Documenti sulla storia dell'Università di Trieste

Quella dell’Università di Trieste è "la storia di un sogno, storia di un mito, storia di un’istituzione che cresce e si modella nel corso di anni di grande travaglio" (Anna Maria Vinci, Storia dell'Università di Trieste. Mito, progetti, realtà, pag. 7).

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SOMMARIO:

  • La Fondazione Revoltella
  • La Scuola diventa Università
  • L'Università completa
  • Il difficile dopoguerra e la rimozione di Cammarata
  • Ulteriori approfondimenti

LA FONDAZIONE REVOLTELLA

L'aspirazione della comunità triestina a dotarsi di istituzioni universitarie è documentata sin dal XVIII secolo, quando lo sviluppo portuale della città indusse l’establishment locale a chiedere alla Casa d'Austria la fondazione di un ateneo, capace di affiancare la fiorente attività mercantile con adeguate infrastrutture formative in ambito giuridico ed economico. È noto che il governo di Vienna si rifiutò reiteratamente di assecondare tale aspirazione, tanto più quando, con il secolo successivo, l'apertura di una sede universitaria a Trieste finì per rientrare tra le istanze irredentiste della locale comunità italiana. La mancata soluzione della “questione universitaria” non impedì, peraltro, che la città si dotasse d’istituti di alta formazione, ancorché non universitari. È il caso della “Scuola Superiore di Commercio”, istituita nel 1877 grazie ad un lascito del barone Pasquale Revoltella, protagonista della Trieste emporiale ottocentesca e grande mecenate della cultura e dell’arte, al fine di corrispondere alle crescenti esigenze professionali e pratiche nei settori del commercio, della navigazione e delle discipline collegate.

La Scuola superiore triestina – che vantava tra i docenti nel suo organico anche Italo Svevo e James Joyce - divenne un punto di riferimento piuttosto importante per gli abitanti sia della città sia del Litorale adriatico. Con il passare del tempo incrementò il numero delle iscrizioni ed il programma d’insegnamento si fece più sostanzioso e particolareggiato: vennero aggiunte materie fondamentali per formare figure professionali pronte ad interfacciarsi in modo consapevole con l’Oriente e con gli Stati dell’Impero.

I documenti testimoniano la vivacità del dibattito e delle tensioni sociali e politiche che il tema dell'Università italiana sollevò in quegli anni, che si mantenne viva a lungo se, ancora nel 1958, in un saggio l'ex rettore Mario Viora illustrava su quali basi si poggiavano le richieste degli italiani dell’Impero austro-ungarico.

"...la Legge fondamentale dello Stato austriaco sui diritti generali dei cittadini nei Regni e Paesi rappresentati nel Consiglio dell’Impero del 21 dicembre 1867 (7) dichiarava all’art.19: «Tutte le nazioni dello Stato hanno eguali diritti ed ogni singola nazione ha l’inviolabile diritto di conservare e coltivare la propria nazionalità ed il proprio idioma. Nei paesi in cui abitano diverse nazioni, gli istituti di pubblica istruzione devono essere regolati in modo che ognuna di queste nazioni trovi i mezzi necessari per istruirsi nel proprio idioma senza l’obbligo di imparare un altro idioma del paese». A questa disposizione si afferrarono gli italiani irredenti per reclamare l’istituzione di una Università italiana a Trieste".

I cittadini della Venezia Giulia di inizio ‘900 erano obbligati a recarsi ad Innsbruck, Graz o Vienna per frequentare l’Università, perché l’Impero austro-ungarico non riconosceva i titoli di studio rilasciati dalle università italiane.

A Innsbruck dal 1899 vennero istituiti dei corsi paralleli tenuti da docenti provenienti dall’Italia, dedicati esclusivamente agli studenti delle Province. Gli italiani che frequentavano gli atenei austriaci avevano da tempo cominciato a riunirsi in associazioni rivolte a promuovere la causa dell’Università italiana a Trieste, come ad esempio il Circolo Accademico Italiano di Vienna che ogni anno organizzava molte attività (teneva anche il bilancio e un fondo "questione universitaria") per sostenere l'italianità degli studi universitari per i compatrioti. Negli stessi anni anche a Trieste vennero costituiti altri gruppi, la più agguerrita era la Società degli studenti triestini, “L’Innominata”, fondata nel 1902.

