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Ruolo geopolitico e geostrategico della deterrenza missilistica negli equilibri del grande Medio Oriente
Campregher, Pierluigi
2010-03-23
Abstract
Sfruttando l’allentamento delle rigidità del sistema internazionale subentrato alla fine del confronto bipolare, un certo numero di paesi ha intensificato gli sforzi per migliorare il proprio status regionale, incidendo sui rapporti di forza locali principalmente attraverso il potenziamento delle proprie capacità militari.
Il fenomeno è risultato particolarmente significativo in quello che viene definito come ‘Grande Medio Oriente’ (Great Middle East), comprendente la fascia di territori che si estendono dal Nord Africa al Golfo del Bengala. Questa vasta macro-regione condivide numerosi aspetti, fra i quali il rapido sviluppo demografico ed una perdurante situazione di instabilità endemica, mentre le sue importanti risorse energetiche sono oggi fondamentali non solo per l’Occidente, ma anche per le potenze asiatiche, la cui crescente rilevanza geopolitica e geostrategica è in larga parte conseguente alla loro rapida ascesa economico-industriale.
Collocate prevalentemente in corrispondenza di quello che Saul Cohen aveva definito col termine di “zone di rottura” (shatterbelts), che separavano le sfere di influenza delle due superpotenze, varie potenze emergenti hanno individuato nel possesso – reale o anche solo potenziale – di armi di distruzione di massa lo strumento privilegiato per accedere a posizioni egemoniche negli equilibri locali, affermando contestualmente la propria sovranità nazionale. In tale quadro, esiste da parte di larga parte degli attori regionali una condivisa aspirazione a conferire concretezza alla netta opposizione ad ogni forma di ingerenza esterna, che tenti di influenzare, condizionare o indirizzare la soluzione delle molteplici questioni locali.
Con questi obiettivi, sono stati avviati vari programmi tendenti a realizzare armi di distruzione di massa, necessariamente integrate dai relativi sistemi di lancio (delivery means).
Contrariamente a quanto attuato dalle due superpotenze alla fine del secondo conflitto mondiale, i programmi in questione non hanno finalità egemoniche su scala globale, ma sono dichiaratamente finalizzati alla realizzazione di arsenali idonei, per quantità e caratteristiche dei sistemi d’arma, a tutelare gli interessi nazionali, sia nei confronti dei competitori regionali, come anche nell’eventualità di un confronto asimmetrico con la sola superpotenza rimasta dopo la fine dello scenario bipolare.
Utilizzati per la prima volta in battaglia dall’impero cinese (280-233 a.C.), i proiettili autopropulsi, indicati anche col termine di razzi o missili, per molti secoli le loro applicazioni militari sono risultate saltuarie e marginali, soprattutto per la scarsa precisione e il limitato peso della carica trasportata. Negli usi bellici veniva preferito il cannone, sottoposto a continui miglioramenti in termini di portata, precisione e potenza distruttiva.
Dopo la fine del primo conflitto mondiale, allo scopo di superare le severe limitazioni poste dal Trattato di Versailles allo sviluppo di armamenti pesanti ed a lungo raggio, nel 1929 l’esercito tedesco finanziava un programma di ricerca nel settore missilistico. Gli sforzi si concretizzavano nella realizzazione di due diverse classi di ordigni autopropulsi, le V-1 e V-2, il cui impiego veniva peraltro limitato alla fase terminale della seconda guerra mondiale.
Ulteriori sviluppi – immediatamente avviati negli Stati Uniti ed Unione Sovietica col contributo di progetti, ordigni e tecnici catturati ai tedeschi – portavano alla realizzazione di vettori di crescente potenza, i cui persistenti problemi di precisione erano mitigati dall’enorme capacità distruttiva degli ordigni nucleari, tanto che la loro combinazione si affermava rapidamente come il principale strumento della deterrenza nucleare nel confronto bipolare.
