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SONNO E ATTENZIONE. EFFETTI DELLA RIDUZIONE DI SONNO SULL'ORIENTAMENTO DELL'ATTENZIONE NELLO SPAZIO

VERSACE, FRANCESCO
2003-02-17
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http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12533
http://hdl.handle.net/10077/11560
  • Doctoral Thesis

Contributor(s)
GERBINO, WALTER
Abstract
Nonostante numerosi lavori abbiano messo in evidenza come l'attenzione debba essere considerata un costrutto multidimensionale (Mirsky et al., 1991; Posner and Petersen, 1990), spesso non meglio specificati deficit attentivi vengono considerati, dagli ipnologi, la causa principale del declino nelle performance dei soggetti in debito di sonno (Dinges, 1992). Allo scopo di chiarire meglio la natura degli effetti esercitati dalla riduzione del tempo di sonno sono stati condotti quattro esperimenti in cui, accanto al livello di attivazione (misurato attraverso il simple reaction time task), è stata valutata anche l'efficienza dei l meccanismi coinvolti nell'orientamento dell'attenzione nello spazio utilizzando i risultati ottenuti al cued reaction time task (paradigma di Posner; Posner, 1980). Questo compito prevede che al soggetto impegnato nell'esecuzione della prova (rispondere il più rapidamente possibile all'apparizione di un semplice stimolo visivo) vengano forniti dei suggerimenti riguardo la posizione di probabile comparsa degli stimoli target. I suggerimenti fomiti possono essere corretti (prove valide), errati (prove invalide) o non informativi (prove neutre). I tempi di reazione variano in funzione della correttezza del suggerimento fornito (i tempi di reazione alle prove valide risultano significativamente più veloci rispetto ai tempi di reazione alle prove neutre, mentre i tempi di reazione alle prove invalide sono significativamente più lenti rispetto alle prove neutre). Al primo esperimento hanno preso parte 14 soggetti che, dopo una notte di adattamento al laboratorio e un periodo dedicato all'apprendimento dei test, sono stati sottoposti a due condizioni sperimentali: Baseline e Riduzione di Sonno. Nella notte di baseline sono state concesse ai soggetti 8 ore di sonno (dalle 00.00 alle 8.00), mentre nella notte di riduzione sono state concesse circa 3 ore di sonno (dalle 00.00 alle 3.00). Le giornate che seguivano le notti erano dedicate all'acquisizione dei dati. Le caratteristiche del sonno dei soggetti sono state valutate per mezzo di una polisonnografia standard (EEG, EOG; EMG). Nelle giornate che seguivano ciascuna notte trascorsa presso il laboratorio, a orari predeterminati (8, 11, 14, 17, 20, 23), sono state effettuate le sessioni di misurazione necessarie per l'acquisizione dei dati sperimentali. Ogni sessione prevedeva l'esecuzione del Simple Reaction Time Task come misura comportamentale di arousal e l'esecuzione del Cued Reaction Time Task allo scopo di valutare l'efficienza dell'orientamento attentivo. I risultati hanno messo in evidenza come la diminuzione significativa del livello di attivazione, dimostrata dall'incremento delle latenze di risposta nel compito di tempi di reazione semplici in seguito alla notte di riduzione di sonno, provocasse nel compito di orientamento spaziale un aumento delle latenze di risposta solo in seguito alla somministrazione di un suggerimento invalido. Adottando il modello di Posner e Petersen ( 1990) questo risultato potrebbe essere attribuito ad un effetto specifico della riduzione di sonno a carico della operazione del disancoraggio. Alla luce del modello proposto da LaBerge (1995), invece, i dati ottenuti potrebbero essere interpretati come una conseguenza della riduzione delle risorse attentive disponibili nelle posizioni disattese in seguito alla diminuzione del tempo di sonno. Allo scopo di discriminare tra queste due ipotesi interpretative è stato messo a punto un compito di orientamento spaziale caratterizzato dalla presenza di due diversi tipi di prova invalida (nelle prove invalide la posizione di comparsa del target distava dalla posizione di comparsa del cue 12° oppure 6° di angolo visivo). I dati ottenuti nel secondo esperimento, a cui hanno preso parte 43 soggetti, hanno dimostrato l'adeguatezza del compito messo a punto nell'evidenziare in modo affidabile gli effetti sui tempi di reazione dell'orientamento dell'attenzione nello spazio confermando, inoltre, l'ipotesi che lo spostamento del fuoco dell'attenzione nello spazio venga effettuato a tempo costante. Il terzo esperimento condotto prevedeva, accanto alle condizioni di baseline e di sonno ridotto, una terza condizione sperimentale caratterizzata dalla deprivazione totale di sonno. Ciascuna condizione era composta da due notti, da trascorrere presso il laboratorio del sonno, e da due giornate dedicate all'acquisizione dei dati. Nella prima notte di tutte le tre condizioni sperimentali i soggetti potevano dormire 8 ore (dalle 00.00 alle 8.00), mentre la seconda notte potevano essere concesse 8 ore di sonno (Condizione di Baseline, dalle 00.00 alle 8.00), oppure 2.5 ore di sonno (condizione di Riduzione, dalle 5.30 alle 8.00) oppure non