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Procopio Cesariense de gli edifici di Giustiniano imperatore, di greco in volgare tradotte per Benedetto Egio da Spoleti
Procopio Cesariense de gli edifici di Giustiniano imperatore, di greco in volgare tradotte per Benedetto Egio da Spoleti
Autore: Procopio di Cesarea
Traduttore: Benedetto Egio
Editore: Michele Tramezzino
[8], 59, [1] carte; rilegato in ottavo, anno di edizione 1547
Il “De Aedificiis”, opera scritta intorno al 560, è una descrizione delle numerose opere pubbliche (quali chiese, fortificazioni, acquedotti e cisterne) fatte realizzare dall’imperatore Giustiniano. I sei libri che compongono l’opera coprono i territori dell’impero a partire dalla capitale Costantinopoli muovendosi poi in Siria e Mesopotamia, Armenia, penisola balcanica e Grecia, Asia Minore e Palestina e infine Africa. Oggetto di discussione tra gli studiosi sono stati l’assenza, nella trattazione, dell’Italia, da alcuni indicata come un indizio che l’opera rimase incompleta, e il grado di affidabilità del testo come fonte storica: l’attendibilità dipende almeno in parte, verosimilmente, dalle diverse fonti utilizzate a sua volta dallo scrittore e dall’esperienza diretta che egli ebbe di alcune zone ma non di altre.
L’autore, Procopio, originario di Cesarea Marittima in Palestina, fu storiografo alla corte bizantina dell’imperatore Giustiniano nei decenni centrali del VI secolo. Oltre al “De Aedificiis” egli scrisse gli otto libri “De Bellis”, sulle campagne militari bizantine, delle quali ebbe esperienza di prima mano in quanto consigliere del generale Belisario, e il libello “Historia Arcana” che prende di mira la famiglia imperiale.
La traduzione del “De Aedificiis” dal greco alla lingua volgare fu opera di Benedetto Egio, umanista originario di Spoleto, vissuto nel XVI secolo, studente di Giovan Battista Pio, attivo a Roma e legato alla famiglia Farnese. Egli tradusse anche la “Biblioteca” di Apollodoro e, per gli stessi tipi del “De Aedificiis”, una parte del “De Bellis” di Procopio (“De la longa et aspra guerra de' Goti” e “De la guerra di Giustiniano imperatore contra i Persiani”), nonché la “Historia Romana” di Paolo Diacono: le traduzioni di Procopio e di Paolo Diacono furono infatti tutte stampate a Venezia da Michele Tramezzino e condividono lo stesso formato e simile impianto di richiami a margine e tavole alfabetiche.
Sul frontespizio e alla fine del libro è presente la marca tipografica della Sibilla, che distingue l’officina di Michele Tramezzino. Nello specifico di tratta della Marca V490 - Z1078 (Sibilla seduta di profilo tiene con la mano sinistra un libro aperto. In alto la scritta Sybilla. In cornice figurata). La marca sul frontespizio è circondata del motto “Qual più fermo è il mio foglio è il mio presagio”, mentre questo dettaglio è assente in fondo al libro. Il volume si compone di 68 carte, delle quali il primo fascicolo di otto carte non è numerato, così come l’ultima carta, mentre il corpo centrale del libro è costituito dalle carte numerate da 1 a 59 (la segnatura è a⁸ A-G⁸ H⁴). I caratteri sono in corsivo romano. Gli incipit dei libri hanno uno spazio predisposto per iniziali miniate, dotato di lettera guida centrale; le miniature tuttavia non sono state realizzate. Con le altre edizioni di Benedetto Egio presso Michele Tramezzino menzionate sopra questo esemplare condivide la presenza di tavole alfabetiche, qui collocate subito dopo la dedica a Giovanni Soranzo, e il richiamo dei notabilia a margine del testo, ma differisce per il formato, in ottavo invece che in quarto.
Sitografia utilizzata:
https://www.treccani.it/enciclopedia/procopio-di-cesarea/?search=Proc%C3%B2pio%20di%20Cesarea%2F
https://www.treccani.it/enciclopedia/benedetto-egio_(Dizionario-Biografico)/
https://www.treccani.it/enciclopedia/michele-tramezzino/