Scienze della terra

Settori scientifico disciplinari compresi nell'area 4:

  • GEO/01 PALEONTOLOGIA E PALEOECOLOGIA
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  • GEO/03 GEOLOGIA STRUTTURALE
  • GEO/04 GEOGRAFIA FISICA E GEOMORFOLOGIA
  • GEO/05 GEOLOGIA APPLICATA
  • GEO/06 MINERALOGIA
  • GEO/07 PETROLOGIA E PETROGRAFIA
  • GEO/08 GEOCHIMICA E VULCANOLOGIA
  • GEO/09 GEORISORSE MINERARIE E APPLICAZIONI MINERALOGICO- PETROGRAFICHE PER L'AMBIENTE ED I BENI CULTURALI
  • GEO/10 GEOFISICA DELLA TERRA SOLIDA
  • GEO/11 GEOFISICA APPLICATA
  • GEO/12 OCEANOGRAFIA E FISICA DELL'ATMOSFERA

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  • Publication
    A process study of the Adriatic-Ionian System baroclinic dynamics
    (Università degli studi di Trieste, 2015-04-28)
    Reale, Marco
    ;
    Crise, Alessandro
    Il sistema Adriatico Ionio è un importante componente nella circolazione termoalina del bacino orientale mediterraneo. Il mar Adriatico è la più importante sorgente di acqua profonde per il bacino. Il mar Ionio è una sorta di punto di incrocio per acque con caratteristiche diverse : le acque atlantiche in superficie , quelle levantine negli strati intermedi , le acque profonde adriatiche in quelli sul fondo . La variabilità osservata nella circolazione Ionica , con reversal periodici da stato ciclonico a stato anticiclonico e e viceversa, negli ultimi 20 anni è stata oggetto di dibattito in quanto è stata attribuita rispettivamente all'influenza della variazione delle proprietà termoaline delle acque profonde prodotte nel sud Adriatico sul bilancio di vorticità dello Ionio o a variazioni nel rotore del wind stress sul bacino ionico.Questo lavoro di tesi si prefigge di esaminare tutte le ipotesi relative alla dinamica del sistema adriatico-ionio da un punto di vista modellistico e la sua risposta in termini di bilancio di vorticità e di energia all'azione di forzanti esterne come il wind stress e i flussi termoalini. I risultati finali di questo approccio modellistico hanno mostrato la maggiore importanza del bacino est (mar cretese e passaggio di creta) rispetto all'Adriatico nel determinare la variabilità , a livello di bilancio di vorticità e di energia , della circolazione ionica .
      952  1147
  • Publication
    Contributo di dati di gravità nella valutazione del vulcanismo CAMP in Africa Nord-Occidentale
    (Università degli studi di Trieste, 2015-03-27)
    Fabbri, Julius
    ;
    Braitenberg, Carla
    La domanda alla base di questa ricerca è stata se il metodo della gravimetria satellitare possa essere utilizzato per seguire le unità geologiche anche in luoghi difficilmente accessibili. L’obiettivo di questa ricerca è di verificare se le missioni satellitari di nuova generazione permettano di identificare la più grande delle province ignee della Terra (Bertrand et al., 2013), nota come CAMP (Central Atlantic Magmatic Province) in Africa nord-occidentale. Oltre alle motivazioni scientifiche, una possibile applicazione è l’esplorazione di risorse minerarie e lo sfruttamento di energia geotermica. Tale provincia ignea è una LIP (Large Igneous Province) che si estende in Nord e Sud America, Atlantico, Europa ed Africa (istituita in Marzoli et al. 1999). Essa si è sviluppata a seguito della frammentazione del super-continente Pangea al limite Triassico-Giurassico, ca. 200 Ma fa. A causa probabilmente del riscaldamento globale del mantello e/o dalla convezione dello stesso innescata da dislivelli di blocchi litosferici, dai dicchi-sorgente si produssero i cosiddetti basalti da flusso e si verificò un intenso vulcanismo con imponenti colate laviche tali da suggerire a taluni ricercatori che gli elementi volatili presenti nel magma abbiano contribuito ad aumentare i gas serra con conseguenze nel clima globale e nelle estinzioni di massa. I depositi in esame sono costituiti da lave, tholeiti continentali, doleriti, basalti e gabbri. Ciò che rimane di questa attività vulcanica sono dicchi singoli o in sciami, batoliti, sill, colate laviche e plateau basaltici (nei fondali oceanici). L’Africa nord-occidentale è costituita principalmente da un cratone composto da rocce molto antiche dell’Archeano (3000-2500 Ma). Esso emerge a nord nello scudo Reguibat e, a sud, la dorsale dell’Uomo o del Leone (Lucazeau et al., 1991). Il cratone è circondato dalle zone di geosutura (greenstone e cinture mobili) associate al cosiddetto evento termo-tettonico Pan-Africano, verificatosi