Attualmente, le applicazioni militari delle tecnologie nucleari sviluppate dai paesi emergenti richiedono consistenti investimenti in termini di tempo e risorse, anche per l’esigenza di aggirare i vincoli alla proliferazione imposti dai regimi internazionali. In questa prospettiva, lo sviluppo dei vettori di lancio balistici presenta problemi minori, di natura prevalentemente tecnica ed anche per questo i programmi missilistici godono di maggiore favore.
Infatti, l’assenza di un accordo internazionale, ampiamente condiviso ed accettato, che limiti lo sviluppo di programmi missilistici e la loro duplice valenza, civile e militare, rende più agevole l’acquisizione e l’osmosi delle applicazioni dual-use. Inoltre, l’elevato contenuto tecnologico tende ad incentivare la formazione di personale scientifico e tecnico, favorendo il finanziamento di iniziative ed attività che contribuiscono allo sviluppo dei paesi proliferanti.
Infine, la marcata valenza geopolitica, prima ancora che strategica, dei sistemi balistici nei rapporti di potenza regionali e nelle prove di forza con gli attori extra-regionali, favoriscono i sistemi missilistici, i quali – rispetto agli aerei da combattimento – offrono superiori prestazioni in termini di velocità, autonomia, capacità di sopravvivenza e di penetrazione.
Inoltre, essi richiedono minori oneri di acquisizione e di gestione dei sistemi d’arma.
Infine, il possesso di vettori missilistici consente, indipendentemente dal loro numero, significativi miglioramenti del livello di prestigio di cui gode il Paese che li possiede, che può anche sfruttare i test di lancio, opportunamente pubblicizzati, come strumenti di provata efficacia nell’esercitare forme di pressione psicologica a livello politico-diplomatico, utilizzabili sia per finalità interne che per scopi di deterrenza nei rapporti internazionali.
Non sono rari, inoltre, momenti in cui, emulando quanto a suo tempo attuato dalle superpotenze, gli arsenali missilistici sono sfruttati come strumento di coercizione diplomatica, dimostrando anche in questo caso una valenza superiore a quella degli tradizionali armamenti.
Alla luce di queste considerazioni, nel presente lavoro vengono delineati i vari aspetti della proliferazione missilistica nel Grande Medio Oriente, considerata nell’ambito del più ampio ed articolato problema della proliferazione delle armi di distruzione di massa, cui viene accennato ove necessario.
La trattazione è articolata in tre parti principali, integrate da una serie di considerazioni conclusive.
La prima parte del lavoro, dedicata all’analisi del ruolo svolto dai sistemi missilistici nell’attuale contesto internazionale, viene aperta da una sintetica disamina storica dello sviluppo ed impiego dei sistemi missilistici nei conflitti moderni. Viene tratteggiato lo sviluppo della missilistica moderna alla vigilia e durante il secondo conflitto mondiale, seguito dalle principali vicende che hanno caratterizzato l’evoluzione della deterrenza nucleare e missilistica nel corso della guerra fredda. A partire dall’inizio degli anni sessanta, i vettori missilistici hanno progressivamente acquistato un ruolo centrale, a discapito dei bombardieri strategici, progressivamente relegati a compiti complementari, mentre l’aviazione manteneva una presenza significativa a livello tattico-operativo.
Nel prosieguo della trattazione, si esaminano brevemente i passaggi salienti della crisi missilistica del 1960, conseguente allo schieramento a Cuba dei vettori nucleari sovietici, che rappresenta una tappa importante nella storia della contrapposizione bipolare. Sul piano tecnologico, l’evento ha impresso un importante impulso allo sviluppo di vettori missilistici da parte degli Stati Uniti (che, all’epoca, paventavano un inesistente gap missilistico), mentre sul piano delle relazioni internazionali veniva evidenziata l’esigenza di instaurare meccanismi di comunicazione e di consultazione fra le due superpotenze, al fine di scongiurare ogni rischio di spiralizzazione nucleare. L’evento serviva anche da spunto iniziale per la successiva decisione francese di intraprendere una autonoma strategia nucleare e missilistica, ritenuta più rispondente alle esigenze francesi in termini di sicurezza nazionale di quanto assicurato dalla NATO.
