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Lo sviluppo della politica europea di vicinato: dalla Conferenza di Barcellona al processo di Barcellona-Unione per il Mediterraneo
De Nicolais, Ilaria
2009-03-03
Abstract
L’analisi dell’evoluzione delle relazioni dell’Unione europea in riferimento ai rapporti con i paesi limitrofi non può prescindere da un’approfondita disamina del complesso quadro delle politiche comunitarie di cooperazione transfrontaliera i cui aspetti specifici (geografici e geopolitici) hanno subito profonde trasformazioni dal 1995 ad oggi.
Il lungo e articolato processo di cooperazione dell’Unione europea verso i paesi limitrofi inizia nel 1995 e si rivolge esclusivamente ai paesi situati nel bacino mediterraneo. La Conferenza euro-mediterranea dei Ministri degli Affari esteri, svoltasi a Barcellona il 27 e 28 novembre 1995, definisce il quadro delle relazioni politiche, economiche e sociali tra i paesi dell’Unione europea e quelli dell’area mediterranea.
Con la Dichiarazione di Barcellona gli Stati firmatari si impegnano a realizzare tre obiettivi principali, ovvero individuare un’area euro-mediterranea di pace e di stabilità basata sui principi fondamentali che includono il rispetto dei diritti umani e la democrazia; creare un’area di prosperità condivisa attraverso l’alleanza economico-finanziaria e la progressiva liberalizzazione degli scambi commerciali tra l’UE e i suoi partner e tra gli stessi paesi del Mediterraneo; promuovere l’avvicinamento tra i popoli tramite forme di partenariato sociale e culturale e sviluppare gli scambi fra i rappresentanti della società civile.
D’altra parte, a partire dalla metà degli anni Novanta, l’Unione europea ha messo a punto numerosi strumenti finanziari al fine di favorire la cooperazione tra gli Stati membri ed i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Tali strumenti sono stati utilizzati per iniziative destinate a favorire le riforme democratiche, lo sviluppo economico e sociale, il rispetto dei diritti umani e civili, la liberalizzazione degli scambi commerciali, la riscoperta delle tradizioni culturali comuni.
Il principale strumento europeo per il finanziamento del partenariato euro-mediterraneo è stato MEDA, attraverso cui l’UE ha stanziato per i Paesi della sponda sud circa 22 miliardi di euro: il suo utilizzo, inizialmente sottovalutato, è aumentato notevolmente nel tempo e il rapporto pagamenti / impegni di spesa è cresciuto passando dal 29% (periodo 1995-1999) al 77% (periodo 2000-2006).
Il partenariato euro-mediterraneo ha rappresentato nella politica della UE verso i paesi mediterranei una tappa fondamentale del processo di integrazione e cooperazione transfrontaliera e ha avuto l’ambizione di creare uno “spazio comune” di cooperazione. Tuttavia, nell’arco temporale di dieci anni circa (1995 – 2004) i risultati raggiunti sono stati modesti, nonostante il progressivo aumento del sostegno finanziario europeo e il raggiungimento di risultati positivi in limitati settori di cooperazione.
Si sono registrati passi in avanti verso l’apertura commerciale bilaterale, attraverso la sottoscrizione di singoli Accordi di associazione tra i paesi terzi del mediterraneo e l’UE.
La liberalizzazione multilaterale per la creazione dell’area di libero scambio tra tutti i paesi terzi meridionali e orientali ha incontrato maggiori ostacoli e un minore interesse da parte degli stessi partner. Attualmente il commercio intraregionale nell’area meridionale del Mediterraneo coinvolge meno del 15% delle esportazioni dei paesi appartenenti all’area, mentre il 50% dell’export si rivolge all’UE. Il basso sviluppo del commercio tra i paesi della sponda sud rallenta significativamente i potenziali flussi degli investimenti diretti esteri. Le maggiori difficoltà derivano principalmente da fattori politici, tra cui in particolare il ricorrente acuirsi della crisi tra Israele e i Territori palestinesi e la conseguente e perdurante scarsa collaborazione tra la maggior parte degli stati arabi e Israele, che impedisce anche il raggiungimento di accordi per lo sviluppo infrastrutturale dell’area, in termini di costruzione di strade, ferrovie e oleodotti.
