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Ritratto del Rettore Salvatore Satta

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Nato a Nuoro nel 1902 e morto a Roma nel 1975, il giurista Salvatore Satta è il primo Rettore dell’Università di Trieste del secondo dopoguerra. La qualifica che gli viene inizialmente attribuita è in realtà quella di Commissario, incarico assegnatogli dall’assemblea di professori e assistenti che, nel luglio del 1945, decide di riprendere l’attività dell’ateneo sospesa dal 2 maggio a seguito dell’occupazione jugoslava della città. A favore della nomina si esprime anche il Governo Militare Alleato che attribuisce a Satta il titolo di prorettore, mantenuto dal 29 luglio 1945 al 31 ottobre del 1946 quando viene sostituito da Angelo Cammarata. Scrittore di notevoli doti rivelate da due volumi diaristici (De profundis, 1948; Soliloqui e colloqui di un giurista, 1968) e da una coppia di romanzi pubblicati postumi (Il giorno del giudizio e La veranda), nell’estate del 1946 Satta viene chiamato a far parte della delegazione della Venezia Giulia che, a Parigi, doveva far valere il diritto all’italianità di Trieste e dell’Istria. Realizzato diversi decenni dopo la conclusione del suo mandato, il Ritratto del Rettore Prof. Salvatore Satta venne commissionato ad Antonio Ruju, concittadino del Rettore, in evidente omaggio alle origini dell’effigiato. La compattezza della figura, immobilizzata nella parte inferiore della tela, trova un elemento di efficace amplificazione nelle dimensioni dell’opera, più contenute rispetto agli altri ritratti della serie. Come nel caso del Ritratto del Rettore Prof. Giampaolo de Ferra, eseguito alcuni anni prima dal triestino Chersicola, anche nel dipinto in esame ogni indizio di ufficialità utile alla definizione della dignità del personaggio viene espunto a favore di una rappresentazione focalizzata sul dato umano. Quasi confuso, nelle tonalità scure dell’abito, con il nero del fondale, Satta viene interpretato da Ruju nei panni di fine e riservato giurista, quasi a disagio di fronte allo sguardo indagatore dell’artista: lo suggeriscono le frementi pennellate distribuite intorno agli occhi e alla bocca del personaggio il cui volto viene scolpito da solidi tocchi di colore. La solarità delle tinte qui adottate introduce una nota positiva e rilassata all’interno di una composizione serrata e cromaticamente monotona, forse dettata dal bisogno di compensare la bonomia dei tratti fisionomici con l’austera severità della parete e dell’abito. Diplomatosi presso il Liceo Artistico di Roma, Antonio Ruju ha partecipato fin da ragazzo a numerose esposizioni regionali e nazionali. Insieme ai più noti pittori sardi, esordisce a Nuoro nel 1941 in una collettiva dove si distingue per le innate doti artistiche e la spontanea capacità espressiva. Dopo la prima personale del 1943 (ospitata sempre nella sua città natale), Ruju è presente in manifestazioni come il Premio Nazionale “Città di Bologna” nel 1948, la Prima Mostra Nazionale della Città di Olbia (dove consegue il primo premio) e la Prima Biennale Nazionale di Cinisello Balsamo (entrambe nel 1961) e la personale milanese a Palazzo Serbelloni del 1967. Negli stessi anni espone le sue opere alla Madison Gallery di Toronto e all’Università di Hamilton in Canada dedicandosi anche all’attività di presidente e membro della giuria di importanti agoni nazionali. Padre del fumettista Pasquale, Antonio Ruju si è anche dedicato – soprattutto negli ultimi anni della sua vita – a un’intensa produzione poetica raccolta nel volume Antonio Ruju. Una vita per l’arte.
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