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Sonata in la bemolle maggiore op. 26. Primo movimento: Tema con variazioni. Andante
2020
Abstract
Dopo le Sonate per violino op. 23 e 24 e la Serenata op. 25, Beethoven ritorna alle sonate pianistiche con questa opera innovativa composta tra il 1800 e il 1801, pubblicata nel 1802 e dedicata al principe Carl von Lichnnowsky, uno dei suoi più influenti sostenitori a Vienna.
Fischer la definisce una composizione «psicologica», termine con cui intende «forme speciali di espressione dell’anima beethoveniana nel suo formarsi e nel suo sviluppo». La sperimentazione formale riflette infatti un’intuizione poetica che plasma la struttura dall’interno donandole identità inconfondibile. Il serbatoio motivico e ideale dell’intera opera (l’unica dell’intero ciclo a non comprendere neanche un movimento in forma sonata), è già contenuto nell’Andante con variazioni introduttivo, un Lied quadripartito il cui tema si configura come una sorta di inno alla vita e al principio che la fonda, capace di contenere al proprio interno anche le ombre di quelle forze distruttive che consentono l’avvicendarsi del ciclo naturale.
Fischer la definisce una composizione «psicologica», termine con cui intende «forme speciali di espressione dell’anima beethoveniana nel suo formarsi e nel suo sviluppo». La sperimentazione formale riflette infatti un’intuizione poetica che plasma la struttura dall’interno donandole identità inconfondibile. Il serbatoio motivico e ideale dell’intera opera (l’unica dell’intero ciclo a non comprendere neanche un movimento in forma sonata), è già contenuto nell’Andante con variazioni introduttivo, un Lied quadripartito il cui tema si configura come una sorta di inno alla vita e al principio che la fonda, capace di contenere al proprio interno anche le ombre di quelle forze distruttive che consentono l’avvicendarsi del ciclo naturale.
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