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Utilizzo di saggi ecofisiologici ed ecotossicologici per il biomonitoraggio dei metalli pesanti in aree marine portuali: micro - e macro -alghe nella bioindicazione e nel biorimedio.
The use of ecophysiological and ecotoxicological tests in heavy metal biomonitoring in marine harbours: micro- and macro-algae in bioindication and bioremediation
Frisenda, Paola
2008-04-15
Contributor(s)
Bressan, Guido
Abstract
RIASSUNTO
Il recente Codice dell’Ambiente (D.lgs 152/2006) prevede il raggiungimento di ‘standard’ di qualità dei corpi idrici con particolare riferimento ai metalli pesanti (sostanze pericolose prioritarie, PP). Il passato piano di monitoraggio (2001-2004) del Ministero dell’Ambiente ha messo in luce il frequente superamento dei limiti di legge nelle stazioni del Golfo di Trieste. I metodi chimico/fisici utilizzati per determinare le concentrazioni di metalli in acqua o nei sedimenti non sono in grado di determinare l’effettiva biodisponibilità degli elementi, da cui dipende la reale tossicità, né un preciso rapporto causa/effetto. Tuttavia, è risaputo che anche basse concentrazioni possono innescare fenomeni di bioaccumulo e di biomagnificazione, alterando gli equilibri naturali soprattutto negli ambienti marini costieri. Tali processi interessano principalmente la componente macroalgale, molto importante dal punto di vista ecologico ed economico in quanto è alla base della catena trofica. Lo studio dell’impatto delle sostanze tossiche su questa matrice risulta, perciò, fondamentale per preservare da una parte la biodiversità degli ecosistemi dall’altra proporre sistemi alternativi/innovativi per il mantenimento della capacità auto-depurativa.
Per le alghe e per le Cianoficee, in particolare, è stata dimostrata un’elevata capacità di difesa contro la tossicità di diversi metalli attraverso vari e complessi meccanismi, le cui modalità sono abbastanza conosciute. E’ oggi noto che le risposte difensive possono dipendere dalla natura del metallo, dalle dosi e dai tempi di esposizione, dai differenti stadi di crescita, e, non ultimo, dalla diversa ‘sensibilità’ delle alghe. Tuttavia, negli studi in campo ed in laboratorio, i diversi approcci sperimentali rendono la comparazione, sia nell’ambito della stessa specie che tra specie diverse, estremamente difficile e possono portare alla determinazione di dosi subletali (LC50) molto diverse. Da qui la necessità di un protocollo unificato che, a differenza delle micro-alghe, non è ancora standardizzato per le macro-alghe. Tale mancanza ha comportato, infatti, risultati molto diversi senza discriminazione delle risposte adattative da quelle difensive. Inoltre, raramente vengono analizzati l’eventuale ripristino della funzionalità cellulare durante il recupero in assenza del metallo ed i possibili effetti a livello ultrastrutturale.
Scopo, percorso del progetto e metodi utilizzati
Il progetto si basa principalmente sull’approfondimento delle conoscenze dei meccanismi di adattamento/tolleranza/difesa contro il Cadmio di micro- e macro-alghe marine a livello fisiologico, biochimico ed ultrastrutturale. L’obiettivo principale è rivolto alla possibilità di mettere a punto un protocollo standardizzato per le macroalghe in grado di discriminare specie ‘sensibili’, utilizzabili come ‘bioindicatori’ nei saggi ecotossicologici, da quelle utili come bioaccumulatori.
Nel corso dei tre anni il materiale bibliografico, selezionato e continuamente aggiornato, è stato inserito in un archivio digitale con i dati relativi alle specie algali, ai metalli, alle dosi/tempi di esposizione, ai parametri saggiati con le rispettive metodiche e alle dosi soglia di tossicità. Una parte dei lavori può essere consultata a video (PDF) attraverso un collegamento ipertestuale (dati non presentati).
L’attività di ricerca è stata suddivisa in tre parti:
Parte I. Studio su micro-alghe. Sono stati approfonditi i meccanismi di adattamento/difesa ed i principali ‘siti bersaglio’ a livello fisiologico ed ultrastrutturale della Cyanoficea coloniale (Leptolyngbya sp.) mantenuta in coltura. Lo studio è mirato soprattutto alla valutazione del metodo fluorimetrico (PAM), di nuova acquisizione nel nostro laboratorio, scelto per la minor invasività rispetto alle altre analisi (ossimetria e pigmenti).
Parte II. Studio su macro-alghe. La ricerca è stata condotta in tre fasi per individuare e scegliere specie sensibili/tolleranti, valutare la potenzialità delle specie considerabili buoni ‘bioaccumulatori’ e verificarne le potenzialità d’uso come ‘biofiltri riciclabili’, attraverso la stima del recupero funzionale in assenza del tossico.