Nel prosieguo, una rassegna di casi di impiego di sistemi missilistici in particolari eventi storici consente di tratteggiare alcune delle motivazioni che alimentano gli attuali timori e le reciproche diffidenze radicate nell’area, nonché le inquietudine internazionali per i possibili effetti destabilizzanti causati da ordigni relativamente semplici, ma efficacemente utilizzabili anche in contesti di confronto asimmetrico.
Segue una analisi dell’attuale proliferazione missilistica, che considera le motivazioni delle varie parti in causa, evidenziando i possibili rischi connessi con la proliferazione delle armi di distruzione di massa, alle quali i vettori missilistici forniscono l’indispensabile complemento operativo e strategico. In questo quadro, vengono sottolineati i tratti salienti e i limiti degli accordi internazionali attualmente operanti per contrastare la proliferazione delle armi di distruzione di massa, integrati da un sintetico cenno ai programmi di difesa antimissile ed alle convenzioni che regolano l’uso pacifico dello spazio.
Nella seconda parte, vengono considerate le dimensioni geopolitiche e geostrategiche della proliferazione missilistica nella macroregione, partendo dall’esame delle caratteristiche geografiche, politiche e strategiche dello scenario mediorientale, nel quale soggetti geopolitici profondamente diversi – spesso in antagonismo fra loro – possono talora condividere finalità politico-strategiche identiche o complementari.
Considerato come la percezione della minaccia influisca sulle motivazioni degli Stati proliferanti, particolare attenzione è stata riservata ai meccanismi della deterrenza ed alla combinazione dei fattori di potenza e vulnerabilità, così come si sono sviluppati nel contesto della contrapposizione bipolare ancora oggi operanti.
In tale quadro, viene esaminato il processo evolutivo della deterrenza nucleare – inizialmente in funzione contro-risorse e successivamente orientata in funzione contro-forze – di pari passo con il miglioramento della precisione dei vettori missilistici. Inoltre, viene fatto riferimento anche alle formule di deterrenza sviluppate autonomamente da parte di Cina, India e Pakistan, contestualmente alla formazione dei rispettivi arsenali nucleari.
L’introduzione di testate nucleari imbarcate su sottomarini lanciamissili a propulsione nucleare ha conferito una sostanziale invulnerabilità a parte del deterrente nucleare, rendendo realisticamente impraticabile l’opzione dell’attacco preventivo per annullare l’arsenale nucleare avversario. Questa nuova situazione ha comportato il superamento della dottrina del first use ed ha posto le basi per il consolidamento degli equilibri esistenti, mantenuti sotto la reale minaccia di distruzione reciproca assicurata (MAD). Con la dissoluzione del blocco orientale e l’emergere della posizione egemone degli USA, la dottrina della deterrenza è entrata in un processo evolutivo ancora in atto, influenzato in misura significativa dai programmi di difesa antimissile statunitensi e dallo sviluppo di armi antisatellite avviato da parte della Cina e di altri paesi.
Queste iniziative rappresentano, almeno in parte, una risposta alla dottrina strategica statunitense – che ha rivendicato il diritto americano all’intervento preventivo - ed alla dottrina della “full spectrum dominance”. Dopo il ritiro dal Trattato ABM, l’amministrazione Bush ha adottato una serie di iniziative in materia di difesa contro i vettori balistici, in linea con la unilateralità delle posizioni e degli obiettivi di politica spaziale, che, al momento, risulta sostanzialmente confermata dalla nuova amministrazione USA.
D’altra parte, Washington nutre forti preoccupazioni per la proliferazione missilistica in atto in numerosi Stati del Medio Oriente allargato, in quanto – in un futuro confronto asimmetrico – potrebbe da un lato alterare gli equilibri di potenza locali, dall’altro sarebbe in grado di ipotecare pesantemente le capacità statunitensi di proiezione di forza convenzionale nella regione, in cui hanno origine flussi energetici di vitale importanza.
Nel prosieguo, viene trattato il ruolo geopolitico e geostrategico svolto dai sistemi missilistici e spaziali, sia per quanto si riferisce all’applicazione di tecnologie dual-use nello sviluppo dei vettori missilistici civili e militari, sia per quanto concerne l’evoluzione delle visioni incentrate sui rapporti di potenza, con particolare riferimento alle maggiori potenze.
