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Ritratto del Rettore Giulio Morpurgo

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Secondo della serie dei ritratti dei rettori, il dipinto segna per Sambo una sorta di tuffo stilistico nel passato certo dettato dalla personalità del protagonista che – come nel caso del Ritratto del Rettore Asquini – tende a influenzare le scelte estetiche dell’autore. Se nella precedente opera, accogliendo il moderno verbo Novecentista, il pittore aveva inteso segnalare il momento di rottura rappresentato dalla fondazione dell’Università, nel caso del Ritratto del Rettore Prof. Morpurgo l’artista opta invece per soluzioni tipiche del realismo tardo-ottocentesco allo scopo di enfatizzare la solida preparazione che, per quanto recente, poteva offrire l’istituzione triestina. La serietà dell’Ateneo viene dunque a identificarsi con la figura stessa del rettore: di famiglia goriziana, Morpurgo aveva conseguito la laurea in chimica e farmacia all’Università di Graz ricoprendo in seguito importanti incarichi direttivi presso istituti come le farmacie degli Ospedali riuniti di Parma o il Laboratorio chimico e il Museo Commerciale della Camera di Commercio di Trieste da lui creati. Direttore dell’Istituto di Studi Commerciali “Fondazione Revoltella” già nel 1914, cercò di riattivarla nell’immediato dopoguerra venendo in seguito nominato preside della facoltà di Economia (carica che fino al 1938 coincise con quella di Rettore) dal 1926 al 1930. Corsi di lingue slave, di tecnica bancaria e assicurativa oltre alla creazione dell’Istituto Coloniale delle Tre Venezie sono alcune delle iniziative promosse da Morpurgo, egli stesso docente di Merceologia all’interno dell’Ateneo che provvide a dotare di un piccolo laboratorio chimico. La solida preparazione del protagonista trova dunque immediato riscontro nella salda robustezza della figura, anche in questo caso isolata su un fondo neutro le cui tonalità brunite molto scure permettono al volto di imporsi in tutta la sua evidenza. Come già osservato a proposito del ritratto del suo predecessore, anche in questo caso Sambo omette qualsiasi elemento capace di suggerire la caratura del personaggio enfatizzandone unicamente l’aspetto di studioso per la severità che al volto proviene dalla folta e curata barba bianca così come dai tondi occhiali e dal cipiglio che ne corruga la fronte. Giocato interamente su tonalità ribassate alleggerite dalle accensioni luministiche del viso, il dipinto si pone stilisticamente come un unicum nella galleria dei ritratti di rettori realizzati da Sambo, tutti protesi a personali interpretazioni delle premesse di Novecento piuttosto che rivolgersi a stilemi artistici ormai triti. Il taglio della figura, la sua posizione di tre quarti e il realismo che la connota (salvo sfumarsi in una maggiore indeterminatezza nella parte inferiore) possono infatti essere interpretati come un omaggio dell’autore al suo primo maestro Giovanni Zangrando (presso cui si forma fra 1900 e 1904) e alla corposità di pennellata appresa durante il soggiorno all’Accademia di Monaco dove ebbe come insegnante Karl von Marr.
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