Ad Innsbruck già nel novembre del 1901 gli studenti tedeschi avevano provocato i primi tumulti contro i colleghi italiani dei corsi paralleli, impedendo ad un libero docente di tenere le sue lezioni. Da quel momento dimostrazioni di dissenso si susseguirono anno dopo anno, sotto forma di manifestazioni pubbliche, colluttazioni e discussioni parlamentari, come accadde, ad esempio, durante il “discorso del trono” del 1904, quando Francesco Giuseppe chiese al deputato socialista triestino Mauroner che cosa stessero facendo gli italiani, ed alla risposta dell’ex garibaldino: «Aspettano l’università, maestà», replicò bonariamente: «Sì, ma non a Trieste», esponendo così, pubblicamente, la propria posizione a riguardo (citato in Carlo Schiffrer, Una revisione storiografica della 'questione universitaria', pag. 14).

È solo con il passaggio alla sovranità italiana, a seguito del primo conflitto mondiale, che Trieste iniziò a sviluppare proprie istituzioni di studi superiori e universitari. In particolare, il regio decreto-legge 7 novembre 1920, n. 1667, trasformava la Scuola, con l'aggiunta di un terzo anno di corso, in “Istituto Superiore di Studi Commerciali”, parificandolo ai consimili istituti italiani e, di fatto, istituendo quella che sarebbe divenuta, di lì a poco, sede universitaria sulle fondamenta della Scuola Superiore voluta da Revoltella. Nel 1921 fu aggiunto il quarto anno all'ordinamento degli studi e l'obbligo della redazione della tesi, e fu conseguita l’assimilazione degli istituti superiori alle università.

LA SCUOLA DIVENTA UNIVERSITÀ

In una lettera del 25 luglio del 1924 al Ministero dell’economia nazionale Alberto Asquini, direttore dell’Istituto superiore Revoltella, chiese "un alto atto dello Stato, che, adeguando il nome alla sostanza, consacri la nuova missione assunta dal R. Istituto Superiore di Trieste modificandone la denominazione in quella di Regia Università di Studi Commerciali di Trieste".

Con regio decreto 8 agosto 1924, n. 1338, l'Istituto Superiore diventava “Università degli Studi Economici e Commerciali”, comprendente la sola Facoltà di Scienze Economiche e Commerciali, grazie all’impegno del corpo docente e al sostegno finanziario del Comune di Trieste, che mise a disposizione i fondi raccolti per la realizzazione dell'università negli anni dell’Impero.

Primo rettore dal 23 novembre 1924 al 31 ottobre del 1926 fu il giurista Alberto Asquini, titolare della cattedra di diritto commerciale.

La concessione ministeriale spronò il neonato Ateneo ad intensificare le relazioni nazionali ed internazionali con l’organizzazione di conferenze, viaggi di studio e la fondazione di associazioni per incentivare le attività commerciali della città. Tale impegno crebbe sotto il rettorato di Giulio Morpurgo (1926-1930), durante il quale avvenne il passaggio di dipendenza dell’Università triestina dal Ministero dell’Economia nazionale a quello della Pubblica istruzione, fatto rilevante che permise un ampliamento delle attività proposte dall’istituzione.

Dal 1° dicembre 1930 il rettorato veniva assunto da Manlio Udina, titolare della cattedra di diritto internazionale. Udina si adoperò per il potenziamento dell'Università triestina, giovandosi dell’appoggio del ministro dei Lavori Pubblici dell'epoca, il triestino Cobolli Gigli, e del sostegno del ministro dell'Educazione Nazionale Bottai. Questi, in occasione di una visita all'Università, il 15 maggio 1938, annunziava l’istituzione della nuova Facoltà di Giurisprudenza, ordinata nei due corsi di laurea in giurisprudenza e in scienze politiche.

L'UNIVERSITÀ COMPLETA

Vittorio Emanuele III l’8 luglio 1938 firmò il decreto n. 252 il cui primo articolo recitava: "A decorrere dal 29 ottobre 1938-XVII la Regia Università di Economia e Commercio di Trieste assume la denominazione di “Regia Università degli Studi” ed è costituita dalle facoltà di Giurisprudenza e di Economia e Commercio".

