Use full screen for better viewing.
Publication: Ritratto del Rettore Giannino Ferrari dalle Spade
Abstract
A seguito della sollevazione dall’incarico di Manlio Udina, deciso dal Ministero per alcune irregolarità amministrative, il 29 ottobre 1939 viene nominato l’unico commissario nella storia dell’Università di Trieste. Docente presso l’Università di Padova, uomo attivo nel partito, Giannino Ferrari dalle Spade ricopre il ruolo di Rettore fino al 28 ottobre 1942. In questo periodo nell’Ateneo viene istituito il triennio applicativo della facoltà di Ingegneria (che verrà però effettivamente avviato solo nel dopoguerra) e, nel 1940, iniziano i corsi della scuola di perfezionamento di Scienze Corporative. Rispetto alla parsimonia manifestata negli altri ritratti di rettori da lui eseguiti nel Ritratto del Rettore Prof. Giannino Ferrari dalle Spade Sambo dimostra una maggiore disinvoltura cromatica e compositiva. La posa rigidamente frontale della figura è infatti sostituita dalla spirale creata dal posizionamento di tre quarti del corpo cui si contrappone il volgersi del volto verso l’osservatore. Privo di qualsiasi elemento accessorio che prescinda da dettagli come gli occhiali, l’orologio e il fazzoletto che spunta dal taschino, il protagonista è isolato su un fondo neutro di una tonalità ocra pronta a schiarirsi nella parte destra della tela contribuendo all’illuminazione complessiva del personaggio. Oltre che nell’articolazione della composizione, anche per la definizione del personaggio Sambo adotta soluzioni inedite ricorrendo a una non ripetuta vivacità cromatica che si declina nelle gradazioni assunte dal grigiovioletto della giacca a contatto con le variazioni della luce, espressa in modo più deciso rispetto agli altri dipinti della serie. La precisione fotografica che caratterizzava i volti di Asquini o Morpurgo cede in questo caso il passo a un’osservazione acuta e dettagliata del volto che evita la precisione microscopica o impietosa dei suoi particolari. L’attenzione del pittore pare infatti in questo caso concentrarsi maggiormente sulle problematiche tecniche che pone un ritratto e, in primo luogo, sulla plasticità che può derivare alle forme da un adeguato dosaggio dei punti luminosi, ampiamente distribuiti tanto sullo sfondo che sulla figura. Si tratta di un aspetto già notato all’indomani della collocazione del dipinto, evento a cui “Il Piccolo” dedica un breve trafiletto nel quale, a proposito dei quattro ritratti di rettori fino allora eseguiti dall’artista triestino, si sottolinea la capacità dell’autore di «unire egregiamente l’espressione dei caratteri individuali e l’austera dignità che s’addice ad uomini di scienza», enfatizzando poi l’importanza – nell’effige di Ferrari dalle Spade – della «temperata ma ben sentita luce» che avvolge la testa, quest’ultima improntata di «meditativo rilievo» (Vita universitaria, 17 novembre 1942). In qualche modo, dunque, con quest’opera Sambo cerca di fondere la disincantata resa del reale suggerita dal Novecento con le sperimentazioni cromatiche e luministiche già tentate agli esordi della carriera. Il dipinto si pone dunque in una fase interlocutoria dell’artista, intenzionato a temperare le soluzioni più moderne a un recupero del postimpressionismo palese nella rapidità e nel non finito in cui sono lasciate le dita della mano in primo piano.