ca. 650 Ma fa con l’assemblaggio del continente africano da blocchi crostali più piccoli. Nelle Mauritanidi affiora il basamento ercinico (ca. 350 Ma) mentre negli Atlas e nelle Magrebidi prevalgono rocce più recenti connesse all’orogenesi alpina (0-150 Ma). Al centro del cratone si trova il bacino paleozoico Taoudenni che riempie una vasta area depressa. Tutto il territorio in esame è caratterizzato da una forte presenza di rocce metamorfiche dense e magmatiche di ogni età, con presenza di più di un “punto caldo” che potrebbe essere definito un terreno igneo (Bryan et al. (2008) con più LIP spesso sovrapposte o limitrofe. Mediamente, tutte queste rocce magmatiche e metamorfiche hanno una densità di 3000 kg/m3 (Kröner, 1977 ), maggiore di quella della crosta standard e dei sedimenti. Particolare attenzione è stata dedicata ad un lineamento tettonico noto come Pelusium Megashare System (PMS) che attraversa tutta l’Africa nord-occidentale (Neev et al., 1982) chiaramente visibile in tutte le immagini satellitari di Google Earth ma che è riportato solo in pochissime pubblicazioni. Per la prima volta in questa tesi si ipotizza un collegamento tra la CAMP e PMS. La gravimetria satellitare consente di rilevare variazioni di densità nella crosta terrestre. Ove vi sono rocce più dense, il segnale rilevato (detto anomalia gravimetrica) è positivo e viceversa. La gravimetria da satellite si è rivelata un valido strumento per identificare le aree con surplus di massa. La risposta all’interrogativo iniziale è dunque affermativa anche se, da quanto esposto, risulta difficile o impossibile associare ad un certo segnale positivo una data LIP. L’elaborazione dei segnali è avvenuta partendo dai dati del satellite GOCE (ultima generazione, a un’orbita di 250 km ma già ammarato) e GRACE (obsoleto ma tuttora in orbita a ca. 450 km). I dati utilizzati sono dei modelli del campo di gravità terrestre che contengono i coefficienti di Stokes per lo sviluppo in armoniche sferiche del potenziale. I modelli utilizzati sono l’EGM2008 (comprendente anche dati di terra, con risoluzione massima 10 km se sviluppato al massimo ordine di 2159) e GOCO TIM R4 (con una risoluzione massima di 80 km, la migliore mai ottenuta da dati satellitari globali). Il modello EGM2008 è stato sviluppato fino all’ordine e grado 720 per eliminare dati spuri (Pavlis, 2012) e, in tal modo, ha permesso di raggiungere una risoluzione di ca. 27 km se si considera metà lunghezza d’onda. Dopo il controllo della qualità dei dati, essi sono stati elaborati nel seguente modo, come esposto nei capitoli 2, 3 e 4. Ai dati grezzi sono state applicate tre riduzioni per sottrarre gli effetti di gravità indesiderati che mascherano il segnale cercato più debole. È stato sottratto l’effetto di gravità della topografia, dei sedimenti e dell’interfaccia crosta-mantello (ICM). Partendo dall’anomalia “in aria libera” (FA), è stata quindi ottenuta l’anomalia di Bouguer (BA) e la BA corretta per i sedimenti. Poi, calcolata la Moho (ICM) isostatica, si è prodotto il residuo isostatico corretto per i sedimenti. I campi elaborati sono la gravità gz (espressa in milli Gal, mGal) ed il gradiente Tzz (misurato in Eötvös, E). Sono state usate le risoluzioni di 0.5° e di 0.05°, computati ad una quota di 4000 m s.l. m perché maggiore del più altro rilievo montuoso dell’area. Dopo aver modellato dei casi a geometria semplice (cap. 6) si è passati alla modellizzazione di tre casi reali. I tre siti scelti per l’approfondimento sono: Tindouf (Algeria), Taoudenni (Mali), Timbuktu (Mali). Nel bacino di Tindouf un sill doleritico CAMP è annesso al suo probabile dicco-sorgente reso evidente dalla gravimetria che identifica bene anche una vicina miniera di Ferro. Nel bacino Taoudenni, le due anomalie principali suggeriscono la presenza di cumuliti magmatici spessi una dozzina di chilometri e connessi con la superficie attraverso dicchi obliqui. Il sito presso Timbuktu è trattato nel dettaglio perché al di sotto del vicino lago Faguibine è stata rivelata un’intrusione magmatica lunga ca. 250 km. In superficie vi sono evidenze di magmatismo (per es. fumarole) tali da preoccupare le popolazioni locali (El Abbass et al., 1993). Tra i risultati inaspettati, si ricorda il forte segnale gravimetrico generato dalle peridotiti in Marocco ed un’importante anomalia (80 mGal) nel Grand Erg Occidental (Algeria) al di sotto del Sahara che sembrerebbe essere causata da un corpo denso lungo ca. 600 km.
