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Studi sui meccanismi microbicidi dei neutrofili. Ruolo dei canali protonici voltaggio-dipendenti nella regolazione del metabolismo ossidativo. Impiego di farmaci lisosomotropici per la correzione del difetto di attività microbicida nella malattia granulomatosa cronica
Fasolo, Alba
2012-04-23
Contributor(s)
Menegazzi, Renzo
•
Decleva, Eva
Abstract
Ruolo dei canali protonici voltaggio-dipendenti nella regolazione del metabolismo ossidativo
Durante il burst respiratorio (RB) conseguente alla loro attivazione, i neutrofili producono specie reattive dell’ossigeno (ROS) indispensabili per l’uccisione dei microrganismi fagocitati. La produzione di ROS è mediata dalla NADPH ossidasi, un complesso enzimatico multimerico che si assembla sulla membrana dei fagociti. Diversi studi hanno suggerito che durante il RB l’attivazione della NADPH ossidasi causa una fuoriuscita di elettroni sotto forma di anione superossido (O2-) accompagnata da una depolarizzazione della membrana cellulare che, se non intervenissero i canali protonici voltaggio-dipendenti (Hv1) posti sulla membrana a compensare il movimento di carica, raggiungerebbe valori tali da inibire l’ossidasi stessa.
I nostri studi sono iniziati dall’ipotesi che i canali protonici non abbiano un ruolo esclusivo nel mediare la compensazione di carica. Questa teoria è stata avanzata in seguito ai risultati di alcuni esperimenti preliminari in cui, a fronte dell’inibizione dei canali protonici, la funzionalità della NADPH ossidasi era preservata. Abbiamo pertanto ipotizzato che la differenza di potenziale tra l’interno e l’esterno della cellula generata durante l’attivazione del RB, accompagnata da un aumento di cariche nette positive interne, faccia divergere verso il comparto intracellulare le cariche negative associate all’anione superossido. Quest’ultimo cioè, anziché essere rilasciato a livello extracellulare, verrebbe dirottato internamente alla cellula contribuendo in tal modo a diminuire la depolarizzazione di membrana mediante la neutralizzazione dell’eccesso di cariche H+ accumulate nel comparto intracellulare e preservando l’attività enzimatica dell’ossidasi stessa (vedi Figura 17).
L’approfondimento di questi studi ci ha permesso di dimostrare che: (1) in presenza di Zn2+, un dei più potenti e utilizzati inibitori dei canali Hv1, si assiste ad una significativa diminuzione della produzione extracellulare di O2- e di H2O2; (2) questa inibizione non è più evidente quando il RB viene misurato come consumo di O2 o come produzione di H2O2 totale (intra ed extracellulare); (3) l’inibizione dei canali protonici mediante lo Zn2+ è accompagnata da un aumento della produzione intracellulare di H2O2.
I risultati ottenuti dai nostri studi suggeriscono quindi che, in condizioni in cui l’uscita degli H+ attraverso i canali Hv1 è impedita o ridotta, altri meccanismi possono intervenire per prevenire l’eccessiva depolarizzazione della membrana. Una situazione di questo genere potrebbe presentarsi, ad esempio, nel focolaio infiammatorio dove il pH acido dell’essudato contrasta l’efflusso di H+.
Impiego di farmaci lisosomotropici per la correzione del difetto di attività microbicida nella malattia granulomatosa cronica
La malattia granulomatosa cronica (CGD) è una sindrome ereditaria legata al cromosoma X caratterizzata da un’aumentata suscettibilità alle infezioni batteriche e fungine, causata dalla difettosa attività microbicida dei neutrofili che costituiscono la principale linea di difesa nei confronti dei microorganismi patogeni. Nella maggior parte di questi pazienti è descritto un difetto di uno dei componenti della NADPH ossidasi (gp91phox) che rende incapaci i neutrofili di produrre i ROS, specie chimiche reattive nei confronti di molti patogeni invadenti. E’ stato dimostrato che, nei neutrofili di pazienti CGD, il difetto di produzione di ROS si associa anche ad una precoce e sostenuta acidificazione del fagosoma; in queste cellule manca infatti la fase di alcalinizzazione del pH intrafagosomale che si osserva subito dopo la fagocitosi nelle cellule normali. Poiché particolari proteine battericide dei neutrofili vengono rese attive a pH neutro o basico, queste, nei neutrofili CGD, non potrebbero venir attivate all’interno del vacuolo di fagocitosi rendendo quindi inefficace il contributo delle proteine granulari (che mediano i cosiddetti meccanismi ossigeno-indipendenti) all’attività battericida dei fagociti. Forti di tali presupposti, abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla possibilità di riattivare i meccanismi ossigeno-indipendenti modificando le condizioni dell’ambiente intrafagosomale in modo tale da renderlo più simile possibile a quello dei neutrofili normali.
