La calibrazione di fotocamere ed ottiche si va ad inserire in quella
che è la primissima fase del processo “di elaborazione, produzione
e manutenzione dei prodotti cartografici”; ovvero la fase del rilievo
fotogrammetrico che porta alla produzione delle ortofoto necessarie
alla restituzione cartografica qualsiasi sia la scala richiesta dal lavoro.
Due sono gli obiettivi principali che si sono voluti conseguire: aumento
dell’accuratezza generale; diminuzione del numero di punti di
controllo misurati a terra, con conseguente risparmio di risorse, sia in
termini economici sia in termini di tempo.
Questi obiettivi sono stati perseguiti, lavorando su immagini disponibili
ed acquisite in un area test. L’acquisizione è avvenuta grazie ad
una fotocamera Nikon D80 abbinata ad un obiettivo grandangolare
18 mm ed a una stazione totale Leica. L’aumento dell’accuratezza è
stato ricercato attraverso il processo della self-calibration, diventato
estremamente utile con la grande diffusione delle fotocamere digitali
amatoriali, commercializzate senza certificato di calibrazione, nel
campo del rilievo fotogrammetrico in particolare nel caso di “quote di
volo” ridotte. Questa fase è stata eseguita integrando software opensource
e commerciali: in particolare ERDAS/LPS e ESRI ArcGIS. La diminuzione
del numero di GCP misurati è stata ottenuta attraverso
l’implementazione di tecniche di acquisizione multiscala. Delle immagini
generali dell’area test sono state georeferenziate attraverso un
esiguo numero di punti di controllo misurati topograficamente. Sono
state estratte le coordinate di punti notevoli (mediante tie point) visibili
in una serie di immagini di dettaglio acquisite a una quota di volo
molto minore di quelle del dataset generale. La triangolazione aerea
di queste fotografie è stata eseguita utilizzando le coordinate estratte
come tie dalle immagini a piccola scala.Questa tecnica ha permesso di ottenere ortofoto a grandissima scala
e con elevata accuratezza portando il numero di punti di controllo
che è stato necessario misurare topograficamente da circa 300 a
circa 30. La bontà del processo presentato è stata confermata da
alcuni controlli eseguiti attraverso il confronto degli RMSE delle varie
triangolazioni aeree e mediante analisi GIS dei DEM e delle ortofoto
ottenuti prima e dopo la calibrazione della fotocamera sia
nelle immagini a grande scala sia nelle immagini a piccola scala. Lo
scarto tra le coordinate misurate topograficamente e le coordinate
calcolate sull’ortofoto, nel caso delle set di immagini a grande scala
diminuisce fino ad oltre il 52%, portando ad un significativo aumento
dell’accuratezza. L’utilità della calibrazione risulta evidente in ogni
caso: nel caso di utilizzo di tecniche multiscala si rende assolutamente
consigliabile.
Da quando le app hanno iniziato ad esser distribuite nel 2008, sia il
loro sviluppo che il loro utilizzo sono costantemente cresciuti negli
anni. Ormai sono disponibili app per qualsiasi argomento: dalla
consultazione di quotidiani allo shopping, dal fitness alla musica.
Molte di queste sono legate alla cartografia o più semplicemente
sfruttano il sistema GPS (Global Positioning System) del dispositivo
utilizzato per indicare la posizione dell’utente e potergli quindi fornire
le informazioni più interessanti in base all’area in cui si trova.
Si prenderà qui ad esempio la app GisLab – UniTS, sviluppata dal
Laboratorio GIS dell’Università degli Studi di Trieste, la quale si basa
proprio sulle potenzialità offerte da questo tipo di programmi, anche
per promuovere forme di turismo ‘alternativo’ (turismo sostenibile,
turismo rurale, ecc.).
I Campi Flegrei, situati ad ovest di Napoli, occupano un’area con un’elevata
densità demografica, ricca di risorse culturali e al tempo stesso
interessata da una discreta attività vulcanica.
L’elevato grado del Rischio connesso alle attività umane è emerso sia
dal’analisi del paesaggio, dove sono evidenti i segni del degrado dovuti
alla pressione antropica e all’urbanizzazione, sia dall’analisi delle
stime operate da diversi studiosi. In particolare, dopo aver valutato il
livello del Rischio vulcanico attraverso l’applicazione di modelli condivisi
dalla comunità scientifica e dopo avere individuato le risorse
naturali e culturali presenti nel territorio, abbiamo utilizzato lo strumento
cartografico per confrontare i dati relativi ai fenomeni osservati,
comprenderne le relazioni ed individuare le aree dove intervenire
con una pianificazione integrata. Ne sono derivate alcune interessanti
conclusioni sul livello non solo del Rischio, ma anche della Vulnerabilità,
ossia del Valore delle risorse territoriali compromesso dalle attività
umane e da un’eventuale ripresa dell’attività vulcanica.
In questo lavoro, attraverso un processo di georeferenziazione, sono
state localizzate tutte le attività economiche presenti nel territorio
del Comune di Pesaro, una città di medie dimensioni caratterizzata da
un consolidato distretto manifatturiero e da importanti realtà commerciali
e turistiche. Dal Sistema Informativo Territoriale (SIT, o Geographic
Information System – GIS) derivano statistiche economiche
e cartografie tematiche che, congiuntamente, descrivono il tessuto
imprenditoriale. Le analisi successive elaborate su di esse sono rilevanti
e utili agli operatori locali e ai policy makers, ai fini strategici, di
controllo o di pianificazione, di sviluppo economico o di marketing.
Il lavoro si inserisce nel sentiero di sviluppo della moderna cartografia,
intesa come strumento di analisi e non soltanto – riduttivamente
– come una rappresentazione statica della realtà. Infatti, sfruttando
l’informazione che deriva dalla georeferenziazione e dalle mappe tematiche,
l’analisi è stata approfondita per mezzo di tecniche avanzate
di spatial analysis, quali la Kernel Density Estimation (KDE) e la
Ripley’s K. Queste metodologie consentono di studiare la polarizzazione
e la densità delle attività economiche nel territorio, analizzando
l’interconnessione fra di esse e disaggregando i settori di attività.