D’altra parte, i Paesi Terzi del Mediterranei, e specialmente quelli arabi, hanno mostrato una capacità di accrescere la loro penetrazione commerciale sui mercati europei molto modesta e nettamente inferiore a quella dei paesi dell’Europa centro-orientale.
A circa dieci anni di distanza dall’avvio del Processo di Barcellona, l’Unione europea si è trovata di fronte a un sostanziale fallimento del partenariato euro-mediterraneo e, a partire dal 2004, a doversi confrontare con il mutato contesto dei propri confini territoriali.
Come logica conseguenza del processo di allargamento dell’UE si è avuto il rafforzamento della cooperazione comunitaria con i paesi limitrofi.
L’aumento delle frontiere terrestri e marittime e l’estensione del territorio comunitario hanno spinto la Commissione europea ad assegnare maggiore importanza alle componenti di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale nell’ambito delle relazioni tra l’Unione europea e le aree limitrofe.
La rinnovata prossimità geografica ha indotto, così, l’Unione ad elaborare una nuova strategia in base alla quale impostare i rapporti con i paesi vicini dell’Est.
Nel quadro del processo di allargamento dell’Unione europea è stata sviluppata la politica europea di vicinato, con l’obiettivo principale di evitare l’emergere di nuove linee di divisione tra l’UE allargata e i paesi vicini e di rafforzare, al contempo, condizioni di stabilità, di sicurezza e di benessere in tutta l’area interessata.
La ratio su cui si basa la politica europea di vicinato risiede nella convinzione che i nuovi confini dell’Europa non debbano rappresentare una barriera alle relazioni socio-economiche e culturali esistenti tra i vari Stati che ne fanno parte quanto, piuttosto, un incentivo ad intensificare la cooperazione transfrontaliera.
La politica europea di vicinato si propone di rafforzare gli interventi che riguardano le frontiere esterne dell’UE allargata, coordinando più efficacemente gli strumenti di cooperazione esistenti (Interreg, Meda; Tacis). In quest’ottica, l’Unione europea apre la strada al miglioramento delle relazioni di buon vicinato con la Russia, l’Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia, con i paesi dei Balcani Occidentali e anche con quelli del Mediterraneo.
La cooperazione transfrontaliera mira a realizzare quattro obiettivi principali: promuovere lo sviluppo economico sostenibile; cooperare per affrontare insieme le principali sfide, in campo ambientale, sanitario e della lotta alla criminalità; assicurare frontiere sicure; promuovere una più stretta cooperazione tra i cittadini.
Per superare i limiti posti dai diversi sistemi giuridici e finanziari che disciplinano gli strumenti finanziari operanti a supporto della cooperazione transfrontaliera, la Commissione europea propone un approccio in due tempi: una prima fase (tra il 2004 e il 2006) operante all’interno del quadro giuridico esistente e un’altra (dal 2007 al 2013) che prevede l’istituzione di un nuovo strumento di prossimità (lo strumento europeo di vicinato e partenariato ENPI–European Neighborhood Partnership Instrument) attraverso cui sviluppare azioni di cooperazione transfrontaliera e regionale lungo le frontiere esterne dell’UE in maniera paritaria su entrambi i versanti.
In tal modo risulta possibile elaborare programmi realmente volti ad obiettivi comuni di cooperazione, che prevedano interventi da realizzare congiuntamente al di qua e al di là delle frontiere, utilizzando contestualmente gli strumenti finanziari che operano dall’uno e dall’altro lato del confine comunitario.
Tra i diversi programmi di cooperazione transfrontaliera finanziati da ENPI, i due che interessano il Bacino mediterraneo ed i Balcani assumono particolare rilevanza. Queste due aree, infatti, offrono maggiori opportunità e condizioni di vantaggio per lo sviluppo di iniziative di cooperazione transfrontaliera da parte dell’Unione europea, poiché rappresentano le regioni esterne più prossime storicamente e culturalmente ai paesi dell’UE.
