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Vaccino: arma o scudo?

Dall’Amico, Roberto
2018-12-13
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http://hdl.handle.net/10077/22854
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Abstract
I vaccini rappresentano lo strumento di prevenzione più efficace e a basso costo nei confronti di malattie gravi e a volte mortali. Nonostante i dati disponibili a sostegno delle vaccinazioni siano molto robusti, le informazioni disponibili per le famiglie sono spesso fuorvianti. Un’indagine Censis del 2014 riporta come i genitori ritengano che le informazioni online risultino negative verso le vaccinazioni in quasi l'80% dei casi. Solo il 24% dichiara di fidarsi dei vaccini, il 62% ritiene che le vaccinazioni possano causare malattie gravi come l’autismo. Il 50% che le vaccinazioni non sono ì così efficaci nel proteggere dalle malattie e non si può escludere la possibilità di ammalarsi nonostante il vaccino. La rappresentazione che emerge è di una generale insoddisfazione verso l’informazione istituzionale chiamata a sostenere un piano vaccinale che nei primi 15 mesi di vita prevede la somministrazione di circa 30 dosi di vaccini diversi. Non sono tanti e nemmeno pochi. Sono quello che serve alla luce delle conoscenze scientifiche attuali. La domanda più frequente è perché vaccinare i bambini verso malattie che sono scomparse dal nostro Paese? La risposta è piuttosto semplice. Perché ormai siamo cittadini del mondo e focolai di malattie gravi, ma facilmente prevenibili, come difterite e polio vengono riportati in Paesi vicini come Afghanistan, Pakistan, Yemen, Nigeria. Malattie altamente contagiose come il morbillo viaggiano facilmente con i voli aerei e basta una sola persona ammalata per diffondere il virus in popolazioni con insufficienti coperture vaccinali. I dati epidemiologici del 2017 relativamente al morbillo mostrano come il nostro Paese sia tristemente al secondo posto in Europa come numero di nuove diagnosi. Circa 5000. Nell’anno in corso i casi sono stati 2368. Più di 100 tra operatori sanitari. Tredici sono stati i decessi a causa del morbillo da gennaio 2017 (8 nel 2018). Anche la rosolia è facilmente trasmissibile, ma in molti Paesi la forma congenita non è più una malattia endemica. I casi osservati sono cioè di importazione. Nel nostro Paese i casi di rosolia congenita negli ultimi 12 anni sono stati 87, 2 dei quali nel 2017. Le raccomandazioni alla vaccinazione verso queste malattie e le altre incluse nel piano vaccinale non devono essere vissute come una imposizione, ma come la migliore opzione che ogni sistema sanitario può offrire coniugando i migliori interessi per il singolo e per la collettività.
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