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Ritratto del Rettore Rodolfo Ambrosio

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Di origine napoletana, Rodolfo Ambrosino conseguì la laurea in Giurisprudenza all’Università di Roma ottenendo la libera docenza in Diritto Romano a partire dal 1940. Giunto a Trieste nel 1949, ricoprì la carica di Rettore dal 28 giugno 1952 venendo riconfermato nel 1955 e protraendo la propria reggenza fino al 1958 quando, al principio dell’estate, venne improvvisamente stroncato da un infarto. L’indicazione del suo nome per il ruolo di Rettore fu l’ultima ad essere ratificata dal Governo Militare Alleato e il periodo in cui rimase in carica fu scandito da importanti eventi volti all’ampliamento delle strutture e dell’offerta formativa dell’Ateneo che Ambrosino si impegnò a presentare come centro propulsore di cultura per l’intera città. Per conseguire il primo obiettivo, nel 1954 predispose un piano decennale finalizzato allo sviluppo e al completamento di quella che intendeva trasformarsi in moderna “cittadella universitaria”: attraverso lotti successivi si progettò la costruzione della Casa dello Studente, degli edifici di Fisica, Elettrotecnica, di vari laboratori e della sede centrale di Ingegneria, delle sedi di Farmacia, Lettere, della Biblioteca Generale e degli impianti sportivi. Parallelamente vennero istituite le facoltà di Farmacia e Magistero (1956), la Scuola di Diritto del Lavoro, gettando poi le basi per l’apertura delle facoltà di Medicina, Lingue (1967) e Scienze politiche (1971). Fra le motivazioni che hanno portato, nel 1957, all’assegnazione da parte del Presidente della Repubblica della medaglia d’oro per i benemeriti della cultura e dell’arte rientra senza dubbio l’impegno speso a favore della trasformazione dell’Ateneo in un “contenitore” e centro propulsore delle nuove tendenze artistiche sia attraverso l’acquisto della Minerva di Marcello Mascherini – che a tutt’oggi orna la scalinata di Piazzale Europa – sia dando seguito al desiderio di Gian Luigi Coletti, fondatore della cattedra triestina di Storia dell’Arte, di realizzare un’Esposizione Nazionale di pittura italiana contemporanea. Le motivazioni politiche dell’evento, atto a portare alla luce una linea di continuità fra le esperienze degli artisti giuliani e quelle dei colleghi del resto della Penisola, si sposavano al desiderio di sollecitare la formazione di un senso critico nel pubblico triestino, chiamato a esprimere le proprie preferenze attraverso il referendum bandito a margine della mostra e invitato a partecipare al corso di critica d’arte che doveva accompagnare l’iniziativa. Raffigurato a mezzo busto in una posa statuaria e rigida nonostante il suo monolitico volgersi verso destra, nel ritratto di Antonio Quaiatti la figura del Rettore sembra realizzare le parole del successore Giampaolo De Ferra che, a proposito di Ambrosino, parla di un «personaggio nuovo con radici nel nostro Rinascimento, quando la cultura spaziava tra diversi rami del sapere» (G. De Ferra, L’Università di Trieste proiettata verso il terzo millennio, in L’Università di Trieste. Settant’anni di storia 1924-1994, Trieste, Editoriale libraria, 1994). Certo adeguata alla molteplicità di interessi del protagonista, la definizione si attaglia perfettamente anche allo stile adottato dall’artista triestino che costruisce un’immagine poco significativa dal punto di vista psicologico e concentrata solo sull’enfatizzazione del ruolo dell’effigiato. Il risalto assunto dal manto di ermellino e dall’onorificenza che pende sul petto del Rettore viene amplificato dalle tonalità ribassate adottate tanto per il fondo, tetro e uniforme, quanto per la figura stessa il cui volto – a dispetto dei circoscritti colpi di luce – assume un colorito cereo e un’espressione impassibile. Pennellate minute e precise definiscono una figura solida ma scarsamente accattivante non solo per lo sguardo perso nel vuoto che non cerca un contatto con l’osservatore ma soprattutto per il distacco generato da una pittura accademica attenta solo alla perfetta somiglianza fisiognomica. Compiuti gli studi alla Scuola per Capi d’Arte di Trieste sotto la guida di Carlo Wostry ed Eligio Finazzer-Flori, Quaiatti intraprese l’attività di grafico pubblicitario, illustratore e decoratore. Fedele alle linee di uno stile decò capace di adattarsi alle esigenze commerciali, dal 1925 operò prevalentemente per il Lloyd triestino ideando manifesti turistici, pieghevoli e numerose copertine della rivista “Sul mare”. Un suo Autoritratto, di maggiore pregnanza introspettiva e strutturale rispetto all’effige del Rettore Ambrosino, è conservato nelle collezioni del Civico Museo Revoltella di Trieste (Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan, Vicenza, Terraferma, 2004, p. 271).
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