Per quanto concerne il Mediterraneo, la constatazione che le differenze di livello di sviluppo tra sponda sud e sponda nord possano acuirsi, aggravando così i rischi di instabilità nell’intera area, unitamente alla volontà dei governi di entrambe le parti di implementare strategie e azioni per la realizzazione del partenariato euro-mediterraneo, ha contribuito alla formulazione di un nuovo progetto finalizzato a rilanciare gli obiettivi già individuati dalla Conferenza di Barcellona del 1995.
Alla luce del processo di valutazione dei risultati di più di dieci anni di cooperazione nell’ambito del partenariato euro-mediterraneo, il recente progetto “Processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo” mira ad elevare il livello politico delle relazioni tra l’Unione Europea e i partner mediterranei, ad aumentare le relazioni multilaterali, a raggiungere risultati tangibili attraverso progetti regionali e sub-regionali in settori ritenuti strategici per tutto il bacino e ad imprimere un ulteriore impulso alle relazioni (bilaterali e multilaterali) dell’Unione con i Paesi Terzi del Mediterraneo, attraverso un ampliamento del quadro di cooperazione.
Il progetto si caratterizza per una dimensione più realistica e democratica rispetto alle azioni precedenti. Per un verso, infatti, prevede la realizzazione di progetti concreti, non più di politiche; per un altro, amplia la partecipazione a 43 Paesi (i 27 Paesi dell’UE e tutti i Paesi della sponda sud) e stabilisce una doppia presidenza di turno (un partner del Nord e uno del Sud), con l’idea di favorire il superamento della grave asimmetria esistente tra le due sponde del Bacino.
Il progetto “Unione per il Mediterraneo” segna una svolta decisiva nell’interazione con i partner della sponda sud e prospetta uno spazio geopolitico mediterraneo, basato sull’ipotesi che l’incontro di realtà differenti e di azioni comuni su tematiche omogenee possa favorire la concorrenza e rendere possibile il superamento di tensioni tra forze contrapposte. Quanto ai contenuti, il Progetto “Processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo” si prefigge l’obiettivo ambizioso di elaborare un’agenda euro-mediterranea sui generis, con dinamiche complementari e compatibili con il Processo di Barcellona avviato nel 1995.
Il partenariato euro-mediterraneo è stato sviluppato, a partire da Barcellona, in un contesto contraddistinto dalla difficile situazione delle economie dei paesi mediterranei – all’epoca caratterizzate da scarso sviluppo, limitata apertura verso l’estero, modesta integrazione regionale, deterioramento sociale) - e ha puntato a stimolare una progressiva integrazione attraverso la creazione della zona di libero scambio.
La situazione odierna, in cui si sviluppa il Progetto, è molto diversa. La globalizzazione ha coinvolto tutti i paesi mediterranei, inclusi quelli che nel 1995 seguivano ancora un modello economico di stampo socialista, mettendo in moto profonde riforme economiche. Il boom petrolifero degli ultimi anni ha accelerato la crescita e accentuato l’interesse internazionale per l’area mediterranea. L’iniziativa avviata con il Vertice di Parigi del 13 luglio 2008 si fonda su processi economici già in atto e potrà contribuire, perciò, a realizzare la completa integrazione dei mercati, rafforzare il ruolo degli attori economici, favorire la coesione in campo politico e sociale.
Le sfide della cooperazione euro-mediterranea sono numerose e il successo non è di semplice raggiungimento.
Tuttavia, la nuova dinamicità del Bacino mediterraneo e le sue grandi potenzialità lo rendono un interlocutore fondamentale per i paesi europei, giustificando la loro rinnovata e accresciuta attenzione politica.
Lo sviluppo delle regioni europee tende ad essere sempre più influenzato dalle dinamiche esterne: confrontarsi con le regioni confinanti e con il contesto internazionale non è più semplicemente un’opportunità di scambio di esperienze e buone pratiche, ma costituisce un elemento chiave del successo delle politiche di sviluppo regionale e di cooperazione transfrontaliera.
D’altra parte, al fine di evitare ogni possibile penalizzazione e marginalizzazione delle aree periferiche europee risulta necessario il potenziamento della cooperazione oltre che all’interno dell’Unione allargata anche all’esterno e prevalentemente in ambito mediterraneo.
Insegnamento
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Università degli studi di Trieste
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