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Cirî gnòt (Cercare ciò che non può trovare)

dc.contributor.authorValentinuz, Enzo
dc.date.accessioned2019-03-13T11:57:06Z
dc.date.available2019-03-13T11:57:06Z
dc.date.birthRomans d'Isonzo 1946
dc.description.abstractL’opera si offre come una sintesi – tanto dal punto di vista formale che contenutistico – della poetica dell’artista che, in tutti i suoi lavori, intesse delle favole stimolate dall’osservazione delle quotidiane difficoltà della vita. Servendosi di leggeri pannelli rivestiti da spessi strati di intonaco sovrapposto, Valentinuz incide la superficie fino a far emergere il colore voluto servendosi di linee sinuose e scoppiettanti da cui discende una calibrata alternanza cromatica di forme. L’apparente astrattismo che ne deriva si trasforma, ad un’attenta analisi, nella ricerca dei protagonisti (umani o animali) di una sorta di danza di figure che si rincorrono contribuendo alla definizione e all’approfondimento del messaggio contenuto nel titolo dell’opera. Forme che si inseriscono l’una nell’altra e che vanno a comporre profili di maggiori dimensioni si possono dunque riconoscere in un gioco enigmistico infinito che, nel caso specifico, allude metaforicamente all’umana paura di fronte al futuro, all’impossibilità di riparare una volta intrapresa una strada, alla necessità della determinazione e della sicurezza in ogni azione. Nella vita come nell’arte ogni sbaglio si paga: impossibile, infatti, modificare l’opera una volta tolta la materia. Allievo di Cesare Mocchiutti all’Istituto d’arte di Gorizia “Max Fabiani”, dopo essersi diplomato in decorazione pittorica murale Valentinuz frequenta l’Accademia di Venezia (senza concluderla) sotto la guida di Bruno Saetti e Carmelo Zotti. Abbandonata la pittura all’inizio degli anni Settanta dopo alcuni significativi successi in concorsi di livello nazionale, si riavvicina all’arte attorno al 2004 riprendendo il proprio percorso nel medesimo punto in cui l’aveva interrotto. L’artista decide infatti di recuperare gli insegnamenti dei suoi maestri e, nel contempo, di cimentarsi in modo attuale con tecniche di sapore antico come la pittura murale e il graffito. Messa a punto una miscela di malta, pigmenti colorati e colle, Valentinuz elabora dei pannelli che gli permettono di raccontarsi e raccontare la vita di ognuno con uno sguardo disincantato e obiettivo senza per questo risultare eccessivamente spietato o pessimista: un equilibrio raggiunto grazie alla complicità dei colori vivaci che l’artista accosta secondo gradazioni armoniose. Donata all’Università degli Studi di Trieste a seguito della sua personale, Cirî gnòt è dunque un esempio della più recente produzione dell’autore che alterna una fitta attività espositiva in personali, collettive ed ex tempore alla definizione di una nuova fase di ricerca avente come fulcro le pietre, frammenti del vicino Carso che possono – anche in questo caso – permettere la narrazione di una storia universale costellata di una miriade di vicende particolari.
dc.description.inscriptionsFirmato al centro dell'opera “Valentinuz” sul verso: “Cirî gnòt (Cercare ciò che non può trovare) Graffitti su intonaco/Enzo Valentinuz”
dc.description.materialAndTechniqueGraffito su intonaco (in alluminio alveolare e vetroresina)
dc.description.placeEdificio D, Presidenza del Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti”
dc.formatcm 37,5x54
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10077/23239
dc.relation.bibliographyinedito Eliana Mogorovich
dc.relation.exhibitsRomans d’Isonzo, Graffiti, 2005; Aquileia, Pittura murale, 2006; San Giovanni al Natisone, Graffiti, 2006Romans d’Isonzo, Graffiti, 2005; Aquileia, Pittura murale, 2006; San Giovanni al Natisone, Graffiti, 2006
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dc.titleCirî gnòt (Cercare ciò che non può trovare)
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dspace.entity.typePublication
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