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Use of immune-nanoparticles containig chemiotherapeutic agents for the treatment of B-cell malignancies
USE OF IMMUNE-NANOPARTICLES CONTAINING CHEMOTHERAPEUTIC AGENTS FOR THE TREATMENT OF B-CELL MALIGNANCIES
Capolla, Sara
2015-03-26
Abstract
B-cell malignancies are a heterogeneous group of clinical conditions including indolent diseases such as Chronic Lymphocytic Leukemia (CLL) and highly aggressive lymphoproliferative disorders such as Burkitt’s lymphoma.
B-cell malignancies treatments take advantage of dose-intensive chemotherapeutic regimens and immunotherapy via monoclonal antibodies. Unfortunately, they may lead to insufficient tumor distribution of therapeutic agents and cause several adverse effects. Thus, we propose a novel therapeutic approach for the treatment of CLL and Burkitt’s lymphoma in which high-doses of the association of hydroxychloroquine and chlorambucil (HCQ/CLB) or fludarabine were loaded inside biodegradable nanoparticles (BNPs) coated with an anti-CD20 antibody.
First of all, a Burkitt’s lymphoma cell line (BJAB), two CLL cell lines (MEC1 and EHEB) and cells purified from patients’ blood samples were used to confirm CD20 expression and to assess BNPs binding and internalization. These studies demonstrated BNPs ability to bind malignant B cells and to enter inside cells in a process different from endocytosis. Then, BNPs therapeutic effect was evaluated by MTT test, AnnV/PI assay and western blot to put in evidence apoptosis induction and autophagy inhibition. These experiments demonstrated drugs-loaded BNPs ability to kill malignant B cells with comparable effects than those obtained with free drugs whereas empty BNPs were practically ineffective.
In vivo BNPs characterization included the evaluation of their toxicity, biodistribution and therapeutic effect. C57/BL mice were used to evaluate BNPs toxicity which was studied considering survival, loss of body weight and several tissue markers in the blood. Mice receiving 8 injections of free HCQ+CLB died in this experiment whereas animals challenged with the same amount of drugs encapsulated inside BNPs did not show toxic effects suggesting BNPs safety.
The importance of antiCD20 antibody in the homing of BNPs was confirmed by in vivo Time-Domain Optical Imaging performed in localized B-cell malignancy-bearing mice. This analysis suggested the ability of antiCD20-conjugated BNPs to specifically target tumor B-cells, with a pick after 24-48 hours. On the contrary, untargeted BNPs localization inside tumor was significantly decreased. In this analysis it was also evident that the liver is the main site of BNPs’ elimination while in the other organs the presence of fluorescent BNPs was very low.
Finally, BNPs ability to treat a new xenograft human/SCID leukemia and Burkitt’s lymphoma mouse model was studied. Drugs-loaded BNPs were able to improve HCQ/CLB efficacy in vivo allowing the cure of treated all Burkitt’s lymphoma-bearing mice and 3 out of 7 leukemia-bearing animals.
All these data together put the basis for the potential use of BNPs in the treatment of B-cell malignancies.
I tumori a cellule B sono un gruppo eterogeneo di patologie che comprendono sia malattie indolenti, come la leucemia linfatica cronica (LLC), sia aggressive, come il linfoma di Burkitt. Il trattamento delle patologie a cellule B prevede sia l’utilizzo di chemioterapici (agenti alchilanti e analoghi delle purine) che di anticorpi monoclonali. Nonostante la varietà di terapie esistenti, l’efficacia di questi farmaci è limitata dalla mancata specificità per le cellule tumorali e dall’induzione di gravi effetti collaterali. Per ovviare ai limiti delle terapie attuali, è stato quindi proposto l’utilizzo di nanoparticelle coniugate con un anticorpo antiCD20, specifico per le cellule B, e contenenti alte concentrazioni di chemioterapici (idrossiclorochina e clorambucile o fludarabina). Le nanoparticelle sono state caratterizzate in vitro e in vivo durante questo progetto di dottorato.
Inizialmente sono stati effettuati studi in vitro al fine di valutare l’espressione del CD20 sulla superficie di una linea cellulare di linforma di Burkitt (BJAB), due linee di LLC (MEC1 e EHEB) e cellule purificate da campioni di sangue di pazienti affetti da LLC. In seguito, il legame e l’internalizzazione delle nanoparticelle a queste cellule sono stati dimostrati suggerendo anche come le nanoparticelle vengano internalizzate attraverso un meccanismo diverso dall’endocitosi.
L’effetto terapeutico in vitro delle nanoparticelle è stato valutato con test MTT, AnnessinaV/PI e tramite western blot al fine di evidenziare l’induzione di apoptosi e l’inibizione dell’autofagia, meccanismi attraverso cui i farmaci utilizzati sono noti agire. Questi esperimenti hanno dimostrato che le nanoparticelle cariche di chemioterapici sono in grado di uccidere le cellule B tumorali con effetti paragonabili a quelli ottenuti da pari concentrazioni di farmaci liberi dimostrando come il processo di produzione delle nanoparticelle non influisca sull’efficacia dei chemioterapici. Al contrario, nanoparticelle vuote non sono in grado di uccidere le cellule dimostrando la mancata tossicità dei polimeri da cui sono costituite. Dopo aver confermato il legame e l’internalizzazione delle nanoparticelle che inducono la morte delle cellule B tumorali, sono stati effettuati esperimenti in vivo tra cui studi di tossicità al fine di valutare eventuali effetti collaterali indotti dal trattamento, studi di biodistribuzione e la valutazione degli effetti terapeutici.
Gli studi di tossicità sono stati effettuati in topi sani valutando parametri quali la perdita di peso, la sopravvivenza e la tossicità sistemica. Nanoparticelle cariche di
farmaci presentano un profilo tossicologico sicuro mentre pari dosi di farmaci liberi inducono la morte di tutti gli animali trattati. Questi esperimenti dimostrano quindi come l’inserimento di farmaci all’interno di nanoparticelle prevenga gli effetti collaterali normalmente indotti dai chemioterapici. Secondariamente, sono stati effettuati studi di biodistribuzione di nanoparticelle coniugate o meno con un anticorpo antiCD20. Questi studi effettuati tramite Optical Imaging dimostrano come nanoparticelle coniugate con l’anticorpo antiCD20 si localizzino preferenzialmente nella massa tumorale in 24-48 ore in quantità maggiore rispetto a nanoparticelle non coniugate con l’anticorpo. Inoltre, da queste analisi risulta evidente come il fegato sia il maggiore sito di eliminazione delle nanoparticelle mentre in altri organi la presenza di nanoparticelle è molto bassa.
Infine, un modello disseminato di linfoma di Burkitt e un modello di LLC sono stati sviluppati in topi SCID (Severe Combined ImmunoDeficiency) iniettando rispettivamente cellule BJAB intraperitoneo e cellule MEC1 endovena. I modelli sono stati caratterizzati e utilizzati per valutare la potenziale applicazione delle nanoparticelle nel trattamento di queste patologie. Questi studi hanno dimostrato come le nanoparticelle siano in grado di aumentare l’efficacia dei chemioterapici e di curare tutti i topi affetti da linfoma di Burkitt e 3/7 topi affetti da leucemia.
Concludendo, questi risultati suggeriscono la potenziale applicazione delle nanoparticelle cariche di chemioterapici nel trattamento di LLC e linfoma di Burkitt.
Insegnamento
Publisher
Università degli studi di Trieste
Languages
en
File(s)
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Name
CAPOLLA SARA_TESI DOTTORATO NANOTECNOLOGIE.pdf
Format
Unknown
Size
3.66 MB