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Proiezione di un geode nello spazio

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Con Proiezione di un geode nello spazio Renato Daneo (fratello minore di Romeo, anch’egli pittore) ha partecipato al Concorso per l’acquisizione di opere d’arte per la sede del Centro Internazionale di Fisica Teorica di Trieste. Sia la meccanica che l’elettrotecnica appassionano il giovane studente Daneo: questo suo amore per la macchina lascerà in seguito, difatti, una traccia nella costruzione di alcuni suoi quadri: l’opera in esame ne è un esempio. Tuttavia egli non si è mai allontanato dalla natura, anzi tutta la sua pittura si è rivolta a rintracciarne le radici più profonde. La realtà rimane, per Romeo Daneo, l’insostituibile punto di partenza e di arrivo di ogni opera dell’uomo. I titoli dei suoi quadri, come quello in oggetto, infatti, alludono a una natura che fermenta tutta entro la pellicola dei materiali e delle forme che egli impiega. Nato a Trieste nel 1908, si trasferisce nel ‘34 a Parigi, che si rivelerà per lui città feconda di risultati. Esordisce a Trieste nel 1938, alla mostra collettiva della XVI Mostra del Sindacato di Belle Arti. In seguito partecipa a tutte le Sindacali e alle più importanti mostre locali e regionali, conseguendo numerosi premi e riconoscimenti nazionali ed internazionali. La sua prima mostra personale risale al 1964. Renato Daneo è un artista rigoroso, che ha assorbito la cultura francese e quella mitteleuropea. Le sue opere oscillano tra un impressionismo di scuola transalpina e un espressionismo di tipo nordico. Questa dicotomia caratterizza la sua opera, consentendogli di elaborare, nell’ultimo periodo, e dopo un attento studio di Kandinskij, un valido naturalismo astratto. L’utilizzo delle tecniche più svariate, quasi sempre risultato di un’elaborazione personale, e l’arricchimento materico dell’opera saranno tappe successive del suo divenire pittorico. Molto importante per l’artista sarà l’incontro con Felice Casorati, che nel 1942 apprezzerà i suoi quadri, dandone un lusinghiero giudizio critico. Silvio Benco parlerà di Renato Daneo come di “una magnifica promessa della pittura triestina”. Queste esortazioni così preziose lo spingeranno ad indirizzare con maggiore sicurezza la propria opera creativa, pur considerandosi un genuino autodidatta. Giorgio Romano così si esprime sulle colonne di “Israel”, (giugno 1978),: “Io che vivo in Israele mi sono trovato – nel contemplare i suoi quadri – a rammaricarmi che Re Daneo non abbia conosciuto le pietre e le giogaie del deserto del Negev e della Giudea, o le spiagge del Mar Rosso e gli antri marini presso Eilat, poiché sarebbero stati per lui fonte d’ispirazione, particolarmente consona a quel suo fuoco interiore che dalla materia più tormentata e sofferta traeva slancio creativo e forza vitale sempre nuova”. La sua pittura è una sorta di poesia, il colore è ricco di toni preziosi, di impasti delicati, di morbide velature. La materia vive sulla tela attraverso la plasticità, la profondità, la perfezione delle forme e la finezza grafica. Ketty Daneo: “vedevo nei tuoi quadri tutta una successione di immagini liriche... nei profondi silenzi delle tue opere c’era la grande arte delle composizioni astratte, creavi il tuo mondo al di là del tempo. Tu, come scolpito dentro la tua opera”.
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