era concessa la possibilità di dormire (condizione di Deprivazione). Le tre condizioni sperimentali erano separate da un intervallo di una settimana e sono state presentate in ordine controbilanciato tra i soggetti. Nel corso delle notti trascorse in laboratorio è stata effettuata una polisonnografia standard (EEG, EOG; EMG) che ha confermato l'equivalenza delle tre condizioni sperimentali per quanto riguarda le caratteristiche fisiologiche del sonno dei soggetti nel corso della prima · notte sperimentale. Nelle giornate che seguivano ciascuna notte passata presso il laboratorio, a orari predeterminati (8, 11, 14, 17, 20, 23) sono state effettuate le sessioni di misurazione necessarie per l'acquisizione dei dati sperimentali. Ogni sessione prevedeva l'esecuzione del Simple Reaction Time Task (come misura comportamentale di arousal) e l'esecuzione del test di orientamento spaziale messo a punto nell'esperimento precedente (allo scopo di valutare l'efficienza dell'orientamento attentivo). All'esperimento hanno partecipato 16 soggetti. Sia il modello di Posner e Petersen (1990) sia il modello di LaBerge (1995) prevedono che solo i tempi di reazione ottenuti in corrispondenza delle prove invalide subiscano un incremento significativo in seguito alla riduzione parziale di sonno. Per la condizione di deprivazione totale di sonno, invece, adottando il modello di Posner e Petersen (1990) è possibile ipotizzare un ulteriore incremento dei tempi di reazione alle prove invalide, mentre il modello di LaBerge (1995) prevede, accanto all'incremento dei tempi di reazione alle prove invalide, anche un aumento delle latenze di risposta in corrispondenza delle prova valide. I risultati ottenuti nella condizione di riduzione di sonno hanno confermato quanto osservato nel primo esperimento: nonostante il decremento significativo delle prestazioni rilevato nel compito di tempi di reazione semplici, nel compito di orientamento spaziale solo i tempi di reazione alle prove invalide sono risultati significativamente più lenti in seguito alla riduzione del tempo di sonno. I dati raccolti nella condizione di deprivazione totale di sonno, però, non hanno consentito di discriminare tra le due ipotesi avanzate precedentemente: il tasso di errore significativamente più elevato registrato nelle sessioni che seguivano la notte insonne rispetto alle sessioni che la precedevano ha impedito di interpretare i dati raccolti in modo affidabile. Alla luce di questo risultato è stato messo a punto il quarto esperimento in cui l'effetto esercitato dalla riduzione del tempo di sonno sullo spostamento dell'attenzione nello spazio è stato valutato per mezzo del compito di orientamento spaziale utilizzato nel primo esperimento, ma, allo scopo di discriminare tra le due ipotesi avanzate in precedenza (aumento del tempo necessario per effettuare il disancoraggio della attenzione vs. riduzione delle risorse attentive), è stato ridotto l'intervallo tra la presentazione del suggerimento e la presentazione dello stimolo target (SOA) portandolo da 600 a 150 millisecondi. L'esperimento, dopo una notte di adattamento al laboratorio, prevedeva una condizione di baseline (8 ore di sonno) e una condizione di riduzione di sonno (2.5 ore di sonno). Anche in questo caso nel corso delle notti è stata effettuata una polisonnografia standard (EEG, EOG; EMG). Nelle giornate che seguivano ciascuna notte trascorsa presso il laboratorio, a orari predeterminati (8, 11, 14, 17, 20, 23) sono state effettuate le sessioni di misurazione necessarie per l'acquisizione dei dati sperimentali. Ali' esperimento hanno preso parte 8 soggetti. Le ipotesi prevedevano che se la riduzione di sonno avesse determinato un aumento del tempo necessario per effettuare l'operazione del disancoraggio, avremmo dovuto osservare un aumento dei tempi di reazione solo in corrispondenza delle prove invalide anche in seguito alla riduzione dell'SOA. Alternativamente, se la riduzione del tempo di sonno avesse determinato un abbassamento delle risorse attentive disponibili, allora, accanto all'aumento dei tempi di reazione in corrispondenza delle prove invalide, avremmo dovuto osservare anche un aumento dei tempi di reazione successivi alla somministrazione di suggerimenti validi. I risultati ottenuti in questo esperimento sembrano confermare le previsioni avanzate adottando il modello proposto da LaBerge (1995): dopo la riduzione del tempo di sonno accanto all'incremento significativo dei tempi di reazione che seguono la somministrazione di suggerimenti invalidi, è stato possibile osservare un aumento delle latenze di risposta anche alle prove valide. Globalmente i risultati ottenuti in questi esperimenti indicano che, a differenza di quanto solitamente ipotizzato in letteratura, la riduzione di sonno non solo provoca una riduzione aspecifica del livello di allerta, ma è anche in grado di alterare in modo significativo i processi connessi all'orientamento dell'attenzione nello spazio.
Insegnamento
  • PSICOLOGIA

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Università degli studi di Trieste
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