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Sonata in fa minore op. 2 n. 1. Primo movimento: Allegro
2020
Abstract
Composto nel 1795 e pubblicato l’anno successivo da Artaria, il trittico dell’op. 2 segue di tredici anni la prima raccolta di tre sonate giovanili, edite nel 1783 da Heinrich P. Bossler di Spira, risalenti al periodo di apprendistato con C.G.Neefe. La maturazione avvenuta in questi anni evidenzia la trasformazione avvenuta nel giovane compositore che passa dall’attrazione adolescenziale verso i modelli di Johann Christian e Carl Phlipp Emanuel Bach alla maggiore consapevolezza di un artista che sta imponendo la propria personalità creativa e il proprio pianismo all’attenzione dell’ambiente culturale viennese, città in cui il compositore si era trasferito nel 1792 (proprio a questi anni risalgono infatti i primi abbozzi dell’op. 2).
Emergono con chiarezza alcuni tratti caratterizzanti di questo primo stile beethoveniano, tra cui l’ingigantimento del quadro formale, con relativo ampliamento delle aree di gravitazione tonale e l’inserimento di un terzo movimento (Menuetto o Scherzo) prima del finale, l’urgenza tumultuosa delle idee (che nelle due ultime sonate del ciclo sfiora talvolta la pletoricità) e la robustezza della scrittura pianistica, a tratti lacerata da intensi contrasti dinamici e ritmici. Soprattutto preme osservare il fiotto unitario dell’ispirazione che raccoglie in un solo blocco tre strutture tra loro dialetticamente contrastanti ma intrinsecamente legate grazie a reti tonali e motiviche. Da queste tre diverse declinazioni dell’archetipo sonatistico emergono una Weltanschauung (visione del mondo) e una filosofia della musica radicate nel contesto umanistico ma al tempo stesso proiettate verso la modernità, grazie alla riflessione metalinguistica che fin dalle prime opere pianistiche Beethoven pone in atto. Sonata in fa minore op. 2 n. 1 Nota come la “piccola Appassionata”, di cui anticipa l’agghiacciante intuizione nichilistica, questa prima Sonata nella «fatale» tonalità di fa minore, si rivela, nella sua essenzialità e sobrietà, un capolavoro costruttivo che già delinea profeticamente in nuce tutte le caratteristiche compositive dello stile beethoveniano. Primo movimento: Allegro
Emergono con chiarezza alcuni tratti caratterizzanti di questo primo stile beethoveniano, tra cui l’ingigantimento del quadro formale, con relativo ampliamento delle aree di gravitazione tonale e l’inserimento di un terzo movimento (Menuetto o Scherzo) prima del finale, l’urgenza tumultuosa delle idee (che nelle due ultime sonate del ciclo sfiora talvolta la pletoricità) e la robustezza della scrittura pianistica, a tratti lacerata da intensi contrasti dinamici e ritmici. Soprattutto preme osservare il fiotto unitario dell’ispirazione che raccoglie in un solo blocco tre strutture tra loro dialetticamente contrastanti ma intrinsecamente legate grazie a reti tonali e motiviche. Da queste tre diverse declinazioni dell’archetipo sonatistico emergono una Weltanschauung (visione del mondo) e una filosofia della musica radicate nel contesto umanistico ma al tempo stesso proiettate verso la modernità, grazie alla riflessione metalinguistica che fin dalle prime opere pianistiche Beethoven pone in atto. Sonata in fa minore op. 2 n. 1 Nota come la “piccola Appassionata”, di cui anticipa l’agghiacciante intuizione nichilistica, questa prima Sonata nella «fatale» tonalità di fa minore, si rivela, nella sua essenzialità e sobrietà, un capolavoro costruttivo che già delinea profeticamente in nuce tutte le caratteristiche compositive dello stile beethoveniano. Primo movimento: Allegro
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