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Canto dell'anima

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Il dipinto è stato donato all’ateneo triestino dall’artista dopo la mostra personale allestita dall’artista nella sala atti della facoltà di economia tra il 13 ottobre 2006 e il 26 gennaio 2007, la prima di una serie di esposizioni che hanno visto nella sede accademica numerosi artisti, tutti presenti con loro lavori nelle collezioni dell’ateneo. L’opera in esame, firmata è datata 2001, è tra le più rappresentative degli ultimi anni del percorso dell’artista triestino, che ha progressivamente ridotto gli elementi formali dei suoi dipinti per approdare a una efficacissima sintesi visiva e a una “grande pulizia formale nella quale le campiture di colore puro fanno da piano di raccolta per colori altrettanto puri ai quali l’artista si affida in contrappunto reso possibile dall’accostamento di toni caldi e freddi alternati in perfetto equilibrio” (Martelli, L’essenziale e poetica astrazione di Aldo Famà, “Trieste Arte & Cultura”, IV, 9, ottobre 2001, p. 16). Una convergenza che trova puntuale riscontro in Canto dell’anima, frutto come di consueto di una lunga elaborazione formale e materiale. Apparentemente fredda e rigorosa, la pittura di Famà è infatti la risultante di un processo che vive di intuizioni successive, prima rapidamente schizzate, poi strutturate dal punto di vista cromatico, quindi ancora provate in scala ridotta su piccole tele, e infine proposte nel grande formato. Nei dipinti di questi anni gli inserti in rilievo che punteggiano le composizioni diventano costanti imprescindibili: nell’opera in esame sono costituiti da sezioni di cerchio realizzate con lo stesso colore a olio utilizzato normalmente, che viene steso a spatola, ripreso e lavorato a più riprese prima che si secchi. Queste aree vengono quindi incise e screziate da altre e contrastanti tinte. Le campiture geometriche di colore puro che le circondano vengono quindi opacizzate con metodiche tamponature di diluente fino a raggiungere l’equilibrio voluto. In questo apparentemente gratuito accanimento c’è senz’altro mestiere, applicazione e studio ma c’è anche e soprattutto sensibilità, sentimento e ricerca di interne armonie. In questo modo Famà individua un sistema di segni che gli consente di ricomporre i tasselli di un itinerario poetico che trova origine nei tratti di penna con cui immagina le sue tele e si sedimenta progressivamente con la pazienza certosina con cui studia, progetta e realizza, alimentando nel frattempo impressioni che ci vengono restituite con puntualità nei titoli dei suoi lavori: un’elaborazione che gli costa quasi altrettanta fatica.
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