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L’opera è stata acquisita in occasione della mostra personale allestita dall’artista presso la Sala degli Atti della Facoltà di Economia tra il novembre del 2010 e il marzo dell’anno successivo. In quell’occasione Giuliana Balbi aveva presentato un’antologia delle sue creazioni più recenti nel campo della sua personalissima tecnica di fototessitura e fotointreccio, dove la fotografia viene trattata come fosse un filato: dopo aver scattato e scelto alcune fotografie queste vengono tagliate in tante striscioline, poi intrecciate seguendo la vitalità e le tensioni del colore, accostando nell’opera finale frammenti diversi e mutevoli del reale. In alcune opere vengono poi inseriti fili di nylon e di rame, plastiche, resine e tutto ciò che viene ritenuto opportuno per veicolare al meglio il suo messaggio. “Tali installazioni”, dice l’artista “devono essere libere di muoversi nello spazio, chi le osserva deve poter interagire con loro”. In questo caso la composizione, datata 2010, assume l’aspetto di un doppio vortice, che nelle intenzioni dell’artista vuole ricordare l’energia con cui operano le forze naturali. Alle striscioline fotografiche ha aggiunto, condensati in grumi, inserti metallici che sembrano indicare la traccia umana nella natura, da qui il titolo dell’opera in esame, Traccia, titolo comune a molti dei lavori recenti dell’artista. Come in molte altre testimonianze dell’attività artistica di Giuliana Balbi, si tratta di Tracce che volutamente alludono all’attività dell’uomo e alla sua interazione spesso violenta con la natura, tracce, testimonianze, e che una volta abbandonate tendono progressivamente a scomparire fagocitate dalla forza inarrestabile della natura e del tempo. In virtù di questo la riconoscibilità delle foto impiegate, che pure sono scelte con oculatezza, appare un dettaglio del tutto trascurabile nell’autonomia della creazione. È certamente molto più importante che queste rechino comunque una testimonianza: “la Balbi attraverso le sue opere vuole indurci a riflettere sulle modificazioni che l’uomo addotta sul pianeta e quindi sensibilizzarlo al ricongiungimento con la natura al fine di ricondurlo all’armonia con se stesso e con il mondo che lo circonda” (Giulia Jercog, “Vestigia”, pieghevole della mostra di Trieste, Sala degli atti della facoltà di Economia, 11 novembre 2010 – 31 marzo 2011).
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