Con l’istituzione di una nuova facoltà l’Ateneo triestino finalmente si realizzava appieno e a sottolinearne l'importanza il Duce volle dare subito l’avvio della costruzione della nuova sede sul colle dello Scoglietto, che sarà realizzata dall’impresa di costruzioni Ulisse Igliori di Roma, su progetto degli architetti Raffaello Fagnoni e Umberto Nordio.

Il Capo del Governo, Benito Mussolini, acclamato da studenti e docenti, pose la prima pietra del nuovo edificio il 19 settembre 1938, il giorno dopo aver proferito in piazza dell’Unità il discorso che annunciava le leggi razziali.

Dal 16 ottobre del 1938 anche all’interno dell’Ateneo vennero applicate le leggi razziali nei confronti del personale docente e amministrativo, nonché degli studenti di origini ebraiche.

Durante gli anni che seguirono, dominati dall'asprezza del regime fascista e poi dalla brutalità bellica, venne nominato regio commissario Giannino Ferrari delle Spade (29 ottobre 1939-28 ottobre 1942) che, nonostante le opposizioni iniziali del Governo, riuscì a far istituire nel 1942 la facoltà di Ingegneria navale meccanica, richiamandosi alla tradizione marittima di Trieste e rimandando ancora una volta l'istituzione della Facoltà di Lettere, già proposta alcuni anni prima e fermamente ostacolata dal Ministero. Anche il rettore successivo, che peraltro risentì non poco dei disagi provocati dalla guerra, riuscì ad ottenere qualcosa in più per l’ampliamento della sua Università. Mario Enrico Viora (29 ottobre 1942-28 ottobre 1944), infatti, ricevette dal Ministero dell’Educazione il permesso di proporre alcune varianti al piano universitario triestino; per prima cosa richiese l’istituzione della facoltà di Lettere ed in secondo luogo propose delle modifiche alla struttura della nuova sede dello Scoglietto che permettessero il mantenimento di alcuni edifici dislocati nel cuore della città (come ad esempio il Rettorato). Il ministro Bottai ed il suo successore Biggini approvarono le proposte ed assicurarono la fondazione della nuova facoltà entro il luglio del 1943. Ma dopo il crollo del Regime del 25 luglio 1943 Trieste venne occupata dai tedeschi ed il nuovo ministro bloccò ogni richiesta.

Comunque nel settembre 1943, il corpo accademico con autonoma determinazione deliberò la nascita della facoltà di Lettere e Filosofia.

IL DIFFICILE DOPOGUERRA E LA RIMOZIONE DI CAMMARATA

A partire dal settembre del 1945, fu l'amministrazione del Governo Militare Alleato - GMA ad occuparsi del processo di epurazione del personale universitario iscritto al Partito fascista. A tal fine venne costituita dagli Alleati una commissione composta da alcuni professori e da un rappresentante politico. La commissione ricevette l’incarico di valutare - ed eventualmente sanzionare anche con il licenziamento definitivo – ogni dipendente universitario, in seguito ad un’indagine approfondita basata anche sull’analisi di moduli, che ognuno ebbe l’obbligo di compilare, sull’appartenenza al Partito fascista. In realtà i procedimenti si conclusero quasi sempre con il reintegro e la riabilitazione degli indagati. Il GMA si occupò anche di accettare la richiesta di fondazione della facoltà di Scienze, istituita con un ordine del 22 luglio 1946, e di intermediare con il Ministero italiano per quanto riguardava i danni subiti da mobili ed immobili durante la guerra.

A Salvatore Satta, prorettore dal 29 luglio 1945 al 31 ottobre 1946, successe il nuovo rettore Angelo Ermanno Cammarata, nato a Catania nel 1899, patriota convinto, ordinario di Filosofia del diritto presso varie università italiane, tra cui quella di Trieste.

Venne eletto alla carica rettorale dell’Ateneo giuliano nel novembre del 1946.

