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L'uomo che attinge dell'acqua o Paesaggio con una grande strada

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La stampa è una copia ottocentesca di un originale tardo seicentesco. L’Istituto Nazionale della Grafica di Roma conserva l’incisione originale realizzata a bulino del 1684 disegnata da Pierre Monier (Blois 1641 – Paris 1703; Monier Pierre, ad vocem, in Allegemeines Lexikon der Bildenen Künstler, Verlag von E. A. Seeman, Leipzig 1931, vol. XXV, p. 66) e incisa da Etienne Baudet (Vineuil les Blois 1638- Paris 1711; M. Préaud, ad vocem, Baudet Etienne, in Saur , Allgemeines Künstler-Lexikon…, 7, München-Leipzig, K. G. Saur, 1993, p. 518) tratta da un dipinto di Nicolas Poussin (cfr. Istituto Nazionale della Grafica Roma, inv. FC68084, vol. 43H24, mm 575 x 760, proprietà dell’Accademia Nazionale dei Lincei, in deposito dal 1895). Baudet, infatti, ha realizzato una serie di quattro incisioni da Paesaggi di Poussin nel 1684 (Le voyageur se lavant les pieds a la fontaine, ou La Grande route; L’homme puisant de l’eau, ou le Paysage au grand chemin; Une femme de Mégare recueille les cendres de Phocion; Les funérailles de Phocion, ou Deux Hommes portant le cadavre de Phocion), da disegni di Pierre Monier, dedicate al principe di Condé (G. Wildenstein, Les graveurs de Poussin au XVIIe siècle, in “Gazette des beaux-arts”, VI, vol. 45-46, 1955, pp. 323-329, nn. 182-185; G. Wildenstein, Catalogue des graveurs de Poussin par Andresen, in “Gazette des beaux-arts”, VI, vol. 46, 1962, pp. 199- 200, nn. A444-447). L’incisione qui esaminata, identificata con il titolo L’homme puisant de l’eau, ou le Paysage au grand chemin (Wildenstein 1955, pp. 325-326, n. 183) riprende in modo preciso l’analogo soggetto che Poussin aveva dipinto lo stesso anno e che Friedländer ha identificato con la tela del 1648 della collezione del cavalier Lorraine dal titolo The Roman Road (via Domitiana) e conservata alla Dulwich Picture Gallery di Londra (1914, p. 119). Il dipinto originale di Poussin, realizzato “au commencement de l’année 1648 il finit [...] un païsage où est un grand chemin, qui est dans le Cabinet du Chevalier de Lorraine” (A. Félibien, Entretiens sur les vie set les ouvrages des plus excellents peintres…, IV, 1685, ed. Londra 1705, p. 48) è andato disperso (J. Thuillier, L’Opera completa di Poussin, Milano, Rizzoli, 1974, n. 157, p. 105). Se ne ricordano più versioni: una – che Blunt riteneva essere l’originale – si conserva al Dulwich College di Londra, (Nicolas Poussin, catalogo della mostra di Parigi, Musée National du Louvre, a cura di A. Blunt, Paris, éditions des Musèes Nationaux, 1960, pp. 114-115, cat. 84); tra le altre numerose copie, una databile alla metà del Settecento, si conserva in Italia e appartiene alle collezioni di Banca Intesa San Paolo (inv. A.B- 00129A-D/IS, cm 98,5 x 135,5). Il dipinto da cui è tratta l’incisione è testimonianza della fase tarda della produzione di Poussin, del momento in cui l’artista francese si interessa alla pittura di paesaggio, a partire dal suo rientro a Parigi nel 1642, quando nelle composizioni la natura inizia ad assumere un ruolo predominante rispetto alla storia narrata, grazie all’influsso delle opere di Adam Elsheimer, Annibale Carracci e Domenichino che aveva potuto vedere a Roma (Nicolas Poussin 1960, pp. 268-300). Poussin realizza i quattro dipinti di argomento archeologizzante negli stessi anni in cui è impegnato nella seconda serie dei Sette Sacramenti di Chantelou, dove è evidente anche un forte interesse antiquario e dove la natura è riletta in chiave antichizzante. Cropper e Dempsey mettono a confronto i due dipinti londinesi che Poussin realizza in pendant, intitolati Strada greca della National Gallery e Strada romana della Dulwich Picture Gallery, notando come nella raffigurazione della strada romana, identificata con la via Domitiana che da Roma percorreva la costa campana, con i suoi ponti, le pietre miliari e le cisterne poste a beneficio dei viaggiatori che la percorrevano, l’artista francese fosse intenzionato a celebrare il genio dell’abilità costruttiva dei romani in grado di civilizzare – in questo modo – l’antica natura selvaggia. Ed è così che le strutture classiche e le antiche rovine che animavano la campagna romana vengono da Poussin poeticamente idealizzate nel tentativo di ricostruire idealmente il mondo del cristianesimo