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Mostra Altrestorie/otherstories
ADAMO, SERGIA
Carlini, Laura
2018-11
Abstract
La mostra ha offerto al pubblico un percorso attraverso ciò che l’arte contemporanea ha saputo dire nel corso dell’ultimo trentennio sulle questioni della migrazione, dell’esilio, del distacco e dello straniamento. Ma soprattutto ha voluto far vedere quale diversità e quale complessità l’arte sia stata capace di mettere in campo nel raccontare questi nodi cruciali del presente. E nel raccontarli non semplicemente come contrapposizione tra un “noi” e un “loro”, tra un’identità e un’alterità, tra l’origine e il distacco.
Ciò che gli artisti e le artiste presenti nella mostra hanno voluto dirci è che è possibile (e necessario) immaginare “altre storie”, altre forme di narrazione, altre modalità di lettura delle dinamiche del presente. Sempre più complicate, singolari e creative di quanto il bisogno di ridurre il mondo a dicotomie fisse possa farci immaginare. Le opere sono di:
Mona Hatoum, nata a Beirut, una delle voci più brucianti del panorama contemporaneo sui temi dell’esilio, dello spaesamento e delle posizioni al femminile in una ricerca estetica e teorica della complessità e delle modalità di narrazione. I suoi lavori degli anni Ottanta hanno fatto ruotare questi temi attorno alla presenza del corpo, alle sue posizioni, alle sue risorse.
Fiona Tan, nei suoi lavori di videoarte esplora le questioni della memoria, del passare del tempo, della costruzione della storia e, soprattutto, del ruolo delle immagini in tutto questo. La sua arte persegue una ricerca estetica estremamente raffinata che raccoglie suggestioni provenienti da diverse tradizioni culturali, mettendo in questo modo in crisi la nozione stessa di origine e quella di un’identità monolitica
e semplicistica.
Isaac Julien, la cui famiglia è originaria di Saint Lucia, ha realizzato film che parlano della cultura contemporanea, lavorando su figure come quelle di Langston Hughes o di Stuart Hall, tra le altre. Le sue installazioni artistiche intrecciano varie forme estetiche in opere coinvolgenti e innovative, che cercano sistematicamente di dare dignità etica ed estetica a esperienze di vite migranti lasciate ai margini.
Trinh T. Minh-ha, teorica e artista visiva, di origini vietnamite, trasferitasi negli Stati Uniti, dove insegna all’Università di Berkeley. Il lavoro di Trinh, sebbene tuttora poco noto in Italia, è stato fondamentale nel delineare il campo degli studi postcoloniali, e resta uno dei contributi centrali in questo ambito. Il suo Woman Native Other ha aperto la strada a questo campo di esplorazione teorica, unendo
al tema del postcoloniale le questioni di genere. Oltre che una teorica, Trinh è anche un’artista. Ha sempre percepito la necessità di esprimere le proprie posizioni non solo attraverso i canali tradizionali della comunicazione accademica e intellettuale.
Arkadi Zaides, artista e coreografo israeliano, di origine bielorussa, attualmente attivo in Francia. La sua riflessione artistica si concentra sulle modalità in cui i contesti politici e sociali producono i loro effetti sui movimenti e la gestualità dei corpi. Questa riflessione dà origine a un lavoro coreografico che interroga e provoca chi guarda la performance, costringendo a una problematizzazione delle proprie posizioni.
Admir Shkurtaj, musicista nato in Albania e attivo in Italia. Il suo lavoro combina suoni della tradizione albanese con la ricerca nell’ambito della musica elettronica e con le suggestioni che gli vengono dal patrimonio musicale della sua terra d’adozione, la Puglia.
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