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La solvibilità delle imprese assicuratrici: linee evolutive ed aspetti critici
Furlan, Chiara
2009-04-06
Abstract
Presentazione
Il tema della solvibilità di una impresa assicurativa è per sua natura un argomento
ampio in quanto nello stabilire le regole per garantire la solidità finanziaria vengono
coinvolti vari aspetti dell’impresa: quali la vita gestionale, i settori di attività, la
riassicurazione.
Assicurare la stabilità dei propri affari e cautelarsi da imprevisti, che hanno
ripercussioni finanziarie, è una naturale esigenza per qualsiasi impresa e in qualsiasi
epoca. Nel tempo, però, cambia il modo in cui affrontare questo argomento e mutano
gli eventi dai quali mettersi al riparo.
Già nel 1630 (Sandström 2006) la solvibilità era delineata come “la capacità di
pagare tutti i debiti legali”.
Sarà nel 1724 (Hägg 1998) che si parlerà esplicitamente di solvibilità quando un
mercante di Amburgo propose di fondare una compagnia di assicurazione a
Stoccolma. La proposta fu accettata dal governo svedese soltanto a patto che la
compagnia fosse stata capace di dimostrare la sua solidità patrimoniale e la sua
“capacità di solvenza” nelle diverse situazioni. La compagnia aveva capitali adeguati,
garanzie e depositi tali da poter iniziare la sua attività.
Da questi primi esempi, si può intuire che, nel passato, un dissesto finanziario portava
al coinvolgimento di molte persone però sempre in numero limitato rispetto a quanto
avviene oggi. Attualmente, infatti, con l’allargamento dei mercati e la
globalizzazione, le vicende di un‘impresa coinvolgono non soltanto il comparto di
competenza ma hanno ripercussioni nel settore finanziario, bancario, nel settore
immobiliare e nella produzione. I recenti fatti ne sono una prova.
In particolare, una compagnia assicurativa si trova responsabile nei confronti dei
propri assicurati e nei confronti del mercato e per tale motivo le viene richiesto un
adeguato livello di solvibilità.
Vediamo come è opportuno impostare e sviluppare questo tema in termini più
precisi.
Come già detto, l’impresa assicuratrice con una assegnata, alta probabilità deve far
fronte ai propri impegni che derivano dalla propria gestione assicurativa, deve cioè
avere un assegnato livello di “solvibilità”. Per questa necessità deve disporre di
adeguati mezzi propri. Le formule di sintesi (short-cut) permettono di commisurare la
necessaria entità dei mezzi propri al livello di rischiosità relativo alla gestione
assicurativa, espresso tramite le riserve matematiche, i capitali sotto rischio, i capitali
riassicurati o, ancora, da altre quantità collegate al portafoglio. Il risultato di queste
formule è il “minimo margine di solvibilità”. Dall’altra parte i dati di bilancio di una
impresa assicuratrice verificano la presenza di mezzi propri in misura non inferiore
all’importo del minimo margine di solvibilità. Tale verifica deve aver luogo secondo
uno schema prefissato che stabilisca quali voci del bilancio far rientrare nella
determinazione dei mezzi propri riconosciuti all’assicuratore ai fini della solvibilità,
cioè l’entità del “margine di solvibilità” posseduto. In estrema sintesi, quindi, le
questioni riguardanti la “solvibilità” si concretizzano nel definire il “minimo margine
di solvibilità” e nel verificare se l’assicuratore possiede un “margine di solvibilità”
uguale o superiore al minimo.
A livello europeo, le direttive in materia di assicurazione vita e assicurazione non vita
(1973-1979) propongono un minimo margine calcolato come percentuale fissa delle
riserve matematiche e dei capitali sotto rischio. Il metodo non tiene conto
dell’effettivo profilo di rischio della compagnia se non nella misura delle quantità
usate come elementi di calcolo.