A tal fine abbiamo deciso di studiare l’effetto di particolari farmaci lisosomotropici con caratteristiche di basi deboli, quali amantadina e clorochina. Queste sostanze, accumulandosi nei compartimenti acidi cellulari, sarebbero in grado di impedire l’anomala acidificazione del fagolisosoma che, come sopra ricordato, interferisce sull’attività microbicida dei neutrofili CGD. Studi condotti in vitro avevano già dimostrato che entrambi i farmaci erano in grado di ripristinare l’attività microbicida di neutrofili CGD - e neutrofili normali trattati con difenilene iodonio (DPI), un potente inibitore della NADPH ossidasi - nei confronti di Candida albicans, un patogeno frequentemente isolato da pazienti affetti da CGD.
In questo lavoro di tesi ci siamo concentrati sull’applicazione di questa strategia ad un modello animale della malattia. Per questi studi si sono impiegati neutrofili isolati da topi nei quali è stato silenziato il gene localizzato sul cromosoma X codificante uno dei componenti della NADPH-ossidasi, i cosidetti gp91phox knockout (KO) e da topi wild tipe C57 Black (WT). Ci siamo preoccupati innanzitutto di mettere a punto un metodo efficace e riproducibile per l’isolamento dei neutrofili murini da midollo utilizzando il materiale ricavato dal lavaggio del canale midollare di femori e tibie. Successivamente, nei neutrofili così ottenuti, è stata valutata in vitro la loro capacità microbicida nei confronti di C. albicans preincubando le cellule con le basi deboli. I risultati ottenuti indicano che solo la clorochina ripristina in maniera significativa la capacità, altrimenti assente, dei topi gp91phox KO (CGD) di uccidere i microrganismi fagocitati.
Sulla base di questi risultati incoraggianti e in vista di una possibile applicazione terapeutica della CQ, abbiamo trasferito la nostra indagine nel modello murino in vivo. La prima fase di sperimentazione si è concentrata sulla valutazione della resistenza dei topi WT e gp91phox KO a diverse quantità di C. albicans al fine di individuare la dose di patogeno da utilizzare per testare l’effetto della clorochina sulla sopravvivenza all’infezione. Altri studi sono stati condotti per valutare la tossicità del farmaco nel nostro modello prendendo spunto dai dati disponibili in letteratura. Inizialmente il farmaco è stato somministrato a dosi scalari per via intraperitoneale (IP) e per via orale (PO) per un periodo di due settimane. Non è stato osservato alcun effetto tossico della clorochina negli animali trattati e la somministrazione IP è risultata quella più comoda ed efficace ai fini sperimentali.
Un’analisi dei risultati ottenuti nei trials eseguiti finora indicano che gli animali gp91phox KO infettati con C. albicans e trattati con CQ evidenziano un certo aumento, peraltro non statisticamente significativo, della sopravvivenza rispetto agli animali non trattati con il farmaco. Ulteriori studi sono quindi necessari per introdurre modifiche ai protocolli dei trials. Queste modifiche saranno principalmente volte ad ottimizzare la concentrazione e/o la tempistica di somministrazione di CQ, affinchè i suoi effetti benefici possano emergere a tempi più brevi e rendano perciò più netta ed evidente la forbice che separa la curva di sopravvivenza degli animali non trattati da quelli trattati (vedi Figura 25).
Insegnamento
Publisher
Università degli studi di Trieste
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