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Il giardino

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Temendo forti polemiche sulla scelta degli artisti triestini da invitare all’Esposizione, il docente di storia dell’arte Gian Luigi Coletti in una lettera del 7 luglio 1953 inviata al Rettore Ambrosino scriveva: “la questione è molto delicata data la suscettibilità degli artisti… In sostanza tutti i pittori del tuo elenco sono nel mio. Insisterei per l’invito di tutti: critiche ci saranno ad ogni modo; ma altresì sarà un vespaio. […] Devetta è un buon amico e perciò lo vedrei volentieri, ma mi pare forse ancora in via di formazione… è bene chiedere a Civiletti”. Edoardo Devetta aveva infatti cominciato a esporre nel 1942, alla XVI Esposizione del Sindacato Interprovinciale fascista delle Belle Arti di Trieste. L’anno successivo si fa conoscere a Venezia partecipando a due mostre ed è del 1944 la sua prima mostra personale recensita sulle pagine del Piccolo nel maggio da Silvio Benco. Grazie all’amicizia di Francesco Tomea, conosciuto a Udine nel 1940, ha la possibilità di meditare sui valori compositivi e strutturali di Cézanne, sui valori plastici monumentali di Sironi e inizia da autodidatta una carriera artistica estremamente prolifica. All’inizio l’interesse per il paesaggio fu un motivo fondamentale della sua pittura. Il colore, il protagonista assoluto delle sue opere, è uno strumento per fissare il mutevole vedere. Inizialmente legato a delle tonalità basse e severe nel timbro si accosterà a scelte cromatiche ben più luministiche che risentirono dell’attenzione cromatica rivolta alle opere di Gino Rossi. Negli anni Cinquanta Devetta si dedica principalmente alle rappresentazioni di paesaggi, assai raramente urbani. Osservatore della natura, pur partendo da motivi reali, Devetta li rielabora. Giunge a una raffigurazione dal cromatismo gioioso e incantato con richiami fauve basati sulla semplificazione delle forme, sull’abolizione della prospettiva e del chiaroscuro, sull’uso di colori vivaci e innaturali, sull’uso incisivo del colore puro. Il tema della casa viene messo a confronto con il dato naturale dando luogo a un piacevolissimo dialogo tra una salda struttura compositiva di ascendenza postcubista ed un cromatismo vivace. L’aspetto affascinante de Il giardino è la capacità dell’autore di proporre uno squarcio di quotidianità con un linguaggio volutamente semplice, quasi elementare e ingenuo. Il giardino ci trasmette un’atmosfera da fiaba in cui ogni singolo dettaglio è perfettamente chiaro e leggibile. Si osservi il tavolo imbandito con sobrietà sopra al quale sono posti un cesto con la frutta e un piatto con altri semplici quanto invitanti prodotti della campagna, l’ombrello appoggiato, le finestre e le tende aperte indici di accoglienza. Non mancano i tipici vasi di fiori policromi di Devetta posizionati sul prato verde del giardino. Un dettaglio ironico e divertente è rappresentato dalla particolare collocazione della firma dell’autore apposta in posizione alquanto insolita, in bella evidenza sull’intonaco della casa a sostituire la più comune targhetta del campanello. Il dipinto piacque anche agli artisti provenienti dalle altre regioni. Nel proclamare il vincitore del premio previsto per l’artista giuliano, gli espositori dell’Esposizione nazionale di pittura italiana contemporanea scelsero Nino Perizi con il suo Omaggio a Garcia Lorca, il secondo per preferenze risultò Edoardo Devetta seguito dalle Case di Parigi di Federico Righi.
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