D’altra parte con l’affinarsi degli strumenti matematici per quantificare le situazioni
di incertezza (per esempio: valutazioni di probabilità, processi stocastici) e il
supporto tecnico offerto dagli strumenti informatici per simulare tali situazioni hanno
portato le imprese ad acquisire una maggiore sensibilità alle problematiche inerenti al
rischio. Questo elemento nel contesto più ampio di cambiamenti economici,
unificazione dei mercati, allargamento delle frontiere ha spinto le imprese, anche
quelle assicurative, a imporsi nuovi obiettivi e di conseguenza nuovi assetti e regole.
Nel 1998 nel Congresso Internazionale degli Attuari si parlò per la prima volta di
Solvency II, come di un nuovo progetto per rivedere gli attuali regimi di solvibilità.
Si intenda bene che la denominazione ”Solvency II” non è il nome di una direttiva
dedicata apposta all’argomento, ma è soltanto un progetto tuttora in fase di
evoluzione e di definizione che ha l’obiettivo di dare una struttura alla solvibilità più
sensibile alle esigenze del mercato e al profilo di rischio della impresa di
assicurazione. Certamente il progetto trova in Basilea II una fonte di ispirazione, per
esempio la suddivisione in pilastri, ma nel contempo mantiene propri elementi che lo
caratterizzano.
La materia di Solvency II è molto articolata e trova elementi di spunto nei
regolamenti di associazioni ed enti che operano a livello europeo, delle associazioni
di professionisti del settore, nei regolamenti di contabilità, e nei regolamenti di altri
Paesi europei e non.
Paesi Bassi, Svizzera, Germania, ad esempio, calcolano le liability, che si
contrappongono agli asset, ognuno in maniera diversa includendo i margini
prudenziali a vari livelli. La diversità nel considerare i margini di rischio introduce
alla questione di chi sovvenziona i margini stessi: gli assicurati con i loro premi
caricati o l’impresa con il suo capitale. Non va trascurato in tale contesto l’aspetto
fiscale.
Da questi primi cenni espositivi, si intuisce che l’argomento solvibilità è esteso e
cattura l’interesse di chi si avvicina al settore assicurativo. Il presente lavoro tenta di
cogliere gli aspetti evolutivi della solvibilità, partendo dalle prime impostazioni e
descrivendo gli elementi di novità che in qualche modo sono rilevanti nel definire
l’assetto di quello che sarà Solvency II. Il lavoro va letto in chiave propedeutica,
come primo passo per avvicinarsi a queste problematiche e come base di partenza per
gli ulteriori sviluppi su temi che si stanno, già, affrontando in questo settore.
Vengono, infatti, definiti i concetti basilari e descritte le strutture dei modelli di stima
della solvibilità in alcuni Paesi. I modelli portano ciascuno ad una definizione di
minimo margine che, come abbiamo detto all’inizio, è la componente essenziale della
solvibilità.
Pertanto verranno analizzate le logiche, sottostanti ai modelli, relative alla
componente del margine.
Il primo capitolo introduce l’argomento raccogliendo le definizioni di margine di
solvibilità e di solvibilità inquadrandole nella normativa europea.
Nel capitolo successivo sono esposti i lavori di Campagne che rappresentano il punto
di partenza per lo studio della solvibilità e gli ulteriori passi che conducono verso le
Direttive europee nel settore assicurativo vita e non vita.
Il regime attuale di Solvency I è analizzato nel terzo capitolo per entrambi i rami.
Con il quarto capitolo si entra maggiormente nel dettaglio riportando normative e
contributi di enti o associazioni che a vario titolo sono coinvolte, anche se pur non
direttamente, nel processo di rinnovamento della solvibilità.
Il capitolo 5 mostra come alcune nazioni affrontano il problema della solidità
economica dell’impresa assicuratrice attraverso diversi modelli. Si evidenziano le
varie impostazioni e si illustrano i metodi per trovare i margini.
I “sistemi interni” vengono con maggior dettaglio trattati nel capitolo successivo.
Infine nell’ultimo capitolo si attuerà un confronto tra i modelli di stima della
solvibilità delle nazioni considerate.
Subjects
Insegnamento
Publisher
Università degli studi di Trieste
Languages
it