delle origini (E. Cropper, C. Dempsey, Nicolas Poussin, friendship and the love of painting, Princeton, Princeton University Press, 2000, pp. 281-289, 342 n. 11). Oltre ai numerosissimi incisori francesi e fiamminghi seicenteschi, tra i quali si ricordano gli Audran, Jean Le Pautre, l’olandese Cornelis Bloemaert e il suo allievo Etienne Baudet, Nicolas Poussin annovera anche una serie di incisioni meno numerose opera di artisti attivi nel Settecento fino ai primi decenni dell’Ottocento, tra i quali si può ricordare anche la stampa qui esaminata (Wildenstein 1955, pp. 81-92). Nel 1819 l’incisore faentino Antonio Valli (Faenza 1792-Roma 1827 ca.) esegue un’acquaforte intitolata Paesaggio con strada selciata (cfr. ING Roma, inv. FC52159, vol. 41H8, mm 327 x 402, proprietà dell’Accademia Nazionale dei Lincei, in deposito dal 1895) che riproduce il dipinto di Poussin e si rifà alla serie del Baudet, di cui l’Istituto Nazionale della grafica di Roma possiede la matrice calcografica (cfr. Istituto Nazionale della Grafica, Roma, inv. 685/5, Fondo Volpato, mm 329 x 407). L’artista, che aveva ricevuto la prima formazione alla scuola di Giuseppe Marri e Giovanni Folo, ha trascritto numerosi paesaggi da alcuni dei maggiori pittori del Seicento come Poussin e Claude Lorrain. Le sue stampe e alcuni suoi rami si conservano tra la Calcografia Nazionale di Roma, la Pinacoteca di Faenza e la Biblioteca di Forlì (Valli Antonio, ad vocem, Allegemeines Lexikon der Bildenen Künstler, Leipzig, Verlag von E. A. Seeman, 1926, vol. XXXIV, pp. 82-83; Comanducci 1945, IV, p. 1994; Petrucci 1953, p. 123; Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani: dall’XI al XX secolo, Torino-Milano, Bolaffi, 1972-1976, IX, p. 233). La sua attività si caratterizza anche per la collaborazione con il calcografo Antonio Testa attivo a Roma agli inizi dell’Ottocento, come testimoniato da questa incisione (Comanducci 1945, IV, p. 1908). La stampa presenta in basso oltre alle indicazioni di responsabilità anche una citazione delle Georgiche di Virgilio (II, vv. 485-486) “Rura mihi rigui placeant/ in vallibus amnes, flumina”, “piacciano a me le campagne e i fiumi che irrigano le vallate”, e continua dicendo “possa io amare anche senza gloria le selve ed i corsi d’acqua”.La stampa è una copia ottocentesca di un originale tardo seicentesco. L’Istituto Nazionale della Grafica di Roma conserva l’incisione originale realizzata a bulino del 1684 disegnata da Pierre Monier (Blois 1641 – Paris 1703; Monier Pierre, ad vocem, in Allegemeines Lexikon der Bildenen Künstler, Verlag von E. A. Seeman, Leipzig 1931, vol. XXV, p. 66) e incisa da Etienne Baudet (Vineuil les Blois 1638- Paris 1711; M. Préaud, ad vocem, Baudet Etienne, in Saur , Allgemeines Künstler-Lexikon…, 7, München-Leipzig, K. G. Saur, 1993, p. 518) tratta da un dipinto di Nicolas Poussin (cfr. Istituto Nazionale della Grafica Roma, inv. FC68084, vol. 43H24, mm 575 x 760, proprietà dell’Accademia Nazionale dei Lincei, in deposito dal 1895). Baudet, infatti, ha realizzato una serie di quattro incisioni da Paesaggi di Poussin nel 1684 (Le voyageur se lavant les pieds a la fontaine, ou La Grande route; L’homme puisant de l’eau, ou le Paysage au grand chemin; Une femme de Mégare recueille les cendres de Phocion; Les funérailles de Phocion, ou Deux Hommes portant le cadavre de Phocion), da disegni di Pierre Monier, dedicate al principe di Condé (G. Wildenstein, Les graveurs de Poussin au XVIIe siècle, in “Gazette des beaux-arts”, VI, vol. 45-46, 1955, pp. 323-329, nn. 182-185; G. Wildenstein, Catalogue des graveurs de Poussin par Andresen, in “Gazette des beaux-arts”, VI, vol. 46, 1962, pp. 199- 200, nn. A444-447). L’incisione qui esaminata, identificata con il titolo L’homme puisant de l’eau, ou le Paysage au grand chemin (Wildenstein 1955, pp. 325-326, n. 183) riprende in modo preciso l’analogo soggetto che Poussin aveva dipinto lo stesso anno e che Friedländer ha identificato con la tela del 1648 della collezione del cavalier Lorraine dal titolo The Roman Road (via Domitiana) e conservata alla Dulwich Picture Gallery di Londra (1914, p. 119). Il dipinto originale di Poussin, realizzato “au commencement de l’année 1648 il finit [...] un païsage où est un grand chemin, qui est dans le Cabinet du Chevalier de Lorraine” (A. Félibien, Entretiens sur les vie set les ouvrages des plus excellents peintres…, IV, 1685, ed. Londra 1705, p. 48) è