      1005  2423
  • Publication
    MONITORAGGIO DI DISSESTI FRANOSI CON METODOLOGIA INTEGRATA BASATA SULL'USO DI SISTEMA RADAR INTERFEROMETRICO TERRESTRE (GBSAR)
    (Università degli studi di Trieste, 2015-03-27)
    Bratus, Antonio
    ;
    Forte, Emanuele
    L’analisi critica del monitoraggio di frane con l’utilizzo dell’interferometria radar da terra è stata lo scopo di questa tesi di dottorato di ricerca in geoscienze. Il progetto prende lo spunto dalla possibilità di poter coniugare le esigenze di una struttura preposta al monitoraggio di dissesti franosi, la disponibilità di tecnologie innovative non invasive e la loro fattibilità nel contesto regionale. L’idea di poter utilizzare ed analizzare criticamente i risultati di una serie di monitoraggi è stata quindi presa come linea guida per questo ciclo di dottorato di ricerca in geoscienze. Nell’ambito delle opere di prevenzione da calamità naturali, il Servizio geologico della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, di cui l’autore è un componente, ha ritenuto di attivare il monitoraggio di tre frane ubicate nel territorio di competenza con l’utilizzo di misure di superficie eseguite con tecnologie basate sull’uso del sistema radar interferometrico con lo scopo di identificare delle zone caratterizzate da movimenti di versante, così da: • integrare le conoscenze pregresse sulla determinazione della forma ed estensione della massa in movimento nonché della distribuzione di pressioni e sforzi; • determinare gli spostamenti differenziali dell’area di frana; • stimare il campo di velocità e la sua interrelazione con fattori esterni quali piogge o temperatura; I siti individuati per questo piano di monitoraggio sono caratterizzati da diverse tipologie di dissesto e di condizioni al contorno. La loro designazione è stata fatta seguendo questo criterio guida. Considerando l’eterogeneità del territorio regionale sono stati scelti: • Ligosullo (UD): il sito in oggetto è rappresentato dal centro urbano di Ligosullo, caratterizzato da un fenomeno di instabilità generalizzato con tassi di deformazione dell’ordine di alcuni cm/anno; • Cimolais (PN): Il sito in oggetto è rappresentato una parete rocciosa, caratterizzata da fenomeni localizzati di crollo; • Erto e Casso, località La Pineda (PN): il sito in oggetto è rappresentato da una parte dell’accumulo di una paleo frana del monte Salta. Caratterizzato da una zona calanchiva in evoluzione, caratterizzata da frane superficiali diffuse. I motivi che hanno individuato il radar interferometrico terrestre come principale metodo di monitoraggio sono legati alle principali caratteristiche della tecnica, ovvero: • sistema remoto che consente di misurare spostamenti del fronte instabile senza la necessità teorica di installare riflettori artificiali e quindi di accedere direttamente alla zona instabile; • capacità di fornire mappe di spostamento dell’intero versante; • misure in near real time: è possibile elaborare i dati acquisiti in maniera automatica e fornire i risultati in tempo quasi reali (con pochi minuti di ritardo rispetto all’acquisizione); • misure in qualsiasi condizione meteorologica, sia di giorno che di notte grazie all’uso di un sistema radar; • misure ad elevata accuratezza (tra il decimo di millimetro ed il millimetro in funzione della distanza) nate dall’applicazione della ricerca spaziale, che consente di determinare l’entità dello spostamento di un oggetto confrontando le informazioni di fase delle onde elettromagnetiche riflesse dall’oggetto in diversi istanti di tempo.
