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Ritratto del Rettore Angelo Cammarata

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1950
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Di origine catanese, Angelo Cammarata era stato professore ordinario di Filosofia del Diritto nelle Università di Messina e Macerata prima di approdare alla neo costituita Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo triestino. Formatosi a Catania e Pisa con maestri del calibro di Benedetto Croce e Giovanni Gentile, nel capoluogo giuliano Cammarata prese attivamente parte alla nascita della Facoltà di Lettere voluta dal suo predecessore Mario Enrico Viora. Nominato Rettore, ricoprì la carica fra il 1946 e il 1952 inaugurando il proprio mandato con la strenua battaglia condotta contro il governo alleato per garantire l’indipendenza dell’Università, tesi che lo portò a un passo dalla deposizione nell’aprile del 1947. Animato da sincero patriottismo, ribadì con forza questa sua posizione tanto nel corso della prolusione all’anno accademico 1948 – 1949 quanto nei simboli scelti per il nuovo sigillo dell’Ateneo. Commissionato a Tranquillo Marangoni, con la sua sintetica rappresentazione della Cattedrale di San Giusto e del Faro il logo intendeva infatti non solo omaggiare la città attraverso due dei suoi monumenti più significativi ma anche richiamare il ruolo di faro dell’italianità rivestito dall’Università stessa, compito emblematicamente sintetizzato nel motto “Ricorda e splendi” che completa il sigillo. Come nel caso del Ritratto del Rettore Prof. Manlio Udina, Sambo decide di “premiare” il pugnace atteggiamento di Cammarata in difesa dell’Ateneo raffigurandolo in abiti accademici, unico elemento decorativo di una composizione efficacemente essenziale. La posizione rigidamente frontale dell’effigiato così come il suo sguardo sfuggente parlano di un personaggio tanto combattivo quanto restio a celebrazioni, palesemente a disagio di fronte all’occhio del pittore che, dal canto suo, con una pennellata ampia e costruttiva cerca di coglierne soprattutto il lato umano. Nella composta fissità del dipinto l’unico movimento possibile è quello dell’ampio e candido bavero che, con la propria luminosità, attrae immediatamente l’attenzione dell’osservatore trovando dei corrispettivi di minore ampiezza nei punti luce di cui Sambo costella il volto del Rettore. Il carattere introspettivo dell’opera, amplificato dai toni violacei del fondo monocromo, dev’essere letto stilisticamente come un riflesso della persistente influenza del clima novecentista sulla maniera del pittore triestino che, negli ultimi anni della propria carriera, alterna le piacevolezze cromatiche e decorative degli esordi con più pacate e costruttive composizioni influenzate dal neocubismo.
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