andato disperso (J. Thuillier, L’Opera completa di Poussin, Milano, Rizzoli, 1974, n. 157, p. 105). Se ne ricordano più versioni: una – che Blunt riteneva essere l’originale – si conserva al Dulwich College di Londra, (Nicolas Poussin, catalogo della mostra di Parigi, Musée National du Louvre, a cura di A. Blunt, Paris, éditions des Musèes Nationaux, 1960, pp. 114-115, cat. 84); tra le altre numerose copie, una databile alla metà del Settecento, si conserva in Italia e appartiene alle collezioni di Banca Intesa San Paolo (inv. A.B- 00129A-D/IS, cm 98,5 x 135,5). Il dipinto da cui è tratta l’incisione è testimonianza della fase tarda della produzione di Poussin, del momento in cui l’artista francese si interessa alla pittura di paesaggio, a partire dal suo rientro a Parigi nel 1642, quando nelle composizioni la natura inizia ad assumere un ruolo predominante rispetto alla storia narrata, grazie all’influsso delle opere di Adam Elsheimer, Annibale Carracci e Domenichino che aveva potuto vedere a Roma (Nicolas Poussin 1960, pp. 268-300). Poussin realizza i quattro dipinti di argomento archeologizzante negli stessi anni in cui è impegnato nella seconda serie dei Sette Sacramenti di Chantelou, dove è evidente anche un forte interesse antiquario e dove la natura è riletta in chiave antichizzante. Cropper e Dempsey mettono a confronto i due dipinti londinesi che Poussin realizza in pendant, intitolati Strada greca della National Gallery e Strada romana della Dulwich Picture Gallery, notando come nella raffigurazione della strada romana, identificata con la via Domitiana che da Roma percorreva la costa campana, con i suoi ponti, le pietre miliari e le cisterne poste a beneficio dei viaggiatori che la percorrevano, l’artista francese fosse intenzionato a celebrare il genio dell’abilità costruttiva dei romani in grado di civilizzare – in questo modo – l’antica natura selvaggia. Ed è così che le strutture classiche e le antiche rovine che animavano la campagna romana vengono da Poussin poeticamente idealizzate nel tentativo di ricostruire idealmente il mondo del cristianesimo delle origini (E. Cropper, C. Dempsey, Nicolas Poussin, friendship and the love of painting, Princeton, Princeton University Press, 2000, pp. 281-289, 342 n. 11). Oltre ai numerosissimi incisori francesi e fiamminghi seicenteschi, tra i quali si ricordano gli Audran, Jean Le Pautre, l’olandese Cornelis Bloemaert e il suo allievo Etienne Baudet, Nicolas Poussin annovera anche una serie di incisioni meno numerose opera di artisti attivi nel Settecento fino ai primi decenni dell’Ottocento, tra i quali si può ricordare anche la stampa qui esaminata (Wildenstein 1955, pp. 81-92). Nel 1819 l’incisore faentino Antonio Valli (Faenza 1792-Roma 1827 ca.) esegue un’acquaforte intitolata Paesaggio con strada selciata (cfr. ING Roma, inv. FC52159, vol. 41H8, mm 327 x 402, proprietà dell’Accademia Nazionale dei Lincei, in deposito dal 1895) che riproduce il dipinto di Poussin e si rifà alla serie del Baudet, di cui l’Istituto Nazionale della grafica di Roma possiede la matrice calcografica (cfr. Istituto Nazionale della Grafica, Roma, inv. 685/5, Fondo Volpato, mm 329 x 407). L’artista, che aveva ricevuto la prima formazione alla scuola di Giuseppe Marri e Giovanni Folo, ha trascritto numerosi paesaggi da alcuni dei maggiori pittori del Seicento come Poussin e Claude Lorrain. Le sue stampe e alcuni suoi rami si conservano tra la Calcografia Nazionale di Roma, la Pinacoteca di Faenza e la Biblioteca di Forlì (Valli Antonio, ad vocem, Allegemeines Lexikon der Bildenen Künstler, Leipzig, Verlag von E. A. Seeman, 1926, vol. XXXIV, pp. 82-83; Comanducci 1945, IV, p. 1994; Petrucci 1953, p. 123; Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani: dall’XI al XX secolo, Torino-Milano, Bolaffi, 1972-1976, IX, p. 233). La sua attività si caratterizza anche per la collaborazione con il calcografo Antonio Testa attivo a Roma agli inizi dell’Ottocento, come testimoniato da questa incisione (Comanducci 1945, IV, p. 1908). La stampa presenta in basso oltre alle indicazioni di responsabilità anche una citazione delle Georgiche di Virgilio (II, vv. 485-486) “Rura mihi rigui placeant/ in vallibus amnes, flumina”, “piacciano a me le campagne e i fiumi che irrigano le vallate”, e continua dicendo “possa io amare anche senza gloria le selve ed i corsi d’acqua”.
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