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Simone Weil (1909-1943)
De Leo, Daniela
2024
Abstract
Il pensiero di Simone Weil si inquadra nell’ambito della riflessione fenomenologico-esistenziale. La maggior parte dei suoi lavori ha conosciuto un’edizione soltanto postuma, trattandosi di note e appunti di solito non ordinati in vista della pubblicazione, che si sono facilmente prestati ad un’organizzazione diversificata a seconda dei punti di vista interpretativi dei curatori. Caratteristica questa che non ha mancato, e non manca, di suscitare all’interno di una rilettura critica dei problemi, che qualche autore ha definito di appropriazione. Questi problemi di appropriazione non sono sfuggiti alla stessa Weil che nel suo Pensées sans ordre concernant l’Amour de Dieu, uno degli ultimi sui scritti, composto tra il 1940 e il 1943, fa un esplicito riferimento all’operazione di acquisizione del suo pensiero già avviata e operante. Queste stesse vicende del lascito intellettuale dell’Autrice sono state ricostruite, negli anni Ottanta, in relazione ai Cahiers, da Giancarlo Gaeta. Il problema della manipolazione della riflessione weiliana così aperta e volutamente frammentata si è in parte risolto con l’edizione del corpus weiliano criticamente costituito.
La tessitura narrativa sottesa a questi scritti presenta la trama di un intreccio di eventi storici in cui si gioca il significato dell’esistenza umana, perennemente in bilico tra l’abisso dell’orrore del male, l’atrocità del nazismo e l’inquieta ricerca di una trascendenza. Da questa lettura della condizione umana Simone rintraccia delle categorie interpretative che tengono insieme, in un sinolo, conoscere e agire politicamente e ne tracciano la direzione del procedere, nel monito morale, per conferire un senso agli eventi e non passivamente subirli. L’essere umano, per la Nostra, deve interpretare gli eventi e rendersene conto, in tal modo, attiva il processo storico, quale processo progressivo e non cumulativo, in cui, attraverso contaminazioni, innesti, dialoghi, scontri e incontri, abita il mondo multipolare.
Il pensiero di Simone Weil può essere, dunque, inquadrato in una proiezione etica, chiasmaticamente intrecciata ad una valutazione politica, il tutto si snoda nel simbolico di una intentio narrativa, specificatamente femminile, polarizzata verso la cura.
Ascetica, incontrollabile, indomabile, Simone Weil si nutriva liberamente delle parole dei contadini e degli operai e della lettura dei suoi classici, dimenticandosi, a volte, di nutrirsi di cibo.
L’obiettiva difficoltà di porre la Weil su differenti assi filosofici (rivolti a individuare l’ascendenza filosofica o politico-sociale, mistico-religiosa o ebraica, quella esercitata dallo gnosticismo o dal peso culturale della filosofia classica greca, sempre in continuo dialogo con altri pensatori contemporanei) ha dato luogo ad un’ampia e diversificata corrente di studi critici.
Pensò e agì spesso controcorrente e con una stupefacente capacità di anticipare le svolte e i bisogni spirituali del nostro secolo in cui ci sono filosofi/e che attraversano il tempo e altri/e che possiamo definire “scomodi/e”, che penetrano il tempo forandolo in una tensione utopica che anima il presente, con l’attesa del futuro, e immerge il futuro nella carne viva del presente. Simone Weil appartiene, per intero, a quest’ultimo gruppo, in quanto la sua filosofia in azione è un magistero non relegato all’interno di un’aula, ma è un’eco risonante di genialità educativa e profetica.
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Daniela De Leo, "Simone Weil (1909-1943)" in: "Archivio delle filosofe 2", EUT Edizioni Università di Trieste, Trieste, 2024, pp.
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