). Primo movimento: Grave. Allegro di molto e con brio
    (2020)
    Un’ideale e rigorosa sintesi della ricerca formale e linguistica fino allora esplorata dal giovane Beethoven è rappresentata dalla Grande Sonata Pathétique, composta tra il 1798-99. L’aggettivo patetique, voluto dallo stesso autore sul frontespizio della sonata, fa riferimento alla lettura schilleriana del sublime kantiano e rivela la partecipazione entusiasta del compositore a uno dei dibattiti più accesi all’interno dell’Aufklärung, quello relativo all’Erhabene (il sublime). Beethoven metabolizza i temi cardine del criticismo attraverso la lezione di Schiller, innestandovi al contempo l’intuizione herderiana dell’energia vitale di cui il suono, con la sua forza primigenia, incarna una delle espressioni più poderose. Pulsano nell’op. 13 alcuni dei topoi retorici tradizionali evidenziati da Friedrich Rochlitz e Christian Friedrich Michaelis, due degli studiosi che hanno tentato di applicare all’inizio del 1800 i principi del sublime kantiano alla musica. Tra questi possiamo senz’altro riconoscere, nel maestoso Grave, l’utilizzo dell’interruzione nella articolazione melodica, che si ritrova anche nelle battute iniziali di Coriolano ed Egmont, e l’abbandono a espressioni musicali concise e piene di trasporto. L’introduzione propone inoltre la prima fondamentale innovazione strutturale di questa sonata, ovvero l’inserimento di un episodio ciclico che, oltre al proemio, sigla i momenti decisivi del primo movimento, cioè lo sviluppo e la coda. Se nelle sonate precedenti l’identificazione del materiale originario da cui derivavano i diversi elementi tematici avveniva in corso d’opera, attraverso il confronto e la frammentazione dei vari organismi motivici, ora il nucleo germinale emerge con chiarezza fin dall’inizio, con successivi ritorni che ne ribadiscono la funzione cruciale.
      302  86
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    Sonata in la bemolle maggiore op. 26. Terzo movimento: Marcia funebre sulla morte d'un eroe
    (2020)
    Il tema qui affrontato da Beethoven è quello del rapporto tra la vita e la morte la cui soluzione è affidata alla Marcia Funebre sulla morte d’un Eroe, posta al centro della Sonata op. 26. Ipotesi architettonica che Chopin, profondo estimatore di quest’operas, adotterà nella sua Sonata op. 35. Mentre il lavoro chopiniano costituisce uno dei più impressionanti manifesti del nichilismo occidentale, l’op. 26 propone un messaggio di speranza che affonda le sue radici nei più profondi valori della cultura umana e della fede, lanciando un ponte verso uno dei capolavori dello stile tardo, la Sonata in la bemolle maggiore op. 110.
      327  90
  • Publication
    Sonata in la bemolle maggiore op. 26. Primo movimento: Tema con variazioni. Andante
    (2020)
    Dopo le Sonate per violino op. 23 e 24 e la Serenata op. 25, Beethoven ritorna alle sonate pianistiche con questa opera innovativa composta tra il 1800 e il 1801, pubblicata nel 1802 e dedicata al principe Carl von Lichnnowsky, uno dei suoi più influenti sostenitori a Vienna. Fischer la definisce una composizione «psicologica», termine con cui intende «forme speciali di espressione dell’anima beethoveniana nel suo formarsi e nel suo sviluppo». La sperimentazione formale riflette infatti un’intuizione poetica che plasma la struttura dall’interno donandole identità inconfondibile. Il serbatoio motivico e ideale dell’intera opera (l’unica dell’intero ciclo a non comprendere neanche un movimento in forma sonata), è già contenuto nell’Andante con variazioni introduttivo, un Lied quadripartito il cui tema si configura come una sorta di inno alla vita e al principio che la fonda, capace di contenere al proprio interno anche le ombre di quelle forze distruttive che consentono l’avvicendarsi del ciclo naturale.
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    Sonata in re maggiore op. 10 n. 3. Secondo movimento: Largo e mesto
    (2020)
    Chiave del ciclo formato dalla tre Sonate op. 10, il Largo e mesto scava alla radice il principio decostruttivo rappresentato dalla morte e dal nulla. Questa pagina straordinaria, le cui fonti sono individuabili nella Sonata KV 310 di Mozart e nel repertorio operistico e sinfonico, si erge a fondamento di una ricerca che si scontra ora duramente con l’esperienza violenta della morte e del lutto, ostacoli apparentemente insormontabili in un cammino animato dal desiderio di libertà e felicità assolute. L’intervallo di quarta rotante sull’asse della terza, nella sua forma fondamentale o nei derivati costituiti dalla seconda affiancata alla terza, rappresenta anche in questo caso il nucleo fondamentale da cui derivano logicamente, attraverso permutazioni, le altre idee tematiche. Non cogliamo alcun pericolo d’inorganicità in questo perenne divenire, ove sembra realizzarsi quella negazione incessante di ogni limite di cui parla Adorno. Il vortice della depressione, suscitato probabilmente, come ricorda De Lenz, dal lutto per la perdita della madre, viene reso icasticamente attraverso il progressivo formarsi del tema principale, che pare generarsi dall’oscillazione della fondamentale re con la sua nota di volta inferiore, seguita dal progressivo amplificarsi dell’intervallo, inarcato prima su una quarta, poi su una quinta e infine su una sesta. Sembra che Beethoven voglia andare alla radice del principio formante su cui si reggeva il primo movimento attraverso un approfondimento strutturale che ne indaga le componenti costitutive. Ma anche a livello formale complessivo il Largo, in realtà, è articolato come un progressivo espandersi verso il punto luce dello sviluppo in fa maggiore, attraverso l’elaborazione e la composizione di cellule germinali, cui seguono la deframmentazione e il ritorno verso l’unità minima originaria, l’unisono da cui tutto prende vita.
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