Parte III. Studio su macro-alghe in situ. E’ stato valutato il bioaccumulo dei popolamenti presenti nella Baia di Punta Olmi (Località ‘Boa’ – Muggia), area inquinata da metalli pesanti.
Le specie macroalgali sono state prelevate in due in due siti costieri (Baia Punta Olmi – Muggia e Porto Franco Vecchio - Trieste). Dopo la stima delle curve di saturazione i campioni sono stati adattati in cella di coltura in condizioni controllate. Al mezzo di coltura sono state aggiunte dosi di cadmio [Cd(NO3)2] e le analisi, differenziate per le diverse fasi sperimentali, sono state effettuate dopo 1-2-7 giorni di ‘stress’ e dopo 7 giorni di recupero. Sono state stimate la fotosintesi (ossimetria e fluorimetria PAM), la respirazione, il contenuto di pigmenti liposolubili e condotte osservazioni al TEM. Su alcuni campioni è stata effettuata la microanalisi ai Raggi-X (SEM-EDS) variando la modalità di allestimento dei preparati.
Conclusioni
La stima delle condizioni di coltura ed il controllo incrociato dei risultati di questa ricerca forniscono le basi per interessanti sviluppi a livello interpretativo e sembrano essere un buon punto di partenza per valutare in modo più analitico le informazioni sulle possibili alterazioni del processo fotosintetico. La tecnica fluorimetrica offre, perciò, indubbi vantaggi in quanto non invasiva/distruttiva, ma soprattutto in relazione al numero dei parametri disponibili.
Per l’applicazione corretta del metodo fluorimetrico è risultato fondamentale verificare i vantaggi ed i limiti dello strumento.
L’analisi contemporanea di più parametri (ecologici, fisiologici, biochimici, ultrastrutturali), con dosi e tempi fissi, dipendendo da quest’ultimi l’ampiezza della risposta, è un approccio valido per individuare e descrivere in maniera più completa le risposte di adattamento/difesa delle alghe contro gli agenti tossici.
Per quanto attiene ai tempi di esposizione, gli intervalli delle analisi (1S-2S-7S) sono risultati sufficienti per la valutazione delle risposte fisiologiche, biochimiche ed ultrastrutturali allo ‘stress’, mentre i 7 giorni di recupero in assenza del metallo (7R) sono risultati sufficienti per valutare le diverse capacità di ripresa funzionale delle specie.
Le tecniche ultrastrutturali si confermano indispensabili per la localizzazione dei siti di sequestro ed accumulo del metallo, per lo studio delle modifiche cellulari, e per l’interpretazione dei risultati fisiologici. Diversamente, la microanalisi ai Raggi-X con il programma attualmente in dotazione (SEM-QUANT, ZAF), non è una tecnica valida per stimare il grado di bioaccumulo in popolamenti naturali, poiché le basse concentrazioni di metalli nei campioni biologici risultano spesso inferiori al limite di rilevabilità del sistema.
Le diverse fasi sperimentali hanno permesso di identificare le specie più sensibili al cadmio, che potrebbero essere utilizzate in laboratorio come specie ‘test’ nei saggi ecotossicologici e in campo come ‘biosensori’. Quelle tolleranti/resistenti sarebbero, invece, utili come bioaccumulatori.
In relazione ai tempi di esposizione, alle dosi applicate e sulla base dei risultati fisiologici ed ultrastrutturali mediante i quali sono stati messi in evidenza i principali siti di accumulo, sono state individuate specie con potenzialità diverse:
a) P. pavonica, S. lomentaria, R. pseudopalmata, Z. typus e C.multifida come specie ‘sensibili’;
b) R. thysanorhizans come specie ‘sensibile’ di ambiente naturale;
c) H. musciformis, C. fragile, D. dichotoma come specie tolleranti/resistenti;
d) F. virsoides e S. scoparium come specie tolleranti/resistenti con pronto recupero della piena funzionalità in assenza del tossico. Sono queste, quindi, le potenziali candidate da utilizzare come ‘biofiltri’ nel biorimedio.
Al fine di poter utilizzare micro- e soprattutto macro-alghe (per l’abbondante biomassa), come biofiltri nel biorimedio, senza depauperamento delle risorse naturali, ed evitare nel contempo problemi di smaltimento del materiale contaminato, appare necessario non solo selezionare ‘buoni bioaccumulatori’ (specie tolleranti e/o resistenti), anche attraverso stime quantitative degli elementi per via chimica (spettrometria di massa), ma anche valutare le loro capacità di detossificarsi e di recuperare la piena funzionalità fisiologica in assenza del tossico. Solo in questo modo le alghe possono essere riutilizzate più volte per assorbire nuovo metallo.
Insegnamento
Publisher
Università degli studi di Trieste
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