A completamento, viene introdotta una breve disamina delle possibilità e dei limiti che incidono sulla formazione del quadro conoscitivo, con specifico riferimento allo sviluppo dei sistemi missilistici. In presenza di mezzi che rappresentano allo stesso tempo strumento della capacità militare e mezzo della propaganda politica, l’analisi oggettiva risulta oltremodo difficoltosa e fortemente penalizzata, essendo talora problematico valutare l’attendibilità delle fonti aperte disponibili. Le maggiori difficoltà interpretative dei dati reperibili derivano dalla sovrapposizione degli interessi propagandistici dei paesi proliferanti e delle valutazioni dell’intelligence avversaria, col risultato di una sopravvalutazione delle prestazioni e dei risultati conseguiti dai programmi di proliferazione.
Difficoltà che, in qualche caso, risultano amplificate dal particolare ed articolato contesto mediorientale, in cui i complessi intrecci fra le aspirazioni dichiarate dalle leadership locali e le reali finalità rendono indefinito il bilancio di certezze e probabilità, come peraltro esemplificato nel 2003 dalla errata valutazione statunitense relativamente alle armi di distruzione di massa irachene.
In questa prospettiva e al fine di fornire alcuni semplici elementi di valutazione, è stato redatto un sintetico allegato tecnico, in cui sono raccolti i principali parametri tecnologici ed operativi che caratterizzano le varie tipologie di vettore balistico, con una sintetica integrazione dedicata ai missili da crociera.
Nella terza parte, vengono tratteggiati i lineamenti essenziali che contraddistinguono le posture strategiche dei principali attori del Grande Medio Oriente, inclusi India e Pakistan, accennando anche ai relativi programmi e dotazioni missilistiche. Contestualmente, si fa cenno, per quanto noto, anche ai coinvolgimenti dei principali attori extra-regionali.
Uno specifico approfondimento viene dedicato ai potenziali missilistico iraniano ed israeliano, sottolineando le premesse storiche, geopolitiche e geostrategiche che – nell’ambito della politica di sicurezza dei due paesi – contribuiscono a motivare le scelte in questa direzione.
Un accenno anche alla nuova dimensione geostrategica dei vettori balistici, con rilevante impatto sul piano politico interno ed internazionale, emerso in occasione degli attacchi missilistici condotti da Hezbollah e culminati negli scontri del giugno 2006.
Da ultimo, alla luce di quanto emerso dall’esame dei vari aspetti della problematica e dei principali fattori che intervengono negli equilibri della macroregione, vengono tratteggiati alcuni dei possibili scenari di confronto geostrategico, anche conflittuale, fra i principali attori regionali. In particolare, l’attenzione è focalizzata sulla valutazione del possibile ruolo della componente missilistica, sia quale potenziale elemento destabilizzante, sia come possibile strumento di deterrenza sia, in determinate circostanze, quale stimolo per la individuazione di equilibri condivisi e per escludere ipotesi di spiralizzazione della contrapposizione regionale.
Una serie di considerazioni conclude la trattazione che, per una più agevole consultazione, è stato integrata da vari allegati. Oltre ad una raccolta dei termini, acronimi ed abbreviazioni di uso più ricorrente nella trattazione della specifica tematica, in questa parte è stata inserita una sintetica trattazione degli aspetti tecnologici dei vettori missilistici, utile per l’analisi critica di previsioni e scenari relativi alla proliferazione missilistica. Una serie di schede riepilogano le dotazioni missilistiche dei principali paesi della macroregione, secondo i dati attualmente disponibili.
Per la preparazione del presente studio, sviluppato sui dati noti sino alla fine del 2009, ci si è avvalsi di fonti differenziate, utilizzando in misura significativa l’ampia e dettagliata pubblicistica prodotta da importanti centri di ricerca che approfondiscono le tematiche della geopolitica e della geostrategia e che dedicano ampi spazi all’analisi delle questioni connesse con le relazioni internazionali e la proliferazione missilistica.
Insegnamento
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Università degli studi di Trieste
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