Solo pochi mesi dopo, il 19 aprile del 1947, il rettore Cammarata ricevette una lettera, firmata dal colonnello Bowman, Capo del Governo Militare Alleato. La lettera era stata scritta su suggerimento del capitano John P. Simoni, responsabile della Divisione educazione, e intimava al neo rettore di lasciare la sua carica entro il 21 del mese di aprile, rimettendo le sue funzioni al professore più anziano.

L’atto si basava sulla volontà degli Alleati di instaurare nel territorio controllato una politica di equilibrio tra italiani e sloveni e il forte patriottismo del professor Cammarata non sembrava compatibile con questo obiettivo. Infatti sia Cammarata che il prorettore Francesco Collotti, liberale, si erano espressi per la restituzione all’Italia di tutto il Territorio Libero, comprese le parti in quel momento amministrate dalla Jugoslavia.

La violazione dell’autonomia universitaria che il GMA stava compiendo provocò immediate reazioni da parte di studenti e docenti.

Appena appresa la notizia dalla stampa locale, il 23 aprile, molti giovani universitari, dipendenti dell’università e semplici cittadini si mossero verso le sedi dell’Università e del GMA per manifestare il proprio dissenso, che sfociò in una sommossa contro le forze dell’ordine.

Il corpo accademico decise di riunirsi permanentemente per rinnovare la fiducia al rettore, che venne confermata all’unanimità.

Il professor Pierpaolo Luzzatto Fegiz, che arbitrariamente - con un comunicato dato ai mezzi di informazione - era stato indicato dal GMA come nuovo rettore, perché  “non antislavo, […] ma solo tenacemente avverso ai sistemi violenti e totalitari di ogni colore […]”, si oppose fermamente alla richiesta degli Alleati. Sostituire il collega ed amico Cammarata significava infrangere la norma della legislazione italiana - e di tutti gli Stati moderni -, che consentiva la libera elezione del rettore da parte del corpo accademico e la conseguente impossibilità da parte di terzi di destituire un rettore liberamente eletto.

Anche Giorgio Roletto, il professore anziano che avrebbe dovuto sostituire Cammarata in qualità di nuovo rettore imposto, oppose il proprio categorico rifiuto a ricoprire la carica in base alle stesse motivazioni.

Frattanto gli studenti, dopo un incontro col colonnello Bowman, indissero uno sciopero ed occuparono gli edifici universitari, in attesa di ricevere dei chiarimenti su quali fossero i gravi motivi che avevano scatenato la decisione del GMA.

Nulla si mosse fino all’intervento del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, che si interessò alla questione chiedendo una relazione sui fatti al prefetto che si occupava di Trieste. Con lui, altri onorevoli si occuparono del problema. Il Ministro degli Esteri italiano e il vicepresidente dell’Assemblea costituente, dopo aver esposto i fatti durante una riunione notturna dell'Assemblea, ottennero il parere favorevole all’adesione alla resistenza dell’Università triestina.

Le scelte del Governo di Roma riuscirono a calmare le acque e, dopo un’assemblea indetta da Cammarata per riunire personale e studenti e lodarne il comportamento, venne annunciata la volontà di ricominciare le lezioni, che ripresero formalmente il 30 aprile, dopo che anche il governo degli Stati Uniti ebbe esortato il GMA a porre fine a un’azione che aveva destabilizzato la già precaria situazione del territorio.

Il professor Cammarata nella relazione per l’anno accademico 1948-’49, espose comunque la tesi secondo la quale i diritti dello Stato italiano su entrambe le zone del Territorio libero di Trieste non erano mai cessati durante l’occupazione delle truppe jugoslave al termine della Seconda guerra mondiale.

Il ritorno a Trieste dell'amministrazione italiana, celebrato dall'Università con il conferimento della laurea honoris causa in Economia e Commercio al Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il 4 novembre 1954, consentì l'avvio e la realizzazione di nuove consistenti opere edilizie attorno al corpo centrale dell'Università e l'istituzione di nuove facoltà (Farmacia, Magistero, Medicina e Chirurgia e più tardi Scienze Politiche). Ulteriore ampliamento derivò all'Ateneo dal d.P.R. 6 marzo 1978, n. 102, che parificava alle altre facoltà la Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori. Da ultimo, infine, venivano istituite le facoltà di Psicologia, nel 1997, e di Architettura, nel novembre 1998.

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