      1190  2940
  • Publication
    Seismological contribution to Passo della Morte landslide characterization (North Eastern Italy)
    (Università degli studi di Trieste, 2015-03-27)
    Zoppè, Giuliana
    ;
    Costa, Giovanni
    In the North-East of Italy, along the left side of the Tagliamento River, a large area, named Passo della Morte, is involved in several landslides. The western part is characterized by sub-vertical limestone layers and a dense system of discontinuities and fractures, which create ideal conditions for rapid rockfalls. The eastern part of this area is interested by several slides which differ in movement direction and velocity. Their origin is linked to the reactivation of an ancient landslide. The most active blocks move up to 5 cm/year. The main risks are represented by the possible consequence of landslides interaction with the National Road that crosses this area and the Tagliamento River. A microseismicity and acoustic emission monitoring system was installed in the western part of Passo della Morte, inside a tunnel, to monitor the signals generated by rock slope deformation and to recognize precursory phenomena. The system consists of five sensors, two for seismic signal identification and three for acoustic emissions detection. A surface seismometer and a borehole accelerometer arrange the seismic station. Three waveguide with the relative piezoelectric arrange the acoustic emission stations. The orientation of the borehole accelerometer was evaluated indirectly. A program that applied the maximum cross-correlation method and used the surface seismometer as a reference for relative orientation estimation was developed in Fortran90. The analysis of some earthquake allowed the reconstruction of the accelerometer orientation. The microseisms and the acoustic emissions detected by the monitoring system were analyzed and correlated to rainfalls in order evaluate their effects on the rock mass. A direct relation between different rainfall events and sharp increases in microseisms and acoustic emissions was found. Site effects were investigated analyzing seismic noise and earthquake recordings with the Horizontal to Vertical Spectral Ratio method. The seismic noise recorded at different site along the reactivated landslide was analyzed in order to detect the landslide slip surface and reconstruct its geometry. Data processing not give the expected results. The analysis of earthquakes recorded by the surface seismometer showed the absence of amplification able to bring in resonance the unstable rock mass. The cooperation of our research group with Civil Protection Department of Rome allowed to apply at San Giuliano di Puglia seismic stations the same methods used at Passo della Morte in order to estimate relative orientation of the accelerometers and evaluate site effects. The correct orientation of the borehole accelerometers was verified using the program developed. The surface accelerometer was used as reference. Nakamura method was applied at each station to determine the relative resonant frequencies. The resonant frequency found for one site was linked to the bedrock depth. H/V spectral ratio and reference station methods were applied at each station in order to investigate the frequencies strongly amplified. For one site, the amplifications found were very high.
      952  1185
  • Publication
    Sviluppo e sperimentazione di metodi innovativi per l'analisi del segnale con applicazioni alla geofisica ed ai controlli non distruttivi.
    (Università degli studi di Trieste, 2015-03-27)
    Spagnul, Stefano
    ;
    Pipan, Michele
    La produzione dei semilavorati di acciaio è realizzata attraverso fasi diverse, che comprendono la fusione, la solidificazione e la deformazione a caldo. La fase di solidificazione avviene normalmente nella macchina di colata continua. In questo processo l’acciaio liquido, posto in un grande contenitore chiamato siviera, viene travasato in un polmone, chiamato paniera, che lo distribuisce alle linee di colata. Nella siviera l’acciaio è ricoperto di scoria liquida per proteggerlo dall’ossidazione, per ridurre la dispersione termica e per catturare le impurità flottanti. Quando lo svuotamento sta per completarsi, aumenta il rischio di trascinamento verso la paniera della scoria. Attualmente l’operatore umano attraverso l’uso dei propri sensi decide autonomamente di interrompere il flusso. Sarebbe invece utile disporre di sistemi automatici in grado di sostituirsi all’uomo in modo affidabile. Questa ricerca si pone l’obiettivo di esplorare sperimentalmente la possibilità di applicare tecniche di analisi comunemente applicate in geofisica per identificare l’evento catastrofico rappresentato dal passaggio della scoria. Per comprendere in maggior dettaglio gli spetti fisici coinvolti nel fenomeno è stato intrapreso anche lo studio di tecniche computazionali tipiche della CFD. L’attività di ricerca si è articolata nella realizzazione di un sistema hardware e software in tempo reale che è stato impiegato sia in impianti reali, sia in un modello in scala ad acqua. I risultati ottenuti, applicando la trasformata wavelet e il metodo degli attributi istantanei mediante la trasformata di Hilbert, hanno dimostrato la validità dell’approccio e aprono la strada a futuri approfondimenti.
      761  2716